Body art.

 

 

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Forma d'arte contemporanea che si esprime attraverso "azioni" di cui è protagonista il corpo umano considerato "linguaggio". Alcuni critici considerano la b.a. come l'estrema propaggine dell'arte romantica perché, come questa, è arte autobiografica, diaristica, introspettiva e sublimatoria, ma su un piano più dimesso, quasi alla stregua di una soggettività degradata a narcisismo, di una rappresentazione a "performance", di una espressione a esibizione. La sua tecnica si basa sull'uso di cineprese, macchine fotografiche, registratori, tracciati, misurazioni che servono a "fermare" gli episodi "privati". È certamente arte di contestazione; ma integrata: il corpo è oggetto di consumo e di autoconsumo, è parte integrante di una società dei consumi. La b.a. ebbe origine a Vienna intorno al 1960, ma si sviluppò particolarmente negli Stati Uniti d'America. Gli artisti che vi aderirono, anziché usare il pennello o la creta, si servivano del corpo umano ricorrendo, per di più, a una sorta di masochismo, a rituali macabri, a sacrifici di animali per cospargere di sangue il proprio corpo, il tutto con un sottofondo musicale di Mozart, di Wagner o di Haendel. Tra i maggiori esponenti della b.a. citiamo l'italo-francese Gina Pane che, nelle sue "azioni" si conficca spine di rosa nelle braccia e si tagliuzza l'ombelico con una lametta da barba per farne sgorgare il sangue; lo svizzero Urs Lùthi che adotta strani travestimenti e si fa fotografare dopo essersi applicato sul ventre un cordone ombelicale (budella di bue); l'americano Dennis Oppenheim che vuota il proprio intestino, fotografa le feci e ne vende le foto col titolo Il residuo; il napoletano Giuseppe Desiato che, dal 1964, ferma le sue "azioni" sulla pellicola fotografica intitolando i vari fotogrammi Rito numero 1, Rito numero 2 e così via. Ben noto è anche l'italiano Giuseppe Chiari per i suoi "concerti per corpo e muro" o "concerto per donna sola".

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