Racconto popolare di Giulio Cesare Croce, pubblicato intorno
al 1620. Ricavato da modelli antichi e soprattutto da una notissima
Disputa
fra Salomone e Marcolfa, diffusa fin dal XII sec., inizialmente contemplava
soltanto, come nel titolo, le vicende di Bertoldo, contadino rozzamente astuto,
e di sua moglie Marcolfa alla corte di re Alboino in Verona. Più tardi,
spinto dal favore popolare, l'autore vi aggiunse le
Piacevoli e ridicole
semplicità di Bertoldino, figliuolo dell'astuto e accorto Bertoldo con le
sottili e argute risposte della Marcolfa sua madre e moglie di detto
Bertoldo. Nel 1620 l'opera riapparve, sempre favorevolmente accolta, con
l'aggiunta delle
Sciempiaggini e buffonate di Cacasenno figlio del semplice
Bertoldino, a opera del musicista Adriano Banchieri. Se il
Bertoldino
risente ancora dello scanzonato vivace ingegno di Croce, non è
così del
Cacasenno di Banchieri, palesemente forzato e, comunque,
di ispirazione inferiore. Bertoldino è l'esatta contrapposizione del
padre; tanto il primo era astuto, tanto il secondo è balordo, pur
conservandosi divertente in eguale misura. Cacasenno, invece, è un
ineffabile idiota, divertente in tono minore e destinato a riabilitarsi mettendo
giudizio e acquistando saggezza. Su tutti primeggia Marcolfa, moglie prima, poi
madre e infine nonna, il cui ruolo è quello di rimediare alle deficienze
del figlio e del nipote. Sotto il titolo di
Bertoldo, Bertoldino e
Cacasenno, l'opera è divenuta uno dei classici della letteratura
popolare italiana.