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Beghina.

(dal fiammingo beggan: mendicare). Storicamente, il nome indicava una donna appartenente a gruppi di religiose cattoliche, che vivevano in comunità, senza obbligo di prendere voti monacali. Queste comunità sorsero, quasi sicuramente, nel XII sec. a Liegi e in Belgio, sull'onda dei movimenti di rinnovamento spirituale che percorsero l'Europa nei secc. XII e XIII. Fra queste religiosae mulieres, sembrava inizialmente prevalere l'ideale della castità su quello della povertà che era invece dominante altrove. Costituitesi inizialmente in comunità presso monasteri o conventi maschili, in seguito dovettero organizzarsi autonomamente, in luoghi diversi, detti beghinaggi (V.), senza tuttavia organizzarsi in una precisa regola monastica. Le b. trascorrevano il loro tempo in quartieri o case separate, dedicandosi alla preghiera, all'assistenza dei malati, all'educazione delle fanciulle povere, ad altre opere di carità, cercando di realizzare un ideale ascetico ed evangelico. Confuse a più riprese con altri gruppi eretizzanti, e perciò colpite dalla condanna di diversi concili ecumenici, le b. belghe, a differenza di quelle del resto d'Europa, ottennero dei riconoscimenti orali delle autorità ecclesiali che ne permisero la diffusione nei Paesi Bassi, nella regione renana, nonché nella Francia settentrionale. Si ebbe così una fioritura di queste comunità nel XIII sec., con il sorgere anche di gruppi maschili paralleli i quali, però, finirono per confondersi più facilmente con sette eretiche, sul tipo dei fratelli del Libero Spirito e così via. Ad un periodo oscuro seguì una nuova fioritura dei beghinaggi nel XVII sec., terminata con le repressioni della Rivoluzione francese. ║ Fig. - Bigotta, bacchettona, donna che ostenta una religiosità puramente formale.