Rappresentazione scenica solitamente accompagnata da musica, che modernamente si
esprime attraverso la danza e la mimica secondo uno schema prefissato di
movimenti e figure, detto
coreografia, e in passato anche attraverso la
declamazione e il canto. ║ Nel XVI sec. composizione di musica strumentale
a ritmo di danza. • St. - Danza e mimica connesse alla musica apparvero
sin dall'antichità in cerimonie solenni e religiose e successivamente, in
epoca ellenistica e imperiale, anche in particolari momenti delle
rappresentazioni teatrali. Nel Medioevo si ebbero diverse danze spettacolari,
sempre legate alla mimica e al canto, come quelle dei giullari di professione,
il ballo popolare collettivo in tondo (
ruota) a carattere simbolico in
quanto celebrava l'amore delle feste di primavera (avente per forma poetica la
canzone a ballo o ballata) e le forme di danza dell'aristocrazia, più
complicate e varie (aventi per forma poetica il discordo). Tuttavia le prime
forme di
b. vero e proprio risalgono al Rinascimento. Tra i primi
trattatisti e maestri troviamo gli italiani Domenico da Ferrara, Guglielmo
Ebreo, Antonio Cornazano (XIV-XV sec.), ai quali va il merito di aver iniziato a
codificare i principi della composizione coreografica e a descrivere i passi
delle danze tipiche dell'epoca (balli mascherati e intermezzi danzati, mimati e
declamati sulla scena tra gli atti delle opere drammatiche) che costituirono il
primo esordio del
b. nel teatro. Queste forme di danza-pantomima si
diffusero rapidamente nelle corti italiane e, sull'esempio di una innovativa
creazione coreografica di B. Botta, che per la prima volta, nel 1489,
unificò i vari intermezzi danzati sotto un unico tema, vennero importate
anche in Francia ad opera di Baltazarini. Questi nel 1581 compose e diresse il
Ballet comique de la Reyne per la Corte di Francia gettando così i
presupposti per la nascita del
b. di corte che fu di gran moda durante i
Regni di Enrico IV e Luigi XIII. Questo genere di danza, che doveva il suo nome
al fatto che inizialmente erano proprio i cortigiani a danzare le coreografie,
aveva soggetti mitologici, eroici o burleschi ed era costituito da pantomime
accompagnate dal canto. Successivamente, però, i cortigiani furono
progressivamente sostituiti da ballerini di professione e sempre meno spazio fu
lasciato alle parti recitate, finché, con la nascita dell'opera musicale
(XVII sec.) le parti recitate furono definitivamente sostituite con il canto.
Nacque così il
b. melodrammatico, di cui troviamo un esempio ne
Il ballo delle ingrate (1608) di Monteverdi e Rinuccini. Nel XVII sec. il
b. godette di particolare fortuna soprattutto in Francia, dove, durante
il Regno di Luigi XIV, G.B. Lulli, in collaborazione con Molière, diede
origine alla
comédie-ballet, genere teatrale comico con intermezzi
musicali e parti danzate (
Les fâcheux, 1661;
Le mariage
forcé, 1664;
Le bourgeois gentilhomme, 1670). Dalla
comédie-ballet si sviluppò in seguito
l'
opéra-ballet di genere drammatico in cui il
b.
rappresentava un momento dell'azione (
Le stagioni, 1695, di Collasse;
L'Europa galante, 1697, di Campra;
Gli elementi, 1721, di
Delalande-Destouches). Nel frattempo, l'apertura del primo teatro pubblico a
Venezia (S. Cassiano, nel 1637), la fondazione dell'Accademia reale di danza
(1661) e l'apertura della scuola di ballo dell'Opéra (1713) segnarono
l'inizio del professionismo nel
b. teatrale. Nacque allora una tipo di
danza accademica, fatta di figurazioni basate su regole precise, ancora oggi
utilizzate (
en dehors, ports des bras, pliés, battements, ecc.) e
l'attività coreografica ebbe un notevole incremento. Il massimo splendore
raggiunto in Italia dal
b. è databile proprio intorno ai secc.
XVII e XVIII: a Venezia nacquero le prime compagnie internazionali di danza; la
carriera del ballerino si andò sempre più delineando, acquistando
i caratteri di una vera e ben precisa professione, si elaborarono nuovi metodi,
si perfezionarono i passi; le notazioni si arricchirono di segni particolari per
mettere a punto e perfezionare l'arte del
b. Il
b. si
separò quindi dall'opera, affermandosi come genere autonomo e con la
nascita del professionismo si imposero i nomi delle prime
stelle della
danza: Mademoiselle Prévost, la Camargo, la Sallé in Francia e la
Barberina in Italia. Conseguentemente a questo processo di evoluzione, si
avvertì l'esigenza di riformare e regolamentare il genere del
b. e
nel 1760 furono pubblicate da J.G. Noverre le
Lettres sur la danse et sur les
ballets. In quest'opera l'autore condannava gli eccessivi virtuosismi
tecnici e proponeva un ritorno all'espressività e alla mimica; egli
teorizzava la nascita di un cosiddetto
b. d'azione in cui contenuto e
forma fossero strettamente uniti dall'azione drammatica della coreografia di cui
i ballerini dovevano essere interpreti non solo tecnici, ma soprattutto
pantomimici. Inoltre la riforma di Noverre prevedeva la semplificazione dei
costumi di scena, ovvero l'abolizione dei costumi di corte goffi e pesanti e
l'adozione di costumi che di volta in volta fossero in armonia con il soggetto e
con l'epoca in cui la coreografia era ambientata. Contemporaneamente alle
proposte di Noverre, e forse anche con qualche anno di anticipo, una netta
ripresa dei valori drammatici del
b. avvenne anche in Austria con F.
Hilverding e in Italia con G. Angiolini, di cui ricordiamo il
Don Juan
(1761), primo
b. d'azione italiano. Vi furono poi altri seguaci delle
nuove tendenze tra cui citiamo V. Galeotti, fondatore del
b. nazionale
danese; Dauberval, autore del celebre
b. comico
La fille
mal-gardée (1786); Diderot, attivo soprattutto in Russia. L'apice del
successo dei
b. d'azione fu raggiunto con i
coreodrammi di S.
Viganò (
Il Prometeo, 1813;
La Vestale, 1818;
I
Titani, 1819;
Il Noce di Benevento, 1822) ricchi di pathos e di
immediatezza, che conquistarono immediatamente il pubblico e portarono fama
mondiale sia all'autore che al Teatro alla Scala di Milano, presso il quale
lavorava. Pochi anni dopo il coreografo italiano Filippo Taglioni creò
per la figlia Maria un
b. dal titolo
Sylphide (1832): la prima
rappresentazione, avvenuta all'Opéra di Parigi, segnò la nascita
del
b. romantico. Fu questa l'epoca delle grandi ballerine (Maria
Taglioni, Fanny Elssler, Carlotta Grisi, Fanny Cerrito) e di eccellenti
coreografi (F. Taglioni, A.J. Coralli, J. Perrot), mentre la figura del
ballerino rientrò un po' nell'ombra, limitandosi a sostenere e ad
accompagnare i movimenti della solista. Durante il Romanticismo, inoltre, venne
messo in grande risalto il
b. sulle punte, che permetteva di sollevare il
corpo dall'equilibrio originale e dava alla danza un'immagine aerea e sognante;
la scuola di Carlo Blasis divenne famosa ovunque per il livello di
perfezionamento delle tecniche accademiche insegnate. Tuttavia questo periodo
fortunato si concluse subito dopo la metà del XIX sec., fondamentalmente
a causa del ritiro dalle scene delle grandi ballerine romantiche. Seguì
un'epoca di crisi del
b. europeo, causata, tra l'altro, dall'inaridimento
espressivo degli artisti, eccessivamente accademici, dalla mancanza di libretti
validi e dalla decadenza dell'originalità coreografica. A ciò si
mantenne estranea la Russia, dove invece il
b. fiorì proprio a
partire dalla seconda metà del XIX sec. Le influenze europee, portatevi
dall'austriaco Hilverding, dal francese Perrot e dagli italiani Fossano,
Angiolini e Cecchetti, ispirarono il coreografo Marius Petipa, maître de
ballet al teatro Mariinskij dal 1862. Con le sue creazioni, ancora famose in
tutto il mondo (
La bella addormentata nel bosco, 1890;
Lo
schiaccianoci, 1892;
Il lago dei cigni, 1895) egli realizzò
una fusione tra elementi di scuola italiana (l'importanza del virtuosismo
tecnico maschile) e di scuola francese (la grazia e la perfezione estetica delle
danzatrici) e raggiunse risultati di grande successo anche grazie alle musiche
(di Ciaikovski), che divennero elemento integrante della coreografia e non
più solo accompagnamento della danza. A questo periodo dominato da una
forma di
b. classico fece seguito in Russia l'esigenza di un rinnovamento
della danza di cui si fece portavoce Diaghilev, dapprima dalle pagine della
rivista diretta da lui stesso "Il mondo dell'arte"(1898) e successivamente con
la creazione dei
Ballets Russes (1909). All'inizio del Novecento, quindi,
il
b. russo si impose sulle scene mondiali con sorprendente
autorità, grazie soprattutto all'originalità delle sue coreografie
e alla perfezione delle esecuzioni in cui danza e mimica partecipavano
all'azione drammatica in una totale fusione di ciascun elemento spettacolare.
Interpreti del
b. russo, come A. Pavlova, T. Karsavina, V. Nijnskij, M.
Fokine operarono per il rinnovamento della coreografia, e da qui i nuovi
principi si diffusero per il mondo. Inoltre grazie a Diaghilev musica e pittura
acquistarono nel
b. un'importanza che mai avevano avuto prima di allora:
egli lavorò con musicisti quali Stravinskij, de Falla, Rimskij-Korsakov,
Prokofiev, Milhaud e utilizzò come scenografi artisti come Bakst, Benois,
Picasso, Derain, Gris, Matisse. Rimase per oltre un ventennio la
personalità più originale del mondo del
b. dettando nuovi
schemi e imponendo regole che sono rimaste fondamentali fino ai nostri giorni.
Alla sua morte (1929) numerosi coreografi e ballerini che avevano lavorato con
lui furono chiamati all'estero, in particolare alla Compagnia dei Balletti di
Monte Carlo (Massine), fondata da René Blum nel 1932 e a quella fondata
successivamente da Wladimir de Basil nel 1935, ma anche negli Stati Uniti
(Fokine, Romanov, Balanchine), in Francia (Lifar, Egorova, Volinine) e in Gran
Bretagna (Pavlova). In particolare, l'influenza dei maestri russi oltreoceano
contribuì al sorgere di importanti nuove compagnie fondate dai loro
allievi americani (l'American National Ballet Theatre, fondato da Lucia Chase;
il New York City Ballet diretto da Balanchine e dall'americano Jerome Robbins,
ecc.). In Germania, invece, l'influsso della
danza libera di Isadora
Duncan fu più forte delle influenze russe; si affermò così
una corrente espressionista attorno alle figure centrali di Rudolf von Laban,
Mary Wigman e Kurt Jooss. La successiva evoluzione del
b. portò
alla nascita della cosiddetta
new dance o
post modern dance,
affermatasi negli Stati Uniti negli anni Settanta-Ottanta. Attraverso
coreografie estremamente innovative, artisti quali S. Paxton, S. Forti, T.
Brown, L. Childs riformularono i rapporti tra il corpo e lo spazio, il suono e
il silenzio, senza più alcun obbligo di trasmettere un messaggio. Azioni
quotidiane come l'alzarsi e il sedersi divennero movimenti coreografici e sempre
più spazio fu lasciato all'improvvisazione; il luogo privilegiato della
rappresentazione non fu più necessariamente il palcoscenico di un teatro,
ma alcuni artisti scelsero di esibirsi scalando le pareti di un grattacielo o
sui tetti delle case di New York (ad esempio Trisha Brown). In Europa queste
tendenze si svilupparono ulteriormente portando diversi coreografi a esprimere
una critica sociale rielaborando materiali, codici e linguaggi propri di arti
differenti e utilizzando il
b. classico come una fonte "grammaticale"
imprescindibile, ma anch'esso rielaborabile e manipolabile con
originalità. Questa corrente prese il nome di Postclassicismo ed ebbe tra
i suoi massimi esponenti P. Baush, C. Carlson, M. Marin, J.P. Gallotta, M. Ek,
W. Forsythe, K. Armitage. Sempre negli anni Ottanta si diffuse anche un altro
genere di
b., detto
videodanza, caratterizzato da coreografie
create appositamente per soddisfare il mezzo televisivo.