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Baj, Enrico.

Pittore, scultore e scrittore italiano. Compiuti gli studi all'Accademia di Brera, si laureò in Giurisprudenza. Esponente di primo piano dei movimenti di avanguardia degli anni Cinquanta, nel 1951 fondò a Milano il Movimento Nucleare, in opposizione alla sistematica ripetitività del formalismo stilistico, pubblicandone il manifesto l'anno successivo a Bruxelles. Da allora B. adottò in pittura quello che poi divenne il suo modo espressivo preferito: il collage, lo smembramento delle forme per esprimere la deflagrazione della materia e dell'immagine. Sempre nel 1951 fu allestita a Milano la sua prima mostra personale. Nel 1954 l'artista milanese diede vita, insieme ad Asger Jorn, al Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista, che per primo si schierò contro la forzata razionalizzazione e geometrizzazione dell'arte e contro il dominio della linea retta e dell'angolo retto. Ben presto si fece notare come una delle personalità più ricche e vivaci del suo tempo, organizzando rassegne, incontri, esposizioni, collaborando a riviste d'avanguardia ("Il Gesto", "Direzioni", "Phases", "Documento Sud") e a quotidiani ("Il Corriere della Sera", "Il Sole - 24 ore", "La Stampa"), eseguendo illustrazioni e acqueforti di grande originalità. L'arte di B. è fondamentalmente legata agli oggetti di uso più banale e quotidiano (tessuti, ovatte, vetri colorati, passamanerie, specchi, tela da materassi, meccano), selezionati e vagliati accuratamente fino e venire privati della loro funzione e collocazione tipica, per essere inseriti, con ruolo di protagonisti, in un ordine nuovo. Con questi oggetti B. creò degli assemblages assolutamente inconfondibili: una galleria di personaggi a volte mostruosi, a volte patetici, grotteschi, tragici. La sua opera si articola in vari periodi, sotto il segno unificante dell'ironia dissacratoria e della denuncia della violenza e dell'aggressività umana. Da un lato gli specchi, i mobili, i meccani costituiscono il filone giocoso, in cui prevale il piacere di fare pittura con ogni sorta di materiali. Dall'altro, a partire dalle figurazioni nucleari degli anni Cinquanta, che testimoniano le paure seguite a Hiroshima e proiettate nel futuro, si manifesta un forte impegno civile contro ogni tipo di aggressività, che attraverso i generali e le parate militari degli anni Sessanta approda negli anni Settanta a tre grandi opere, I funerali dell'anarchico Pinelli (1972), Nixon Parade (1974), l'Apocalisse (1979). Quest'ultima composizione, enorme affresco arricchito negli anni successivi da nuovi elementi, mette in scena il degrado della contemporaneità e i mostri generati da un supino asservimento alla tecnoscienza: i motivi della morte e della bestialità del mondo si concretizzano in mostri terribili, spesso di ispirazione picassiana e non privi di uno humour feroce. Negli anni Ottanta, B. si accostò al teatro, collaborando a numerose realizzazioni; fra queste, Ubu re (1984) di Alfred Jarry, diretto da Massimo Schuster, che mette in scena una cinquantina di marionette in meccano. Dall'Apocalisse in avanti, la critica della contemporaneità, dell'uso indiscriminato delle tecnologie, della robotizzazione dell'uomo nella società attuale, del prevalere della forma sulla sostanza, della riduzione dell'arte a moda e del consumo di ogni cosa fu sempre più presente nell'opera di B. Nacquero così, a stigmatizzare l'abuso tecnologico e il mito della velocità, Epater le robot (1983), il Manifesto del futurismo statico (1983-86), I manichini (1984-87). Poi, attraverso una serie di opere, Metamorfosi e Metafore (1988), l'artista sviluppò una figurazione dell'immaginario e del fantastico che avrebbe portato alla sua massima espressione nelle opere kitsch degli anni successivi, divise in due filoni: da una parte alcune grandi composizioni raffiguranti il tema del cattivo gusto generato dalla cultura del prodotto industriale; dall'altra, la ripresa di alcune immagini emblematiche delle passate mitologie (Amore e Psiche, Adamo ed Eva, le Grazie). Con questi soggetti, realizzati in maiolica nel 1991, B. tornò alla ceramica, alla quale era già stato spinto da Jorn nel 1954 in occasione degli Incontri Internazionali della ceramica di Albissola. Nel 1993 iniziò il ciclo delle Maschere tribali, immagini di un moderno "primitivismo" con cui la società opulenta vuole rifarsi un look istintuale e selvaggio (Feltri, 1993-98; Totem, 1997). Tra i suoi ultimi lavori ricordiamo: Monumento a Bakunin (1996), omaggio all'anarchia alle cui idee libertarie l'artista si sentì sempre vicino; 164 ritratti ispirati ai Guermantes (1999), suggeriti dal mondo di M. Proust; un nuovo ciclo dedicato alle Storie di Gilgamès (2001), che si pongono come ulteriore apporto all'Apocalisse; il ciclo "idraulica" (2002). B. intrattenne stretti rapporti con poeti o letterati italiani e stranieri, con cui collaborò (tra i tanti Andr´ Breton, Raymond Queneau, Octavio Paz, Edoardo Sanguineti, Umberto Eco, Italo Calvino). Dalla convinzione che la poesia è il più valido supporto alla pittura moderna, nacquero negli anni Cinquanta i celebri Libri d'artista, edizioni di arte illustrate dall'artista milanese che spaziano dal De rerum natura di Lucrezio ai testi di Tacito, Marziale (Epigrammi), Pico della Mirandola (Sonetti), John Milton (Il Paradiso perduto), Lewis Carroll (La caccia allo Snark). B. affiancò sempre la scrittura alla pittura. Tra i numerosi saggi pubblicati, citiamo: Autodamé (1980); Patafisica (1982); Automitobiografia (1983); Impariamo la pittura (1985); Cose, fatti, persone (1988); Ecologia dell'arte (1990); Scritti sull'arte: dal futurismo statico alla merda d'artista (1996); Manuale di sopravvivenza: duecento voci per non capire (1999), scritto con il figlio Angelo; Discorso sull'orrore dell'arte (2002), in collaborazione con Paul Virilio (Milano 1924 - Vergiate, Varese 2003).