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Avorio.

(dal latino tardo eboreus). Anat. - Tessuto osseo noto anche come dentina, di colore bianco tendente al giallo, che si ritrova nei denti (V.), attorno alla cavità pulpare, e che è ricoperto e protetto dallo smalto. L'a., che viene formato dagli odontoblasti, ha una costituzione simile a quella del tessuto osseo lamellare (anche se al posto delle cellule vi sono le cosiddette fibre di Tomes, in grado di trasmettere gli stimoli sensitivi alla cavità pulpare) ed è costituito per il 60% di sali minerali, e in particolare di solfato tricalcico, e per il rimanente 40% di materia organica. ║ Sostanza fornita dalle zanne dell'elefante africano (maschio e femmina) e da quello indiano (maschio), come pure dai denti dell'ippopotamo e di qualche altro mammifero. La facilità di lavorazione e le sue buone caratteristiche estetiche hanno fatto dell'a., proveniente dalle zanne dell'elefante e di altri animali (quali il tricheco e l'ippopotamo), un prezioso materiale destinato alle lavorazioni artistiche. Il suo valore commerciale è strettamente in rapporto con la durezza e con il colore, che muta a seconda dell'età dell'animale e della sua provenienza (l'a. più bianco, ad esempio, è quello dell'elefante siamese). I maggiori centri di esportazione dell'a. sono Zanzibar, Khartoum, Bombay, i porti di Ceylon e del Mozambico. Le zone come la Costa d'A. e il Göa, un tempo ricchissime di a., hanno perso oggi molta della loro importanza. Per la sua facilità di lavorazione e per la sua resistenza all'usura, l'a. fu impiegato fin dalle epoche più remote nella confezione di oggetti pratici e ornamentali. Intagli in a. con figurazioni si sono trovati in quasi tutte le civiltà preistoriche; ne è un pregevole esempio la Venere steatopigia, conservata nel museo di Saint-Germain-en-Laye. Vasta e varia fu la produzione di manufatti (monili, pettini, collane, ecc.), soprattutto nell'antico Egitto e in Siria, nei centri di Megiddo e di Biblo; da qui, la lavorazione dell'a. venne esportata dai Fenici in tutto il bacino del Mediterraneo. Numerosi furono i cimeli rinvenuti nelle tombe a Micene, a Sparta, a Cnosso, come per esempio le statuine d'a. incrostato d'oro del Saltatore di Cnosso e dei Fanciulli di Paleocastro (Creta), che testimoniano già una produzione di alta qualità nella civiltà cretese-micena. Gli scavi di Nimrud hanno portato alla luce numerosi rilievi decorativi in stile sirio-fenicio, che risalgono al IX sec. a.C. Nell'antica Grecia l'a., oltre che per la manifattura di suppellettili e di ornamenti, venne utilizzato insieme all'oro per la fabbricazione di enormi statue, dette crisoelefantine, realizzate da celebri artisti, fra i quali si ricorda Fidia. Anche gli Etruschi impiegarono l'a. per molti oggetti ornamentali, di cui sono un notevole esempio le tavolette intagliate di Orvieto e di Tarquinia, che risalgono al VI-V sec. a.C. Scarso, invece, fu il suo impiego nel periodo romano; divenuto ormai materia troppo rara e pregiata, venne sostituito, nell'uso comune, dall'osso. Nel IV sec. d.C., la lavorazione dell'a. riacquistò un ruolo di primaria importanza nella civiltà tardo-romana e bizantina, con la realizzazione di oggetti di pregiata e rara qualità artistica, destinati all'uso religioso o profano. Per esempio, i numerosi dittici, tavolette doppie usate per scrivere, che recavano sul lato esterno la figura di un magistrato, presentano dei finissimi intagli come quelli celebri di Esculapio (IV-V sec. d.C.), di Probo (V sec.), dei Simmachi e dei Nicomachi. Si ricordano, inoltre, le piastre su cui sono ritratte figure di imperatori, o scene di caccia, oppure episodi mitologici. Il medesimo tipo di decorazione appare su scatole e su cofanetti dell'epoca, passati dall'uso profano a quello liturgico cristiano, come le pissidi decorate con i miracoli di Cristo, risalenti al VI sec., o i reliquiari (Museo Cristiano di Brescia). Un altro capolavoro di questo periodo è la preziosissima cattedra del vescovo Massimiano a Ravenna, appunto del VI sec., interamente ricoperta di pannelli in a. di tricheco, importato da mercanti scandinavi e diffuso in seguito dai musulmani, che gli attribuivano un potere magico e lo usavano per farne else di pugnali e di spade. I trittici del Louvre e del Museo Vaticano, i cofanetti, le piastre e le legature dei codici conservati nei musei di Londra, di Parigi e di Roma, il busto di San Giovanni al Victoria and Albert Museum di Londra sono dei tipici esempi della produzione bizantina del X-XI sec. Nello stesso periodo, in Occidente, sotto le dinastie carolingia e ottoniana, si confezionarono in a. anche pettini, coltelli, tavolette, cofanetti, scatole, paliotti, altari portatili e altri oggetti, oltre ai dittici e alle legature dei codici con figurazioni sacre di alta qualità artistica. In epoca romanica si realizzarono pregiati reliquiari, cofanetti, ricci di pastorali, ecc. Un'opera celeberrima di questo periodo è la Madonna con il Bambino di Giovanni Pisano, conservata nel Tesoro del Duomo di Pisa. Il rinnovamento vero e proprio del gusto e dello stile nella lavorazione dell'a. si verificò essenzialmente nel periodo gotico. Numerose sono, infatti, le sculture risalenti a questo periodo: si tratta, per lo più, di immagini sacre e trittici grandiosi, con scene e personaggi arricchiti da una enorme varietà di motivi ornamentali. Notevole, a questo proposito, è il gruppo dell'Incoronazione della Vergine di scuola francese del XIII sec., conservato al Louvre di Parigi. In Italia, la celebre Bottega degli Embriachi (Venezia e Firenze) produsse per tutto il XV sec. eleganti cofanetti, dittici, trittici e altari, tutti realizzati utilizzando l'a. Si ricorda, tra questi, il dossale dell'altare della Certosa di Pavia, i cui pannelli sono intagliati, oltre che in a., anche in osso, in madreperla e in legni molto pregiati. Di altissima qualità, sebbene scarsa dal punto di vista della quantità, fu la produzione eburnea rinascimentale; in questo secolo, in particolare, si introdusse l'uso della riproduzione in a. di opere celebri, genere che ebbe in seguito una grande fortuna durante il periodo barocco. Nel XVIII sec., l'a. venne spesso impiegato, insieme alla madreperla, per applicazioni a intarsio in vassoi, selle da parata e per la mobilia in genere. A questo periodo risalgono oggetti in a. di ogni sorta, spesso montati in ebano o in argento: tabacchiere, ventagli, posate, ritratti a tutto tondo o a medaglione, nonché ninnoli ornamentali vari. Celebri, sempre in questo periodo, furono le scuole tedesche di Ulma, Dresda e Norimberga, dove si distinsero la famiglia Zick, Leonard Kern, Balthasar e altri. Tra i ritrattisti eccelsero, invece, Michael Hammer e la famiglia francese dei Rosset de Saint-Claude. Artisti italiani di una certa fama furono Antonio Leoni e Giovan Battista Pozzo. Nel XIX sec. la lavorazione artigiana decadde rapidamente un po' dovunque, soppiantata ormai dalla produzione industriale, che moltiplicò le applicazioni dell'a., diminuendone però la qualità e il valore. Nel nostro secolo, nuovi prodotti sintetici hanno sostituito l'a. in molte applicazioni, potendo imitare il colore, la resistenza e l'elasticità della fibra. L'a. vegetale è una sostanza cornea durissima, pesante, di un colore chiaro che va dal biancastro all'ocraceo, e ancora al grigiastro. Di questa sostanza sono costituiti i grossi semi di alcune piante, chiamate appunto palme d'a. vegetale. Si tratta dell'endosperma corneo dei semi di Phytelephas macrocarpa dell'America orientale, nonché di palme dei generi sagus e borassus. Tali semi, opportunamente lavorati a imitazione dell'a., servono alla realizzazione di piccoli oggetti, in particolare alla fabbricazione di bottoni. ║ Per estens. - Tonalità di bianco tendente al giallo, propria della sostanza omonima. ║ Fig. - Candore, detto specialmente della pelle.