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Avestā.

(dal persiano medievale apastāk: testo base). Nome che indica l'insieme dei libri sacri della religione di Zoroastro (mazdeismo), in contrapposizione allo zand (commento). I testi a noi pervenuti sono scritti in un antico dialetto iranico, l'avestico. Questo complesso di libri, se pur molto esteso, costituisce però solo una piccola parte dell'A. originale, in gran parte perduto. Ci dà notizia del testo integrale, esistente ancora nel IX sec., il Denkart, un riassunto medo-persiano scritto dai sacerdoti seguaci di questa religione. Appunto dal Denkart apprendiamo che il testo consisteva di 21 libri, preceduti da un commentario. Di questi libri, solo il Vendidad ci è pervenuto interamente; degli altri restano, invece, alcuni passaggi. Oltre all'esposizione di dottrine religiose, il testo antico conteneva narrazioni di eventi profani, come ad esempio la vita di Zarathustra, di Vistaspa, suo protettore e discepolo, la storia dei Reami iranici e dei loro sovrani, fin dalla creazione del mondo. Vi sono molte tradizioni sulla nascita dell'A. e, naturalmente, molte di esse appartengono più alla leggenda che alla storia. La versione più attendibile è forse quella del IX sec., secondo la quale l'A. sarebbe stato scritto da Kavi Vistaspa, seguace e discepolo di Zarathustra, mentre secondo altri Vistaspa avrebbe incaricato il suo ministro Giamapsa. Il testo sarebbe stato inciso su 12.000 pelli bovine, con lettere d'oro. Durante la dominazione araba, molti Iraniani passarono alla religione islamica e, notevolmente diminuito il numero dei fedeli, i libri sacri antichi andarono persi. L'interpretazione secondo la quale l'A. sarebbe opera di Vistaspa o del suo ministro è però apparsa a molti filologi poco attendibile, in quanto, ai tempi di Zarathustra, la scrittura era sconosciuta in Iran e gli antichi inni, verosimilmente, sono stati tramandati in forma orale. Si tratta comunque di ipotesi che, considerando il materiale disponibile, difficilmente potranno essere provate fino in fondo. L'A. è un libro liturgico, scritto con lo scopo di regolare l'andamento delle cerimonie festive: infatti, vi sono riportate le preghiere da recitare, le regole da seguire, gli atti da compiere e altre prescrizioni rituali. Nella forma odierna, l'A. viene diviso in cinque parti: lo Yasna (preghiera, ufficio divino) costituisce il nucleo più importante, riguardante l'atto principale del culto, cioè la preparazione della bevanda sacra e l'offerta al Dio. Lo Yasna consta di 72 capitoli e contiene gli inni più antichi che ci siano pervenuti della religione di Zoroastro. Questi inni, che prendono il nome di Gatha, risalirebbero secondo diversi studiosi allo stesso Zarathustra. Il secondo libro è considerato, in genere, un'appendice del primo ed è chiamato Visprat (cioè, tutti i giudici o tutti i capi). Costituito da 24 capitoli, quest'ultimo contiene invocazioni e preghiere che venivano recitate durante particolari solennità dell'anno. Il Vendidat (legge contro i demoni) può considerarsi come il codice civile, ecclesiastico e penale di questa civiltà; in esso, infatti, vengono esposte le prescrizioni di purezza, le norme per l'espiazione di colpe, le pene ecclesiastiche e altre norme riservate ai sacerdoti. Lo Yasht (adorazione, sacrificio) contiene cantici che sono rivolti ciascuno a una divinità, da cui traggono il nome i giorni del mese mazdeo: questi cantici sono 21, come anche i giorni del mese. Il Khordah A., o Piccola A., è un libro di preghiera, insegnamenti e prescrizioni ad uso dei laici: esso comprende canti, inni e litanie in onore delle divinità, ed è in sostanza una riduzione dell'A. vero e proprio. Questa parte ci è giunta in una forma frammentaria. La conoscenza dell'A. nel mondo occidentale è dovuta a una traduzione pubblicata a Parigi, nel 1771, da A.H. Anquetil-Duperron.