(da
automa). In generale, il termine designa
l'insieme delle tecniche e dei sistemi impiegati per sostituire l'intervento
umano, in ambiti e aspetti assai diversificati. Il termine
a. o
automatizzazione, come pure gli aggettivi derivati
automatico o
semiautomatico, non hanno un preciso e unico significato, benché
siano usati con eccezionale profusione in tutti i campi della tecnica e della
tecnologia. In generale, un qualsiasi oggetto viene definito automatico solo per
contrapposizione a
manuale;
semiautomatica è invece la
versione intermedia fra ciò che è manuale e ciò che
è automatico. Le varie definizioni date di
a. sono spesso fra di
loro contrastanti e, comunque, mai abbastanza generali da comprendere tutte le
possibili accezioni di questo termine, che ha una genesi storica ben precisa e
limitata, ma che si è poi esteso a dismisura. In realtà, una
esatta qualificazione del termine automatico può essere fornita solo in
senso temporale. È automatico un qualsiasi dispositivo o meccanismo (in
senso lato) che realizza, in un certo insieme complesso (orologio, macchina
operatrice, sistema di contabilità, ecc.), una funzione che prima veniva
compiuta da un uomo, oppure che limita l'intervento dell'uomo.
A.
sarà, di conseguenza, l'applicazione a un qualsiasi oggetto di un
dispositivo automatico. • St. - Il vocabolo
a. risale a circa un quarto di secolo fa. Venne coniato nel 1946 da D.S.
Harder, un dirigente della società automobilistica statunitense Ford
Motor Co., per indicare i cambiamenti operati nei metodi produttivi delle
automobili presso la Ford stessa, mediante l'introduzione di macchine che
sostituivano il lavoro manuale, nel posizionamento di pezzi sotto le macchine
operatrici o sotto presse e nella rimozione dei pezzi stessi dopo la
lavorazione. Nel 1947, la Ford inaugurò il primo
reparto a., che
sviluppò e adottò per la produzione numerose macchine automatiche.
Nel 1948, il termine
a. cominciò ad essere impiegato anche fuori
dalla Ford, per designare l'introduzione di innovazioni e dispositivi che
permettevano di manipolare pezzi meccanici, limitando l'intervento dell'uomo
alla pressione di pulsanti posti su un quadro di comando. I primi frutti
dell'
a. furono le cosiddette
linee transfer o
macchine
transfer, composte da un insieme di macchine operatrici (ad esempio, trapani
con punte di diverse dimensioni, alesatrici, rettifiche, ecc.), poste in linea
fra loro. All'ingresso della linea entra un pezzo grezzo o semilavorato (ad
esempio, la fusione di una testata di motore a scoppio); senza che l'uomo
intervenga a toccare direttamente il pezzo o a operare da vicino su una di
queste macchine, il pezzo subisce una serie di operazioni, al termine delle
quali esce dall'altra parte della linea finito. Gli spostamenti del pezzo da una
stazione all'altra avvengono mediante l'utilizzo di bracci meccanici, o con
altri sistemi. In queste linee, in generale, ogni utensile compie la sua
funzione in un certo istante, secondo una temporizzazione generale per tutte le
macchine, oppure viene messo in moto dall'arrivo del pezzo dalla stazione
precedente. È abbastanza ovvio che l'
a. sia nata con l'espansione
delle industrie automobilistiche nel dopoguerra. Dispositivi come le macchine
transfer sono infatti pensabili solo, se le lavorazioni vengono fatte in grande
serie. Un'elevata produzione è condizione essenziale per
l'economicità di una linea transfer, in quanto su di essa trovano posto
molte macchine operatrici, altamente specializzate a compiere ognuna un certo
lavoro che, in generale, ha una durata alquanto breve. Se la produzione è
bassa, il coefficiente di utilizzo medio delle singole macchine è
anch'esso basso e la linea diventa antieconomica. Dai processi fabbricativi di
pezzi a quelli di montaggio dei pezzi stessi con apposite sequenze il passo
sembra breve. Questo fu, infatti, il secondo obiettivo dell'
a.; tuttavia,
in questo campo, nonostante gli enormi progressi fatti, l'
a. non ha
ancora avuto un'estensione paragonabile a quella dei metodi fabbricativi. La
successiva tappa dell'
a. coinvolse i metodi di controllo e di
regolazione; si trattava, cioè, dell'applicazione alle macchine di
dispositivi di misura, in modo che una macchina fosse in grado di selezionare un
pezzo rispetto a un altro, anche alquanto simile. Ma lo sviluppo maggiore
dell'
a. si registrò con l'avvento di macchine in grado non solo di
eseguire automaticamente una serie complessa di operazioni, ma anche di eseguire
o meno una certa operazione, ovvero di eseguirla in misura maggiore o minore, in
funzione dello stato effettivo del pezzo. La macchina stessa veniva congegnata
in modo da autoregolarsi in funzione di fattori esterni, anche perturbativi,
dando un'uscita che era sempre costante oppure sempre la migliore, caso per
caso. Questa innovazione viene definita semplicemente
feed-back
(letteralmente: alimentare indietro), o
controreazione o
retroazione. ║
Il feed-back: organizzazione interna di un
qualsiasi dispositivo (in senso ampio), per cui l'uscita di questo dispositivo
interviene sul funzionamento del dispositivo stesso, variandone il funzionamento
in dipendenza di fattori perturbativi, secondo una certa finalità
assegnatagli. Consideriamo il caso di un caldaia dotata di
termostato,
che debba riscaldare dell'acqua bruciando nafta. Dal punto di vista dell'utente,
si tratta di un dispositivo che fornisce acqua calda alla temperatura
prefissata, senza alcun intervento se non quello di rendere disponibile una
fonte di energia (la nafta; eventualmente anche energia elettrica) e una materia
su cui operare (l'acqua fredda). Il fine di questo dispositivo è quello
di produrre acqua alla temperatura prefissata T
0 costante. Una
macchina del genere esiste, solo se opera mediante un
feed-back,
cioè se è in grado di conoscere la temperatura dell'acqua in
uscita, di confrontarla con T
0 (che è il suo
fine) e di
agire di conseguenza, nell'eventualità in cui l'acqua che sta uscendo non
sia a temperatura T
0. Tutto questo si può ottenere, se
sull'acqua in uscita viene posto un termometro che confronta la temperatura
dell'acqua che sta uscendo, istante per istante o ad intervalli di tempo
prefissati, con T
0: quando è superiore a T
0, esso
manda un segnale a una valvola che si trova sull'ingresso della nafta, facendola
chiudere di più; se è inferiore, manda un altro tipo di messaggio
alla valvola, facendola aprire di più (così l'acqua si scalda
maggiormente). Il sistema costituito da termometro, mezzo di trasmissione dei
messaggi e valvola di regolazione del flusso di nafta rappresenta il
feed-back della caldaia. L'organizzazione si può schematizzare
come in figura, secondo una simbologia presa a prestito dalla cibernetica.
È evidente che una uguale regolazione si sarebbe ottenuta anche agendo
sulla portata d'acqua, lasciando costante quella di nafta. È anche
evidente che un simile sistema reagisce a perturbazioni esterne (ad esempio,
variazioni della temperatura dell'acqua in ingresso), ma solo entro certi
limiti: è, per esempio, inefficace se l'acqua entra già a una
temperatura superiore a T
0, perché la caldaia non potrà
mai raffreddare acqua ma solo riscaldarla. Si dirà che il
campo di
regolazione del sistema è limitato a temperature inferiori a
T
0. È, inoltre, evidente che un simile dispositivo non
è efficace nemmeno nel caso in cui non abbia disponibilità
istantanea pressoché illimitata (teoricamente) di nafta e il flusso di
questa non sia determinato solo dalla caldaia stessa, ma possa essere
influenzato da fattori esterni. Non è, tuttavia, impensabile un sistema
che intervenga in un caso del genere, agendo anche sulla portata d'acqua. Un
altro esempio di
feed-back è costituito dal sistema di
amplificazione delle comuni radio riceventi. La tensione che l'antenna fornisce
ai suoi capi, legata alla potenza con cui giungono ad essa le radiazioni
elettromagnetiche costituenti la trasmissione, è estremamente variabile,
soprattutto per effetto delle perturbazioni atmosferiche. Ne consegue che se non
si avesse nell'apparecchio un sistema di retroazione, il volume sarebbe molto
variabile, causando un'audizione intermittente ed estremamente fastidiosa. La
retroazione, in questo caso, agisce sull'amplificazione del segnale di antenna.
Vi è un controllo del volume in uscita (tensione applicata
all'altoparlante); quando questa tende ad abbassarsi, si aumenta il potenziale
sulle griglie delle valvole amplificatrici (V.
TRIODO), in modo da amplificare di più; viceversa, se tende ad
alzarsi. Sovente, il controllo non è effettuato sulla grandezza stessa
(ad esempio, sulla tensione applicata all'altoparlante), ma sulle sue
variazioni, cioè sulla sua derivata (V.).
La derivata di una grandezza è negativa se il valore della grandezza
diminuisce, è positiva se aumenta. Controllando la derivata e, in
particolare, solo il suo segno, si ha in uscita un segnale in binario (positivo
o negativo), che può essere facilmente manipolato ed essere esso stesso
un segnale di pilotaggio. Ad esempio, si può avere una tensione positiva
o negativa che può chiudere o aprire una valvola, secondo il suo segno
algebrico. Inoltre, i codici binari hanno il vantaggio di poter essere
facilmente combinati fra loro secondo relazioni anche complesse, mediante
semplici circuiti elettronici o pneumatici. Il
feed-back di un
dispositivo può essere schematizzato in questi componenti fondamentali:
1) un
rivelatore, cioè un dispositivo in grado di avvertire le
variazioni dell'uscita del dispositivo e, eventualmente, di confrontarle con un
valore predeterminato dell'uscita stessa; 2) un
messaggio, che il
rivelatore emette, trasmettendolo attraverso un opportuno canale; 3) un
reattore il quale, stimolato dal messaggio, agisce su uno dei fattori che
influenzano l'uscita, determinando una variazione dell'uscita stessa. Tutti i
feed-back, per quanto complessi, sono basati su questo principio; la loro
complessità deriva dal fatto che, invece di misurare una sola grandezza
sull'uscita, ne misurano diverse o intervengono su diversi fattori,
anziché su uno solo, oppure ancora agiscono non su un solo dispositivo,
ma su una catena di dispositivi fra loro in serie. Comunemente, si fa risalire
l'invenzione del
feed-back (anche se questo termine è un
neologismo, nato con gli apparecchi radio) all'inglese James Watt che, sul
finire del XVIII sec., applicò alla sua macchina a vapore un sistema di
regolazione per mantenere costante il numero di giri al variare del carico cui
la macchina era sottoposta. Il
regolatore di Watt consisteva in un albero
verticale, mantenuto in rotazione da un cinematismo, in modo da compiere un
numero di giri proporzionale a quello compiuto dalla macchina a vapore. Questo
braccio porta un quadrilatero articolato; due cerniere di questo sono poste
sull'albero rotante, libere di scorrere (ma non di ruotare) su esso. Le altre
due cerniere portano due sfere di acciaio di peso opportuno. La rotazione
dell'albero trascina in rotazione anche il quadrilatero: per effetto della forza
centrifuga, le due sfere tendono ad allontanarsi dall'albero e, data la
costituzione del quadrilatero, le due cerniere poste sull'albero tendono ad
avvicinarsi. A queste è, poi, collegata una leva che agisce sulla
distribuzione del vapore, aumentando l'afflusso di esso alla macchina, quando le
due sfere si avvicinano (per effetto della gravità e di una diminuzione
della velocità dell'albero) e riducendolo, quando le due sfere si
allontanano (per effetto di un aumento della velocità). Pertanto, se la
velocità della macchina aumenta, il vapore fornito alla macchina
diminuisce (e quindi, diminuisce la velocità della macchina stessa);
viceversa avviene, quando la velocità della macchina diminuisce. La
regolazione della velocità su un valore prefissato è fatta,
posizionando fra le due cerniere poste sull'albero (una delle quali può
essere resa solidale con questo) una molla che, comprimendosi, contrasta
l'allontanamento delle sfere: quanto più è rigida questa molla,
tanto più sarà il vapore fornito alla macchina e, quindi, tanto
maggiore la velocità di rotazione su cui si stabilizzerà. In
realtà, anche senza togliere merito a J. Watt, simili dispositivi di
regolazione erano già usati da secoli. Già nel XVI sec. era in uso
per i mulini a vento un distributore di grano del tipo a scosse, che regolava la
quantità di grano immessa fra le mole in funzione della velocità
di rotazione delle mole stesse (legata alla velocità del vento, sempre
variabile); tanto più forte giravano le mole, tanto più grano
veniva introdotto. È indubbio che si tratta di una retroazione: quando
c'è più vento, si immette più grano (e, quindi, si tende a
rallentare la rotazione delle mole); viceversa accade, quando ce n'è di
meno. Il fine di un simile regolatore non è, però, solamente
mantenere il più possibile costante la velocità di rotazione, ma
anche lo sfruttare nel miglior modo possibile l'energia disponibile della forza
del vento. D'altra parte, il meccanismo della retroazione ha sicuramente come
prima inventrice la natura stessa. Gli esempi sono innumerevoli: tutta la vita
è organizzata mediante un sistema complesso e articolato di
feed-back. Anche l'equilibrio ecologico fra le diverse specie si
stabilisce con meccanismi di
feed-back. ║
Tendenze attuali
dell'a.: lo sviluppo dell'
a., benché molto veloce, non
è stato così diffuso come preconizzato nella prima metà
degli anni Cinquanta. Indubbiamente, il progresso è stato enorme in tutti
i campi; un notevole impulso si è avuto dall'introduzione dei calcolatori
elettronici (V. CALCOLATORE) sia numerici sia
analogici, con la loro spettacolare capacità di elaborare in brevissimo
tempo una mole enorme di informazioni. Oggi l'
a. si volge soprattutto
verso i seguenti scopi: 1) riduzione della quantità di lavoro necessario
per compiere una certa operazione, sia essa fabbricativa o informativa
(elaborazione di dati) o un servizio. Quest'opera di
a. tende soprattutto
a una riduzione dei costi, mediante l'impiego di macchine estremamente veloci,
la cui velocità non potrebbe essere sfruttata appieno se l'operazione
fosse governata manualmente. Nello stesso tempo, la riduzione della
quantità di lavoro manuale permette di far fronte alla carenza di
manodopera. Sovente quest'opera di
a. può richiedere profonde
modifiche, non solo nelle attrezzature fabbricative ma anche nel prodotto
fabbricato (ad esempio, adozione di mobili o carrozzerie in materie plastiche,
anziché di legno lavorato) e tende invariabilmente alla costruzione di
serie. 2) Compimento di operazioni prima impossibili. In molti casi, occorre
tener conto delle influenze esercitate da molti fattori e coordinarle tutte con
leggi molto complicate, per poter ottenere un certo effetto; il tempo in cui
questo avviene è un fattore essenziale per la buona riuscita
dell'operazione. Si pensi, ad esempio, al sistema di puntamento di un missile
antiaereo; l'elaborazione di tutti i fattori importanti per la riuscita del tiro
richiederebbe a un uomo mesi e mesi di calcolo ogni volta, cosa naturalmente
impensabile, mentre un calcolatore esegue il tutto in frazioni di secondo. 3)
Esecuzione di operazioni complesse, non eseguibili manualmente. Si pensi, ad
esempio, al calcolo della traiettoria Terra-Luna per un'astronave, che è
umanamente impossibile, perché richiederebbe un tempo lunghissimo e
conterrebbe sempre degli errori (un buon "calcolatore" umano commette almeno un
errore ogni 10.000 operazioni, un calcolatore elettronico ne commette molti di
meno e ha la possibilità di correggersi facilmente da solo). 4)
Esecuzione di operazioni in ambienti inaccessibili all'uomo o disagevoli.
È anche questo un caso molto frequente: ad esempio, attualmente non
è possibile inviare uomini in esplorazione sul pianeta Venere, mentre
sono state inviate delle sonde automatiche per raccogliere dati e ritrasmetterli
sulla Terra. Un pilota di un reattore che debba compiere un volo molto lungo,
troverà disagevole passare tutto il tempo a correggere il volo in
funzione delle indicazioni degli strumenti di bordo e sarà meno pronto di
riflessi all'atterraggio: il pilota automatico (o
autopilota) può
mantenere per lui le condizioni di volo prefissate. La cernita dei rifiuti
solidi o l'estrazione di minerali da miniere molto profonde sarà poco
gradita a un uomo (e sovente pericolosa alla sua salute), ma può essere
benissimo eseguita con macchine automatiche. L'
a. è oggi oggetto
di profondo interesse, sia per i motivi sopra elencati, sia dal punto di vista
speculativo, dato che permette una migliore conoscenza di molti fenomeni, anche
naturali. L'
a. dei processi produttivi è stata oggetto di una
minuziosa classificazione, che stabilisce 17 diversi livelli di
a. (o
meccanizzazione, come si dice talvolta), in funzione di diversi fattori.
║
Riflessi sociali dell'a.: in uno dei testi base dell'
a., The
human use of human beings (L'impiego umano degli esseri umani), scritto da
N. Wiener e pubblicato nel 1950, e in un successivo libro di J. Diebold si
avanzavano foschi presagi su quello che sarebbe stato il futuro
dell'umanità immersa in una civiltà completamente automatizzata;
il Diebold prevedeva, addirittura, la creazione a breve scadenza di una
fabbrica automatica, nella quale il lavoro dell'uomo sarebbe stato
limitato alla manutenzione delle macchine, almeno finché non fossero
state messe in grado di mantenersi da sole. Queste ammonizioni furono riprese da
altri autori e divennero un tema ricorrente nella letteratura avveniristica, con
uso e abuso degli automi, fantascientifiche macchine dotate di sembianze umane,
in grado di compiere una molteplicità enorme di cose. Fantascienza a
parte, nella prima metà degli anni Cinquanta, l'
a. era da molti
ritenuta una calamità che avrebbe privato del lavoro un'enorme
quantità di persone, creando grandi masse di disoccupati e provocando
grandi sconvolgimenti nell'economia. A distanza di anni, le previsioni
più catastrofiche non si sono avverate e l'
a. sta avvenendo in
modo progressivo, senza creare grandi scompensi, almeno di carattere generale.
Localmente, tuttavia, l'
a. ha prodotto gravi conseguenze
nell'occupazione; basta pensare a quanto avvenne nelle zone con industria
prevalentemente tessile con l'introduzione dei telai automatici per la
tessitura, che richiedevano meno del 100% del personale richiesto dai telai
tradizionali. Certamente, l'
a. permette all'umanità di produrre di
più: più prodotti agricoli, più beni di consumo, più
servizi. E produrre di più significa avere un maggior numero di beni di
consumo a propria disposizione, oppure ridurre l'orario di lavoro a
parità di beni; ma significa anche aumentare la dipendenza dell'uomo
dalle macchine, moltiplicare i contatti con le macchine. Molti psicologi si sono
dedicati e si dedicano attualmente allo studio del rapporto uomo-macchina,
cioè allo studio dell'influenza dell'
a. sull'uomo e sulla sua
civiltà. Si tratta di un insieme di problematiche complesse, che oggi si
sta presentando in termini sempre più acuti e che interessa anche
numerosi filosofi.