Primo imperatore dei Romani. Figlio di Gaio Ottavio e di
Azia, nipote di Cesare, fu da questi adottato e dichiarato suo erede (45 a.C.).
Alla morte di Cesare (44 a.C.), Ottaviano si presentò come il
continuatore della politica cesariana, approfittando del comportamento di
Antonio, favorevole a un accordo coi senatori e con i cesaricidi. Guadagnatosi
il favore della plebe, avendo distribuito dei donativi secondo quanto prescritto
dal testamento di Cesare, e riunito un gruppo di veterani seguaci del defunto
dittatore,
A. con l'appoggio del Senato preoccupato più di Antonio
che non del giovane Ottaviano, marciò contro Antonio impegnato allora
nella guerra contro Bruto. Dopo aver sconfitto il rivale, Ottaviano si diresse
contro il Senato, condusse le legioni a Roma e si fece eleggere al consolato,
illegalmente data la sua giovane età e la procedura non legittima. In
seguito, vista l'ostilità dell'esercito a combattere contro Antonio, egli
si accordò con questi e con Lepido formando il triumvirato (
Secondo
Triumvirato, 43 a.C.): iniziò così il periodo della decisa
repressione dell'autorità senatoria, indebolita dalle continue epurazioni
di cui fu vittima anche Cicerone. Dopo la vittoria riportata sui repubblicani a
Filippi, in Macedonia (42 a.C.), i tre triumviri si spartirono l'Impero: a
Lepido spettò l'Africa, ad Antonio l'Oriente e ad
A. l'Occidente.
Nel 32 a.C.
A., dopo aver destituito Lepido, sfruttò abilmente la
politica filorientale di Antonio e la sua amicizia con Cleopatra, per
presentarsi come il garante e il difensore dell'Occidente. Con l'appoggio delle
province occidentali che nel 32 gli dichiararono fedeltà, nel 31 ad Azio
inferse ad Antonio una pesante sconfitta, in seguito alla quale Antonio e
Cleopatra si uccisero. L'Egitto venne annesso all'Impero e divenne un dominio
personale di Ottaviano, che lo fece amministrare da un suo
praefectus, e
le sue risorse vennero sfruttate per risanare l'economia e dare fiducia alle
classi abbienti. Con la sconfitta del rivale si può dire che inizia il
processo che avrebbe condotto la Repubblica a divenire Principato. Di fatto
padrone dell'Impero,
A. organizzò un potere personale con il
consenso della classe equestre e senatoria, presentandosi come il garante di una
pace dopo tanti anni di guerre civili. Già nel 40 egli aveva ricevuto il
titolo di
imperator, che gli consentiva di disporre di corti armate a
difesa della sua persona e nel 36 aveva ottenuto la
sacrosanctitas, ossia
l'inviolabilità propria dei tribuni della plebe. Ma è soprattutto
dopo Azio che
A. iniziò ad assumere sulla sua persona tutta una
serie di poteri: nel 29 ottenne la dignità di
princeps senatus;
nel 27 fu investito di un potere proconsolare sulle province non pacificate,
cioè dove era stanziato il grosso dell'esercito e ottenne il titolo di
Augusto, titolo che aveva una sentore vagamente religioso e che gli
conferì anche formalmente una superiorità sugli altri magistrati.
Dal 27 egli godette inoltre di una auctoritas suprema che gli conferì un
predominio politico e morale. Successivamente ottenne l'incarico proconsolare a
vita anche sulle restanti province e assunse sulla sua persona gli incarichi di
tribuno della plebe, carica che gli permetteva il controllo sulla
attività legislativa. Nel 12 gli venne conferito anche il titolo di
Pontefice massimo, l'esercizio della censura e altri incarichi e nel 2 il titolo
di
pater patriae. Di fatto egli radunò una serie di poteri tutti
legittimi, in quanto derivanti dalla costituzione repubblicana, ma che davano
inizio al principato e attuavano un regime personale. In politica interna egli
riorganizzò la vita politica e sociale; creò nuovi uffici che
vennero affidati a esponenti del ceto equestre, facendo sorgere così una
nuova burocrazia, direttamente legata all'imperatore. Era questa un efficace
strumento di governo in quanto permetteva che si elevassero socialmente quelle
classi medie, fedeli al principe e al di fuori dell'ordine senatorio.
Quest'ultimo mantenne alcune prerogative ma in effetti il suo potere venne
alquanto limitato. All'indebolimento del ceto senatorio a favore di quello
equestre contribuì ulteriormente nel 5 a.C. l'istituzione di dieci
centurie formate da senatori e cavalieri, col compito di scegliere dei
magistrati previo consenso del principe. L'esercito fu strettamente governato da
A. Egli stanziò le legioni, stabilite nel numero di 25, nelle
varie province, governate da legati scelti tra l'ordine senatorio e da
procuratori presi tra i cavalieri. Rimasero alcune province direttamente alle
dipendenze del Senato, ma in ognuna Ottaviano mandò suoi funzionari
amministrativi e organizzò una cassa imperiale (fisco) a sostituzione
dell'erario. La ferma venne stabilita a 25 anni e per risolvere il problema dei
soldati congedati si stabilì una cassa militare. In politica estera venne
portata a compimento la romanizzazione della regione alpina, con la formazione
delle province di Rezia, Norico e Pannonia, ma Ottaviano non riuscì ad
attuare il progetto di invadere la Germania dopo la sconfitta di Varo nel 9 d.C.
Molte delle campagne militari vennero del resto condotte da collaboratori, in
quanto
A. fu a lungo impegnato con il problema della successione. Il
rispetto della forma repubblicana lo obbligava a scegliere un successore accetto
al Senato, d'altro canto egli stesso mirava a rendere di fatto ereditario il
principato. Dal primo matrimonio gli era nata una figlia femmina, Giulia. Dopo
il ripudio della moglie Scribonia, si era sposato con Livia Drusilla, già
moglie di Claudio Nerone e imparentata con la classe senatoria. Non avendo avuto
figli da costei,
A. aveva fatto sposare Giulia con Marcello, figlio della
sorella Ottaviana, e dal loro matrimonio erano nati due figli, Gaio e Lucio, che
morirono però giovanissimi.
A. decise allora di adottare il figlio
di primo letto di Livia, Tiberio, al quale nel 5 d.C. conferì i suoi
stessi poteri, e che gli sarebbe succeduto alla morte avvenuta nel 4 d.C. La
scelta soddisfece sia il Senato, in quanto Tiberio era imparentato con la
famiglia Claudia di antica origine senatoria, sia la necessità di una
scelta dinastica. L'epoca del principato di
A. va comunemente sotto il
nome di
età augustea. Essa rappresentò un momento
fondamentale per la società romana. Politicamente il principato, con
l'instaurazione di un governo di fatto personale e autocratico, fu lo sbocco di
un secolo di guerre civili. La trasformazione politica trovava però
corrispondenza anche in un mutamento di carattere sociale. Le classi alte
mantennero le loro posizioni di prestigio, ma mentre i senatori persero potere
crebbe quello del ceto equestre. Tutto ciò derivava da un mutamento
avvenuto nella società romana dopo le guerre civili. La classe senatoria
era ormai modificata, a causa dell'ascesa di uomini nuovi e del
ridimensionamento delle vecchie famiglie; d'altro canto i ceti equestri erano
formati da ufficiali reclutati anch'essi nelle municipalità italiche, e
da funzionari di nomina imperiale. Di fatto avvenne una restaurazione degli
antichi rapporti sociali. Sotto
A. la stabilizzazione dei rapporti
sociali permise anche l'incremento dell'economia, così come la formazione
di una cassa militare per i veterani in congedo mise fine alle confische coatte
di modo che anche l'esercito divenne un fattore di pace e stabilità. La
politica di
A. aveva un duplice connotazione autocratica e legalitaria:
ciò è evidente nella rappresentazione dell'Ara pacis dove
A. appare come il
Princeps inter pares ma dove già si
avverte quel culto della sua persona e della sua famiglia progressivamente
accentuatosi. Si pensi alle 80 statue a lui dedicate in Roma nelle quali con
gusto neoclassico si cerca di far trasparire la sua superiorità morale, e
nelle quali si avverte quella divinizzazione già praticata in Oriente,
dove secondo la tradizione ellenistica
A. appariva un monarca
divinizzato.
A. mirò a ottenere l'appoggio delle classi abbienti
anche attraverso la restaurazione dei valori del
mos maiorum in ogni
settore della vita pubblica e privata. Alcune leggi quali quella sul matrimonio,
contro l'adulterio e contro il lusso, risposero a una generale esigenza di
risanamento morale: allo stesso motivo si deve il tentativo in campo religioso
di ravvivare la prassi religiosa.
A. poté controllare anche le
manifestazioni culturali, per incrementare l'ideologia del principato. In
letteratura
A. incoraggiò l'impegno civile dei poeti, promuovendo
l'idea della missione ecumenica di Roma. Poeti di estrazione italica, uomini
nuovi, quali Orazio, contribuirono inoltre a restaurare gli antichi valori della
tradizione, cantarono gli argomenti cari al regime (la frugalità, la
pace, la moralità della vita pubblica), mantenendo tuttavia una loro
autonomia dal regime. Se alcune manifestazioni di dissenso come quella di Asinio
Pollione furono tollerate altre invece furono represse (fu il caso di Ovidio che
venne condannato all'esilio). Vennero inoltre accettate anche manifestazioni che
risultavano non contrarie ma estranee alla ideologia del principato e in
particolar modo al tipo di tematiche caratterizzanti il circolo di Mecenate (ad
esempio il circolo di Messalla). ║
L'arte all'epoca di A.:
attraverso l'uso anche di patrimoni personali
A. attuò una serie
di opere urbanistiche nella città di Roma che da città di legno
divenne città di marmo. Egli promosse una serie di opere a Roma con
l'aiuto di Agrippa: fece restaurare o costruire templi, fontane, terme, teatri,
acquedotti; promosse la risistemazione della zona del Foro, l'edificazione del
Nuovo Foro, e la bonifica della zona del Campo Marzio, dove vennero innalzati
l'Ara Pacis, il mausoleo di Augusto, le Terme di Agrippa, il primo Pantheon.
Come scrive Vitruvio l'arte aveva un significato politico: la grandiosità
degli edifici e della città doveva ricordare il ruolo dominante di Roma
come capitale dell'Impero. Roma doveva essere la discendente delle grandi
città ellenistiche senza però rinnegare la tradizione. Non esiste
un vero e proprio stile augusteo: da un lato esso continua il purismo neoattico
con l'uso prevalente dell'ordine corinzio (ad esempio nella Basilica Giulia e
nei tempi di Giulio Cesare e di Apollo Sosiano); nell'Augusteo si ebbe invece un
ritorno alle forme etrusco-italiche che ripeteva la forma del cumulo funerario
con dimensioni eccezionali. È inoltre in questo periodo che si va
affermando una certa caratteristica dell'architettura romana ossia la
sovrapposizione dei tre ordini (Teatro di Marcello). Anche nella scultura domina
la ricerca della perfezione formale con prevalenza dello stile neoattico:
così nei rilievi dell'Ara Pacis l'elegante neoatticismo risolve la
tradizione naturalistica italiana, come neoattici sono gli eleganti spirali
d'acanto. Nella ritrattistica domina l'influenza della idealizzazione
ellenistica con la divinizzazione dell'imperatore. L'ellenismo col culto per
l'arte raffinata si fa sentire anche nell'oreficeria (coppe d'argento del tesoro
di Boscoreale, la gemma augustea con l'apoteosi del principe). In pittura
è il momento corrispondente al II stile pompeiano, con pitture parietali
dove sono preminenti vedute e paesaggi (fregio monocromo della casa di Livia sul
Palatino, scene dell'Odissea da una casa sull'Esquilino) e del classicismo
(nozze Aldobrandini). ║
Le opere di A.: educato dai retori Marco
Epidio e Apollodoro di Pergamo,
A. si dedicò agli studi di
eloquenza, perseguendo una prosa limpida priva di qualsiasi arcaismo come
rivelano alcuni frammenti di lettere. Fu probabilmente autore di una serie di
opere andate però perdute: i
Commentari de vita sua in tredici
libri; una
Descriptio Italiae; il poemetto
Sicilia; una
Vita di
Druso e altri saggi filosofici. Rimangono solo le
Res gestae divi
Augusti, l'iscrizione alla quale egli affidò il racconto delle sue
imprese. Questa opera, detta anche
Monumentum Ancyranum perché si
trovò il testo latino con traduzione greca ad Ankara, fu scritta da
A. nell'ultimo anno di età: nei 35 capitoli che la compongono
A., descrivendo le sue realizzazioni politiche, mostrava una piena
consapevolezza del suo ruolo e avviava l'interpretazione mistico religiosa del
principato, con la quale egli giustificò le sue conquiste e che
offrì in seguito il terreno su cui fondare le successive pretese
assolutistiche (Roma 63 a.C. - Nola 14 d.C.).