Negazione di Dio; concezione del mondo che esclude
l'esistenza di un principio primo o di una personalità divina che lo
governi. La teologia cattolica distingue due forme di
a.:
pratico
e
teorico. Il primo è proprio di chi vive come se Dio non
esistesse, il secondo di chi apertamente nega l'esistenza di Dio. L'
a.
teorico viene a sua volta distinto in
negativo, o
indiretto,
quando è il risultato di indifferenza o di ignoranza;
dogmatico,
basato cioè sull'affermazione intransigente e assoluta della non
esistenza di Dio;
critico, quando si basa sulla confutazione delle prove
razionali che tendono a dimostrare l'esistenza di Dio;
agnostico, ovvero
basato sull'affermazione dell'incapacità umana nel dimostrare l'esistenza
di Dio. L'
a. pratico si identifica in genere con l'indifferenza mondana
ed è proprio di chi vive ignorando il problema di Dio; di coloro nella
cui vita Dio non costituisce problema, mistero o dramma. Esso perciò si
differenzia nettamente dall'
a. teorico di chi professa apertamente la
propria negazione di Dio. Il primo, molto diffuso, è caratteristico delle
persone di tiepida o scialba fede, per le quali la religiosità è
un fatto speciale e mondano che, come sua massima espressione, si esaurisce nel
convenzionale e tradizionale ossequio liturgico, senza minimamente incidere sui
comportamenti di vita. L'
a. teorico, invece, convive assai spesso con un
pathos religioso che cerca l'assoluto in una direzione nuova, terrena.
Esso comporta la polemica e quindi il dialogo con Dio, per negarlo come colui
che dovrebbe essere e non è. • Filos. -
Dati i diversi modi di concepire la divinità e l'accusa di
a.
rivolta dalle religioni positive a tutte le dottrine eterodosse, nel corso della
storia del pensiero tale accusa è stata impropriamente rivolta a molti
tra i grandi pensatori, primo fra tutti Socrate, il quale si rifiutava di
seguire la religione ufficiale. L'accusa di
a. nonché di
immoralità, incesto, antropofagia, fu rivolta anche ai primi cristiani.
Assertori di dottrine propriamente atee furono nell'antichità Eraclito,
Epicuro, Teodoro di Cirene, soprannominato l'Ateo. Tra i grandi pensatori
accusati di
a. figurano G. Bruno e Spinoza. Concezioni propriamente atee
cominciarono a diffondersi nel corso del XVIII sec., con l'affermarsi
dell'
a. scettico di Hume e del materialismo meccanicistico di La Mettrie
e Holbach. Nel senso propriamente irreligioso, l'Illuminismo nel suo complesso
fu antidogmatico e antimetafisico e nella sua polemica contro il passato giunse
talvolta all'
a. Nel corso dell'Ottocento, mentre la Chiesa cattolica
tendeva ad affermare con accresciuto vigore le basi dogmatiche della sua fede,
il binomio materialismo-
a. divenne la base di varie correnti di pensiero.
Per il positivista A. Comte, la religione era l'incarnazione dei primi tentativi
compiuti dall'uomo per spiegare i fenomeni del mondo circostante, attribuendo
alla natura le proprie capacità di volere e di agire. L'umanità
era passata, attraverso successivi stadi di sviluppo, dal feticismo al
politeismo, quindi al monoteismo e all'idea di un unico ordine operante in tutta
la natura. Con l'ulteriore sviluppo del pensiero, le spiegazioni metafisiche
caratteristiche del monoteismo erano destinate a cedere il posto alla scienza,
basata sull'osservazione dei fatti. Il cristianesimo speculativo di Hegel diede
luogo a due diverse interpretazioni: da una parte, si vide in esso il tentativo
di rendere il cristianesimo accettabile al pensiero moderno; dall'altra parte,
invece, lo si considerò come l'intenzione di negare ogni valore autonomo
alla fede religiosa. La prima interpretazione fu quella degli hegeliani di
destra, la seconda quella degli hegeliani di sinistra, il cui rifiuto di
accettare un'interpretazione teistica della filosofia di Hegel intendeva essere
una dimostrazione del sostanziale
a. del maestro. Rappresentanti
principali della corrente hegeliana di sinistra furono i teologi F.D. Strauss e
Bauer, secondo cui quanto sta scritto nella Bibbia non è che il
rivestimento mitico di un contenuto sostanzialmente filosofico. Tale posizione
doveva sfociare nella tesi fondamentale di L. Feuerbach, secondo cui la teologia
trasferisce l'intero complesso delle qualità umane in un essere superiore
e trascendente, derubando e impoverendo in tal modo l'umanità,
alienandole tutto ciò di cui essa può andare fiera. Per
compiere l'umanizzazione dell'uomo è dunque necessario combattere la
religione. Marx si riallaccia a queste tesi di Feuerbach, spingendosi
però oltre e cercando di spiegare la ragione per cui, nella coscienza
dell'uomo, possono nascere rappresentazioni di Dio. Secondo le sue teorie, gli
uomini alienano il loro essere generico, proiettandolo in un Dio immaginario
solo quando non sono più in grado di sviluppare la propria umanità
nella reale esistenza quotidiana. Per superare la religione non basta criticarla
e svalutarla, ma è necessario cambiare le condizioni di vita che
consentono alle rappresentazioni religiose di sorgere. La religione è
"l'oppio del popolo", il narcotico che attutisce il dolore provocato
dall'impossibilità del libero sviluppo umano nella società
classista, e solo coloro che vogliono veramente aiutare il popolo a eliminare le
cause del dolore hanno il diritto di togliergli questo lenitivo. Più
rozzamente l'anarchico Bakunin attaccò il concetto di divinità
(
Dio e lo Stato), con una violenza pari solo a quella con cui combatteva
lo Stato. L'idea di un Dio era, secondo Bakunin, detestabile, sia perché
incompatibile con la libertà umana, e perciò del tutto
inammissibile, sia perché contraria al concetto di uguaglianza. Dio,
esattamente come lo Stato, era, secondo Bakunin, il simbolo stesso
dell'illibertà e dell'ineguaglianza. Egli riteneva che l'idea
dell'esistenza di Dio nascesse da una confusione di idee: non essendo riusciti a
comprendere la natura, gli uomini erano ricorsi all'idea divina per spiegarla.
Egli non negava che l'impulso religioso esistesse nell'uomo e avesse svolto una
funzione necessaria allo sviluppo storico dell'umanità, ma odiava i preti
e tutti gli idoli religiosi che l'umanità avrebbe dovuto negare nel corso
del progresso scientifico. La sua spiegazione delle origini e dello sviluppo
della religione era molto affine a quella di Comte. Gran parte della sua
dottrina derivava inoltre da Feuerbach e dai materialisti, integrando
però l'idea feuerbachiana dell'uomo che crea Dio a propria immagine e
somiglianza, con la teoria comtiana dell'evoluzione sociale, piuttosto simile a
quella darwiniana. Pur non professandosi apertamente ateo, Darwin aveva
elaborato un sistema che presentava un quadro dei processi naturali, che
escludeva Dio dall'universo. L'
a. bakuniano si differenzia da quello
marxista in quanto più legato all'anticlericalismo ingenuo. Bakunin,
infatti, considerava la religione un semplice prodotto dei preti avidi e
ingannatori, mentre Marx la considerava opera della stessa umanità
sofferente che è costretta a cercare consolazione nel mondo immaginario
della fede, in un essere soprannaturale. La critica di Marx alla religione non
è stata superata dalla critica marxista successiva, pur essendo stati
compiuti notevoli passi avanti nello studio degli sviluppi delle religioni, col
contributo degli studi etnologici e antropologici (V.
RELIGIONE).