Istituzione di beneficenza che offre un ricovero diurno o
notturno, rifugio e completa ospitalità per coloro che si trovino in
stato di bisogno, anche temporaneo. • Ord. scol.
- Istituto prescolastico di educazione e di assistenza per i bambini dai tre ai
sei anni. I primi
a. sorsero nell'800. Fu Pestalozzi che portò
l'attenzione degli educatori sulla prima infanzia. In Germania e in Inghilterra
i primi
a. sorsero a cura di Oberlin e di Owen. Dopo questi due
esperimenti, nel primo quarto del secolo, lo spirito dei diversi popoli si
trovò maturo per il problema e dovunque sorsero
a. In questa loro
prima fase essi furono caratterizzati da un'eccessiva importanza data
all'educazione intellettuale e all'istruzione formale, come accadde per quelli
fondati in Italia dall'abate Aporti, nella cui mente l'
a. non doveva
essere un semplice istituto di beneficenza, ma doveva mirare anche
all'educazione, obbligando così il bambino a un lavoro mnemonico
superiore alle sue capacità. Probabilmente fu la conoscenza del metodo
Froebel che aiutò Aporti a scorgere gli inconvenienti di un'educazione
infantile fondata preminentemente sull'istruzione intellettuale. Froebel segna
una nuova fase con la fondazione dei giardini d'infanzia creati su di una esatta
intuizione della natura del bambino e delle sue leggi di sviluppo. L'educazione
infantile deve fondarsi non sull'attività intellettuale, ma sul gioco,
che è il mezzo con cui la personalità del bambino si esprime e si
forma. In Italia gli
a. aportiani vennero trasformati con l'introduzione
del metodo froebeliano verso il 1875, per opera soprattutto di Adolfo Pick. Al
pensiero froebeliano si ricollegano anche i due più importanti
procedimenti comparsi dopo il 1900: il Nuovo
A. di Mompiano fondato da
Rosa Agazzi e le Case dei Bambini di Maria Montessori. Nell'attuale ordinamento
scolastico italiano, la Scuola Materna, dipendente dal ministero della Pubblica
Istruzione, accoglie il bambino a tre anni e lo avvia alla scuola elementare,
sotto la guida di educatori diplomati, offrendogli un ambiente favorevole al suo
sviluppo fisico e psichico. • Dir. - L'istituto
del cosiddetto
diritto d'a. (inteso in genere come diritto di singole
persone a trovare rifugio contro qualunque azione venga intrapresa nei loro
riguardi, ritirandosi sotto la sfera protettiva di un'autorità diversa da
quella persecutrice, e inteso anche come diritto, da parte di una
autorità religiosa o politica, di sottrarre determinati soggetti al
potere punitivo di altre autorità) anche se oggi sopravvive entro confini
piuttosto limitati, ha tuttavia avuto precedenti storici di notevole rilievo.
Nel diritto greco l'istituto assunse una sua spiccata fisionomia e funzione;
nell'antica Grecia l'
a. aveva carattere essenzialmente religioso, nel
senso che a numerosi templi e luoghi sacri si riconosceva la prerogativa
dell'inviolabilità, che si estendeva alla persona che raggiungesse il
luogo sacro e vi si trattenesse, purché perseguitato da chiunque per
qualunque motivo. In sostanza il fuggiasco veniva a porsi sotto la diretta
protezione degli dei, che le autorità umane non avevano in alcun modo il
potere di contrastare. Nel diritto romano l'
a., pur non essendo
sconosciuto, aveva una rilevanza assai minore, limitandosi praticamente ai
risultati dell'influsso che la vicina Grecia aveva esercitato sui costumi
giuridici romani. La concezione giuridica accentratrice romana non poteva in
alcun modo guardare con favore alla diffusione dell'istituto dell'
a., che
costituiva un'evidente e grave limitazione dei poteri esecutivi dello Stato.
Pertanto, dopo la conquista della Grecia, con una serie di drastici
provvedimenti l'amministrazione romana sottopose a revisione e a limitazione
l'elenco dei luoghi sacri che offrivano
a., per evitare che alcuni templi
divenissero veri e propri covi di briganti e delinquenti. Con l'avvento del
Cristianesimo l'istituto del diritto di
a. nei luoghi sacri, e in special
modo nelle chiese, finì per cssolvere una funzione nettamente diversa. In
particolare le autorità ecclesiastiche assunsero la funzione di
protezione dei deboli e di coloro che erano perseguitati, sia ingiustamente sia
ad opera della giustizia umana; il vescovo intercedeva per ottenere per il reo
il perdono, offrendo al colpevole la possibilità di espiare il proprio
delitto non davanti agli uomini, bensì davanti a Dio. Durante il Medioevo
la disciplina del diritto d'
a. seguì le sorti del regime
ecclesiastico, e ogniqualvolta la Chiesa riusciva ad affermare la propria
potenza, il diritto d'
a. tendeva a rifiorire e ad assumere sempre nuova
diffusione e ampiezza. L'istituto dell'
a. era comunque in via di
graduale, ma inesorabile involuzione, fino a scomparire pian piano come
prerogativa dei luoghi sacri, in seguito alla formazione degli Stati moderni.
Scomparso dunque l'istituto del diritto d'
a. in senso religioso, se ne
è invece venuta creando una nuova forma: l'
a. politico. Dal punto
di vista del diritto internazionale, l'
a. politico è l'atto con
cui uno Stato accoglie nel proprio territorio oppure ospita nelle proprie
ambasciate all'estero chi in un altro Stato è sottoposto a persecuzione o
a trattamenti discriminatori per ragioni politiche in senso lato (e quindi anche
religiose e razziali). La base normativa del regime del diritto d'
a. in
ambito internazionale è la Dichiarazione internazionale dei diritti
dell'uomo (art. 14) e la dichiarazione specifica approvata dall'assemblea
dell'ONU il 14 dicembre 1967, con sede a Ginevra. Lo status giuridico di chi
gode del diritto d'
a. è regolato dalla Convenzione di Ginevra del
1951, resa esecutiva in Italia con legge 22 luglio 1952 n. 722. In particolare
per quanto riguarda il diritto italiano, il diritto d'
a. è
regolato dal 3° comma dell'art. 10 della Costituzione: tale norma non
subordina il diritto d'
a. dello straniero al fatto che lo Stato cui
appartiene non riconosca al proprio cittadino la titolarità dei diritti e
delle libertà dichiarate fondamentali dalla Costituzione italiana,
bensì al fatto che esso impedisca l'effettivo esercizio di tali
diritti.