Lett. - Trattato teorico-militare composto da Niccolò
Machiavelli negli anni 1519-20 e stampato nel 1521. L'opera, divisa in sette
libri, nacque in occasione del ripristino, da parte dei Medici, dell'"Ordinanza"
fiorentina che, consigliata e propugnata dal Machiavelli stesso, era stata
creata dalla Repubblica, allorché aveva deciso di affidare a un esercito
composto di cittadini la sua difesa. L'importanza che l'autore dava a tale
aspetto del suo pensiero politico è dimostrata dal fatto che per esso
egli adottò la forma del trattato di tipo umanistico, svolto
dialogicamente, secondo i moduli ciceroniani. La scena di fondo è data
dagli Orti Oricellari, cioè quei giardini dei Rucellai in cui i giovani
fiorentini erano soliti riunirsi per discutere di problemi politici e culturali:
gli interlocutori sono Cosimo Rucellai, Zanobi Buondelmonti, Battista della
Palla, Luigi Alamanni e il condottiero Fabrizio Colonna, cui l'autore
attribuisce il compito di riferire ed esporre le proprie idee, nonché
quello di rispondere agli interlocutori. Il I libro tratta del reclutamento; il
II è dedicato all'armamento della fanteria e della cavalleria, al
rapporto fra fanteria e cavalleria nonché alla preparazione dei militi
attraverso gli esercizi militari; i quesiti vengono posti da Rucellai. Il III
libro riguarda la disposizione dell'esercito per la battaglia ("giornata") ed
è qui che Colonna propone il costume veneziano nelle deliberazioni, di
modo che la parola tocca al più giovane, Luigi Alamanni. Più che
un omaggio alla procedura in atto a Venezia, tale episodio appare come un
pretesto attraverso cui Machiavelli può far cenno della sua
volontà di rivolgersi soprattutto ai giovani, i più atti a
ragionare delle cose della guerra e anche a metterle in pratica. Nel IV libro
Zanobi Buondelmonti chiede a Colonna se ci siano altri tipi di ordinamento
militare, come ci si debba comportare prima della "zuffa" e come si debbano e
possano rendere i soldati pronti a combattere spronandoli con le parole. Nel V
libro si tratta dell'ordinamento di un esercito in marcia per il Paese "nemico o
sospetto", e sempre Zanobi introduce l'argomento dei "guastatori", delle
sussistenze, delle salmerie, ecc. Nel VI Battista della Palla si rimette al tema
preferito da Colonna e si ha così un rapporto sugli alloggiamenti e sulla
disciplina militare; nel VII si tratta delle fortificazioni, del modo di
difenderle e del modo di prenderle. La terminologia militare usata nel trattato
è prevalentemente greco-latina, con alcuni termini contemporanei,
soprattutto con riferimento a ciò che non riguarda direttamente
l'attività bellica. Ciò che più interessa in quest'opera
del Machiavelli non sono tanto le annotazioni di carattere tecnico, notevoli
tuttavia come documenti delle acquisizioni militari del tempo e di certe sue
più o meno lungimiranti convinzioni, quanto piuttosto la costante
presenza di un chiaro disegno politico. Dalla necessità, primordiale per
uno Stato, di essere dotato di armi proprie, discende il profondo disprezzo
dell'autore per il mercenarismo, inteso sia come esercizio professionale delle
armi sia come servizio nelle compagnie di ventura. L'alto senso dell'autonomia
della politica come scienza in sé si rivela costantemente, anche quando
l'autore afferma essere la religione un mezzo pari alle abili parole del
capitano per infondere coraggio e fiducia nei propri uomini, e allorché
ribadisce che l'esercizio delle armi e il buon ordinamento dell'esercito sono
elementi indispensabili per il raggiungimento dei propri fini da parte di
qualsiasi abile principe. Ricorderemo inoltre che Machiavelli, pur accorgendosi
della nuova importanza della fanteria nei confronti della cavalleria, non tenne
però nella giusta considerazione le immense possibilità
dell'artiglieria, cui non poteva dare fiducia, assorbito come era nel suo ideale
dell'esercito di tipo romano. A proposito del suo entusiasmo per le istituzioni
militari romane la critica oggi è dibattuta tra due tesi: da un lato si
tende ad affermare che tale ammirazione è di carattere prettamente
umanistico-rinascimentale, dall'altro la si vede piuttosto come frutto di una
riflessione critica, attraverso cui lo scrittore pervenne alla convinzione che i
Romani avessero avuto la migliore organizzazione che la ragione umana potesse
escogitare. Altro notevole elemento di interesse di quest'opera, che Machiavelli
mostrò di curare con particolare attenzione, occupandosi anche della
stampa e svolgendola in uno stile estremamente dignitoso, compiuto e regolare
dal punto di vista letterario, è dato dal sentimento che la pervade.
Nella dedica a Lorenzo Strozzi e nelle parole attribuite a Colonna, soprattutto
nelle prime e nelle ultime pagine del trattato, l'autore del
Principe e
dei
Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio appare mutato nel suo
atteggiamento verso la realtà: alla fiducia con cui aveva esposto in un
primo tempo le proprie teorie sembra essere subentrata la convinzione che alla
verità della propria dottrina vada unita l'impossibilità quasi
fatale della sua applicazione. Altamente drammatiche e autobiografiche appaiono,
in bocca a Colonna, capitano di ventura, le parole: "E io mi dolgo della natura,
la quale o ella non mi dovea fare conoscitore di questo o ella mi dovea dare
facultà di poterlo eseguire".