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Arlecchino.

Maschera della Commedia dell'arte derivata dall'antico Zanni. Sono state formulate ipotesi diverse riguardo alle origini del nome. Si è pensato a una possibile derivazione dagli Herlequins o Hellequins, cioè i diavoli buffoni delle rappresentazioni teatrali medievali francesi, oppure dal diavolo dantesco Alichino. In Italia il personaggio pare sia stato introdotto da Alberto Naselli, chiamato Zan Ganassa, che proprio in Francia, dove lavorava come Zanni (servo-buffone), attinse alla tradizione del diavolo-buffone unendola con quella italiana dell'uomo non addomesticato. A. unisce la furberia del contadino alla semplicità del servo linguacciuto; ha una colorita parlata veneta, con influenze bergamasche, e si muove con gesti quasi da balletto e con mosse acrobatiche e mimiche. Il personaggio indossa una mascherina di cuoio e un vestito multicolore a toppe che risale a Sannio, il buffone delle farse latine vestito di cenci rattoppati, che nella Commedia dell'arte diventa lo Zanni. Con l'andar del tempo il costume di A. divenne quello caratteristico a losanghe, e anche il carattere subì una trasformazione: il servo insolente, ladro e mezzano diventò, soprattutto nelle commedie goldoniane, un popolano furbo dotato di un certo giudizio. La maschera ha ispirato Goldoni (Arlecchino servitore di due padroni) e Marivaux. A. rappresentò, nel mondo teatrale del '500, la maschera più popolare. Molti furono gli attori che impersonarono A.; tra i più famosi, ricordiamo Angelo Costantini e Domenico Biancolelli. Il più celebrato A. contemporaneo resta quello di Marcello Moretti, che per tredici anni portò l'Arlecchino servitore di due padroni del Goldoni sulle scene di tutto il mondo, nell'allestimento di Giorgio Strehler.