Trattato in dieci libri di Leon Battista Alberti, scritto
intorno al 1450 e stampato nel 1485. È l'opera più famosa del
grande architetto umanista. Per alcuni argomenti (gli ordini architettonici, la
distribuzione delle colonne e degli architravi, ecc.), il lavoro dell'Alberti
appare come un rifacimento di quello di Vitruvio, mentre nel complesso si
classifica come opera nuova, improntata ai progressi della tecnica e alle
esigenze dettate dai gusti del tempo. A differenza di Vitruvio, ligio a un certo
ideale romano di praticità, l'Alberti si orienta verso una concezione
aristocratica dell'architettura, intesa come arte del progettare. Il programma
dell'Alberti può dirsi sintetizzato in questo passo del suo trattato: "Il
fare quelle case che sieno comode secondo il bisogno et delle quali non si
habbia a stare in dubbio... è uffitio non tanto d'uno architettore,
quanto di un muratore". Questo sentimento aristocratico dell'architettura gli fa
scrivere che l'artista dovrebbe trattare solo "con persone splendide e con
principi delle cittadi". Come corollario a quest'opera, Alberti scrisse
l'opuscolo sui
Cinque ordini architettonici, divenuto uno dei libri
classici sull'argomento.