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Archibugio.

Arma da fuoco portatile ideata nel XV sec. e utilizzata fino al XVII sec. Era costituita da una canna di ferro fissata a una cassa alquanto simile a quella dei fucili moderni, ma molto più pesante; alla cassa era applicata una sorta di forcella che veniva conficcata nel terreno per dare un miglior sostegno al complesso. Era ad avancarica e l'accensione della polvere pirica avveniva per mezzo di una lunga miccia (serpentina), che rappresentava un notevole inconveniente in quanto l'arma non poteva essere usata in caso di pioggia. Inoltre i primi modelli richiedevano l'impiego di due uomini dei quali uno era incaricato del puntamento e l'altro dell'accensione della miccia; intorno al 1530 la miccia venne sostituita dall'acciarino. Questo, agli inizi, era costituito da un arnese di acciaio col quale il tiratore batteva la pietra focaia (silice) e in tal modo ne traeva scintille capaci di accendere l'esca e quindi la polvere esplosiva (acciarino a battuta). Più tardi l'acciarino a battuta fu sostituito da quello a ruota dentata che, scattando per mezzo di una molla, faceva sprigionare le scintille da un pezzo di pirite fissato alla cassa. Con questo sistema si riusciva a far partire un colpo ogni cinque o sei minuti. Questo modello di arma venne chiamato a. a ruota e qualche tempo dopo anche focile (per la pietra focaia che ne faceva parte) e quindi fucile. Di a. furono dotati corpi speciali detti archibugieri, milizie a piedi (XV sec.) o a cavallo (XVI sec.). Gli archibugieri a cavallo avevano il compito di spostarsi rapidamente per concentrare una notevole massa di fuoco nei punti più deboli dello schieramento nemico. Emanuele Filiberto di Savoia ebbe a sua disposizione un corpo speciale, quello degli Archibugieri della Guardia della Porta che, nel 1831, mutò la sua denominazione in Compagnia delle Guardie del Real Palazzo. Anche l'esercito francese comprendeva un reparto di arquebuses sul tipo di quello che i tedeschi chiamavano dei Büchsen.