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Animismo.

Antropol. - Termine con il quale viene indicata la credenza che tutta la natura sia animata, vale a dire che oggetti, animali, vegetali, ecc., i quali popolano il mondo esterno, siano dotati di un'anima o spirito. Il termine (animism) fu introdotto in antropologia dall'inglese E.B. Tylor (La cultura dei primitivi, 1871), il quale lo considerava originato nell'uomo primitivo dal desiderio di fornire un'interpretazione degli eventi che si verificavano intorno a lui. Tylor suddivise l'a. in due classi principali: la dottrina delle anime, secondo cui negli esseri umani era insita un'anima che trascendeva il corpo e sopravviveva alla sua morte, e la dottrina degli spiriti, che accreditava l'esistenza di esseri spiritualizzati (personalizzati) in tutte le cose esistenti. Tylor cercò di stabilire quale fosse la matrice psicologica della credenze animistiche; lo studioso mise la credenza dell'anima in relazione all'esperienza onirica dalla quale il primitivo avrebbe tratto la convinzione dell'esistenza di un altro io, un duplicato del corpo che viveva le esperienze sognate. Sicuro di possedere questo alter ego, l'uomo lo attribuiva per estensione anche agli animali, ai vegetali e agli oggetti inanimati. Da questa matrice nacque secondo Tylor l'idea della sopravvivenza dell'anima: dopo la morte le anime diventavano spiriti dei morti, le anime attribuite agli animali diventavano spiriti animali, ecc. • Psicol. - Freud, analizzando il problema dell'a. (Totem e Tabù, 1913) a partire dagli studi di autori quali J.G. Frazer, A. Lang, E.B. Tylor e W. Wundt, rileva che la concezione animistica rappresenta il primo tentativo da parte dell'uomo di elaborare un modello interpretativo della realtà. In questa chiave psicologica, l'universo antropomorfico configurato dai culti primitivi risponde a un'esigenza del tutto ovvia e naturale. Gli spiriti e i demoni che "abitano" la realtà altro non sarebbero che le proiezioni dei moti affettivi sottoposti a un processo di "personificazione": in tal modo i moti psichici vengono oggettivati mediante un processo di proiezione ed esorcizzati, ridimensionando le ansie e il disagio dell'individuo. È quanto avviene, per esempio, nel processo patologico della paranoia in cui il soggetto si serve del meccanismo della proiezione per appianare il conflitto in atto tra le proprie forze interiori. Secondo Freud, queste prime elaborazioni teoretiche dell'uomo prendono le mosse "dalla stessa fonte da cui nacquero le prime restrizioni morali alle quali l'uomo si sottopose, cioè le prescrizioni del tabù".