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Anima, Dell'.

Trattazione del filosofo greco Aristotele, sul problema dell'anima, in tre libri. Aristotele definisce l'anima come entelechía ossia come forma del corpo, come principio che determina e specifica il corpo a cui dà vita. Secondo il filosofo la presenza di vita implica quella dell'anima, ossia di una forma che muove se stessa. Si distinguono tre tipi di anima: la vegetativa, la sensitiva e l'intellettiva. Le piante hanno solo l'anima vegetativa, che serve per l'assimilazione della materia e per la riproduzione; gli animali hanno, oltre la prima, anche l'anima sensitiva che presiede alle funzioni del sentire e dell'appetire. Sede delle sensibilità è il cuore; e alla sensibilità sono legate la fantasia e la memoria; la prima è una sensazione indebolita, un phántasma, mentre la seconda è in grado di riconoscere in questo phántasma la percezione già avuta. Sono capaci di memoria quegli animali nei quali la sensazione acquista un certo grado di persistenza; sono capaci di scienza soltanto quelli in cui la persistenza diviene reminiscenza. L'appetire deriva dallo sviluppo delle funzioni teoriche, mediante il senso del gradevole e dello sgradevole. Gli uomini oltre che le due anime precedenti dispongono anche dell'anima intellettiva il nous. Questo per Aristotele è qualcosa di divino che proviene dall'esterno, e quindi non si sviluppa alla presenza del corpo, né muore con lui. Accoppiandosi con i phántasma, forma i concetti; unendosi all'appetito, diviene ragione pratica: il nous dunque ha bisogno di avere nell'uomo una potenza, che egli poi traduce in atto. Aristotele distingue perciò l'intelletto attivo, produttivo delle forme intelligibili (nous poieticós) che è principio informante, dall'intelletto passivo (nous pateticós) che ne riceve la forma. L'intelletto attivo soltanto è separato, impassibile, immisto; a lui solo Aristotele attribuisce l'immortalità. Dove poi consista la umana personalità, se nell'intelletto passivo o nell'attivo, non risulta chiaro nel suo sistema. Da qui derivarono le interpretazioni discordanti e le polemiche del Medioevo e del Rinascimento. Ne nacquero due tesi, estreme e opposte, quella di Averroè che nega l'immortalità dell'anima umana e quella di San Tommaso, che l'afferma.