(dal greco
ánghelos: messaggero).
Entità incorporea e immortale, comune a pressoché tutte le
religioni, posta tra l'uomo e la divinità, alla quale si attribuiscono
funzioni e compiti diversi, ma generalmente di intermediario tra l'uomo e Dio e
rappresentato con fattezze di bellissimo giovane alato. La credenza in questi
esseri soprannaturali si spiega probabilmente con il bisogno istintivo di
colmare l'abisso esistente tra l'uomo e la divinità suprema e con
l'incapacità di fermare il pensiero nella sintesi di monismo assoluto.
Discordi sono le opinioni sull'origine di tale credenza: alcuni studiosi
associano la credenza negli
a. a quella negli spiriti, riconducendola
all'
animismo. Già nelle religioni più primitive, comunque,
sono presenti spiriti del bene e spiriti del male, e questa distinzione si
ritrova nel mondo classico, in cui netta è la contrapposizione tra la
categoria dei demoni buoni, assimilabili agli
a. della religione ebraica
e cristiana, e quella dei demoni cattivi, corrispondenti ai diavoli. Gli
a. ricorrono così in quasi tutti i culti antichi, da quello
assiro-babilonese a quello iranico, dal greco-romano al giudaico, anche se la
loro "sistemazione" dottrinario-teologica ha avuto luogo solo durante il
Medioevo all'interno del Cristianesimo. Nella Sacra Scrittura, infatti, sono
spesso menzionati degli esseri antropomorfi (e quindi essenzialmente distinti da
Dio) definiti messaggeri di Yahwèh, cioè
a., che formano la
corte celeste. Sulla base delle concezioni preesistenti, soprattutto quella
biblica, il Cristianesimo fa di tali sostanze la personificazione del bene
contrapposta al male. Gli
a. vengono così a costituire la
gerarchia ascendente verso Dio, senza però avere niente in comune con
l'uomo. Nella Bibbia si parla di vari classi di
a., tra cui quella degli
a. custodi: ogni uomo, sin dalla nascita, avrebbe un suo particolare
a. che lo protegge dai pericoli, lo esorta a compiere il bene e lo aiuta
a difendersi dalle tentazioni del demonio. La Bibbia non presenta tuttavia una
classificazione ben definita. Una più precisa caratterizzazione delle
varie classi e gerarchie si ha soltanto nella successiva teologia cristiana,
sulla base degli accenni biblici e neotestamentari. In tutte le opere dei Padri
della Chiesa l'angelologia, contrapposta alla demonologia, occupa un posto
importante. Fondamentale è, a questo riguardo, l'opera di Dionigi
Pseudoareopagita, il massimo esponente della patristica orientale, la cui
dottrina dell'angelologia esercitò una grande influenza sul pensiero
medioevale. Egli affermò l'assoluta trascendenza di Dio, centro
dell'universo, luminosissimo, incomprensibile alla limitata capacità
della mente umana. Intorno a Lui ruoterebbero tutte le cose create, dalle
più perfette, e quindi a Dio più vicine, alle meno perfette e
più lontane. Tra Dio e l'uomo figura la scala delle gerarchie celesti
(
De jerarchia coelesti) degli
a., suddivisa in nove ordini: troni,
cherubini, serafini, potestà, dominazioni, virtù,
a.,
arcangeli, principati. L'angelologia ha trovato la sua definitiva sistemazione
teologica in Tommaso d'Aquino, che ha posto gli
a. al vertice della
creazione del mondo da parte di Dio. Secondo l'aquinate essi sono composti, come
gli uomini, di essenza e di esistenza, ma non di materia e di forma, e non hanno
perciò principio d'individuazione. Inoltre, ognuno di essi
rappresenterebbe una specie più che un individuo. Al di sotto degli
a. si troverebbe l' uomo e, sotto di lui, le cose materiali. Il fatto di
considerare
a. i bambini morti prima di essere giunti all'uso della
ragione non ha alcun riferimento e valore teologico, ma solo analogico, in
quanto l'innocenza e la purezza delle piccole anime infantili, non ancora
contaminate dal male, vengono assimilate allo stato di assoluta purezza degli
a. Fuori del cattolicesimo all'angelologia dedicarono profonda attenzione
Filone e in generale gli gnostici; il protestantesimo, al contrario, evita ogni
tipo di riflessione sull'argomento e, di conseguenza, non formula alcuna
dottrina specifica in proposito. • Icon. - Al
III sec. a.C. risale la prima raffigurazione di un
a., all'interno della
sinagoga di Dura Europos: si tratta di un giovane in costume iranico. Nelle
decorazioni delle catacombe gli
a. appaiono raramente e sono
rappresentati comunque in modo molto semplice, come una sorta di efebi privi di
ali e di nimbo (affresco dell'
Annunciazione nelle catacombe di Priscilla
a Roma, III sec.). La rappresentazione si complica e ingentilisce sempre
più man mano che ci si avvicina al Rinascimento: in quest'epoca si
operò come una rottura delle precedenti tradizioni iconografiche e gli
a. vennero rappresentati o in figura di putti o, al contrario, come
espressioni di forza e di agilità sovrumane. Intanto, a partire dal
Trecento, si erano andate fissando iconografie particolari, come quella
dell'arcangelo Gabriele nell'Annunciazione con il bastone o il ramo d'ulivo e
l'arcangelo Michele che pesa le anime o armato di spada. Solo con l'arte barocca
appare il tipo femminile dell'
a. Tra i pittori e gli artisti che hanno
rappresentato gli
a. secondo un modello iconograficamente complesso
ricordiamo Giotto, Beato Angelico, Giovanni Bellini, Raffaello, Correggio, Luca
della Robbia, Donatello e Tiziano.
“S. Michele Arcangelo”, affresco di scuola cassinese (S. Angelo in Formis)