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Anfitrione.

Mit. - Re di Tirinto, marito di Alcmena e padre di Ificle. Avendo ucciso involontariamente il padre della futura moglie, si vide costretto a scontare la pena con un esilio al servizio del re di Tebe Creonte, oltre che con la promessa ad Alcmena che avrebbe vendicato i suoi fratelli uccisi da Ptelaro re dei Tafi. Mentre egli era impegnato in questa spedizione, da cui sarebbe tornato vincitore dopo aver ucciso il sovrano, approfittando della sua assenza, Zeus ne assunse le fattezze, ingannando così Alcmena, che divenne in tal modo madre del semidio Ercole. • Lett. - Varie commedie si ispirarono fin dalla antichità a questa vicenda. Capostipite si può considerare la commedia di Plauto Amphitruo rappresentata forse nel 188 a.C. Giove, innamorato di Alcmena, approfittando del fatto che suo marito, A., si trova in guerra, si presenta nel suo palazzo sotto le spoglie dello stesso A. Alcmena lo accoglie e gli si abbandona in una notte d'amore. Ma ecco giungere il vero A., preceduto dal servo Sosia. Intanto però Mercurio, servo di Giove, messo alla porta a fare la guardia prende le sembianze del servo. Il contrasto tra i due Sosia è ricco di motivi comici. E ancora più sapido e scintillante di umori farseschi è il gioco tra il vero A. e il falso A., gioco così abilmente sostenuto da Plauto da rendere difficile per lo stesso spettatore la identificazione del vero marito di Alcmena. La commedia si scioglie con l'annuncio divino della nascita di due gemelli, cioè di un figlio di A., Ificle e del semidio Ercole, concepito dall'amore tra Alcmena e Giove. Questo motivo plautino inizia un tema che verrà innumerevoli volte sfruttato sulla scena: ma la rielaborazione più viva e artisticamente felice dello stesso argomento è l'A. di Molière, rappresentato nel 1668. In esso la trama è rivissuta attraverso una trasposizione di ambienti e di figure per cui Molière, che nel suo Giove ha messo molto di Luigi XIV, descrive e narra, con analoghe situazioni comiche e sentimentali, ma con l'arte sua propria, la vita galante della corte del re Sole. Fedeli al modello plautino sono l'Amphitryon or The Two Sosias del 1690 di J. Dryden, con musica di H. Purcell. Tra le opere contemporanee si ricordano quella del 1929 di J. Giraodoux l'Amphitryon 38, nella quale l'autore rivendica l'innocenza di Alcmena.