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Allende Grossens, Salvador.

Uomo politico cileno. Laureato in Medicina, parallelamente alla professione medica svolse un'intensa attività politica nelle file della sinistra che, negli anni giovanili, gli costò ripetuti arresti. Nel 1933 partecipò alla fondazione del Partito socialista cileno e nel 1952 fu scelto come leader del FRAP (Fronte di azione popolare) nel quale si riunivano i socialisti e i comunisti, allora ancora non legalmente riconosciuti. Deputato e organizzatore della campagna elettorale di Pedro Aguirre Cerda (che nel 1939 fu il primo presidente cileno espresso da un fronte popolare), divenne ministro della Salute Pubblica nel 1942, fu eletto senatore nel 1945, divenendo poi presidente del Senato. Partecipò alle campagne presidenziali del 1958 e del 1964 venendo sconfitto. Presentatosi per la terza volta nel 1970, fu eletto presidente della Repubblica e fu a capo di una coalizione detta di Unità Popolare, comprendente socialisti, comunisti e cattolici indipendenti. La sua dichiarata volontà politica socialista e il proposito di effettuare in Cile un passaggio al Marxismo "per via legale", cioè nel rispetto delle istituzioni democratiche, portò A. a formulare un programma di governo che prevedeva un'accelerazione nei lavori per la riforma agraria, strumento indispensabile per la lotta al latifondo. Inoltre per limitare i pericoli di intromissione di interessi stranieri, soprattutto statunitensi, nell'economia cilena A. nazionalizzò le miniere, una delle principali voci delle entrate del Paese, e pose sotto controllo statale le banche e le imprese. Tali provvedimenti suscitarono forte malcontento scatenando la violenta reazione della classe borghese cilena e degli Stati Uniti. Le conseguenze furono il blocco del prezzo del rame, risorsa principale dell'esportazione cilena, la cessazione dell'erogazione di crediti esteri e l'interruzione degli investimenti di capitali stranieri. A tutto ciò fece seguito un forte aumento della spesa pubblica, l'impoverimento della moneta e una pesante crisi nel settore dei trasporti. Gli Stati Uniti, negando crediti e suscitando disordini, riuscirono a far precipitare il Cile in una situazione disastrosa: l'inflazione crebbe a livelli vertiginosi, i prezzi rincararono pesantemente e i beni di consumo più elementari cominciarono a scarseggiare. Attaccato dai ceti medi, osteggiato dalla parte più estremista del FRAP che diede vita al MIR e che pretendeva interventi ancor più radicali verso sinistra, A. tentò di giungere a un compromesso, procedendo a numerosi rimpasti di governo. Nel frattempo il Paese veniva scosso da continui scioperi e disordini di piazza che resero precario l'ordine sociale. Nel 1973 A. aprì il governo alle forze militari, convinto che l'esercito potesse fungere da garante delle istituzioni. Tale decisone si rivelò disastrosa: i generali dell'esercito, forti di appoggi economici e politici all'estero, assaltarono il palazzo presidenziale della Moneda e instaurarono una dittatura militare. Durante il golpe A. fu assassinato (Santiago del Cile 1908-1973).