Filosofo peripatetico greco. Commentatore di Aristotele,
insegnò ad Atene tra il 198 e il 221. I suoi lavori vennero divulgati in
età medievale nella versione in lingua latina; nel periodo rinascimentale
divennero oggetto di dispute tra gli studiosi del pensiero di Aristotele. I
commenti di
A. assunsero un'importanza maggiore dopo che nell'Europa
occidentale si diffuse la conoscenza delle opere dei commentatori arabi, in
particolare di quelle dell'arabo Averroè. I commenti di
A. e di
Averroè diedero infatti origine a due filoni interpretativi del pensiero
di Aristotele. Pertanto Alessandrismo (V.) e Averroismo (V.) divennero le
denominazioni di due distinte scuole filosofiche. Molti commenti di
A.
sono andati perduti; rimangono quelli al primo libro degli
Analitici
Primi, alla
Meteorologia, al
De Sensu, ai quattro libri della
Metafisica. Altri commenti attribuiti a lui in epoca medievale, sono
stati in seguito riconosciuti come non autentici. Riguardo al problema della
teoria aristotelica degli
universali separabili solo nel pensiero,
A. giunse a sostenere che essi non potessero avere una esistenza
indipendente dal pensiero e che l'unica realtà consistesse nelle cose
individuali, avvicinandosi in tal modo all'interpretazione nominalistica che fu
propria di Boeto di Sidone. Di fronte al problema del rapporto tra intelletto
passivo e attivo, sostenne che esistessero tre forme di intelletto: quello
possibile o passivo che è la capacità insita nell'uomo di
sviluppare la ragione; quello abituale o acquisito ossia il possesso delle
conoscenze date dall'esperienza; quello agente o attivo esterno all'uomo
(indentificato con Dio). Secondo
A. la presenza di questo intelletto
agente al di fuori dell'uomo era fondamentale: nell'uomo infatti l'intelletto
passivo passava dalla potenza all'atto per opera dell'intelletto attivo
divenendo intelletto
acquisito. La separazione dell'intelletto passivo da
quello attivo, indussero il filosofo alla negazione dell'immortalità
dell'anima. Tra gli scritti di
A. che sono giunti fino a noi ricordiamo
il
De Fato, nel quale si oppose al determinismo degli stoici e
Sulle
Mescolanze (II-III sec.).