Poeta e patriota italiano. Si laureò in Legge a
Padova dove ebbe come compagni Gazzoletti, Fusinato, e l'amico G. Prati, col
quale collaborò al giornale di Padova "Il Caffè Pedrocchi''. Prese
attivamente parte ai moti del '48 prima a Roma e poi a Venezia da dove,
incaricato da Manin, si recò in missione a Parigi (1848) in
rappresentanza della Repubblica di Venezia. Venne incarcerato due volte a
Mantova nel 1852 e a Josephstadt in Boemia nel 1859. Insegnò a Firenze
Estetica e Storia dell'arte.
A., esponente della linea veneta, rifiuta il
contrasto e la polemica tra classici e romantici, in nome di una sprezzante
superiorità che lo portava a voler armonizzare il senso romantico della
vita con la forma classica tradizionale. La sua poesia si caratterizza per una
estrema raffinatezza espressiva: i suoi versi presentano una serie ininterrotta
di figure retoriche.
A. esordì con il canto
Il matrimonio
nel 1842 e a cui fece seguito il poemetto storico l'
Arnalda di Roca
(1842-44) che ha come protagonista una eroina, una fanciulla veneta che, fatta
prigioniera dai Turchi, si sottrae alla schiavitù dandosi la morte. Si
avvertivano già in queste opere alcuni elementi che avrebbero
caratterizzato la sua successiva produzione: il gusto per il patetico e per la
narrazione della storia, una immaginazione esuberante non contenuta e spesso non
organizzata in strutture narrative ma capace di dar vita a effetti suggestivi e
pittoreschi.
A. giunse al successo nel 1846 con
Lettere a Maria,
una sorta di dialogo patetico con una giovane amata. Tra il 1849 e il 1856 diede
alla luce le opere migliori:
Il monte Circello e
Le antiche
città italiane marinare e commercianti (1856). Agli anni successivi
risalgono l'idillio
Raffaello e la Fornarina, il poemetto lirico
Un'ora della mia giovinezza (1858) e numerose liriche patriottiche e
politiche quali
Le tre fanciulle e
I tre fiumi (1857) che egli
stesso raccolse nei
Canti patri. Dopo la liberazione dalla fortezza di
Josephstadt,
A. si dedicò ancora alla poesia di argomento politico
I sette soldati (1858), che narra la storia di sette soldati austriaci
morti in battaglia e
Canto politico (1862) dove auspicava che Roma
divenisse la capitale di Italia. Nel 1864 riunì tutti i suoi lavori nella
edizione definitiva dei
Canti nella quale trovavano spazio anche le
ultime produzioni quali
Fuochi dell'Appennino (1863). Sono presenti
nell'opera di
A. tutti i temi cari al primo Romanticismo: amore, patria,
problemi e rivendicazioni sociali, storia, fede. Essi sono cantati con
sincerità ma mai approfonditi, con un sentimentalismo e soprattutto con
una scarsa fiducia che quei miti potessero generare una nuova forza. Gli venne
inoltre spesso imputato l'uso eccessivo di un simbolismo artificiale.
L'opposizione al tardo Romanticismo determinò il rapido declino della sua
fama. Nella produzione di
A. si avverte la presenza della lezione
foscoliana, sia nel contenuto che nello stile. Il motivo politico si stempera
però privato della intensità del Foscolo così come quello
amoroso si svuota in un semplice sentimentalismo. I rari momenti di
intensità e di abbandono hanno fatto definire
A. da alcuni
studiosi un anticipatore della poesia decadente, tanto da essere chiamato il
"parnassiano d'Italia''. Sicuramente fu più di Prati aperto alle istanze
della poesia francese di Vigny, di De Musset e di quella tedesca di Platen.
Certe forme di poesia immaginifica rimangono però come bloccate dalla sua
formazione accademica e classicheggiante (Verona 1812-1878).