Poeta lirico greco. Rappresenta con la contemporanea Saffo
uno dei poeti della lirica eolica. Di famiglia aristocratica, si dedicò
alla vita politica che animò la sua vita e la sua poesia. Il periodo in
cui visse fu molto agitato: la famiglia dominante a Lesbo, i Cleanattidi, subiva
a quell'epoca la pressione della famiglie gentilizie a cui apparteneva lo stesso
A. Eliminato Melancro, l'ultimo dei Cleattanidi, il potere passò
nelle mani di una oligarchia, che lo perse però ad opera di un parente
del defunto sovrano, Mirsilo. I gruppi gentilizi si unirono allora contro il
tiranno in un patto detto
hetairia, nel quale il poeta ebbe un ruolo di
rilievo. Già dopo la caduta del tiranno Melancro,
A. aveva
manifestato la sua gioia, ma il suo entusiasmo era stato immediatamente frenato
dall'ascesa al potere di Mirsilo, per la quale il poeta fu costretto ad
abbandonare la patria e a rifugiarsi a Pirra, altra città di Lesbo. Alla
morte di Mirsilo il poeta esultò ma la sua felicità e la sua
speranza di tornare in patria furono nuovamente annullate dalla ascesa di
Pittaco un tempo alleato alla fazione nobiliare. Pittaco infatti, staccatosi
dalla
hetairia, si associò al popolo e divenne una sorta di
dittatore legale. Esiliato in Egitto,
A. non cessò di scagliare
versi pieni di furore e rabbia contro i suoi concittadini e contro il nuovo
tiranno traditore. Fu però proprio Pittaco a far ritornare in patria
A. nel 580: da allora il poeta condusse una vita tranquilla tra convitti
e amori non mancando comunque di muovere critiche al governo democratico. Dopo
Alcmane,
A. è considerato il più grande poeta lirico greco.
Fu autore di numerose poesie delle quali oggi si sono conservati solamente 150
frammenti circa: l'edizione alessandrina delle liriche comprendeva 10 libri ma
non si conosce il criterio con cui fossero distribuite nei vari volumi. Si sa
che la raccolta si apriva con l'
Inno ad Apollo seguito dall'
Inno a
Ermete. Si è così supposto che il primo libro contenesse gli
inni agli dei e agli eroi. È probabile che seguissero le cosiddette
Stasiotiká, liriche di argomento politico e quelle conviviali,
scolia, che cantano i banchetti, gli amori con i giovinetti, gli inni al
vino. Dell'
Inno ad Apollo si è conservato il verso iniziale ma
è possibile recuperare il contenuto grazie al riassunto del retore
Imerio. Il componimento cantava dei doni fatti ad Apollo da parte di Zeus alla
nascita, del carro trascinato dai cigni, del suo soggiorno tra gli Iperborei,
del peana in suo onore cantato dagli abitanti di Delfi affinché si
recasse nell'isola. Il tema narrativo era sostenuto dalla forma lirica con il
ritmo vivace della strofa alcaica. Altri inni erano quelli a Atena Itonia, a
Efesto, ad Artemide, a Eros, probabilmente incentrati come nell'epica omerica su
un tema narrativo, un episodio della vita del dio, e caratterizzati da una
lingua ricca di epicismi. L'inno ai Dioscuri ci è stato restituito dal
papiro di Ossirinico. La produzione maggiore di
A. doveva però
riguardare i carmi politici e conviviali. Essi si inscrivono nell'ambito della
hetairia, di quel gruppo di amici e compatrioti ai quali il poeta si
rivolgeva e coi quali brindava e banchettava, ai quali egli esprimeva i suoi
odi, i momenti di giubilo e quelli di sconforto. La prevalenza del tema politico
non conferisce però alla poesia di
A. uno stile monocorde. Il tema
si inserisce infatti su vari sfondi: l'invettiva contro il tiranno, la
maledizione di chi tradisce, il rimpianto di quanto lasciato, si innestano ora
nel quadro di una festa, ora nel tema del vino e del banchetto, talvolta nella
descrizione di un tempio solitario. Pittaco è l'uomo più odiato da
A.: non era di origini umili e
A. spregiava l'appoggio popolare
che invece Pittaco cercava e grazie al quale era salito al potere. Accanto alle
poesie di invettiva vi sono anche frammenti dove predomina la nostalgia per la
patria perduta, le poesie dell'esilio. Particolare è l'intonazione del
tema del vino sullo sfondo delle differenti stagioni: il quadro dell'inverno,
l'avvicinarsi della primavera, l'afa estiva. Il tema del vino si riconnette
spesso a quello della brevità della vita umana: ecco allora le
esortazioni a bere mentre si delinea la riva di Acheronte da cui nessuno
ritorna, oppure nella consapevolezza che il giorno non è più lungo
di un dito. Il simposio è dunque occasione per manifestare i propri
crucci e il vino diventa medicina contro la malinconia del vivere e le
disavventure politiche. Raramente nei carmi conviviali si avverte infatti un
tono di gioia inconsapevole e di abbandono totale ai piaceri del banchetto, ma
emerge sempre l'angoscia esistenziale e la preoccupazione per la situazione
politica. Il mondo di
A. si distingue per una passionalità e un
grande ardore. I due temi principali, quello politico e quello dell'esaltazione
del banchetto e del vino, fanno di questa poesia una poesia di casta nella quale
si esprime la concezione virile della vita del poeta. Lo stile di
A.
è fatto di invocazioni, di brevi periodetti che sembrano volere tagliare
il respiro. Le espressioni sono spesso rudi, violente, immediate. La lingua
usata è il lesbico, un dialetto eolico, sul quale
A. innesta vari
ionismi, accuratamente dosati a seconda del tema. Uguale commistione vi è
nella metrica: i frammenti mostrano infatti la presenza accanto a metri eolici,
di metri ionici. È da notare che molti elementi vengono ad
A. da
poeti precedenti: il tema della nave era già presente in Archiloco; il
paesaggio afoso estivo echeggia un passo di Esiodo. Così sono presenti
elementi dell'epica omerica sia nel lessico sia in alcuni elementi narrativi. Il
mito non è mai rievocazione a se stante ma sempre connessa alla
attualità (Mitilene fra il VI e il VII sec. a.C.).