Scultore greco. Incomplete e imprecise sono le notizie
riguardanti la sua vita. Discepolo di Fidia, egli rispetto agli altri
condiscepoli che tesero ad accademizzare le forme (manierismo fidiaco)
cercò di rappresentare i soggetti, in particolar modo le divinità
olimpiche, con modi improntati a una maggiore severità e concisione. Con
il maestro si ritiene abbia collaborato nella decorazione dei frontoni del
Partenone in Atene. Gli si deve l'
Hermes Propylaios, molto spesso preso a
modello nei secoli successivi, che era così chiamato in quanto si ergeva
preso i Propilei dell'Acropoli: se ne hanno copie tra l'altro nei musei di
Istanbul e Smirne. In tale opera l'autore sembra volere riproporre
intenzionalmente i modi severi e arcaizzanti. Gli si attribuiscono inoltre
numerose opere tra le quali la statua di
Procne e Itys (al Museo
dell'Acropoli di Atene) che rivela nel modo di trattare il panneggio
l'appartenenza alla cerchia di Fidia. Il gruppo rappresenta la figura materna di
Procne che ha deciso di immolare il figlio il quale, ignaro, si stringe alle sue
gambe. Efficace è soprattutto il contrasto tra la visione frontale della
madre rispetto a quella di tre quarti del Figlio, contrasto che conferisce una
sorta di torsione all'insieme che sembra preludere all'arte sinuosa di
Prassitele. Di molte altre probabili opere di
A. ci rimangono delle
copie: un'
Athena acefala (in Algeria al Museo di Cherchell); l'
Ares
Borghese (Parigi, Louvre), che ripropone il tema dell'atleta già
trattato da Policleto, ma interpretato in modo che la contrapposizione dei
volumi crei un effetto di colorismo di stampo fidiaco e nel quale sembra
affiorare un nuovo sentimento di romanticismo, soprattutto nel modo di trattare
i riccioli dei capelli quasi a sottolineare in Ares non il dio della guerra ma
l'amante di Afrodite. Per le analogie con l'
Ermete Propileo gli si
attribuiscono anche le
Cariatidi dell'Eretteo di Atene che rinnovano con
un senso umano e naturalistico il tema astratto delle cariatidi ioniche. Tra gli
antichi il nome di
A. era legato soprattutto alla statua di
Afrodite
dei Giardini, alla quale aveva forse collaborato anche Fidia. Essa è
descritta da Pausania, ma non chiaramente, così che incerta ne è
l'identificazione. Si è in un primo momento pensato di riconoscerla in un
erma di Leptis, oppure in un tipo seduto su una seggiola, una figura di donna
seduta e dal ricco panneggio, più volte rappresentata in statue iconiche
di dame romane e perfino per la madre di Costantino e noto in molte copie (a
Firenze, agli Uffizi e a Roma ai Musei Capitolini). Si è anche avanzata
l'ipotesi che potesse essere identificata invece con l'
Afrodite eximiae
pulchritudinis, che Plinio ricorda esistente a Roma nel Portico di Ottavia
(Lemno seconda metà V sec. a.C.).