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Agricoltura.

(dal latino agricultura, der. di ager: campo e cultura: coltivazione). Coltivazione della terra praticata allo scopo di ottenerne prodotti per l'alimentazione umana e animale. In senso lato comprende anche l'allevamento del bestiame e costituisce insieme all'industria e al commercio uno dei fondamenti dell'economia. • Encicl. - La nascita dell'a., vale a dire il passaggio dal puro sfruttamento delle risorse naturali alla produzione razionale dei mezzi di sussistenza, segnò un progresso fondamentale nella storia dell'umanità. Alcuni studiosi affermano che questo mutamento si verificò 8-10.000 anni fa in Mesopotamia e in India; altri ricercatori sostengono, al contrario, che l'a. si sviluppò contemporaneamente in diverse aree della Terra, lontane tra loro. Alla nascita dell'a. si accompagnò il sorgere di un nuovo tipo di insediamento umano, quello sedentario, che modificò il paesaggio, comportando spesso una sistemazione dello spazio, attraverso lavori di irrigazione, o di preparazione del terreno (terrazzamenti). Gli scavi archeologici hanno portato alla luce nelle pianure alluvionali della Mesopotamia, nella Turchia sud-orientale, in Libano, in Giordania, in Israele, alcuni attrezzi da lavoro (falci con manico d'osso e lama di selce, pietre lavorate per ricavarne macine e mortai, ecc.) e resti di villaggi agricoli risalenti a 10.000 anni fa. Fin dall'inizio il problema maggiore da risolvere fu quello di evitare l'inaridimento del terreno e l'esaurimento delle sostanze in esso presenti. In un primo stadio il suolo veniva sfruttato sino all'esaurimento e abbandonato poi per terreni vergini. Nel successivo stadio, detto della coltura orticola, venne introdotto un certo avvicendamento delle colture, insieme a un più costante e diffuso sfruttamento del terreno agricolo mediante l'uso dei concimi animali e dell'irrigazione. I lavori di sollevamento e di rivolta della terra vennero eseguiti in un primo momento con attrezzi quali il bastone appuntito o la zappa (nel Neolitico); successivamente, durante il terzo stadio rappresentato dalla cosiddetta coltura arativa, venne impiegato l'aratro (VI millennio a.C.). Orzo, vite, ulivo e fico, colture caratteristiche del mondo mediterraneo, formarono la base dell'a. in Grecia, Magna Grecia e Sicilia. I Romani fecero compiere notevoli progressi all'a. utilizzando pratiche agronomiche come la rotazione delle colture, il maggese, la concimazione con residui vegetali e animali, l'irrigazione. Essi distinguevano nettamente tra il saltus e l'ager; il primo era il terreno libero lasciato per i pascoli, il secondo era destinato alla coltivazione del grano e della vite oltre che dell'ulivo. L'ager occupava in genere le zone pianeggianti meglio irrigate ed era suddiviso, secondo la centuriazione, in appezzamenti concessi alla familia comprendente anche gli schiavi e a cui spettava il diritto di pascolo nel saltus. Durante l'Impero gli schiavi, assegnati alla coltivazione dei latifondi, importarono in Europa dai loro Paesi cognizioni utili e piante fino ad allora sconosciute (ciliegio, cedro, pesco e albicocco). Con l'andare del tempo le condizioni economiche portarono all'organizzazione delle aziende in villae, che riunivano grandi appezzamenti di terreno che gli aristocratici sfruttavano solamente per ricavarne i mezzi di sussistenza. Successivamente, invece, parte dei terreno venne data ai coloni con l'obbligo di prestare determinati servizi e di pagare canoni al padrone. Nel periodo delle invasioni barbariche l'a. venne notevolmente trascurata; i barbari introdussero uno sfruttamento del suolo di tipo silvo-pastorale. Tra i secc. V e VI le campagne si spopolarono, e molte zone pianeggianti vennero occupate dalle paludi. Il sistema dominante divenne quello curtense con la curtes, ossia il fondo, suddiviso in due parti la pars dominica, coltivata dai lavoratori costretti alle corvée, e la pars massaricia costituita dai mansi dove risiedevano i contadini. In epoca carolingia si verificò uno sviluppo tecnologico che consentì di aumentare la produttività: si procedette innanzitutto a una rotazione ternaria che permetteva di diminuire il tempo occorrente per lasciare a riposo il terreno; inoltre si ricorse ad aratri trainati da animali e caratterizzati da un vomere in ferro più saldo. La crescita della produttività diede impulso alla crescita demografica, determinò un incremento del commercio e una maggiore circolazione di denaro. Il sistema curtense cominciò a disgregarsi: le corvée vennero progressivamente sostituite da canoni pagati ora in denaro ora con i prodotti della terra. Talvolta il padrone ricorreva al lavoro salariato oppure affittava a mezzadria i terreni della pars massaricia. Le scoperte geografiche favorirono lo sviluppo agricolo: dall'America vennero importati la patata, il pomodoro, il tabacco, il mais; dall'Oriente il caffè e il tè. Numerosi nuovi metodi di coltivazione e importanti innovazioni tecnologiche (riguardanti l'aratro e la seminatrice) vennero introdotti durante i secc. XVIII e XIX con il conseguente aumento della produttività. Nel XIX sec. si sviluppò l'agronomia, che si giovò dei progressi della chimica e delle ricerche biologiche (Liebig, Pasteur, Mendel, e in Italia Re, Ridolfi, Cuppari, Berti); furono fondate le scuole superiori ed ebbe inizio la moderna a. industriale. Nel XX sec. si sono avute alcune innovazioni fondamentali: la selezione delle specie vegetali con il miglioramento della qualità dei prodotti; l'impiego di sostanze chimiche antiparassitarie e di diserbanti di sintesi; la meccanizzazione del lavoro agricolo. Oggi, la caratteristica fondamentale dell'a. è l'intensività, vale a dire il massimo sfruttamento della minima estensione di terreno.