Istituto già previsto dal Codice Civile (artt.
404-413) e introdotto nella legislazione italiana nel 1929, che consentiva a una
persona alla quale fosse stato affidato un minore da un istituto di pubblica
assistenza o che comunque avesse provveduto al suo mantenimento e alla sua
educazione, di ottenere con provvedimento del giudice tutelare, omologato dal
tribunale dei minori, che le venissero attribuiti i poteri inerenti alla
potestà dei genitori. L'
a. venne istituita con finalità
eminentemente assistenziali per dare rilevanza giuridica alla collocazione
presso famiglie, da parte degli istituti di carità, di minori
abbandonati. Per evitare di vanificare quei vincoli di affetto che si
instauravano tra affiliante e affiliato, dichiarando cessata questa forma di
filiazione legale se il genitore naturale avesse riconosciuto o legittimato
l'affiliato, una legge del 1955 sancì l'estinzione dell'
a.
soltanto con il consenso dell'affiliante e il riscontro da parte del giudice di
"gravi e fondati motivi". Divenuta col tempo un mezzo per far entrare nella
famiglia dei genitori naturali quei figli illegittimi che altrimenti ne
sarebbero stati esclusi (per esempio i figli adulterini), ovvero utilizzata come
momento di transizione in attesa di raggiungere i requisiti necessari per
ottenere l'adozione (per esempio quando gli adottanti non avevano ancora
raggiunto l'età prescritta per l'adozione tradizionale), con la riforma
del diritto di famiglia (l. 19 maggio 1975, n. 151) l'istituto dell'
a. fu
mantenuto in vigore soltanto nei casi in cui non fosse possibile ottenere
l'adozione speciale. L'istituto è stato definitivamente abolito dalla
legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei
minori), che si apre con l'enunciazione del principio secondo cui "il minore ha
diritto di essere educato nell'ambito della propria famiglia". Alle situazioni
di abbandono si provvede ora con il nuovo istituto dell'affidamento o affido:
"il minore che sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo
può essere affidato a un'altra famiglia, possibilmente con figli minori,
o ad una persona singola, o ad una comunità di tipo familiare, al fine di
assicurargli il mantenimento, l'educazione e l'istruzione. Ove non sia possibile
un conveniente affidamento familiare, è consentito il ricovero del minore
in un istituto di assistenza pubblico o privato, da realizzarsi di preferenza
nell'ambito della regione di residenza del minore stesso". L'affidamento
è pertanto concepito come una situazione transitoria, destinata a cessare
con il venir meno delle difficoltà temporanee della famiglia di origine
che lo hanno determinato, oppure con l'adozione per i minori in stato di
abbandono, non dovuto a cause di forza maggiore di carattere transitorio. La
nuova legge ha abolito la distinzione tra adozione speciale e ordinaria, creando
un'unica forma di adozione le cui caratteristiche si avvicinano maggiormente a
quella della vecchia adozione speciale.