Abu Simbel

Abu Simbel Località dell’Egitto meridionale, posta sul Nilo a sud di Assuan, dove intorno al 1250 a.C. il faraone Ramesse II fece costruire diversi templi, tra cui due particolarmente importanti, scavati nella roccia. L’interno del tempio maggiore, dedicato alle divinità di Eliopoli, Menfi e Tebe (ovvero Ra, Ptah e Ammone), è profondo oltre 55 m ed è formato da una serie di ambienti e di camere che conducono al santuario. Qui, grazie all’orientamento del tempio, due volte all’anno i raggi del sole nascente penetrano a illuminare le statue degli dei Ra-Harakhty, Ramesse e Amon-Ra, lasciando in ombra quella di Ptah.

Sulla facciata si ergono quattro statue colossali (di oltre 20 metri di altezza) che rappresentano Ramesse deificato. Tra i numerosi rilievi, una serie raffigura la battaglia tra egizi e ittiti a Kadesh; frequenti pure le iscrizioni, di notevole interesse storico, come quelle che mercenari greci incisero sulla base di due statue di Ramesse nel VI secolo a.C., annoverate tra i più antichi esempi di scrittura greca. Il tempio minore, dedicato alla regina Nefertari e alla dea Athor, presenta sulla facciata statue del faraone e della sua famiglia.

I templi, che si annoverano come i più importanti monumenti dell’antica Nubia, rimasero sconosciuti al mondo occidentale fino al 1813, quando furono scoperti dall’esploratore svizzero Johann Ludwig Burckhardt. Nel 1964 fu intrapreso un progetto internazionale per salvarli dall’inondazione del lago Nasser, il bacino creato dalla diga di Assuan: con una colossale operazione archeologica e ingegneristica promossa dall’UNESCO, cui presero parte anche tecnici italiani, i templi furono tagliati in blocchi e ricostruiti nel 1968 su un’altura a 64 metri sul livello del mare.

Vedi anche Antico Egitto.

Archeologia