(dal latino
abortus: nascita prematura). Nella donna,
l'interruzione, spontanea o indotta, della gravidanza prima del 180°
giorno. ║ Negli animali, l'espulsione del feto non vitale o l'estrazione
dell'embrione prima di 28 settimane dal concepimento. ║ Nelle piante,
mancato sviluppo di un organo (stami, pistilli, foglie) già nell'abbozzo.
║ Fig. - Di opera o progetto non portato a pieno compimento. Detto anche,
con valenza assai dispregiativa, di persona poco attraente sia per il fisico,
sia per le capacità intellettive. • Med.
- Si distingue l'
a. dal parto prematuro, in quanto quest'ultimo
interviene dopo il 6° mese di gravidanza. ║
A. spontaneo: ha
cause diverse che possono essere materne o fetali. Le prime contemplano diverse
malattie generali (tifo, colera, scompensi cardio-circolatori, ecc.) e locali a
carico dell'apparato genitale della madre, ma sempre tali da compromettere la
gestazione. In tali casi, seppure per cause diverse, si assiste al distacco
dell'uovo fecondato dalle pareti uterine, cui succedono emorragie, contrazioni
uterine, dilatazione del collo che conducono all'espulsione del feto. ║
A. procurato: avviene quando si interrompe volontariamente la gravidanza
con mezzi meccanici. Sono stati inoltre scoperti alcuni composti chimici per
l'interruzione della gravidanza con metodo farmacologico: l'Ru-428, inventato da
Etienne-Emile Baulieu, in uso in Francia, a base di mifrepistone, un antagonista
del progesterone (l'ormone necessario per il mantenimento della gravidanza); il
metotressato, ideato nel 1993 dal ginecologo Richard Hausknecht, in corso di
sperimentazione negli Stati Uniti, utilizzato insieme al misoprostolo, una
prostaglandina che favorisce le contrazioni uterine. ║
A.
terapeutico: è provocato nel caso in cui il proseguimento della
gravidanza possa comportare dei rischi alla salute o alla vita della gestante o
nel caso di gravi malformazioni del bambino. •
Rel. - In materia di teologia morale le Chiese cristiane, e in particolare
quella cattolica, hanno sempre condannato l'
a. procurato come una pratica
illecita al pari di un omicidio, anche quando questo sia il solo mezzo per
salvare la vita della madre. • Dir. - Nel 1973
venne presentato in Italia il primo disegno di legge per la depenalizzazione
dell'
a. Nel 1975 fu dichiarata l'incostituzionalità dell'articolo
546 del Codice Penale che vieta l'
a., anche nel caso in cui la
continuazione della gravidanza implichi danni alla salute fisica e psichica
della donna. Dopo un lungo e contrastato iter parlamentare, fu approvata, nel
maggio 1978, la legge 194 intitolata: "Norme per la tutela sociale della
maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza". La soluzione
italiana sancisce l'autodeterminazione della donna a interrompere la gravidanza
entro i primi 90 giorni dal concepimento. La legge stabilisce che ha diritto ad
abortire la donna che "(à) accusi circostanze per le quali la
prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un
serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato
di salute, o alle sue condizioni economiche o sociali o familiari, o alle
circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o in previsione di
anomalie o malformazioni del concepito". La donna che intende interrompere la
gravidanza deve rivolgersi a un consultorio pubblico o a una struttura
socio-sanitaria locale che rilasciano un certificato attestante l'urgenza
dell'
a., con l'immediato ricovero in un ospedale pubblico. In caso di
minore età, va richiesta l'autorizzazione di chi esercita la patria
potestà o eventualmente quella di un pretore in veste di giudice
tutelare, al quale l'interessata può rivolgersi mediante il consultorio.
Dopo i primi 90 giorni dal concepimento, la legge stabilisce che l'interruzione
della gravidanza debba essere subordinata alla presenza di possibili anomalie o
malformazioni del nascituro e a gravi rischi per la vita della gestante.
Coinvolgendo l'
a. una profonda problematica morale e religiosa, al
personale sanitario (medici e paramedici) è riconosciuta legalmente la
facoltà di sollevare obiezione di coscienza per non praticare
l'
a., salvo nel caso in cui la mancata esecuzione dell'intervento
comporti un grave rischio per la vita della donna. Nel maggio 1981, la
legislazione sull'
a. è stata sottoposta a referendum abrogativo,
ma i risultati del voto popolare hanno confermato la legge 194 che resta tuttora
in vigore.
"Aborto: le nuove norme" di Pino Donizetti