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Anno 2011

Religione

Economia e Finanza


Religione

I viaggi del Papa.

VENEZIA E AQUILEIA

(7-8 maggio). Ripercorriamo i passi salienti della prima giornata del Papa, accolto all'aeroporto di Ronchi dei Legionari dal patriarca di Venezia, cardinale Angelo Scola, dall'arcivescovo di Gorizia mons. Dino de Antoni, dal nunzio in Italia mons. Giuseppe Bertello e da un gruppo di ragazzi di alcune strutture che si occupano di disabili e disagio minorile. Poi l'arrivo ad Aquileia, nella piazza del Capitolo: qui il saluto al Sindaco, alle autorità civili ed ecclesiali e alla grande folla dei fedeli, prima d'incontrare nella Basilica i rappresentanti delle diocesi del Triveneto, in vista del loro secondo convegno ecclesiale, previsto nell'aprile del 2012. Dalla Chiesa di Aquileia, sono infatti nate ben 36 diocesi d'Italia, Slovenia, Croazia,Austria e Germania. Ai loro rappresentanti riuniti nella Basilica cittadina, Benedetto XVI ha chiesto, proprio in vista di tale Convegno, d'impegnarsi oggi "in un mondo radicalmente cambiato, per una nuova evangelizzazione" del loro territorio. Non più solo crocevia tra Est e Ovest dell'Europa, ma anche tra Nord e Sud, il Nord Est d'Italia interessato dal massiccio fenomeno del turismo e dell'immigrazione, dalla mobilità territoriale, dall'omologazione pervasiva portata dai mass media ha accentuato il suo pluralismo culturale e religioso. Lasciata Aquileia, Benedetto XVI è giunto nel tardo pomeriggio a Venezia. Dal Molo di San Marco, "porta di accesso al cuore della Città", da dove lo sguardo abbraccia l'inconfondibile profilo di Venezia, detta "la perla dell'Adriatico", il Papa ha indirizzato il suo saluto alle autorità cittadine e ai fedeli accorsi per esprimere la propria fede. La visita pastorale di Benedetto XVI nel Nord-est si è conclusa con il significativo incontro con il mondo della cultura e dell'economia, nella Basilica della Salute a Venezia. Nel suo intervento, il Papa ha messo l'accento sullo straordinario patrimonio culturale che la terra veneta può vantare. Quindi, ha esortato i fedeli ad annunciare con coraggio il Vangelo, "la più grande forza di trasformazione del mondo". A seguire il Papa ha incontrato esponenti del mondo della cultura e dell'economia, benedirà la Cappella della SS. Trinità, i cui lavori di restauro si sono da poco conclusi. Il Papa ha inoltre presenziato all'inaugurazione dei locali della Biblioteca dello Studium Generale Marcianum di Venezia.

CROAZIA

(4-5 giugno). Testimoniare i valori morali fondamentali che sono alla radice "del vivere sociale e dell'identità" dell'Europa e conservare e ravvivare il patrimonio comune di valori umani e cristiani. Questo l'auspicio di Benedetto XVI per la Croazia e tutto il Vecchio Continente, arrivando a Zagabria, per il suo 19° viaggio apostolico internazionale. Dopo aver ricordato le visite in Croazia del suo predecessore, il Beato Giovanni Paolo II, il pensiero del Papa è andato alle famiglie croate che celebrano la loro prima Giornata nazionale delle famiglie cattoliche. Una nazione che fin dalle origini "appartiene all'Europa e ad essa offre, in modo peculiare, il contributo di valori spirituali e morali che hanno plasmato per secoli la vita quotidiana e l'identità personale e nazionale dei suoi figli". Ad accoglierlo il nunzio apostolico in Croazia, l'arcivescovo Mario Roberto Cassari, il presidente croato Ivo Josipovic, l'arcivescovo di Zagabria, il cardinale Josip Bozani, e il presidente della Conferenza episcopale croata, l'arcivescovo Marin Sraki, autorità civili e religiose. "Srdano pozdravljam ljubljenu hrvatsku zemlju..." Benedetto XVI ha salutato in croato quella che ha definito l'amata terra croata e ha ringraziato il presidente Josipovic, che nel suo discorso aveva ricordato la lunga tradizione cristiana della Croazia, parlando del "cattolicesimo come elemento essenziale dell'identità nazionale e culturale" e ricordando il ruolo chiave della Santa Sede nella storia del Paese, ora proiettato verso l'Unione Europea. Il pensiero di Benedetto XVI è andato quindi alle tre visite compiute in Croazia dal Beato Giovanni Paolo II nel 1994, 1998 e 2003. Il Papa - parlando in italiano - ha quindi ricordato la "lunga storia di fedeltà" che lega la Croazia alla Santa Sede: "oltre tredici secoli di forti e speciali legami, sperimentati e consolidati in circostanze talvolta difficili e dolorose", ha detto. Parlando invece di altri legami, quelli della Croazia all'Europa, il Pontefice ha riflettuto sulle radici del Vecchio Continente: "Le sfide che derivano dalla cultura contemporanea, caratterizzata dalla differenziazione sociale, dalla poca stabilità, e segnata da un individualismo che favorisce una visione della vita senza obblighi e la ricerca continua di spazi del privato, richiedono una convinta testimonianza e un dinamismo intraprendente per la promozione dei valori morali fondamentali che sono alla radice del vivere sociale e dell'identità del vecchio Continente". Ringraziando tutti coloro che hanno collaborato all'organizzazione della visita e "dinanzi alle sfide che interpellano oggi la Chiesa e la società civile", il Santo Padre ha invocato sulla Croazia e sui suoi abitanti "l'intercessione e l'aiuto del Beato Alojzije Stepinac", il cardinale croato tanto venerato dalla popolazione, morto martire nel 1960 per le conseguenze di una dura prigionia sotto il regime comunista di Tito. Al termine della cerimonia di benvenuto, pregando per il patrono della Nazione, San Giuseppe, e la Vergine Maria, "Fidelissima Advocata Croatiae", il Papa si è trasferito al palazzo presidenziale di Zagabria, sui pendii del monte Medvenica, per una visita di cortesia al presidente della Repubblica. Esperto del diritto, il capo dello Stato Josipovic è un apprezzato autore di opere di musica classica contemporanea. Per questo, nello scambio dei doni, il Pontefice, anch'egli amante della musica, ha regalato al presidente un volume di Codices Cantorum Miniature, che illustra i manoscritti miniati della Cappella Sistina. A Benedetto XVI, il presidente ha donato una riproduzione della prima canna di "do" del più antico organo esistente nella parte settentrionale della Croazia. Quindi alla nunziatura apostolica, sulla collina di Ksaver, il Papa ha incontrato la presidente del governo, Jadranka Kosor. Dopo il colloquio privato c'è stato lo scambio dei doni: un trittico di medaglie del pontificato da parte del Papa, un crocifisso in oro e argento e la riproduzione di un evangeliario dell'XI secolo da parte della premier. Nei colloqui con il presidente e il premier sono stati affrontati i temi della famiglia, dei giovani e dell'educazione. Nel pomeriggio, il Pontefice ha incontrato al Teatro nazionale croato gli esponenti della società civile, del mondo politico, accademico, culturale e imprenditoriale, con il corpo diplomatico e i leader religiosi. A sera, è il momento dell'abbraccio dei giovani croati a Benedetto XVI, nella veglia di preghiera in Piazza Josip Jelacic: sono centinaia, anzi migliaia i giovani arrivati per incontrare il Papa e grazie alla loro presenza questo luogo culmine della frenesia quotidiana, crocevia di incontri e comunicazione, diventa uno straordinario cenacolo, un tempio la cui volta è il cielo stesso, che agli occhi di Benedetto XVI sembra chinarsi su ciascuno, per proteggere e accogliere i cuori in cerca di Dio. Ecco allora l'invito del Pontefice, in risposta agli applausi e ai cori dei ragazzi che poco prima avevano portato in processione la Madonna della Porta di Pietra, protettrice di Zagabria: essere sempre lieti nel Signore, custodire questa stessa gioia anche nei momenti oscuri. La Croazia, Paese dalla fede sincera, motivo di gioia per Benedetto XVI che ha constatato "quanto sia ancora viva nell'oggi l'antica tradizione cristiana" della popolazione locale. Queste le parole del Papa a conclusione, del viaggio apostolico internazionale: per la pioggia battente la cerimonia di congedo all'aeroporto internazionale di Zagabria è stata annullata e le delegazioni vaticana e croata si sono salutate in un hangar. Infine il rientro del Pontefice in Vaticano.

SAN MARINO

(19 Giugno). Per la seconda volta, a quasi 30 anni dallo storico viaggio di Giovanni Paolo II, un Papa è giunto nella più antica Repubblica del mondo, un piccolo Stato che affonda le sue gloriose radici nella cristianità. Lo ricorda lo stesso vescovo della diocesi di San Marino - Montefeltro, mons. Luigi Negri, che nell'indirizzo di saluto parla di questa Chiesa particolare, che vive da oltre 1700 anni, nata dall'evangelizzazione che due Santi, Marino e Leone provenienti dalla Croazia, hanno iniziato fra questi monti. Proprio a questa evangelizzazione si deve, poi, la nascita anche di quella straordinaria esperienza di società, che caratterizza la storia della Repubblica del Titano. Benedetto XVI è stato accolto dalle autorità ecclesiali e civili e da migliaia di fedeli arrivati anche dalle regioni vicine, raccolti nello Stadio di Serravalle per la Santa Messa e l'Angelus. 25 i cardinali e i vescovi e più di 200 i sacerdoti concelebranti. Era atteso davvero da tutti, da tanto tempo; ed oggi i fedeli di questa diocesi hanno voluto abbracciarlo attraverso una straordinaria partecipazione popolare. Densa di appuntamenti la visita di Benedetto XVI nella diocesi di San Marino - Montefeltro, che in parte versa in territorio italiano: dopo il pranzo nella Casa San Giuseppe, a Valdragone, il Papa ha raggiunto la piazza, accolto dai Capitani reggenti, per poi entrare con loro nel Palazzo pubblico, dove lo attendevano i membri del Governo, del Congresso ed una rappresentanza del Corpo diplomatico. Ultimo atto di questa intensa visita di Benedetto XVI nella Diocesi di San Marino Montefeltro, è stato l'incontro con i giovani, a Pennabilli, in provincia di Rimini, sede vescovile della diocesi. Quattromila i ragazzi che in Piazza Vittorio Emanuele, antistante la Cattedrale diocesana, hanno accolto festosi il Pontefice ed hanno ascoltato le sue parole. Infine il congedo e il rientro in Vaticano.



MADRID.

Giornata Mondiale della Gioventù (18 -21 Agosto) Benedetto XVI arriva a Madrid per confermare tutti nella fede e dire: non vergognatevi del Signore. Intorno alle 12 l'atterraggio all'aeroporto di Barajas, dove è stato accolto dai Reali spagnoli Juan Carlos e Sofia, dal premier Rodriguez Zapatero, dall'arcivescovo di Madrid, cardinale Antonio María Rouco Varela, dal nunzio, l'arcivescovo Renzo Fratini. Con lui, anche il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Fin dal suo arrivo all'aeroporto di Barajas, Benedetto XVI spiega chiaramente lo scopo della sua visita. Il Papa ha sottolineato l'importanza delle Giornate mondiali della gioventù non solo per i giovani, ma per tutta la Chiesa. Ringrazia i Reali spagnoli per le "indimenticabili dimostrazioni di simpatia ricevute" nei precedenti viaggi in Spagna e tutti coloro che si sono impegnati nell'ambito ecclesiale e civile per la realizzazione della Giornata mondiale della gioventù. Perché i ragazzi sono venuti a Madrid? Molti di loro hanno udito la voce di Dio, dice il Papa, forse solo come un lieve sussurro che li ha spinti a cercarlo più assiduamente. Ma tante sono le sfide che i giovani si trovano di fronte: superficialità, consumismo, edonismo, "tanta banalizzazione nel vivere la sessualità", "tanta mancanza di solidarietà", tanta corruzione. Sfide ardue da affrontare ma "con Lui accanto, avranno luce per camminare e ragioni per sperare", ricorda. Per Benedetto XVI la Gmg è dunque un'occasione privilegiata perché i ragazzi possano "animarsi l'un l'altro in un cammino di fede e di vita, nel quale alcuni si credono soli o ignorati nei propri ambienti quotidiani. Invece no, non sono soli", sottolinea con forza Benedetto XVI. Per le strade si continua a toccare la gioia dei ragazzi che cantano, pregano, ascoltano le catechesi dei loro vescovi. E in un'atmosfera spiritualmente suggestiva, nel Parque del Retiro i giovani si mettono in fila per confessarsi. Qui sono stati allestiti circa 200 confessionali dove si alternano, fino alle 22, 3- 4mila sacerdoti con turni di 4 ore per confessare i ragazzi in quella che viene chiamata la Festa del Perdono. Plaza de Cibeles a Madrid, incendiata dall'entusiasmo e dal caldo, è il luogo dove la Giornata mondiale della gioventù esplode per davvero. C'è il mondo in una piazza, innaffiato dagli idranti ma con un altro tipo di sete da estinguere. Il Papa accumula un po' di ritardo sulla tabella di marcia ma non importa, perché è una festa e le feste si prendono il tempo che vogliono. Non ha fretta Benedetto XVI, mentre la Papa mobile fa il suo lento giro. E gode, il Papa, di quell'onda travolgente che dura per tre giorni, colorati dalle bandiere di cento Paesi mischiate fra loro, nella quale si tocca con mano la speranza della Chiesa e forse s'intravede quella di un mondo meno diviso. Cinque giovani, uno per continente, offrono doni simbolici a Benedetto XVI. Ma tutto finisce, compresi i momenti importanti come questo: la sera del 21 agosto una Veglia indimenticabile all'aeroporto di Cuatro Vientos, per la gioia, l'entusiasmo e poi per il profondo raccoglimento dei due milioni di giovani durante l'Adorazione eucaristica. Ma anche per l'improvviso, violento nubifragio che ha costretto il Papa a interrompere l'omelia, ma non ha intimorito né lui né i giovani, anche se il crollo di una tenda ha causato sette lievi feriti.

ANCONA

(11 Settembre). Visita lampo del Papa ad Ancona e parole di speranza: parole che acquistano significato perché pronunciate in un cantiere navale senza commesse, simbolo delle difficoltà dei lavoratori del mare. E si rafforzano nel gesto di condivisione che Benedetto XVI ha compiuto dividendo poi il pranzo con un gruppo di indigenti, ex-detenuti e cassintegrati, in rappresentanza delle sofferenze di tutte le aziende della regione. Nel pomeriggio il Papa si è spostato sul Colle Guasco, nella cattedrale romanica di S. Ciriaco, per incontrare sacerdoti e famiglie delle 72 parrocchie della diocesi e proporre loro una riflessione intrecciata sulla necessità di riconciliare le due categorie e ricondurre Ordine sacro e Matrimonio all'unica sorgente eucaristica. Infine, nell'ultima tappa del suo 24° viaggio in Italia, il Papa ha chiuso il Congresso di Ancona con un appuntamento inedito. Nella centrale Piazza del Plebiscito ha incontrato 500 coppie di giovani fidanzati invitandoli ad assumere l'Eucaristia come Sacramento modello della vocazione sponsale. Ha ricordato anche qui le difficoltà lavorative e descritto la cultura attuale dove "le scelte sono esposte ad una perenne revocabilità, spesso erroneamente ritenuta espressione di libertà".

GERMANIA

(22-25 Settembre). L'aereo papale è atterrato all'Aeroporto internazionale di Berlino-Tegel per il 21° viaggio apostolico e terzo nella sua terra natale. Ad accoglierlo, il presidente tedesco Christian Wulff con la consorte, la cancelliera Angela Merkel, l'arcivescovo di Berlino Rainer Maria Woelki e altre autorità religiose e civili. Al Castello Bellevue, residenza ufficiale del capo di Stato, si è poi svolta la cerimonia di benvenuto. Il presidente Wulff ha espresso la sua gioia per la presenza del Papa: qui - ha detto - si troverà a casa sua. Ha sottolineato che la storia della Germania è strettamente intrecciata con il cristianesimo. Ha ricordato alcuni grandi testimoni della fede del secolo scorso, come Dietrich Bonhoeffer, Edith Stein e Bernhard Lichtenberg, che hanno pagato con la vita la loro opposizione a un regime criminale e senza Dio. Senza i valori cristiani e l'impegno degli operai cattolici polacchi, senza il sostegno della Chiesa e di Giovanni Paolo II - ha rilevato - non sarebbe stata possibile quella rivoluzione pacifica che ha portato alla riunificazione della Germania. Nell'attuale società pluralista, la fede, tuttavia - ha proseguito - non è più scontata e ha bisogno di essere confermata. Quindi, ha ricordato l'impegno di milioni di cristiani tedeschi a favore delle popolazioni povere del mondo. E di questo ha ringraziato la Chiesa e Benedetto XI. Chiesa e Stato in Germania - ha aggiunto - sono separate ma la Chiesa non è una società parallela e vive in mezzo alla gente per rispondere ai suoi tanti interrogativi: con quanta misericordia tratta le divisioni nella storia della gente, come tratta le divisioni nella propria storia e gli errori di suoi esponenti, quale il ruolo dei laici e delle donne nella Chiesa. Il capo di Stato ha poi manifestato apprezzamento per il processo di dialogo avviato dalla Chiesa Cattolica in Germania e per l'incontro di Benedetto XVI ad Erfurt con i luterani. Al termine dell'incontro il Papa si è recato presso la sede della Conferenza episcopale tedesca a Berlino per un colloquio molto cordiale con la cancelliera Angela Merkel. Lo stesso giorno la visita al Reichstag di Berlino. Per la prima volta un Pontefice parla al Bundestag. Ed è un Papa figlio della Germania. Basterebbe questo dato di cronaca per comprendere la straordinarietà dell'evento. Un momento memorabile, come lo stesso presidente del Bundestag, Norbert Lammert, sottolinea nel suo saluto. Il clima è particolarmente cordiale, le defezioni sugli scranni sono poche, certamente meno di quelle annunciate alla vigilia del discorso. Anche nell'altro importante discorso, pronunciato durante l'incontro con i rappresentanti della comunità ebraica, l'accento è stato posto sull'importanza della fiducia, del rispetto reciproco e del dialogo. Rivolgendosi al Santo Padre, il presidente del Consiglio Centrale degli Ebrei in Germania, Dieter Graumann, ha ricordato i progressi compiuti nel dialogo tra ebrei e cristiani. Uniche ombre (ma superabili con il dialogo) la preoccupazione per la questione dei lefebvriani, la preghiera per gli ebrei del Venerdì Santo e la Causa di beatificazione di Pio XII. Nel suo discorso di risposta, infatti, il Papa ha auspicato una collaborazione sempre più proficua, ricordando quanto sia cresciuta la fiducia tra popolo ebraico e Chiesa cattolica. Con la Santa Messa presso l'Olympia stadion di Berlino, di fronte a circa 80 mila fedeli, si è conclusa la prima giornata della visita. Nello stesso luogo nel 1996 il Beato Giovanni Paolo II ha presieduto la Beatificazione di Karl Leisner e del prevosto del Duomo di Berlino, Bernard Lichtenberg, martire della persecuzione nazista. Ma il viaggio del Papa è stato caratterizzato da un altro evento storico: l'incontro con il Consiglio della Chiesa evangelica tedesca nell'ex Convento agostiniano di Erfurt, nella Turingia. L'arrivo è suggestivo: la Cattedrale cattolica di Santa Maria, con le sue caratteristiche torri gotiche che puntano verso il cielo, è stato un momento solenne. Il Pontefice ha venerato il Reliquiario di San Bonifacio, grande evangelizzatore della Germania nell'ottavo secolo. Festosa l'accoglienza dei fedeli che in questa città sono una piccola minoranza. Qui Lutero studiò teologia incamminandosi verso il sacerdozio: Benedetto XVI non ha nascosto la propria emozione di incontrare i rappresentanti del Consiglio della Chiesa Evangelica. La vescova della Chiesa evangelica della Germania centrale, Ilse Junkerman, nel suo benvenuto ha invocato lo Spirito Santo affinchè possano essere compiuti "passi ricchi di benedizioni". Con il pellegrinaggio alla Wallfahrtkapelle di Etzelsbach e la celebrazione dei Vespri mariani sulla spianata antistante al piccolo santuario mariano, di fronte a circa 90 mila fedeli, si è conclusa la seconda giornata. Ad accogliere il Papa, il vescovo di Erfurt, mons. Joachim Wanke, che ha sottolineato come nonostante le difficoltà della storia e le persecuzioni di ben due dittature il cristianesimo sia riuscito a sopravvivere nella piccola regione rurale dell'Eichsfeld. Una partecipazione di popolo straordinaria per una regione come questa, sottomessa per oltre mezzo secolo alla dittatura comunista della ex DDR. Al termine della Messa, tra gli applausi dei fedeli, ha iniziato a suonare la famosa campana del Duomo di Erfurt, chiamata la "Gloriosa", la più grande campana medioevale del mondo ad oscillazione libera, fusa nel 1497 e alta 2 metri e mezzo. Il 25 Settembre Benedetto XVI è a Friburgo, ultima tappa del suo viaggio apostolico in Germania. Primo momento nella città nel sud della Germania è stata la visita alla Cattedrale gotica dedicata a Maria "Nostra Signora". In una soleggiata giornata, il Papa è stato accompagnato nella visita dall'arcivescovo di Friburgo, mons. Robert Zollitsch. Nella piazza antistante la Cattedrale, il Papa ha salutato la cittadinanza locale, invitando i fedeli a confidare nel Signore. Oltre 30mila giovani hanno partecipato alla Veglia di preghiera presieduta da Benedetto XVI alla Fiera di Friburgo. In precedenza, l'incontro con il Consiglio del Comitato centrale dei cattolici tedeschi. Una piccola Giornata mondiale della gioventù tedesca, con tanto entusiasmo, bandiere di tutto il mondo, canti e una miriade di luci, come "fiaccole di speranza" a rischiarare le prime ombre della notte. Fin dalle prime ore del mattino, infatti, decine di migliaia di persone erano confluite ordinatamente nel luogo convenuto per la celebrazione della Santa Messa e la recita dell'Angelus. Il Papa ha ricevuto il saluto dell'arcivescovo di Friburgo, mons. Robert Zollitsch, che ha evocato il motto del viaggio "Dove c'è Dio, là c'è futuro" ed ha ringraziato il Pontefice per l'incoraggiamento ricevuto dai cattolici tedeschi nel rafforzare la propria fede e "restare saldi nella speranza".

LAMEZIA TERME

(9 Ottobre). Cinquantamila fedeli hanno partecipato alla Messa presieduta da Benedetto XVI a Lamezia Terme, nel suo primo viaggio pastorale in Calabria. Presenti anche 1300 invalidi accompagnati dai volontari dell'Unitalsi. Una celebrazione ricca di simboli: la Croce di Gesù Cristo al centro dell'Altare ma senza crocifisso, perché Colui che vi è stato inchiodato è risorto; e poi l'immagine dell'albero al centro dell'ambone, simbolo di ogni fedele che nella propria vita ricerca la beatitudine. La visita all'antica Certosa di Serra San Bruno ha poi concluso la visita apostolica di Benedetto XVI in Calabria. Il Papa ha raggiunto in elicottero la cittadina che sorge nei pressi dell'Abbazia fondata da San Bruno per la celebrazione dei Vespri con i monaci. Prima di entrare, ha voluto salutare la grande folla all'esterno con una riflessione sull'importanza della vita contemplativa nella società contemporanea: "Un monastero sta alla vita sociale come un filtro a una conduttura d'acqua: depura dalle scorie". Colpisce l'immaginazione il paragone che Benedetto XVI conia ai circa 800 metri di Serra San Bruno, sullo sfondo della quasi millenaria abbazia creata da Bruno di Colonia, il fondatore dei Certosini. Uomo attratto dalla contemplazione, San Bruno trovò tra i dirupi e le valli di una porzione di territorio calabrese donatagli da un antico nobile normanno, Ruggero d'Altavilla, i luoghi ideali per coltivare la sua vocazione alla spiritualità. Dalla grotta e dai boschi che riservò al nucleo monastico, fino ai primi insediamenti destinati ai fratelli conversi, impegnati nei servizi domestici, prese forma l'abitato che 900 anni dopo accoglierà Benedetto XVI.

BENIN

(18-20 Novembre). Al suo arrivo in Benin, all'aeroporto internazionale "Cardinale Bernardin Gantin", per il suo 22° viaggio apostolico internazionale, il secondo in terra africana, Benedetto XVI è stato accolto dal presidente beninese Thomas Yayi Boni, presenti anche l'arcivescovo di Cotonou e presidente della Conferenza Episcopale del Paese, mons. Antoine Ganyé, e altre autorità religiose e civili. Il Papa non ha dimenticato di rimarcare che tra le ragioni del viaggio ne esiste una più affettiva, l'omaggio al cardinale Gantin che riposa nel Seminario di San Gall a Ouidah. La Chiesa del Benin festeggia i 150 anni di evangelizzazione, il 40° anniversario delle relazioni diplomatiche con la Santa Sede ed aspetta la consegna dell'esortazione apostolica post-sinodale Africae munus. La seconda giornata di Benedetto XVI in Benin è iniziata al Palazzo presidenziale di Cotonou, dove ha incontrato il presidente e i responsabili politici e religiosi del Paese. Il Papa ha pronunciato un vibrante discorso, tutto incentrato sulla speranza, ricordando la spinta verso la libertà espressa negli ultimi mesi anche da tanti popoli africani. Quindi, ha rivolto un appello ai leader politici del mondo affinché combattano scandali e ingiustizie e non privino i loro popoli della speranza. Dopo l'incontro con la società civile beninese e contestualmente all'incontro privato del Papa con il presidente del Benin, si è tenuto un colloquio tra il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e il ministro degli Esteri del Benin, accompagnati dai rispettivi collaboratori e da alcuni altri ministri del Paese africano. Temi della conversazione: l'impegno della Chiesa nel campo sociale, educativo e la sintonia tra Benin e Santa Sede in politica estera. Il Papa ha poi rivolto un sentito discorso ai seminaristi, ai religiosi e ai laici che lo attendevano nel seminario intervicariale di S. Gall a Ouidah, città da dove partivano gli schiavi venduti dai loro conterranei e acquistati dai bianchi. Qui sorgeva la "Porta del non ritorno": chi la oltrepassava non era più considerato un uomo e veniva gettato nell'oceano; qui, nel duemila, i cristiani costruirono, invece, la "Porta del perdono". Ma è già tempo di ripartire: la cerimonia di congedo all'aeroporto, tra gli applausi della folla festante che ha accompagnato costantemente con preghiere, canti e balli questo viaggio apostolico in Africa. Benedetto XVI ha lasciato malvolentieri il Paese, non senza ricambiare il calore che ha contraddistinto questo pellegrinaggio.

Alcune riflessioni sui viaggi

I viaggi internazionali sono sempre punti di riferimento, nell'agenda di un anno del Papa. Quello in Germania dice la preoccupazione del Papa di parlare di Dio e di fare riferimento al primato di Dio nella società, anche in via di secolarizzazione di oggi, nel contesto europeo in particolare, nel suo Paese. Era un viaggio atteso, intensissimo, estremamente importante e il discorso del Papa al Parlamento a Berlino rimane uno dei grandi discorsi del Pontificato, facendo capire ad un uditorio molto ampio l'importanza del riferimento a Dio come saldo fondamento e punto di riferimento della convivenza umana dei valori fondamentali della tutela della dignità dell'uomo. Questo tema del primato di Dio ha un po' dominato il viaggio in Germania, però nel contesto della secolarizzazione. Mentre in Spagna, nella Giornata mondiale della gioventù, che aveva preceduto il viaggio in Germania, c'è stata la grande esperienza della vitalità della fede, del suo futuro. Il Papa ha riletto con molta profondità questo viaggio in Spagna nell'ultimo discorso che ha fatto alla Curia, poco prima di Natale. E ha indicato, nelle sue riflessioni, che cosa annunciare e come annunciare per un modo nuovo e vitale di essere cristiani. Dalla Giornata mondiale della gioventù il Papa ha colto le indicazioni vive per la nuova evangelizzazione del mondo. Quindi, mentre la Germania è un ammonimento a conservare i valori fondamentali di riferimento in un tempo, in un mondo che è in fase di secolarizzazione, la Giornata mondiale della gioventù e la Spagna hanno indicato il lato positivo della presenza annunciante e viva della Chiesa nel mondo di oggi. Il viaggio in Benin è stato uno degli appuntamenti fondamentali di quest'anno, anche perché coincideva con la presentazione al Continente africano del documento finale del Sinodo per l'Africa. Un documento che è bellissimo, chiaro e semplice. Diversi commentatori - anche non cattolici - lo hanno indicato come uno dei più bei documenti che esistano, oggi, per il Continente africano: trattando con ampiezza di orizzonti i suoi problemi, e indicando con fiducia motivi di speranza realistica con cui andare incontro al futuro, riconoscendo la dignità degli africani. E questo è stato anche il clima in cui si è svolto il viaggio. Il Papa è stato molto colpito dalla gioia, dalla vitalità di questo popolo che lo ha accolto. Un popolo che vive in difficoltà, che è povero, che ha certamente delle sofferenze e dei grandi problemi ma che manifesta una capacità di guardare in avanti e di gustare la gioia del vivere. Quindi, questo viaggio ha indicato molto efficacemente la capacità della Chiesa cattolica oggi di parlare al continente africano essendone parte, cioè una Chiesa non estranea all'Africa: non che parla per l'Africa dall'Europa, ma che parla all'Africa nell'Africa e dall'Africa. Questo senso di solidarietà, di accoglienza, di gioia, di partecipazione che il Papa ha vissuto in mezzo agli africani, ha espresso molto bene quello che si manifesta nell'impostazione del documento. L'incontro di Assisi era molto atteso. Il Papa ha colto il tema della ricerca della verità come unificante, e in questo ha potuto invitare ad Assisi non solo i rappresentanti delle altre confessioni cristiane o delle altre religioni, ma anche i sinceri ricercatori della verità, anche se non riconoscono un Dio. E questo è stato un elemento molto importante, che ha fatto sentire la comunione che già c'è tra coloro che si riferiscono a un Dio personale, ma ha fatto sentire a loro agio anche coloro che cercano - onestamente - la verità. E questo è stato un messaggio estremamente bello che si è posto in continuità anche con il tema del "Cortile dei Gentili" che il Papa aveva lanciato precedentemente e che viene portato avanti con impegno anche nella Chiesa. Quindi il tema del "Cortile dei Gentili" e i suoi eventi è stato uno dei punti importanti della vita della Chiesa in quest'anno.

Beati e Santi

1 maggio. Karol Wojtyla.

15 maggio. Giorgio Häfner, sacerdote diocesano.

21 maggio. Maria Clara do Menino Jesus, fondatrice della Congregazione delle Suore Francescane dell'Immacolata Concezione.

28 maggio. Maria Serafina del Sacro Cuore di Gesù, fondatrice dell'Istituto delle Suore degli Angeli.

5 giugno. Giovanni de Palafox y Mendoza, vescovo di Puebla de Los Angeles, vescovo di Osma.

13 giugno. Luigi Andritzki, sacerdote diocesano. Martire.

19 giugno. Margherita Rutan, Suora della Congregazione delle Figlie della Carità di San Vicenzo de Paul. Martire.

25 giugno. Giovanni Prassek e altri due sacerdoti diocesani. Martiri.

26 giugno. Don Serafino Morazzone.

26 giugno. Padre Clemente Vismara, Missionario in Birmania.

26 giugno. Suor Enrichetta Alfieri, delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida.

3 luglio. Giovanni Scheffler, vescovo di Satu Mare (Romania). Martire.

5 luglio. Giovanni Marinoni e Mariano Arciero.

14 settembre. Elena Aiello, fondatrice della Congregazione delle Suore della Passione del Nostro Signore Gesù Cristo.

17 settembre. Francesco Paleari, sacerdote dell'Istituto Cottolengo.

24 settembre. Maria Giulia Ivanisevic e altre quattro suore delle Figlie della Divina Carità.

2 ottobre. Antonia Maria Verna, delle Suore dell'Immacolata Concezione di Ivrea.

8 ottobre. Anna Maria Janer Anglarill, delle Suore della Sacra Famiglia di Urgell.

20 novembre. Don Ubaldo Marchioni, don Ferdinando Casagrande e don Giovanni Fornasini, che vennero uccisi nell'autunno 1944 insieme agli abitanti delle comunità dove erano stati inviati come parroci.

CANONIZZAZIONI

23 ottobre.

Beato Guido Maria Conforti, arcivescovo di Parma e fondatore della Pia Società di San Francesco Saverio per le Missioni Straniere. Beato Luigi Guanella, sacerdote fondatore della Congregazione dei Servi della Carità e dell'Istituto delle Figlie di Santa Maria della Provvidenza. Beata Bonifacia Rodriguez de Castro, fondatrice della Congregazione delle Serve di San Giuseppe.

"PORTA FIDEI"

Tra i documenti del 2011 spicca il Motu Proprio "Porta fidei" con cui il Papa ha indetto l'Anno della Fede a partire dall'ottobre 2012: quindi un tema che si ricollega alla nuova evangelizzazione. La Lettera di indizione dell'Anno della Fede si collega a questo grande tema, che è uno dei temi del Pontificato - la nuova evangelizzazione - e al Sinodo che avverrà il prossimo anno e quindi a questo contesto anche più ampio che il Papa vuole creare con il tema dell'Anno della Fede. In tempi brevi avremo anche il sussidio preparato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, di suggerimenti pastorali per prepararsi all'Anno della Fede. Quindi dobbiamo vedere un cammino di preparazione che avrà poi un momento molto forte nel Sinodo di autunno.

"LA BEATIFICAZIONE DI GIOVANNI PAOLO II"

"Il giorno atteso è arrivato; è arrivato presto, perché così è piaciuto al Signore: Giovanni Paolo II è beato!". Con queste parole, il primo maggio, Benedetto XVI ha iniziato la sua omelia davanti a una folla sterminata di fedeli, oltre un milione secondo i dati ufficiali. "Sei anni or sono - ha ricordato il Pontefice - ci trovavamo in questa Piazza per celebrare i funerali del Papa Giovanni Paolo II. Profondo era il dolore per la perdita, ma più grande ancora era il senso di una immensa grazia che avvolgeva Roma e il mondo intero: la grazia che era come il frutto dell'intera vita del mio amato predecessore, e specialmente della sua testimonianza nella sofferenza". Un lungo applauso e ancora l'urlo "Santo subito". Così la folla in piazza San Pietro ha salutato la formula di beatificazione di Giovanni Paolo II. La festa del nuovo beato, ha confermato il Papa, sarà il 22 ottobre, anniversario dell'elezione al pontificato. È stata la causa di beatificazione più veloce della storia della Chiesa. "Era un gigante, ha orientato la società a Dio", ha detto Benedetto XVI, che poi ha aggiunto: "La sua santità aleggiava" Tanta la commozione sui volti degli oltre un milione di pellegrini arrivati a Roma per celebrare e festeggiare il nuovo Beato. Lacrime, cori, fedeli in ginocchio sui sampietrini per le strade e nelle piazze limitrofe a piazza San Pietro hanno salutato così il Beato Karol Wojtyla. Intanto veniva scoperto l'arazzo con l'effige del nuovo beato, che campeggia sulla loggia delle Benedizioni della basilica di San Pietro. Poi è cominciata la celebrazione eucaristica. Che ha spento le voci di molti che gridavano il nome di Giovanni Paolo II: al microfono è stato infatti chiesto il silenzio per un maggiore raccoglimento. E intanto il cielo di Roma è diventato azzurro ed è anche uscito il sole, a dispetto di tutte le previsioni che parlavano di pioggia. Una ampolla con il sangue di Giovanni Paolo II è stata portata a papa Benedetto XVI, subito dopo la proclamazione della beatificazione, da suor Tobiana, molto vicina a Wojtyla, e da suor Marie Simon Pierre, che da Giovanni Paolo II fu guarita dal Parkinson, il miracolo grazie al quale il Vaticano ha potuto giustificare la beatificazione. Dopo la cerimonia di beatificazione di Giovanni Paolo II inizia il vero e proprio pellegrinaggio del popolo di Wojtyla che può rendere omaggio al feretro del papa polacco posto sotto l'altare centrale della basilica di San Pietro. Il primo a rendere omaggio al suo predecessore è Benedetto XVI. Terminata la Messa sul sagrato, Ratzinger è entrato nella Basilica e ha raggiunto la bara di legno con Giovanni Paolo II, lì si è inginocchiato e ha pregato avvolto da un grande silenzio, mentre all'esterno le campane suonavano a festa. Il feretro di Wojtyla, ormai il Beato Karol Wojtyla, è stato portato in Basilica domenica mattina. Dopo la preghiera di Benedetto XVI è cominciata la processione di cardinali e vescovi per l'omaggio a Giovanni Paolo II. Considerati i numeri, la giornata della beatificazione si è svolta nel massimo ordine e senza gravi incidenti, tanto che intorno alle 18 di domenica erano già ripartiti circa mille pullman di pellegrini e gran parte delle strade bloccate in mattinata erano state riaperte.

Anno 2011. Economia e Finanza. Economia mondiale.

Nei primi mesi del 2011 è andata crescendo la preoccupazione legata agli effetti della crisi finanziaria e bancaria internazionale sull'economia di alcuni stati dell'Unione Europea (UE) aderenti all'euro. Infatti già nel corso dell'anno precedente la Banca Centrale Europea (BCE), cioè l'istituzione bancaria cui fanno capo le Banche Centrali (BC) dei paesi dell'Euro-zona, aveva posto in atto la concessione di prestiti straordinari ai paesi impegnati ad immettere nuova "linfa" nel proprio sistema bancario (e finanziario), onde evitare il tracollo del sistema creditizio, che per anni aveva impegnato ingenti somme nella bolla immobiliare originatasi negli Stati Uniti e lì "esplosa" dal 2008. La nuova funzione faticosamente attribuita nel corso del 2010 alla BCE, cioè quella di raccogliere all'interno del proprio azionariato (composto in prima istanza da tutte le BC dell'Eurozona) nuove risorse finanziarie, nonché un ulteriore "impegno" a finanziare, entro il 2013, un Fondo salva-stati (FFS) in grado di salvaguardare la credibilità stessa dell'euro sui mercati finanziari e dei cambi, è stata soggetta nel corso del 2011 ad una serie di critiche. Sono emerse infatti notevoli criticità strutturali nel complesso sistema posto in atto dalla BCE stessa. Prima fra tutte l'entità del FFS: il 9 dicembre 2010 il direttore del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), Dominique Strauss-Kahn, e il presidente della BCE, Jean Claude Trichet, avevano insistito perché fosse effettuato in tempi brevi almeno un raddoppio della dotazione finanziaria del FFS, ma il governo tedesco e quello francese s'erano opposti, ritenendo sufficiente la dotazione di 750 mld di euro (440 raccolti tra i paesi dell'Eurozona, 60 conferiti dal'UE e 250 versati dal Fmi). Alla fine del 2010 la BCE, dopo aver varato un aumento di capitale da 5,7 a 10,7 mld di euro, aveva elaborato una lista di 28.708 titoli (obbligazioni o titoli del debito pubblico) riconosciuti come negoziabili in ambito BCE; essi erano detenuti in massima parte dalle maggiori banche dei paesi membri dell'UE, compresa la Gran Bretagna, che pure s'è sempre mantenuta al di fuori dell'Eurogruppo. Per ragioni politiche, la compilazione di tale elenco, nonostante il malumore espresso dai paesi più "virtuosi" dell'Eurozona, primi fra tutti la Germania e l'Olanda, era stato affidato alle singole BC. L'avere a disposizione i titoli inclusi nella lista, noti con la sigla CE ("crediti esigibili", noti anche come investment - grade), era quindi il prerequisito per poter accedere ai finanziamenti della BCE. La quale aveva posto due condizioni: a) che i CE fossero soggetti ad una valutazione non inferiore ad "A" da parte delle maggiori agenzie internazionali di rating (S&P, Moody's e Fitch), considerate "terze" in quanto operanti su tutti i mercati finanziari su scala planetaria; b) che i presentatori dovevano accettare degli "sconti" rispetto al valore nominale dei CE da essi dati in garanzia alla BCE; ciò secondo un regolamento divenuto più cogente dal primo marzo 2011, ma già di fatto applicato nei due mesi precedenti. Ad esempio: a fronte del conferimento di un CE dal valore nominale di 100 mila euro emesso in Austria, il cui rating era stato fissato come AAA, la BCE era disposta a riconoscere un credito di 90 mila euro (con uno sconto del 10%); un CE spagnolo (con rating A-) dava adito ad uno sconto superiore al 40%. Nel corso del 2011 si è giunti a proporre, da parte della BCE, sino al 69,5 % di sconto sul valore nominale di taluni titoli. Tuttavia non tutte le BC si sono dimostrate rigorose nella applicazione dello sconto, dando adito a qualche speculazione. Ad esempio, sino a fine febbraio la Banca Centrale di Dublino ha mantenuto uno sconto decisamente basso su un quarto dei 78 CE facenti capo alla Depfa Bank, la filiale irlandese della tedesca Hypo Real Estate (HRE). Solo dal 28 febbraio lo sconto è stato portato al 46%, cioè quasi il doppio; altri 3 CE della Depfa, hanno dovuto scontare di più solo dal primo aprile, in quanto soggetti alla Banca Centrale del Lussemburgo. Un altro motivo d'incertezza e d'inquietudine si legava al fatto che le agenzie di rating s'erano dimostrate sin troppo pronte a concedere alte valutazioni ai CE che, a prescindere dalla loro intrinseca solidità, fossero "sostenute" da asset - backed securities (noti anche come credit default swap, cds), vale a dire gli strumenti finanziari elaborati nei primi anni '2000 in area anglosassone e considerati tra i maggiori responsabili della bolla speculativa che aveva innescato la crisi finanziaria del 2008. Secondo l'Associazione per i Mercati Finanziari in Europa (AFME), il valore nominale dei cds emessi ex nuovo sui CE europei nel corso del 2010 (cioè senza tener conto dei precedenti, ancora in pieno corso di validità sulle emissioni ultra-decennali) era stato di 380 mld di euro, quasi tutti facenti capo alle grandi istituzioni finanziarie con sede negli USA e/o in Svizzera, cioè al di fuori dell'UE. Gran parte di questa somma (almeno 292 mld di euro) non è stata però posta in vendita sul mercato, ormai saturo, dei derivati, ma è stata utilizzata per favorire il conseguimento di un rating più alto a taluni titoli CE. All'inizio del 2011 ammontavano a ben 480 mld di euro i cds (vecchi e nuovi) accollatisi dalla BCE quale garanzia su titoli di natura immobiliare di dubbio valore, come ad esempio l'irlandese Emerald 5, che in pochi mesi è stato fortemente declassato da Fitch da A1 ad A3, data la sua scarsa solvibilità. Le agenzie di rating statunitensi, che - almeno sino a marzo - ricevevano sostanziosi incentivi ogni qualvolta davano il loro parere sulle emissioni dei titoli di alcuni paesi dell'Eurozona, erano e sono ben consapevoli dei possibili effetti deleteri d'un eventuale crollo del sistema bancario europeo. Ciò a causa degli stretti legami con il fragile sistema finanziario degli USA, che tra il 2009 ed il 2010 ha potuto superare gli effetti più macroscopici della crisi finanziaria solo grazie al sistema del cosiddetto "quantitative easing", cioè l'immissione nel sistema creditizio d'ingenti somme di denaro fornito dalla Federal Reserve, la banca centrale (FED) a fronte di garanzie (in gran parte solo teoriche) fornite dal Ministero del Tesoro sotto forma di emissioni del debito pubblico. Per tale ragione, nel corso del 2011 da un lato hanno operato in modo da alimentare un costante scetticismo nei confronti della capacità dei paesi cosiddetti Pigs ("maiali": Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna) di porre in atto misure strutturali atte a ridurre la loro esposizione finanziaria internazionale; dall'altro hanno preferito evitare di porre in discussione, specie durante il primo semestre del 2011, la credibilità finanziaria di altri paesi dell'Eurozona. La forte esposizione delle banche tedesche e di quelle francesi nei confronti del "debito sovrano" dei cosiddetti Pigs, originata dal fatto che già prima dell'esplosione della crisi finanziaria gli impieghi in tali titoli consentivano di remunerare gli investimenti a tassi ben più alti rispetto a quelli dei titoli di stato dei rispettivi paesi, ha reso nel corso del 2011 sempre meno credibile l'ipotesi - avanzata da alcuni autorevoli economisti - che la Germania, l'Olanda e gli altri paesi dell'Eurozona il cui rating sul debito pubblico non era stato declassato decidessero di "lasciare al loro destino" i Pigs. In particolare suscitava preoccupazione la Grecia, dati gli scarsi effetti sui conti pubblici (nonostante la durezza delle manovre economiche adottate) dei versamenti di contributi da parte dell'UE. La prima tranche, 110 mld (da versare però in tre anni) era stata concessa sin dal maggio 2010. La Cancelliera Angela Merkel, di concerto con il presidente francese Nicolas Sarkozy, ha preferito invece insistere nell'elaborazione di strategie volte ad accrescere il ruolo e la capacità di controllo e d'intervento delle istituzioni politiche e finanziarie dell'UE nei confronti dei singoli paesi membri. In febbraio, ai margini del vertice UE di Bruxelles, i due hanno dichiarato che a loro avviso il pacchetto delle riforme per il futuro dell'Unione monetaria dovrà contenere sia un più strutturato "ombrello" di salvataggio degli Stati europei che il rafforzamento dei criteri del patto di stabilità già in vigore e un nuovo "patto per la competitività", destinato al rilancio dell'economia e alla lotta alla disoccupazione. Tale atteggiamento ha portato ad un braccio di ferro con il presidente della Banca centrale tedesca (BB), Axel Weber, il quale insisteva nel ricordare che alla BB fa capo il 27% del capitale della BCE, e quindi ad essa sarebbe toccato oltre ¼ delle perdite legate all'acquisto dei titoli di stato emessi da Stati dell'eurozona in difficoltà, al fine di evitare che questi ultimi fossero costretti ad offrire, anche su scadenze molto brevi, tassi particolarmente elevati, ed insostenibili sul medio e lungo periodo. La BB aveva deciso per il triennio 2010-13 di costituire riserve specifiche per 4,9 mld; sebbene fosse il candidato più quotato a succedere in estate al francese Trichet alla guida della BCE, l'11 febbraio Weber, dopo un colloquio con la Merkel (e il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble) ha annunciato le proprie dimissioni, in vigore dal 30 aprile. La settimana seguente, alla vigilia della riunione del G20 di Parigi, nel quale l'attenzione generale era incentrata sull'atteggiamento "critico" verso gli USA (e l'UE) assunto dai paesi in forte espansione economica membri del cosiddetto Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), la FED non smentiva le voci ricorrenti in merito all'intenzione di mantenere praticamente a zero i tassi, o addirittura di porre in atto nuove iniezioni di liquidità nel sistema finanziario; e ciò nonostante l'effetto inflattivo sull'intera economia occidentale. In contrasto a tale tendenza la banca nazionale cinese (PBC) aveva invece deciso di alzare ulteriormente, dello 0,5%, il livello delle riserve obbligatorie. La struttura dell'economia cinese, tutta volta ad una crescita elevata delle esportazioni, ha tra i suoi presupposti una moneta, lo yuan, sottovalutata. Tuttavia la Cina si è trovata a dover fare i conti con un'eccessiva crescita del credito interno, un'inflazione crescente (ben più alta del 5,5% annuo ammesso ufficialmente) e un deciso aumento delle riserve in valuta straniera, passate dai 175 mld del marzo 2001 ai 3.045 mila mld del marzo 2011. Il rafforzamento dello yuan provocherebbe un calo dell'export ed una perdita di valore di tale "tesoretto", che secondo alcuni analisti sarebbe assorbito per almeno il 65% dal sistema finanziario USA, per il 10% circa dal Giappone e per il 20% (e oltre) dall'Eurozona (in particolare, Germania e Portogallo).A febbraio anche la BCE s'è detta intenzionata ad accrescere il costo del denaro, rialzando i tassi (il costo del denaro) d'un quarto di punto, cioè sino all'1,25%. Tale misura è stata posta in atto dal 6 aprile. Date tali premesse, dal G20 di febbraio non è emersa alcuna volontà comune d'intervento. Lo ha riconosciuto la ministro delle Finanze francese, Christine Lagarde, che in qualità di "ospite" ha tenuto la conferenza stampa conclusiva; ciò nondimeno i 20 governi partecipanti hanno convenuto sul fatto che per valutare gli squilibri con l'estero di un Paese (e, quindi, la "rischiosità" dei suoi titoli di debito pubblico) si sarebbe guardato al saldo delle partite correnti, tenendo solo parzialmente conto delle riserve valutarie da esso possedute. Tale criterio ha di fatto penalizzato l'Italia, detentrice di riserve; anche perché esso non è stato adeguatamente bilanciato, in sede di G20, da un altro principio che stava molto a cuore al ministro delle Finanze italiano, Giulio Tremonti, e cioè quello di valutare la posizione debitoria d'un Paese tenendo conto non solo del livello del debito e del deficit pubblico, ma anche del risparmio detenuto dai suoi cittadini. Secondo la Lagarde di tale principio si sarebbe tenuto conto nell'azione esplicata dal Financial Stability Board (Fsb), organismo consuntivo attivato dal 2008 e guidato dal governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi. Compito principale dell'Fsb secondo Lagarde restava quello di elaborare "al più tardi entro giugno" una relazione sul cosiddetto sistema bancario ombra, cioè sui flussi finanziari da e per i cosiddetti paradisi fiscali, dimostratisi una formidabile arma nelle mani della speculazione finanziaria internazionale. All'indomani del G20 si sono evidenziati i problemi di alcuni grandi paesi asiatici. Il premier cinese, Wen Jiabao, ha indicato una stima di crescita dell'economia del suo paese per il quinquennio 2011-16 più contenuta: non l'8%, ma il 7%. Pechino si preoccupava degli effetti sociali negativi dell'inflazione reale, non lontana dal 10%, e destinata ad aumentare a causa delle tensioni in atto nel Medio Oriente ed in Libia, con conseguenze sul prezzo del petrolio, di cui la Cina è tra i maggiori consumatori. Negli stessi giorni S&P ha annunciato una riduzione (ad AA-) del rating del debito pubblico del Giappone, che era pari al 233% del Pil. La ragione principale, gli effetti sull'economia della catastrofe nucleare di Fukushima e la correlata debolezza del governo. Negli ambienti finanziari internazionali si è diffuso il timore che banche, fondi pensioni e assicurazioni nipponiche sarebbero state costrette a rimpatriare larghe somme di denaro, "svendendo" almeno in parte i circa tre trilioni di dollari di assets finanziari esteri da essi detenuti. La preoccupazione più immediata riguardava la crisi di liquidità determinata in Corea del Sud dalla corsa agli sportelli da parte dei correntisti di banche facenti parte del circuito delle casse di risparmio, pesantemente coinvolte nella bolla speculativa immobiliare esplosa nel 2008. Tra venerdì 18 e lunedì 21 febbraio erano stati prelevati 30,4 miliardi di won (circa 27 milioni di dollari) dai depositi, rispetto ai 21,4 miliardi prelevati tra il 14 gennaio e il 16 febbraio. Il governo, dopo aver riscontrato la scarsità di capitale di molte casse di risparmio, ha deciso per il loro assorbimento forzato da parte di istituti più solidi. La prima operazione ha riguardato la Samhwa Mutual Savings Bank: ormai incapace di rispondere ai criteri regolatori sul capitale, è stata ceduta per una somma simbolica alla Woori Finance Holdings, la seconda finanziaria del Paese per numero di assets. Il 4 marzo la Banca centrale del Lussemburgo ha collocato tra i CE 197 titoli (dotati di cds); dopo alcune richieste di chiarimento da parte della BCE, in base alle nuove regole, il 16 marzo sono stati ridotti a 146. L'8 marzo Fitch ha preso in considerazione 281 CE con cds detenuti dalla Banca centrale dell'Olanda, stabilendo che 54 di essi avevano diritto alla AAA, cioè il massimo di affidabilità. Tuttavia il rating per molti di essi era stato indicato prima del 2008, e mai modificato nonostante il successivo scoppio della bolla finanziaria ed il fatto che i cds ad essi correlati avessero scadenze molto lunghe, superiori ai 30 anni. Ancora più significativa è la vicenda della HRE, una banca di fatto nazionalizzata sin dal 2008 e per la cui sopravvivenza alla fine del 2010 era stata creata una apposita bad bank, la FMS Management, in cui sono stati fatti confluire gli "incagli" più gravi, al fine di non far pesare tali perdite sui bilanci pubblici della Germania. Durante il mese di marzo il calo delle precedenti tensioni fra l'asse franco-tedesco e l'Fmi si è concretizzato con l'annuncio dell'imminente trasformazione del FFS nel nuovo Efsf (European Financial Stability Facility), cioè un fondo-salva stati cui tutti i membri dell'UE si sarebbero ritenuti a versare contributi commisurati al loro peso nella BCE (Germania 28%, Francia 21%, Italia 18%), a prescindere dalle loro difficoltà finanziarie contingenti, che pure erano state sottolineate (invano) da Tremonti in sede di discussione. Tra il 15 e il 25 marzo il Consiglio Europeo ha quindi ratificato la proposta della Commissione Europea di un Patto per l'euro, contenente una serie di linee-guida per i paesi dell'Eurozona. In particolare vi si insisteva per un deciso controllo sugli stipendi pubblici e sulle pensioni, e si auspicavano privatizzazioni nei servizi pubblici, nuovi contratti di lavoro più "flessibili" in quello privato. Gli indicatori privilegiati per dare un giudizio sulla solvibilità degli stati membri si sarebbero basati sul rapporto tra le spese e il gettito fiscale, senza tener conto delle spese militari o degli sgravi fiscali. Si prevedeva, inoltre, l'inserimento nella legislazione nazionale, entro il 2013, del divieto di avere un deficit superiore al 3% del Prodotto interno lordo (Pil). L'annuncio della ritrovata concordia internazionale per risolvee la crisi ha suscitato la preoccupazione dei sindacati in molti paesi europei e non ha avuto gli sperati effetti positivi sui mercati, consapevoli del fatto che l'ESM (European Stability Mechanism) sarebbe entrato in vigore solo dal 2013, ma pienamente capitalizzato solo nel 2017; si prevedeva inoltre che gran parte della dotazione di capitale dell'ESM (750 mld di euro) non sarebbe stata versata dagli stati membri, ma solo "garantita" da essi, su richiesta della BCE. Inoltre pesava la clausola, voluta dai paesi nordici, secondo cui gli interventi dell'ESM avrebbero dovuto essere votati all'unanimità.

Lo spread alla ribalta.

Dalla seconda metà di marzo è andato crescendo il cosiddetto spread (= differenziale) tra i titoli in euro del debito pubblico emessi dalla Germania (i Bund) e quelli facenti capo al Tesoro italiano. A fine mese lo spread era arrivato a 180 punti base: in pratica, se un Bund a dieci anni veniva posto sul mercato con un rendimento del 2%, per l'analogo titolo italiano gli investitori spuntavano un rendimento del 3,8%, a causa del maggior "rischio-paese". Nei mesi seguenti il tema dello spread e delle misure atte a ridurlo è divenuto centrale nel dibattito politico di molti paesi, anche a causa degli stretti legami con l'evolversi (in negativo) della crisi dei Pigs e con la decisione delle agenzie di rating di rendere noto il cosiddetto outlook, cioè una previsione tendenziale sull'andamento dell'economia di un paese, con particolare riguardo alle misure poste o non poste in atto per ridurre l'esposizione finanziaria. Dopo gli attacchi speculativi nei confronti del debito greco ed irlandese (a proposito dei quali andavano moltiplicandosi le voci di possibili default) tra la fine di marzo ed i primi di aprile è stato il Portogallo a dover rifinanziare il proprio debito con emissioni a tassi tanto elevati (10%) da renderne dubbia la futura solvibilità. Il governo di sinistra moderata del premier Josè Socrates ha cercato sino all'ultimo, prima di dimettersi e d'indire nuove elezioni, di non far ricorso agli "aiuti" offerti dall'UE e dal Fmi: il ministro dimissionario delle Finanze, Fernando Texeira Dos Santos, era consapevole del fatto che - come nel caso della Grecia - la contropartita per il sostegno finanziario sarebbe stata una maggior pressione fiscale ed un controllo draconiano sulla spesa pubblica, cioè provvedimenti invisi agli elettori, ma il 7 aprile, di fronte ad un imminente rischio di default, ha sciolto le riserve. Immediatamente il commissario UE agli Affari Economici e monetari, Olli Rehn, ha dichiarato che si trattava di un "passo responsabile per la stabilità dell'Eurozona", ma i mercati non hanno affatto apprezzato l'inevitabile ulteriore esposizione della BCE (che a metà aprile deteneva circa 50 mld di titoli portoghesi) e quella delle banche, che cominciavano ad entrare nell'ottica del cosiddetto "haircut", cioè una riduzione del valore nominale per i titoli di prossima scadenza che con ogni probabilità non sarebbe stato possibile rimborsare. Intanto andavano crescendo le pressioni speculative nei confronti di due "bersagli più grossi", cioè la Spagna e l'Italia, che tra aprile e maggio hanno visto crescere rapidamente lo spread sui loro titoli; in particolare S&P ha modificato da "stabile" a "negativo" l'outlook sull'Italia: premessa (e secondo molti, concausa) del successivo abbassamento del suo rating. In tale contesto un ulteriore elemento d'incertezza è stato l'arresto a New York di Strauss- Kahn, con un'accusa infamante (14 maggio). Molti commentatori hanno pensato che dietro l'episodio vi fosse Sarkozy, intenzionato a distruggere l'immagine pubblica del probabile candidato socialista alle elezioni del 2012; vero o non vero, onde evitare guai peggiori dopo quattro giorni in carcere Strauss-Kahn s'è dimesso dalla guida del Fmi, aprendo la strada ad un periodo d'incertezza in merito alla linea d'azione dell'organismo finanziario internazionale, alla cui guida aspirava più d'un membro del Brics. Per "ridimensionare" le aspettative di questi ultimi, la grande finanza internazionale, ancora saldamente controllata in campo borsistico dagli USA (e dalla Gran Bretagna), ha deciso ch'era giunto il momento di dare il via ad una brusca frenata nelle quotazioni delle materie prime ("commodities"), ed in particolare il petrolio, l'oro e il rame, che da molti mesi erano andate crescendo in modo esponenziale, anche per la loro caratteristica di beni-rifugio. Il conseguente rafforzamento del dollaro si è verificato soprattutto nei riguardi dell'euro: gli alti tassi voluti da Trichet avevano portato ad un apprezzamento del 9% della valuta europea dall'inizio dell'anno, perché gli investitori erano portati a considerarla più stabile rispetto alla valuta USA; i prezzi più "ragionevoli" delle commodities spingevano invece ad abbandonare l'euro e ad accrescerne le scorte servendosi della valuta tradizionalmente impiegata nelle transazioni internazionali, e cioè il dollaro. Ad indebolire l'euro contribuiva il caso Grecia: secondo la stampa tedesca, nella riunione dell'Eurogruppo del 16 maggio Trichet avrebbe avvertito Atene che in caso di ristrutturazione unilaterale del proprio debito pubblico la BCE non avrebbe più accettato i suoi titoli di Stato. L'ipotesi della ristrutturazione, pur se invisa alle agenzie di rating, non era giudicata del tutto sbagliata da alcuni circoli politico finanziari di Washington, preoccupati per il sempre più gravoso impegno richiesto (anche) all'Fmi, di cui gli USA sono principali azionisti, del "salvataggio" dei creditori della Grecia. Secondo stime della Banca per i Regolamenti Internazionali, le banche tedesche risultavano esposte verso i Pigs per 524 mld di euro, quelle francesi per 385 mld, quelle britanniche per 349 mld, quelle olandesi per 184,6 mldi, quelle USA per 149,3 mld e quelle belghe per 135 mld. Qualcuno osservava anche che l'esposizione al debito Greco dell'Irlanda era pari al 3,9% del suo Pil, e quella del Portogallo al 4,3% del Pil. In media, 1/3 di tali crediti erano stati assicurati da cds emessi dalle maggiori istituzioni finanziarie USA, che proprio per questo erano tra le più restie ad accettare l'ipotesi d'un brusco default dei Pigs.

Fmi e Bce: novità ai vertici.

A fine maggio s'era chiuso il dibattito sulla guida dell'Fmi con l'annunciata vittoria della francese Lagarde, a seguito d'un accordo tra i 5 membri permanenti dei 24 che compongono il Consiglio direttivo (USA, Giappone, Germania, Francia e Regno Unito) e la Cina, che, spinta dalla tradizionale diffidenza verso l'India, non ha sostenuto (come del resto altri Brics) la candidatura dell'economista Montek Singh Ahluwlia. Nei mesi successivi altri paesi "emergenti" hanno avanzato la candidatura del messicano Agustin Carstens, ma il 28 giugno è stata ratificata la nomina, per cinque anni, della ormai ex ministro francese, in carica dal 5 luglio. Pechino ha ceduto in quanto preoccupata dai dati negativi sulla produzione industriale; un calo vistoso avvertito anche nel complesso dei paesi dell'UE (in particolare la Svezia, con l'ex colosso Saab), negli USA ed in Australia. In parallelo con quella dell'Fmi s'era aperta la questione della successione a Trichet. Secondo alcuni il candidato "naturale" avrebbe dovuto essere tedesco; tuttavia la Merkel, anche per ragioni di politica interna, non se l'è sentita di sostenere sino in fondo Peer Steinbrück, ex ministro delle Finanze nel suo precedente governo, in quanto esponente del partito socialdemocratico. Ha quindi preso quota la candidatura di Draghi: sia perché ben conosciuto negli USA, dove per anni ha lavorato per la potente banca d'affari statunitense Goldman Sachs (da diversi anni è stata indicata tre le principali protagoniste in negativo della crisi finanziaria globale); sia perché in tal modo l'Italia non avrebbe posto problemi ad eventuali ulteriori contributi richiesti dall'ESM, nonostante le sue difficoltà finanziarie e il fatto che le sue banche erano tra le meno esposte in Irlanda ed in Grecia tra quelle dei paesi dell'Eurogruppo. Ciò nondimeno in Germania la candidatura di Draghi era vista da molti come la conferma di un atteggiamento sin troppo conciliante della BCE nei confronti dei creditori della Grecia, i cui primi frutti già si potevano osservare con il forte deprezzamento dell'euro nei confronti delle valute dei paesi su cui la "locomotiva d'Europa" esercita da anni una forte influenza: Polonia, Rep. Ceca e soprattutto la Svizzera.

Il salvataggio della Grecia.

Il presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, ha indetto una riunione urgente il 14 giugno, ponendo all'ordine del giorno una «ristrutturazione del debito soft, volontaria»; nei giorni precedenti al vertice la Merkel in un messaggio video ha cercato di convincere i contribuenti tedeschi che per «non compromettere la ripresa della Germania, non c'é altra scelta che aiutare i Paesi dell'Eurozona in crisi», mentre la Lagarde e Sarkozy hanno fatto pressione sulle banche francesi riuscendo a strappare l'ok a un "riscadenzamento" del debito ellenico. Ha avuto il suo peso nel convincere le banche la firma in maggio, durante una visita ad Atene, di un lucroso contratto per la futura fornitura alla Grecia da parte dell'industria militare francese di 6 fregate e 15 elicotteri, per circa 4 mld di euro. Il nuovo piano di aiuti alla Grecia era stimato in oltre 80 mld di euro, di cui 25 a carico di banche e altri creditori privati, sotto forma di haircut. In tale prospettiva la dotazione "di garanzia" dell'ESM è stata portata da 440 a 780 mld di euro, destinati ad essere utilizzati anche per il sostegno alla Spagna, che si trovava sotto gli attacchi della speculazione a causa dell'ingente quantità di titoli prossimi alla scadenza. All'indomani del vertice di Bruxelles, gran parte delle banche creditrici hanno deciso di aderire al "Private Creditor-Investor Commmittee for Grece" (Pccg), associazione di cui tira le fila la banca Bnp Paribas, membro autorevole dell'Institute of International Finance (Iif), che cura gli interessi delle 450 maggiori banche del mondo. Il Pccg ha svolto un'efficace azione nei confronti della Merkel: il 21 giugno, in risposta ai dubbi espressi non solo dai media ma anche da una commissione parlamentare, la Cancelliera ha agitato per la prima volta lo "spettro" dei cds sul debito nell'Eurozona, affermando che "Nessuno sa esattamente chi detiene quelle carte e quanto dovrà pagare" e dicendosi sicura che "i privati" erano in effetti disposti ad una partecipazione "su base volontaria" all'alleggerimento del debito nominale greco. Un'altra ragione per sostenere Atene era legata al rischio di veder annullati dal governo socialista, sotto i colpi della grave crisi finanziaria, i lucrosi contratti per forniture militari: in particolare, 223 carri armati (prezzo ufficiale, 403 milioni di euro), e due dei quattro sottomarini nucleari della Thyssen Krupp ordinati dall'ex premier di centro-destra Kostas Karamanlis, grande amico della Merkel (1,3 mld di euro). Tra il 29 ed il 30 giugno, in concomitanza con un voto molto sofferto del Parlamento di Atene, condizionato da una serie di scioperi e manifestazioni popolari, la Grecia ha accettato un piano triennale di privatizzazioni (per 50 mld) e di riduzione degli impieghi e dei servizi pubblici (per 28,4 mld). Immediatamente l'amministratore delegato di Deutsche Bank, Josef Ackermann, ha annunciato alla stampa un accordo tra le banche tedesche e la Merkel sul rinnovo del debito greco in scadenza che "ricalca il piano francese". Due giorni dopo l'Eurogruppo ha sbloccato la quinta tranche (12 mld) dell'apertura di credito per complessivi 110 mld concessa ad Atene nel 2010; e ciò nonostante la contrarietà espressa formalmente da Trichet (preoccupato dalla debolezza dell'euro) ad un'eventuale partecipazione diretta della BCE ad un nuovo piano finanziario di salvataggio della Grecia. Sempre nell'ottica di tranquillizzare l'opinione pubblica dell'UE, è stato resa nota l'istituzione d'una "Commissione interministeriale" (cioè non composta solamente da greci) incaricata di verificare l'attuazione nei tempi (brevi) promessi dal ministro delle Finanze Evangelos Venizelos e di riferirne ogni tre mesi alle autorità finanziarie dell'UE. Nel corso del secondo semestre del 2011 si sono moltiplicati i tentativi di alcuni gruppi finanziari statunitensi e britannici di indurre i paesi dell'Eurozona, ma in particolare la Germania, a non voler insistere nell'equazione secondo cui al fine di salvare l'euro non si poteva rinunciare a porre in atto continui palliativi alla crisi greca, così da mantenere il piccolo paese balcanico legato alla moneta unica, anche contro la volontà di gran parte della sua stessa popolazione, colpita nel portafoglio e nell'orgoglio per la perdita di fatto della sovranità nazionale. Secondo la tesi degli "anglosassoni" la persistente instabilità nei cambi originata dalla debolezza della moneta unica europea e dall'incertezza in merito all'effettiva volontà e capacità dei Pigs di applicare politiche fiscali in grado di ripianare in modo significativo i debiti impediva all'economia mondiale di "voltar pagina". Ad "aprire le danze" è stata il 3 luglio S&P, con un duro attacco alle proposte avanzate il 24 giugno dalla Federation Bancaire francaise, poi di fatto recepite dall'UE. Il 5 luglio, alla vigilia d'una delicata riunione del Pccg a Parigi, Moody's ha abbassato di quattro posizioni il rating sul debito portoghese, ponendolo di fatto al di fuori del CE, motivandolo con la convinzione che il paese, anche a causa della crisi politica, non sarebbe stato in grado di tener fede agli impegni previsti dal piano di salvataggio UE-Fmi, così come accaduto con la Grecia. In precedenza Moody's aveva avuto un orientamento più positivo nei confronti dell'Eurozona, anche se di recente aveva emesso un giudizio "creditwatch negativo" nei confronti dell'Italia). Va ricordato che il maggiore azionista singolo di Moody's, l'anziano finanziere Warren Buffet, ha sempre lasciato in secondo piano considerazioni di carattere geo-politico (specie se sul medio termine) per mirare al profitto a breve termine. La BCE ha deciso il 7 luglio l'ulteriore innalzamento, dall'1,25% all'1,5%, del tasso di riferimento nell'Eurozona: nella speranza non solo di rallentare l'inflazione, ma anche d'evitare la persistente erosione dei risparmi privati, inducendo le banche ad alzare un po' i tassi concessi ai depositanti. Mentre i primi mesi dell'anno s'erano aperti per i paesi dell'UE con buone prospettive di crescita, facendo registrare mediamente secondo le statistiche ufficiali un +3,4% del Pil nel secondo trimestre 2011, nel terzo trimestre la crescita si è praticamente attestata sotto l'1,5%, decisamente al di sotto dell'inflazione reale, alimentata soprattutto dai rincari dei prodotti petroliferi, i più direttamente legati al dollaro USA. Pochi giorni dopo il Wall Street Journal di New York ha reso pubblici i dettagli sui contratti per gli armamenti franco-tedeschi "imposti" ad Atene, mentre la Goldman Sachs (GS) ha diffuso sui media occidentali dati precisi ed inquietanti sull'ammontare delle esposizioni ad alto rischio di default della HRE: 7,9 mld di titoli del debito pubblico della Grecia, 10,3 mld di quello irlandese e 3,7 mld di quello portoghese. I finanzieri americani speravano di "spaventare" la Commissione Europea, chiamata in quei giorni (18 luglio) a decidere in merito alla legittimità dei finanziamenti offerti a più riprese dal governo tedesco alla HRE, ma non sono riusciti nel loro intento, dato il peso politico della Germania in ambito UE. Secondo diversi osservatori, l'inusuale franchezza di cui ha dato prova GS in tale circostanza rappresentava anche un modo per evitare che il ministro della Giustizia degli USA, Eric Holder (sulla cui scrivania in aprile era giunto, per competenza, il corposo rapporto della Sottocommissione senatoriale d'indagine sul crac finanziario del 2008) procedesse nell'azione legale contro i vertici di GS raccomandata nel rapporto dal sen. Carl Levin, considerato molto vicino al Presidente degli USA, Barak Obama. In effetti il governo USA durante l'estate ha preferito non perseguire GS, nonostante la gravità dei fatti emersi. Durante l'estate, quindi, lo spread tra il Bund ed i titoli italiani è cresciuto in modo molto più deciso rispetto al primo semestre. I mercati, già resi iper-sensibili da quelle che i media indicavano come le "incertezze" (se non le ambiguità) dell'asse Berlino-Parigi nella risoluzione della situazione Greca, con il relativo rischio contagio, hanno avvertito per l'Italia l'accresciuto rischio-paese, data l'entità del suo debito pubblico abbinato a un sostanziale ristagno del Pil negli ultimi anni. Ancora il 28 giugno la stampa italiana aveva definito "da record" lo spread di 223 punti base raggiunto dopo l'emissione di Btp con tasso del 5%; ciò nondimeno l'asta dei Bot a sei mesi, con un rendimento molto prossimo al 2% (+ 0,33% rispetto a quella precedente) aveva visto una richiesta di 14 mld, ben superiore agli 8 mld che il Tesoro italiano aveva deciso di porre in vendita. Nei mesi successivi, data anche la ritrosia manifestata dal premier Silvio Berlusconi (e da Tremonti) nell'ottemperare alle richieste "europee" d'una manovra finanziaria correttiva di almeno 45 mld di spese nel settore pubblico, lo spread ha raggiunto livelli ben superiori. Secondo alcune ipotesi più o meno fantasiose circolate in quel periodo, in attesa della ratifica da parte di tutti i parlamenti dell'Efsf, una soluzione avrebbe potuto essere l'uscita "temporanea" dalla moneta unica dei paesi del Nord Europa (considerati "virtuosi" dal punto di vista del rapporto debito/Pil); altri ipotizzavano che la BCE, che pur essendo sempre più indebolita dall'acquisto di titoli dei paesi Piigs (da luglio gli acquisti si sono attestati sui 6-9 mld a settimana; a dicembre il totale ammontava a circa 220 mld) per statuto non poteva agire come "prestatore di ultima istanza", come invece la FED, avrebbe potuto attivare una sorta di triangolazione con il Fmi, fornendo a questo organismo una somma consistente, che sarebbe stata "girata" alle banche europee e dando luogo ad una iniezione di liquidità, come negli USA. Tuttavia il governo Merkel ha rigettato tali ipotesi: la prima perché avrebbe definitivamente affossato l'euro, la seconda per i suoi effetti sull'inflazione. Così il 21 luglio l'ennesimo vertice europeo ha dato il via libera anche ad un ulteriore impiego dei fondi salva-stati a sostegno dei titoli spagnoli ed italiani. I mercati hanno dimostrato di apprezzare la decisione del governo di Madrid di presentarsi dimissionario dopo aver varato alcune delle misure impopolari poste quale condizione per ricevere gli aiuti. Intanto l'attenzione dei mercati internazionali era catalizzata dalle difficoltà interne degli USA, che nel 2010 avevano speso 414 mld di dollari, cioè il 2,7% del Pil, di interessi sul debito pubblico. Dopo mesi di dibattito parlamentare, infatti, l'amministrazione Obama era riuscita ad ottenere il via libera del Senato (a maggioranza Repubblicana) al cosiddetto "ceiling", cioè la possibilità d'indebitarsi anche in misura superiore a quanto prestabilito dagli automatismi delle leggi di bilancio. Così il deficit massimo programmabile e spendibile per l'anno fiscale in corso era stato portato da 14.294 a 14.694 triliardi di dollari. Ma intanto s'era verificata l'insolvenza e la bancarotta dichiarata non solo di numerose contee e città americane, le cui spese pubbliche avevano superato le risorse ricavate con le tasse; era tecnicamente "fallito" persino uno Stato, il Minnesota. Così il 6 agosto S&P ha deciso di rompere una sorta di tabù, cioè declassare l'immenso debito pubblico USA da AAA ad AA+; la decisione, assunta per la prima volta dal 1917, ha suscitato reazioni fortemente preoccupate da parte del governo, che ha stimato in almeno 100 mld di dollari la spesa in più necessaria per remunerare gli investitori in titoli USA. Già ai primi di settembre il debito era salito a 14.697 triliardi, tre più del limite. La decisione di ritenere quella dell'Efsf l'unica opzione possibile ha dato luogo ad un dibattito polemico tra la Merkel e numerosi parlamentari del suo partito, l'Unione cristiano democratica (Cdu), in vista della discussione in parlamento sulla sua ratifica, prevista a fine settembre. Larga parte dell'elettorato secondo i sondaggi non voleva affrontare nuovi rischi per il salvataggio di un sistema finanziario che per anni aveva speculato sulla debolezza dei paesi "cicala". In questo clima di forte contrasto ha destato particolare sensazione il primo settembre la notizia che gli uffici di Holder erano intenzionati a citare in giudizio colossi europei quali Deutsche Bank e Royal Bank of Scotland per far luce sulla voragine aperta dai mutui subprime, mentre le autorità di controllo sulla borsa USA avevano bocciato la fusione tra il gigante delle comunicazioni AT&T e la Deutsche Telekom. Ciò ha provocato il crollo del titolo alla borsa di Francoforte (- 7,6%), in una giornata in cui le borse europee hanno segnato cali vicini al 5%. Il segnale "forte e chiaro" al duo Merkel-Sarkozy era quello di non frapporre più ostacoli alla nomina di Draghi alla guida della BCE. In effetti il 22 giugno François Baroin, ministro del Bilancio, aveva confermato il sostegno della Francia, tuttavia a Parigi andava crescendo il malumore per il ritardo nelle dimissioni del membro italiano del Direttivo della BCE, Lorenzo Bini Smaghi. A rasserenare i due leader europei il 6 settembre, all'indomani di un grave calo dell'euro rispetto al dollaro USA, è giunta la notizia che la Svizzera seriamente preoccupata per i danni economici provocati dall'eccessivo rialzo del franco (CHF), che da mesi era considerato da molti risparmiatori dei paesi confinanti un bene-rifugio, come l'oro - aveva deciso di porre un tetto all'apprezzamento del CHF rispetto all'euro, fissandolo a 1,20 franchi per euro. Immediatamente la valuta elvetica ha perso il 10% rispetto al dollaro; per un'oncia d'oro si è passati in poche ore da 1497 a 1620 franchi. Il 7 settembre la Corte Suprema di Karlsruhe ha respinto il ricorso di alcuni cittadini e politici tedeschi che avevano accusato il FFS d'indebita ingerenza nella sovranità nazionale del popolo tedesco: una decisione che ha indotto alle dimissioni il membro tedesco del Direttivo BCE, Jürgen Stark, contrario agli acquisti dei titoli dei paesi Piigs. A metà settembre il debito pubblico dell'Italia era stimato in 1.911,897 mld di euro; il governo di Roma, in grave difficoltà nell'elaborazione dell'ulteriore manovra correttiva "richiesta dall'Europa" a causa delle perplessità della Lega Nord, ha cercato di accelerare le trattative in corso per nuovi finanziamenti da parte dei Brics ed in particolare la Cina. Il ministro del Tesoro degli USA, Timothy Geithner, ha voluto partecipare al vertice dei ministri delle Finanze dell'Eurozona tenutosi a Breslavia, dove ha ricevuto un'accoglienza molto tiepida, anche perché s'è dimostrato contrario all'ipotesi d'introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie ("Tobin Tax"), che alcuni paesi europei ritenevano invece utile applicare per alleggerire il peso dei costosi salvataggi bancari sulle casse pubbliche. Scopo della riunione era decidere in merito al versamento d'una rata di 8 mld per evitare il default greco; a causa dei dubbi sulla volontà di Atene di tener fede agli impegni, Junker ha rinviato d'un mese la decisione. Subito dopo Breslavia il Fmi, l'UE e la BCE hanno posto le basi per la cosiddetta "Troika" cioè una commissione mista ma univoca incaricata di effettuare controlli dell'effettivo stato dei conti pubblici di Atene, in particolare dopo le dimissioni del governo socialista e la laboriosa nascita d'un esecutivo "di salvezza nazionale", non politico, guidato dal tecnocrate Papademos. A fine settembre, mentre la Merkel incassava con soddisfazione il via libera del suo paese all'Efsf sono emerse, per la prima volta dopo anni, difficoltà nelle banche cinesi internazionali, che in gran parte hanno sede ad Hong Kong. Tra le cause, l'insolvenza dei governi locali che avevano ricevuto prestiti per infrastrutture o per speculazioni immobiliari; la fine del boom edilizio, con il conseguente aumento delle case di nuova costruzione rimaste invendute, e il rallentamento dell'economia mondiale, che ha penalizzato le esportazioni cinesi verso l'UE e gli USA.

Mario Draghi e Mario Monti.

Il 19 ottobre a Francoforte Trichet ha passato le consegne a Draghi, alla presenza delle massime autorità finanziarie europee e del Fmi; il suo mandato inizia ufficialmente dal primo novembre, un'altra giornata molto negativa per le borse europee a causa della situazione greca e delle tensioni tra Berlusconi e Tremonti; lo spread Btp/Bund salito a 441 punti base, crescendo poi sino a 570 in novembre, quando ormai le agenzie di rating avevano declassato pesantemente anche i titoli italiani, automaticamente esclusi dall'elenco (peraltro ormai del tutto inattendibile) dei CE. Il primo provvedimento adottato da Draghi è riportare i tassi all'1,25%(3 novembre): secondo lui il rischio dell'aumento dell'inflazione in quel momento era decisamente inferiore rispetto al pericolo del ristagno economico accompagnato alla crisi delle borse europee. Il 30 novembre, a due settimane dall'insediamento a Roma di un nuovo governo "tecnico", affidato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano all'ex Commissario UE Mario Monti, le Banche Centrali dei paesi del G20 hanno concordato una riduzione di 50 punti base il tasso applicato alle operazioni di swap in dollari, dando nuovo fiato alle borse, trascinate al rialzo dai titoli bancari. Ciò nondimeno lo spread italiano si è mantenuto molto elevato: 474 punti. L'8 dicembre Draghi ha riportato il costo del denaro all'1%, non senza ripetere l'ammonizione ai governi dell'Eurogruppo affinché pongano in atto al più presto politiche di "fiscal compact", cioè di armonizzazione delle norme tributarie, base e fondamento per il successo dell'Efsf. In questo contesto Monti, che ha deciso di mantenere l'interim delle Finanze, ha ripreso in sede europea, nella riunione dell'8 e 9 dicembre a Bruxelles, uno dei temi cari al suo predecessore Tremonti, e cioè l'opportunità che in un futuro prossimo i nuovi reciproci vincoli di bilancio consentano all'UE l'emissione di "euro-bond" credibili, da lanciare sui mercati quale forma d'investimento ben più sicuro rispetto ai titoli emessi dalle singole banche centrali. Pochi giorni prima, il 4 dicembre, il nuovo premier aveva inserito nel corposo decreto contenente forti misure di austerità, indispensabili per riacquistare la fiducia dei mercati, una norma per cui i bonds emessi dalle banche italiane sarebbero stati garantiti dallo Stato: una misura analoga a quella adottata mesi prima da Irlanda e Portogallo. Il 19 dicembre, rispettando le scadenze annunciate dieci giorni prima, Junker ha annunciato che l'UE aveva deciso conferire al Fmi un plafond di 150 miliardi di euro, erogati interamente da 13 dei 17 Paesi dell'Eurogruppo, con l'esclusione della neo-immessa Estonia e di quelli destinatari d'un programma di aiuti (Irlanda, Portogallo e Grecia); tale somma (leggermente inferiore rispetto ai 200 mld ipotizzati) sarebbe stata utilizzata, in attesa del perfezionamento dell'Efsf, per finanziare indirettamente i programmi d'aiuto agli Stati in difficoltà. La decisione in ambito UE non è stata affatto condivisa dalla Gran Bretagna (che non fa parte dell'Eurogruppo): secondo Londra, Junker, anziché affidarsi all'Fmi avrebbe dovuto impegnare l'Eurogruppo a potenziare l'Efsf, anche perché a tale fondo erano stati chiamati a partecipare tutti i 27 membri dell'UE. Il ministro britannico George Osborne, a cui Bruxelles aveva chiesto 30 mld per l'Efsf, ha rimandato ogni decisione al G20 programmato per l'inizio del 2012. Fortunatamente la linea intransigente di Londra, sia pure a malincuore, non era stata seguita da altri paesi esterni all'Eurogruppo, cioè la Rep. Ceca, la Danimarca, la Polonia e la Svezia, tutti consapevoli che una rottura avrebbe probabilmente messo in discussione il futuro stesso dell'UE. Il giorno dopo, 20 dicembre, consapevole delle possibili ripercussioni negative sui mercati finanziari dello "strappo" britannico, Draghi ha rotto gli indugi (legati alle consuete riserve di Berlino) ed ha avviato un provvedimento ben più significativo, mutuato direttamente dall'esperienza degli USA: la Bce ha concesso alle 523 maggiori banche europee prestiti al tasso nominale dell'1% da ripagarsi entro tre anni, per la consistente somma complessiva di 489 miliardi di euro. A garanzia la BCE ha deciso di accettare anche titoli "a bassa qualità", sottraendosi in questo modo al potenziale "ricatto" delle agenzie di rating che stava alla base del sistema dei CE. L'obiettivo primario di Draghi era quello che fossero le banche, tornate nuovamente "liquide", a sottoscrivere l'acquisto dei titoli di stato in scadenza, possibilmente con un occhio di riguardo a quelle emesse ciascuna nel proprio paese, onde evitare gli errori del recente passato.

Lorenzo Bini SMAGHI.

Bini Smaghi ha lasciato il 31 Dicembre 2011 l'incarico assunto nel giugno 2005 presso la Banca Centrale Europea, con 17 mesi di anticipo sulla scadenza naturale del 31 maggio 2013. Andrà a occupare una posizione nel Center for International Affairs della prestigiosa università americana di Harvard. Le sue dimissioni segnano la fine di una crisi diplomatica apertasi tra Francia e Italia intorno al suo rifiuto di lasciare l'Eurotower per cedere a un transalpino la sua poltrona. Dopo l'arrivo di Mario Draghi al vertice della Bce al posto di Jean-Claude Trichet, Parigi non tollerava infatti la presenza di due italiani e nessun francese nel Comitato Esecutivo. Ma il regolamento vietava espressamente alla politica di esigerne l'allontanamento.

Il Dizionario dello Spread.

In finanza, il termine spread può essere usato con diversi significati:

Il credit spread

denota il differenziale tra il tasso di rendimento di un'obbligazione e quello di un altro titolo preso a riferimento. Ad esempio, se un BTP con una certa scadenza ha un rendimento del 7% e il corrispettivo Bund Tedesco con la stessa scadenza ha un rendimento del 3%, allora lo spread sarà di 7 - 3 = 4 punti percentuali ovvero di 400 punti base. Il rendimento atteso o richiesto (e alla fine offerto) può infatti salire o scendere in funzione del grado di fiducia degli investitori/creditori, a sua volta misurabile attraverso eventuali squilibri tra domanda e offerta di titoli: se l'offerta è superiore alla domanda, il rendimento atteso aumenta per tentare di riequilibrare la domanda e viceversa. Come conseguenza, lo spread diventa dunque indirettamente e allo stesso tempo: a) una misura del rischio finanziario associato all'investimento nei titoli cioè nel recupero del credito da parte del creditore, essendo rischio e rendimento strettamente legati da relazione di proporzionalità: quanto maggiore è lo spread, tanto maggiore è il rischio connesso all'acquisto di titoli; b) al rovescio, una misura dell'affidabilità (rating) dell'emittente/debitore (ad esempio lo Stato) di restituire il credito: maggiore è lo spread, minore è tale affidabilità; c) in ultimo, una misura della capacità dell'emittente di promuovere a buon fine le proprie attività finanziarie (nel caso dello Stato, di rifinanziare il proprio debito pubblico) tramite emissione di nuovi titoli: maggiore è lo spread, minore è questa capacità in virtù dei tassi di interesse più elevati dovuti fino a un limite massimo di sostenibilità. Nel caso dei titoli di stato, spread elevatissimi possono condurre nel medio-lungo termine alla dichiarazione di insolvenza o fallimento o bancarotta dello Stato oppure a misure drastiche di riduzione della spesa pubblica e/o aumento della tassazione sui contribuenti per evitare il fallimento con i consueti effetti di diminuzione del reddito (dunque della domanda) e degli investimenti e quindi, in ultimo, ripercussioni anche sulla crescita economica.

Uno spread

è inoltre un'operazione finanziaria che combina diverse attività finanziarie, normalmente titoli derivati, al fine di ottenere un determinato valore a una data scadenza.

Lo spread

(in inglese: diffusione) è quello applicato (spesso in misura percentuale) dagli istituti di credito alle operazioni di prestito fiduciario ipotecario: lo spread viene aggiunto al costo del denaro e la somma dei due dà il tasso nominale. Pur tenendo conto che la differenza di tasso di interesse (spread) si ottiene confrontando almeno due valori relativi a dati omogenei o comunque confrontabili tra loro; lo spread che nel linguaggio comune si considera, divenuto di grande attualità nel 2011, è la differenza dei tassi di interesse tra i BTP (Buoni del Tesoro poliennali) italiani e i BUND tedeschi decennali, che nel novembre 2011, ha raggiunto il record oltrepassando di oltre 500 punti il differenziale col BUND tedesco. Questo comporta che lo Stato italiano paga in più oltre il 5% di interesse annuo rispetto al tasso pagato dal paese di Eurolandia più "virtuoso", che è la Germania. A fine 2011 la Germania colloca i suoi BUND decennali pagando ai sottoscrittori circa il 2% annuo, l'Italia per poterli collocare sul mercato deve pagare circa il 7% annuo, con un differenziale - uno spread appunto - oltre il 5%. Occorre ricordare che le politiche di convergenza economica propedeutiche (di preparazione) all'introduzione dell'Euro sono state efficaci, posto che all'inizio del 2002 lo spread tra i vari Paesi che avevano adottato l'Euro era zero, in una congiuntura economica particolarmente favorevole, che vedeva una drastica riduzione dei tassi di interesse soprattutto in Eurolandia, accompagnata da bassa inflazione, eventi che raramente si verificano in contemporanea. Alcuni paesi, tra cui l'Italia, hanno effettuato politiche di convergenza e poi di tenuta dei conti pubblici all'interno dell'Eurozona, basate più su provvedimenti sul fronte dell'entrata o "una tantum" (Condoni, anticipi di imposta, concordati fiscali, eurotassa...) che strutturali (risparmi, abolizione delle rendite dovute a privilegi, riforme della macchina statale, investimenti sul medio/lungo periodo, monitoraggio critico con tagli alle voci di spesa corrente...), creando le premesse per una divaricazione con le economie più forti della zona Euro man mano che l'efficacia dei provvedimenti una tantum andava scemando. Lo spread è quindi originato dalle divergenze delle politiche economiche adottate dagli stati membri nel corso degli anni successivi. Le responsabilità sono principalmente di due tipi: la mancanza di poteri e vincoli stringenti a livello delle Istituzioni Finanziarie europee e la mancanza di riforme economiche strutturali che non sono state attuate in alcuni Paesi, pur in presenza di favorevole congiuntura economica, divergendo in maniera considerevole le economie tra i paesi "cicala" e paesi "formica". I vari indicatori economici, tra cui lo spread, non fanno altro che misurare queste divergenze economiche che poi si ripercuotono nella vita di tutti i giorni.

Giappone:

Gli Effetti Economici del Terremoto.

L'economia giapponese risente ancora del terremoto dell'undici marzo. E non solo nella regione del Tohoku, dove gli effetti sono stati più devastanti, ma in tutta la nazione. Vediamo in breve quanto è avvenuto, tenendo a mente che si tratta di semplificazioni volte a suddividere in gruppi "di lavoro" questioni in realtà interconnesse l'una con le altre.

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- In alcune zone i danni alle strutture sono stati ingenti. Un esempio per tutti la città di Sendai, nella prefettura di Miyagi, dove peraltro si è avuto l'infausto record di vittime. Le ditte costrette a chiudere per l'impossibilità di far fronte alle riparazioni necessarie non si contano. In qualità di clienti o di fornitori, tali aziende rappresentavano un importante rubinetto dal quale attingevano, intessendo rapporti di affari, numerose altre società non direttamente colpite dal sisma o dal conseguente tsunami. Ciò ha comportato il fallimento delle prime e grosse difficoltà delle seconde, in alcuni casi portandole alla bancarotta.

Calo dei Consumi - Le società più "fortunate", superato lo scoglio dei primi tre mesi, hanno dovuto affrontare un altro problema: quello del calo dei consumi e, quindi, della domanda. Dare un'unica ragione di ciò sarebbe impossibile, ma non è azzardato rimarcare l'ovvio, cioè che queste società sono strette in una tenaglia che vede da un lato fattori contingenti (il terremoto, lo tsunami, l'incidente nucleare e le conseguenze che questi hanno sui consumi privati) e dall'altro fattori fisiologici del sistema economico così come lo conosciamo (crisi mondiale del 2008, esportazioni che si flettono sotto la forza dello Yen).

Calo del Turismo - Il cosiddetto "effetto Fukushima", che banalmente non è altro che il mancato guadagno in termini di turismo, che interessa, per quanto riguarda il turismo interno, anche le zone limitrofe a quelle che si temono essere a rischio radiazioni, e per quanto concerne il turismo dall'estero, potenzialmente l'intero Paese. Per gli economisti, comunque, la situazione non è degna di eccessive preoccupazioni. Anzi, le previsioni parlano di un probabile aumento del Pil, che dovrebbe registrarsi a partire dal 2012. Un "rimbalzo" che si giustificherebbe anche in ragione delle opere di ricostruzione intraprese a seguito del terremoto. E sebbene il rallentamento dell'economia globale ed il problema della radioattività gettino un'ombra sull'effettiva possibilità di una ripresa celere, lascia comunque ben sperare - e non soltanto i mercati - la notizia per cui il Parlamento nipponico, in maniera trasversale, potrebbe varare già entro l'anno una legge in base alla quale potrebbe essere premuto l'acceleratore sui processi di decontaminazione di Fukushima e delle zone limitrofe a rischio.

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