LA RICERCA SUL CANCRO
Le possibilità di debellare il cancro dipendono dal progresso delle nostre conoscenze
sulle cause e la natura di esso e cioè dalla ricerca oncologica. Uguale importanza hanno:
- la ricerca cosiddetta sperimentale, o di base;
- la ricerca clinica, applicata all'uomo.
Occorre quindi potenziare l'una e l'altra contemporaneamente. In oncologia il
potenziamento della ricerca clinica o applicata trova una serie di importanti
giustificazioni, che possono essere così brevemente riassunte:
- la ricerca sperimentale fornisce informazioni essenziali che, tuttavia, non sempre sono
direttamente trasferibili all'uomo;
- alcune informazioni si possono ottenere solo da studi sull'uomo;
- molte acquisizioni fondamentali in campo oncologico sono venute dall'osservazione
clinica e sono poi state perfezionate con studi sperimentali.
Le linee prospettiche della moderna ricerca oncologica clinica e sperimentale sono molte.
Ne ricordiamo alcune.
- La lotta al dolore da cancro mediante i blocchi spinali, l'uso di analgesici, ecc.
- La chemioprevenzione del cancro, mediante retinoidi (parenti della vitamina A), acido
folico, altre vitamine e sali minerali, allo scopo di vedere se queste sostanze possono
ridurre l'insorgenza del cancro nei soggetti a rischio.
- L'aumento del numero delle sostanze citostatiche e il miglioramento dell'azione di esse
con riduzione degli effetti secondari.
- Il potenziamento delle tecniche di resezione ossea, con sostituzione protesica dei
tumori scheletrici.
- Il potenziamento delle possibilità diagnostiche della tomografia computerizzata, della
risonanza magnetica nucleare e degli altri mezzi strumentali di diagnosi per immagine ed
endoscopici.
- Il potenziamento delle ricerche nell'ambito della immunoterapia e della insorgenza del
cancro, interrompendo il meccanismo causale in due fasi, attraverso l'esposizione a due
tipi diversi di sostanze, iniziatori e promotori.
- Il controllo delle infezioni nell'evoluzione del cancro, mediante somministrazione di
più efficaci antibiotici e di specifici anticorpi.
- Migliori possibilità applicative dei trapianti del midollo.
- Sviluppo delle ricerche sulle possibilità dell'ipertermia, essendo ormai acquisito che
il calore può sopprimere le cellule cancerose, specie se associato alla radioterapia e
alla chemioterapia.
- Approfondimento degli aspetti psicosociali.
- Approfondimento delle possibilità della radioterapia intraoperatoria.
- Incremento delle strategie interdisciplinari per la cura del cancro, sfruttando al
meglio le possibilità di combinazione tra chemioterapia, radioterapia e chirurgia.
Oggi si è tutti convinti che per una valida ricerca oncologica è necessaria una
struttura integrata, nella quale siano rappresentate, insieme con le discipline
(chirurgia, medicina, radiologia, anatomia patologica, laboratorio di analisi) necessarie
per una corretta assistenza e per una idonea ricerca applicata al paziente, anche
ricercatori sperimentali nei vari settori della ricerca biomedica di base (patologia,
farmacologia, immunologia, biochimica, endocrinologia, radiobiologia, virologia,
cancerogenesi ambientale, biologia molecolare ecc). I settori nei quali si prevede che
saranno aumentati gli sforzi nella ricerca di base nei prossimi anni sono quelli della
cinetica cellulare, dei markers tumorali, degli anticorpi monoclonali e degli oncogèni.
La cinetica delle cellule tumorali rappresenta il mezzo più utile per indagare, sia
l'eziologia e la prevenzione del cancro, sia la velocità dell'accrescimento neoplastico.
Oggi sappiamo che un tumore del peso di 1 gr, corrispondente alle dimensioni minime
rilevabili clinicamente, è costituito da circa un miliardo di cellule, frutto di 30
raddoppiamenti, a partire dalla cellula maligna originaria. Successivamente, lo stesso
tumore raggiungerà la massa di 1 kg con soli 10 altri raddoppiamenti cellulari, il che
rende conto del fatto che l'accrescimento neoplastico è lento e silente nella fase
iniziale, mentre diventa rapidamente progressivo nelle fasi successive, con conseguenze
facilmente intuibili sulle possibilità terapeutiche. La valutazione della cinetica
cellulare, che finora si è fatta in base alle caratteristiche morfologiche ed alle
percentuali delle mitosi, oggi si fa, con risultati estremamente più brillanti, mediante
marcatura con timidina tritiata (TD-H3) e con l'autoradiografia, che permette una più
precisa valutazione percentuale delle cellule proliferanti nelle popolazioni studiate.
Senza dire che in questo settore si va imponendo sempre più la modernissima citometria di
flusso (CMF), che ha il doppio vantaggio della velocità e dell'automatizzazione.
I markers tumorali vengono prodotti dal tumore direttamente o attraverso fenomeni
biologici associati alla presenza di cellule neoplastiche e sono presenti in quantità
diversa nei portatori delle varie forme tumorali, sicché la determinazione di essi è
utile, oltre che per la diagnosi, anche per il monitoraggio dell'andamento della malattia
e come spia per le recidive e le metastasi. Si spera che nel prossimo futuro vengano
scoperti markers più specifici di quelli attualmente disponibili, per estenderne le
applicazioni e migliorarne i risultati. Ne parleremo in un apposito capitolo.
Gli anticorpi monoclonali rappresentano un altro settore di ricerca validissimo ed una
porta aperta alla speranza di domani. Essi vengono impiegati nella diagnosi e, meno, in
terapia: si ritiene che le possibilità attuali saranno di molto accresciute, sicché in
un futuro prossimo i medici avranno a disposizione numerosi «Kit» diagnostici specifici,
costituiti da anticorpi monoclonali per molti antigeni associati ai tumori. Si spera anche
che le indagini clonogèniche in corso porteranno ad una migliore conoscenza della
biologia delle cellule cosiddette staminali ed a più avanzate acquisizioni sulle
modalità di metastatizzazione dei tumori primitivi.
Gli oncogèni vengono studiati su larghissima scala perché si spera che verrà da essi la
soluzione ai molti problemi ancora sul tappeto per quanto attiene alla cancerogenesi. Con
le acquisizioni di questi ultimi anni, infatti, gli scienziati sperano di decifrare,
attraverso la più fine struttura cellulare, il problema della vita, delle malattie
congenite e delle più gravi malattie acquisite.
Tutta la storia della vita dell'uomo sulla terra, di ieri e di oggi, è scritta nell'acido
desossiribonucleico (DNA), costituente essenziale delle cellule viventi. È in esso che si
trovano tutte le chiavi della nostra esistenza: la nostra origine, il nostro stato di
salute e le nostre malattie.
La vita, dunque, è scritta, con il DNA, come in una vasta enciclopedia, fatta di 3,5
miliardi di caratteri. Si conoscono le lettere che compongono il testo: un alfabeto
semplicissimo, fatto di 4 lettere: A.T.G.C., che costituiscono la base nucleotidica del
DNA. Queste lettere si legano tra loro in un enorme numero di combinazioni e costituiscono
così delle «frasi», scientificamente chiamate «geni». Si tratta di un complesso
enorme di operazioni, che potrebbe occupare una vasta biblioteca e che, invece, è
iscritta sul microscopico disco del DNA, che si trova nel nucleo di ciascuna cellula degli
esseri viventi. Nell'uomo il DNA del genoma forma 23 coppie di cromosomi, ciascuna delle
quali ereditata dai genitori.
Da questa mescolanza di geni nasce un individuo a sé, che è unico ed irripetibile. I
geni programmano tutto quello che noi siamo, determinano i nostri caratteri fisici, il
sesso, l'altezza, il colore degli occhi e della pelle, e così via. Essi, inoltre,
regolano le funzioni vitali di tutto l'organismo.
Si è calcolato che sono circa 10.000 i geni che governano la vita.
Talvolta accade che, come in una tipografia, nei geni si determinino degli errori di
trascrizione: le lettere non si sistemano più nel modo dovuto, cambiando, così, il senso
della frase, che diventa incomprensibile.
Le conseguenze di ciò sul genoma sono enormi: un gene «cattivo», portatore di un
messaggio sbagliato, danneggia l'armonia delle reazioni chimiche dell'organismo, mettendo
in pericolo la nostra salute. Oggi si pensa che siano circa 4.000 le malattie genetiche
derivanti da alterazioni del genoma.
Un gene difettoso è all'origine della miopatia: i piccoli bambini che ne soffrono vedono
a poco a poco afflosciarsi i loro muscoli. Altra malattia provocata da un gene difettoso
è la mucoviscidosi: questi poveri malati hanno sempre i bronchi e le vie digestive
ingombre da un eccesso di produzione di muco.
L'emofilia, che colpisce i bambini, è dovuta ad un gene imperfetto, che non permette più
la fabbricazione delle sostanze necessarie alla coagulazione del sangue.
Un'altra alterazione dei geni provoca la cosiddetta «Corea» di Hungtington, alcune forme
di reumatismo e alcune varietà di diabete, di allergie e di malattie cardiovascolari.
Anche alcuni tumori dell'infanzia oggi si ritiene che traggano la loro origine da
alterazioni del genoma.
La comparazione tra i frammenti del DNA delle persone sane e quelli di alcuni malati ha
consentito di riscontrare una o più differenze.
Oggi è possibile scoprire nell'utero materno se un feto è colpito da miopatia o da
mucoviscidosi e se rischia, dopo la nascita, di ammalarsi di «Corea» di Hungtington o di
cancro.
Il numero delle affezioni genetiche va aumentando; dopo aver sistemato dei reperti lungo
la catena del DNA i ricercatori stanno cercando di mettere a punto tutta una batteria di
sonde, da distribuire gratuitamente ai medici che curano le malattie di origine genetica.
Queste sonde consentiranno, non solo di ottenere dei marcatori, ma anche di isolare i geni
difettosi, responsabili della malattia genetica.
Isolare un gene, conoscere il suo messaggio, vuol dire conoscere meglio la malattia e
sperare un giorno di poterla guarire. Uno dei primi campi di applicazione sarà il
retinoblastoma, un tumore che colpisce l'occhio del bambino: un bebè, che eredita un gene
difettoso specifico, può ammalarsi di questo tumore.
Gli americani hanno scoperto che in questi casi il cromosoma 13 è incompleto, mancando di
un gene essenziale, chiamato antioncogène, il quale, in condizioni normali, è capace di
bloccare la moltiplicazione cellulare eccessiva.
I rari tumori ereditari come la poliposi, il retinoblastoma ed il nefroblastoma (tumore
renale), dovuti a geni difettosi, dipendono tutti dalla perdita di antioncogène.
Sorge la domanda: gli altri tumori, quelli che si manifestano nell'età adulta e non sono
ereditari, possono essere dovuti alla mancanza di antioncogèni? La risposta non si
conosce ancora, ma si spera di poterla avere in un futuro non lontano. Oggi si conoscono
meglio gli oncogèni, essendone stati scoperti una cinquantina. Gli oncogèni in un
soggetto sano sono inoffensivi ed utili: essi, infatti, regolano il ricambio delle
cellule. Quando i bisogni dell'organismo sono soddisfatti, le divisioni cellulari cessano.
In caso di cancro, invece, la moltiplicazione cellulare continua senza sosta ed è come se
la centrale di comando rimanesse bloccata nella posizione di marcia. Evidentemente gli
oncogèni, non neutralizzati dagli antioncogèni, ordinano una produzione eccessiva del
fattore di crescita e delle sostanze naturali destinate ad aumentare l'attività
cellulare.
Oggi la ricerca degli oncogèni e degli antioncogèni è all'ordine del giorno in tutti i
laboratori di ricerca sul cancro esistenti al mondo. Infatti, a parte l'interesse che la
ricerca di essi riveste per lo studio e la cura dei pazienti, si spera, nel futuro, di
poter predire, a chi è sano, se è predisposto o meno a contrarre il cancro del seno, la
leucemia, il cancro del polmone ecc.
Si pensa, infatti, che alla base della cancerizzazione di questo o quell'organo vi sia
un'alterazione del genoma. Ciò vale anche per malattie diverse dal cancro, come il
diabete ereditario (non quello alimentare) e l'ipertensione arteriosa.
Ciò significa che con la scoperta del genoma umano si apre un nuovo capitolo della
medicina. Si spera che domani si potranno prevedere scientificamente tutte, o quasi tutte,
le malattie di cui soffrirà l'uomo nell'arco della sua vita. Siamo entrati, infatti, in
quella che potremmo chiamare l'era della medicina predittiva.