Pianta della famiglia delle
Compositae (o Asteraceae secondo le più moderne classificazioni),
presente in Europa, Asia e Africa settentrionale. In Italia è comune dal
piano alle zone montane e subalpine, in terreni argillosi e
umidi.
GENERALITÀ La
farfara è una pianta erbacea a rizoma perenne, strisciante, di colore
bianco. Le foglie radicali che si sviluppano dopo
la fioritura sono grandi, angolose, portate da lunghi piccioli assai diverse
come forma e dimensioni da quelle che nascono sullo scapo
fiorale. Gli scapi fiorali, alti circa 25 cm,
portano un unico capolino terminale giallo. Questi capolini sono dapprima curvi,
poi si raddrizzano al momento dell'antesi; di nuovo tornano curvi verso il
basso, e ancora si raddrizzano alla maturazione dei frutti, per permettere la
disseminazione. I singoli capolini sono formati da
fiori esterni (del raggio) muniti di ligula, mentre gli interni (del disco) sono
tubolosi e piccoli. Tutti i fiori sono di un colore giallo
carico. La farfara è una delle prime piante
a fiorire: all'inizio della primavera o addirittura sul finire dell'inverno. A
volte riveste intere scarpate, formando estese aiuole sulla terra nuda. È una
delle prime colonizzatrici dei terreni scoscesi e privi di
humus. Per scopi terapeutici si utilizzano i
capolini e le foglie.
IMPIEGO
TERAPEUTICO La farfara fu certamente utilizzata fin
dalla più remota antichità. Viene infatti riportata nei testi di
Dioscoride e di Plinio. Durante il Medioevo la pianta venne descritta sotto nomi
diversi, ma le descrizioni corrispondono esattamente all'unica specie della
Tusillago farfara. Oggi si riconoscono alla farfara
proprietà tossifughe, espettoranti, astringenti, emollienti e
lenitive. Per le sue proprietà tossifughe ed
espettoranti è particolarmente indicata in ogni tipo di tosse, bronchiti
acute e croniche, con o senza catarro, infiammazioni delle vie aeree superiori e
inferiori. Per le sue proprietà astringenti,
emollienti, lenitive, è soprattutto utile esternamente per la cura di
escoriazioni, ferite, piaghe, processi escoriativi con difficoltà di
cicatrizzazione. In genere i fiori o meglio i
capolini vengono utilizzati prevalentemente per uso interno, le foglie invece
per uso esterno, soprattutto per i processi di foruncolosi e di
acne. In campo cosmetico la farfara viene
utilizzata quale emolliente e lenitivo per le pelli arrossate, particolarmente
sensibili e
delicate.
PREPARAZIONI -
Uso interno: si utilizza l'infuso di fiori secchi, preparato con 20-30 g per
litro di acqua bollente. Si lascia riposare per 10 minuti, si filtra per tela.
Si somministra alla dose di 2-4 tazze al giorno, per combattere le infiammazioni
dell'apparato respiratorio.
- Uso esterno:
si utilizzano le foglie secche in quantità di 60-80 g per litro di acqua.
Si lascia bollire per 10 minuti poi si filtra per
tela. Il decotto così preparato si usa per
fare lavaggi o per la preparazione di compresse imbevute da applicare sulle
pelli irritate o per eliminare le infiammazioni delle mucose
esterne.
- Uso cosmetico: con la farfara,
una manciata o due di capolini, si prepara un bagno emolliente e
decongestionante particolarmente indicato per le parti delicate del corpo che
subiscono processi infiammatori esterni a causa dell'eccessiva sudorazione,
soprattutto nei mesi estivi.
RACCOLTA E
CONSERVAZIONE I capolini di Tusillago farfara si
raccolgono presto, sul finire dell'inverno o all'inizio della primavera, da
febbraio a marzo. Vanno raccolti appena prima che si aprano, in giornate
asciutte, quando la rugiada è scomparsa. I
capolini vanno recisi con 1-2 cm di peduncolo. Si dispongono in sottile strato
su graticciato, all'ombra, in locale ben aerato. I capolini secchi si conservano
in sacchi di carta o in vasi di vetro scuro
chiusi. Le foglie si colgono al momento del loro
completo sviluppo che si ha da giugno a luglio. Vanno tagliate con un coltello,
eliminando il più possibile il picciolo
fogliare. Anche le foglie vanno poste a essiccare
all'ombra, in sottile strato su graticciati, in locale ben aerato. Una volta
secche, si conservano come i capolini in sacchi di carta o in vasi di vetro
scuro chiusi. Le foglie e i capolini vanno
rinnovati tutti gli anni. La coltivazione di questa
pianta è assai semplice per trapianto di rizomi. Si preleva questa parte
della pianta sul finire della stagione vegetativa, da settembre a novembre,
togliendo la parte rizomatosa e le radici con un piccolo pane di
terra. La farfara va trapiantata in terreno
argilloso e non ha bisogno di particolari cure per svilupparsi. Già nella
primavera dell'anno successivo al trapianto si otterrà una buona
produzione di fiori, e nell'estate si avranno le
foglie. È pianta a carattere infestante, se trova
le condizioni ottimali di terreno. D'estate è bene bagnarla ogni 15-20
giorni.
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