ITINERARI - LE ORIGINI - GEOGRAFIA FISICA - L'ATMOSFERA

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ITINERARI - LE ORIGINI - GEOGRAFIA FISICA - L'ATMOSFERA













Itinerari Culturali - Indice

DONATE

ITINERARI - LE ORIGINI - GEOGRAFIA FISICA - L'ATMOSFERA

INTRODUZIONE

L'atmosfera (dal greco atmòs = «vapore» e sphaira = «sfera») è costituita da un miscuglio di gas che circonda la Terra per un'altezza di parecchie centinaia di chilometri, rarefacendosi sempre più fino a sfumare nello spazio. Poiché l'attrazione della gravità terrestre diminuisce man mano che ci si allontana dal pianeta, l'atmosfera è più densa al livello del mare e sempre più rarefatta verso l'alto; circa il 97 per cento della massa gassosa è compreso nei primi 29 Km. Mentre è evidente il limite inferiore dell'atmosfera, quello superiore non può essere stabilito con precisione, in quanto la rarefazione dei gas sfuma fino a confondersi col vuoto degli spazi interstellari. Per convenzione si assegna il limite dell'atmosfera alla quota di 10.000 Km. La composizione chimica dell'atmosfera è più o meno uniforme fino a quota di circa 100 Km, mentre è piuttosto variabile nelle fasce superiori. Si è soliti suddividere l'atmosfera in varie parti, a seconda dell'altezza. La troposfera, come indica il nome (dal greco tròpos = «movimento»), è quella zona dove avvengono i movimenti, i cambiamenti, «rivolgimento e va dalla superficie terrestre a circa 12 Km di altezza. È quella che interessa più direttamente la vita terrestre perché rappresenta l'aria che respiriamo ed è sede della maggior parte dei fenomeni meteorologici. La troposfera è incessantemente percorsa da masse gassose in turbinosi movimenti; perciò i gas che la compongono sono continuamente rimescolati e la sua composizione risulta abbastanza omogenea: su ogni 100 parti (in volume) di aria secca e pura 78 sono di azoto, 21 di ossigeno, quasi 1 di argo e il resto è costituito di elio, cripto, neon, xeno (che sono detti «gas nobili») e anidride carbonica. L'aria non è mai completamente secca e pura, perché contiene quantità molto variabili di vapor acqueo (fino a formare nebbie, nubi, ecc.) e di pulviscolo atmosferico (costituito di minutissimi frammenti di origine minerale, vegetale ed animale), oltre a tracce di altri gas, microorganismi, ecc. Il vapor acqueo e le impurità sono concentrate soprattutto fino all'altezza di 3-4 Km. Il riscaldamento dell'aria nella troposfera è dovuto solo in minima parte ai raggi solari; dipende molto più dal calore irradiato dalla superficie terrestre (terra e mari). La temperatura diminuisce perciò con l'altezza fino oltre i 50° C sotto zero. La stratosfera (fino circa 45 Km), molto rarefatta, è caratterizzata dal fatto che la temperatura non scende ulteriormente ed anzi, dopo esser rimasta per parecchi chilometri pressoché costante (circa -50° C) verso il limite superiore tende a risalire. Importantissima è la presenza di strati di ozono (ossigeno la cui molecola O3 è formata da tre atomi anziché da due come l'ossigeno normale O2 all'altezza di 20-30 Km, perché essi costituiscono una specie di ombrello che ripara la Terra dalle radiazioni ultraviolette del Sole. La mesosfera (dal greco mésos = «mezzo», «medio»), fino a 80 Km, ha una temperatura che aumenta fino a sfiorare i 100° C verso i 55-60 Km, per poi ridiscendere abbondantemente sotto zero; questo strano comportamento sembra dovuto all'assorbimento dei raggi ultravioletti da parte dell'ozono. In questi strati finiscono per disintegrarsi la maggior parte delle meteoriti che cadono sulla Terra. Nella termosfera (dal greco thermòs = «caldo»), oltre gli 80 Km, la temperatura cresce molto rapidamente con l'altezza a causa dell'assorbimento dei raggi ultravioletti, superando i 1000° C all'altezza di 400 Km. Gli atomi e le molecole dei gas che compongono la termosfera, e in misura minore anche di quelli che compongono la mesosfera (in prevalenza ozono, ossigeno, azoto), sotto l'azione dei raggi ultravioletti vengono in parte ionizzati, cioè privati di uno dei loro elettroni. Gli ioni (atomi elettricamente carichi) così formati e gli elettroni liberi costituiscono degli strati elettrici che causano importanti fenomeni (tra l'altro hanno la proprietà di riflettere le onde radio); perciò si indica spesso col nome di ionosfera la zona compresa all'incirca tra i 60 e i 600 Km. Proprio qui avvengono le celebri aurore polari. Oltre i 1000 Km di altezza la rarefazione della materia è estremamente elevata e l'attrazione terrestre tanto indebolita che 1particelle che la costituiscono sono quasi libere in modo che al cune sfuggono via lontano nello spazio: questa estrema regione dell'atmosfera si chiama esofera (dal greco ékso = «fuori»). L'atmosfera esercita un'importante azione sulla superficie terrestre. I fenomeni meteorologici intervengono nell'erosione e nella sedimentazione delle rocce, mentre l'esistenza stessa degli organismi viventi dipende strettamente dalle caratteristiche e dalle funzioni dell'atmosfera. Si è già accennato, per esempio, alla funzione dell'ozono; negli strati più bassi un'analoga funzione di assorbimento hanno due gas presenti in percentuali molto basse il vapor acqueo e l'anidride carbonica, che regolano nello stesso tempo l'irraggiamento del calore della Terra verso lo spazio. L'atmosfera svolge anche una funzione di compensazione termica mediante la circolazione di masse di aria: poiché le regioni equatoriali ricevono in continuazione una quantità maggiore di radiazione solare rispetto alle regioni polari, la temperatura dovrebbe continuare ad aumentare di anno in anno nelle prime e diminuire nelle seconde. Ciò non avviene proprio perché il sistema dei venti opera una continua trasmissione di grandi quantità di calore dall'equatore ai poli, funzionando come un enorme sistema di riscaldamento.

STORIA DELL'ATMOSFERA

Quattro o cinque miliardi di anni fa la Terra grazie alla forza di gravità esercita sui gas che le turbinavano intorno, si coprì di un mantello gassoso la cui composizione era del tutto diversa da quella dell'atmosfera attuale. Si pensa che originariamente l'atmosfera fosse formata da gas semplici: idrogeno (H2), vapore acqueo (H2O), metano (CH4) e ammoniaca (NH3). Questo tipo di atmosfera attualmente circonda un altro pianeta del sistema solare Giove. Anche per effetto delle condizioni molto particolari del nostro pianeta (alta temperatura scariche elettriche, pressioni, ecc.), l'idrogeno, che era l'elemento più diffuso nell'atmosfera primitiva, tendeva facilmente a formare dei composti con gli altri elementi presenti: ossigeno, carbonio e azoto. Dalla combinazione di idrogeno e ossigeno ebbe origine il vapore acqueo; e dalla combinazione di idrogeno e azoto l'ammoniaca. Alcuni geologi ritengono che il vapor acqueo sia di origine vulcanica; ancor oggi il vapor acqueo costituisce il 10 per cento del materiale eruttato dai vulcani. La comparsa della vita ha apportato una modificazione essenziale a questa primitiva composizione della atmosfera. I primi organismi eterotrofi erano anaerobi, cioè le reazioni biochimiche che erano alla base della loro esistenza avvenivano senza l'intervento dell'ossigeno. L'ossigeno rappresentava un prodotto di scarto nel metabolismo di questi organismi; possiamo definire fossile l'ossigeno che attualmente respiriamo. Questa primitiva produzione di ossigeno è stata dapprima utilizzata da meccanismi autotrofi nei processi di ossidazione (fotosintesi clorofilliana). L'atmosfera attuale è il risultato di questa evoluzione e consiste principalmente di azoto, ossigeno, vapore acqueo, anidride carbonica ed altri gas rari, cosiddetti perché presenti in minime quantità: elio, argon, ecc. La composizione tipica dell'atmosfera comprende la presenza di anidride carbonica (CO2) necessaria quanto l'ossigeno per la vita sulla Terra; essa è infatti essenziale per la vita delle piante e influisce sul clima in modo fondamentale, in quanto assorbe le radiazioni infrarosse e funziona da isolante termico, regolando la temperatura in vicinanza della superficie (è quello che si definisce l'effetto serra). L'influenza benefica dell'anidride carbonica potrebbe però diventare negativa se la CO2 aumentasse troppo, perché rischierebbe di far aumentare la temperatura media del globo producendo eventi catastrofici come lo scioglimento dei ghiacci e il conseguente aumento del livello del mare. Per ora, pur essendo il pericolo ancora molto lontano, è importante considerare che a causa di tutti i combustibili bruciati dal 1900 ad oggi il contenuto di anidride carbonica dell'atmosfera è aumentato di circa il 10 per cento. Oggi a causa della combustione dei carburanti e di molti processi industriali, si trovano negli strati più bassi dell'atmosfera anche anidride solforosa (SO3), biossido di azoto (NO2) ed ammoniaca (NH3), benché non risultino tra i normali componenti dell'aria. Il vapore acqueo è intimamente mescolato con l'aria e rappresenta l'umidità atmosferica; fornisce l'acqua delle piogge e durante la formazione delle nuvole libera il calore che costituisce la fonte energetica dei temporali. Per quanto riguarda le particelle solide queste sono quasi tutte di origine terrestre (ceneri vulcaniche, ceneri di incendi, sabbie trasportate dal vento, etc.) e sono di dimensioni minutissime.

IL PESO DELL'ARIA

Gli antichi ritenevano che l'aria non pesasse: l'aria era per loro un elemento leggero, che tendeva naturalmente a muoversi verso l'alto. Oggi sappiamo che l'aria non è affatto un elemento, giacché risulta dal miscuglio di vari elementi e di varie sostanze composte; sappiamo anche che la pesantezza e la leggerezza (così come l'alto e il basso) non sono concetti assoluti, ma relativi: una certa sostanza è leggera non perché non pesa, ma perché pesa meno di altre sostanze; è leggera solo in relazione ad altre sostanze più pesanti. Il merito di aver affermato che l'aria pesa spetta principalmente ad alcuni scienziati italiani del Seicento: Giovan Battista Baliani, Galileo Galilei, Evangelista Torricelli. Ma se l'aria pesa, perché non ce ne accorgiamo? Il fatto è che l'atmosfera preme da ogni lato su di noi e sulle cose che ci stanno intorno e la pressione interna del nostro organismo è uguale alla pressione esterna dell'aria: come disse Torricelli, viviamo sommersi nel fondo di un oceano di aria. La pressione atmosferica, anche se non viene percepita dai nostri sensi, può essere misurata con esattezza mediante appositi strumenti detti barometri (dal greco baròs = «peso»). Il primo che riuscì a fare una misura esatta della pressione fu Evangelista Torricelli, discepolo di Galileo, nel 1643. Egli usò un lungo tubo di vetro chiuso da una parte (una provetta), e dopo averlo accuratamente pulito di ogni polvere e vapore vi versò dentro del mercurio caldo fino all'orlo. Quindi (senza far versare il liquido) l'immerse capovolto in una vaschetta contenente altro mercurio caldo. Notò allora che il liquido contenuto nel tubo non scendeva tutto nella vaschetta; cominciava, è vero, a scendere, ma dopo aver raggiunto un certo livello si fermava. Questo livello era più o meno sempre lo stesso: 76 cm al di sopra della superficie del mercurio contenuto nella vaschetta (se l'esperimento veniva effettuato a livello del mare). Se il tubo fosse stato più corto di 76 cm, il mercurio non si sarebbe neppure mosso. Essendo più lungo al di sopra dei 76 cm, si formava la cosiddetta camera barometrica perfettamente vuota. Torricelli comprese che il peso del mercurio contenuto nel tubo era equilibrato dalla pressione dell'aria sul mercurio contenuto nella vaschetta; perciò tale pressione era uguale a quella esercitata dalla colonna del mercurio. Poiché si conosce il peso del mercurio, si può anche conoscere quello dell'aria. Una colonna di mercurio di 1 cm² di base pesa 1,033 Kg: è facile concludere che su ogni centimetro quadrato di superficie terrestre l'aria esercita una pressione di 1,033 Kg. Era nato così il primo barometro. Qualche anno più tardi uno studioso francese, Blaise Pascal, fece un esperimento molto interessante. Portato un barometro sopra un monte, osservò che la pressione diminuiva man mano che si saliva; ogni 110 m la colonnina di mercurio si abbassava di un 1 cm. Da questa osservazione, concluse che il peso dell'aria dipendeva dalla quantità d'aria che si trova sulla nostra testa e che aumentando l'altitudine, la pressione atmosferica diminuisce. Si poteva dunque determinare l'altezza di un luogo misurando la pressione dell'aria; se in un paese la colonna di mercurio si era fermata a 70 cm, si poteva dedurre che la sua altezza sul livello del mare era di 660 m (6 X 110 m). Studi più precisi trovarono che questa conclusione non era sempre esatta. In modo particolare si osservò che quando cambiava la temperatura anche la pressione subiva mutamenti. L'aria infatti riscaldandosi si dilata, diventa meno densa e pesa di meno. Al Polo o all'Equatore, di notte o di giorno, d'estate o d'inverno la pressione è diversa; bassa se è caldo, alta se è freddo Inoltre, salendo al di sopra dei 1000 m, l'abbassamento della pressione avviene più lentamente. Un altro elemento che fa variare la pressione è la presenza di umidità. Il vapor acqueo è infatti più leggero dell'aria secca, perciò più umidità c'è nell'aria più bassa è la pressione. Riassumendo si può dire che la pressione normale al livello del mare è di 1,033 Kg per ogni centimetro quadrato di superficie terrestre, ma essa varia a causa dell'altitudine, della temperatura, del movimento e dell'umidità. Pressione alta (cioè pressione atmosferica più forte del normale e quindi colonna barometrica più alta di 760 mm) può indicare freddo, poco movimento dell'aria, poca altitudine sul livello del mare e poca umidità. Pressione bassa (cioè pressione atmosferica più debole del normale e quindi colonna barometrica più bassa di 760 mm) può indicare caldo, aria turbolenta, notevole altitudine e alto grado di umidità.

IL PESO DELL'ATMOSFERA

Sapendo che l'aria che grava sopra un centimetro quadrato di superficie terrestre pesa 1,033 Kg e che la superficie terrestre misura circa 520 milioni di Km², con una semplice moltiplicazione si può calcolare il peso complessivo dell'atmosfera: pressappoco 5400 milioni di tonnellate. Questo numero è talmente grande da diventare poco significativo: per darne un'idea si può dire che il peso dell'involucro gassoso che circonda la Terra equivale a quello che avrebbe uno strato d'acqua alto circa 10 m.

DIMOSTRAZIONE DEL PRINCIPIO DI BERNOULLI

Circa duecento anni fa, un matematico svizzero Daniel Bernoulli, notò che se aumenta la velocità di un fluido (come l'acqua o l'aria), la sua pressione diminuisce. Se infiliamo una linguetta di carta tra le pagine di un libro tenuto verticalmente, la carta pende verso terra. Ora soffiamo sfiorando il margine superiore del libro: la carta si alza e sventola come una bandiera. È accaduto che l'aria in movimento che sta sopra il foglio esercita una pressione minore dell'aria ferma che sta sotto, cosicché questa spinge la carta verso l'alto. Questo è il principio su cui si basa la navigazione aerea. La curvatura superiore dell'ala di un aeroplano costringe l'aria a fare un percorso maggiore e quindi a muoversi in modo più veloce. La sua pressione è perciò minore e l'aereo è spinto in su dall'aria sottostante.

I BAROMETRI

Sono strumenti che servono per misurare la pressione atmosferica. Esistono diversi tipi di barometro ma essenzialmente abbiamo barometri a mercurio e barometri anerodi: questi ultimi se sono in grado di tracciare anche grafici sull'andamento della pressione sono chiamati barografi. La pressione può essere misurata in mm di mercurio o in millibar (1 millibar è uguale a 0,75 mm di mercurio), ma in genere nelle carte meteorologiche si usano questi ultimi. Uno dei barometri a mercurio più usati è quello del Fortin costituito da un tubo di vetro chiuso all'estremità superiore e aperto in quella inferiore che è immersa in una vaschetta piena di mercurio con il fondo in pelle di daino o camoscio. La pressione atmosferica insiste sul mercurio della vaschetta facendo aumentare o diminuire l'altezza della colonnina di mercurio nel tubo. Accanto al tubo c'è una scala graduata che permette la lettura diretta, a volte anche dei decimi di mm o di millibar. Per una lettura esatta sono però necessarie tre correzioni: 1) correzione dell'errore strumentale, dell'errore, cioè, dipendente dalle peculiarità dello strumento in rapporto alla sua costruzione, ai materiali impiegati, ecc. (il valore di tale correzione è in genere fornito dalla ditta costruttrice); 2) correzione per la temperatura, dovuta al fatto che il mercurio reagisce alla temperatura dilatandosi all'aumentare della stessa e che i valori messi sulla scala tarata corrispondono alla situazione del mercurio a 0° C (per poter ovviare a questo inconveniente tutti i barometri a mercurio sono muniti di un termometro); 3) correzione per la gravità, dovuta al fatto che la forza gravitazionale varia col variare della latitudine o dell'altitudine. Per quanto riguarda i barometri aneroidi tra i più comuni è quello del Vidi-Bréguet, dove l'elemento sensibile non è il mercurio ma una o più scatole circolari in cui c'è quasi il vuoto e con facce tenute distanti per mezzo di una molla in equilibrio con la pressione atmosferica: al variare di questa si modifica anche la flessione della molla. Grazie ad un dispositivo in grado di ingrandire, questo movimento viene evidenziato da un indice su un quadrante tarato. A volte oltre al valore in millimetri o millibar ci sono anche le scritte: pioggia, variabile e bello corrispondenti alle zone di bassa ed alta pressione. Questa relazione però è precisa solo sugli oceani poiché nei continenti altri fattori concorrono a determinare le variazioni e non è raro che la lancetta del barometro indichi bello o appena variabile mentre piove. I barometri aneroidi, utilizzando elementi sensibili sono in grado di trasmettere il movimento, tramite leve, ad una punta che scrive su un tamburo girevole con già stampato un diagramma. Le letture di barometri (e barografi) aneroidi non necessitano di correzioni per la temperatura e gravità, non essendone influenzati, ma come tutti gli strumenti hanno invece un piccolo errore strumentale.

LE PRECIPITAZIONI ATMOSFERICHE

Un po' d'acqua caduta sul pavimento in poco tempo scompare: è diventata vapore mescolandosi all'aria. Quando mettiamo una pentola sul fuoco una parte dell'acqua (e anche tutta se la lasciamo a lungo) bollendo evapora; vediamo il vapore alzarsi e disperdersi nell'aria. Sulla superficie del mare e dei laghi e in tutti i luoghi in cui vi sia un po' di umidità, accade un fenomeno analogo. Gli animali e le piante contribuiscono anch'essi a dare umidità all'aria. L'atmosfera insomma è come una grande spugna che assorbe il vapore acqueo. C'è un limite però oltre il quale non si può andare (anche la spugna è capace di contenere solo una certa quantità di acqua e non di più). Questo limite non è sempre lo stesso, ma varia col variare della temperatura: quando l'aria è più calda riesce ad assorbire più vapore acqueo. È stato calcolato che a 0° C un metro cubo d'aria può contenere circa 5 g di vapore acqueo, a 10° circa 10 g, a 20° circa 18 g. Questi valori costituiscono altrettanti punti di saturazione, cioè i punti in cui l'aria non assorbe più acqua. Un metro cubo d'aria a 10° C può contenere 10 g di vapore acqueo, ma non è detto che li contenga sempre tutti. Ne può contenere per esempio 3, 4, 5, 8 g. Si dice allora che esso ha un'umidità assoluta di 3, 4, 5, 8 g ecc. Il rapporto tra queste misure e il massimo che potremmo trovare (cioè, in questo caso 10 g) alla stessa temperatura che, di solito, si indica in percentuale, è del 30, 40, 50, 80 per cento, si chiama umidità relativa. Nei nostri esempi l'umidità relativa è di 3/10, 4/10, 5/10, 8/10, ecc. L'umidità assoluta dice quanti grammi di vapore acqueo ci sono in una certa quantità d'aria, l'umidità relativa indica la proporzione fra questi grammi di vapore acqueo e quelli che potrebbero essere contenuti nella stessa quantità d'aria alle stesse condizioni. È importante conoscere l'umidità relativa perché da essa possiamo sapere quanto manca per giungere al punto di saturazione. Quando si raggiunge il punto di saturazione, il vapore acqueo si condensa intorno ai piccolissimi corpi sospesi nell'aria che costituiscono il pulviscolo atmosferico. Attorno a questi nuclei di condensazione si formano dunque le nubi, masse di goccioline di vapore acqueo, e la nebbia, un fenomeno analogo di condensazione che avviene però negli strati atmosferici prossimi al suolo. A causa dei raggi solari e dei venti, che mescolano masse d'aria a temperatura diversa, l'atmosfera muta continuamente le sue condizioni termiche. In caso di raffreddamento il vapore acqueo si condensa ancora di più, diventa più pesante e precipita sulla superficie terrestre. Si possono avere diversi tipi di precipitazioni: a) la pioggia: caduta di gocce d'acqua allo stato liquido che si verifica quando la temperatura non scende al di sotto di 0° Cb) la neve: caduta di acqua in cristalli solidi che si formano quando la temperatura scende al di sotto di 0° Cc) la grandine: caduta violenta di particelle solide (granuli di ghiaccio) che hanno dimensioni variabili e che possono raggiungere anche la grossezza di un'arancia (non si conosce ancora con precisione il processo che porta alla formazione di grandine) d) la rugiada: deposito di goccioline di acqua sugli oggetti (per esempio le foglie delle piante) che nel corso della notte si raffreddano più dell'aria circostante provocando la condensazione del vapore acqueo in essa sospeso e) la brina: condensazione a contatto simile alla rugiada, ma con formazione di uno strato «nevoso», costituito di piccoli cristalli di ghiaccio. Spesso al passaggio delle nubi e alle precipitazioni atmosferiche si accompagnano i fulmini, che sono rapidissime successioni di scariche elettriche tra una nube e il suolo oppure tra due nubi. Possiamo dire che le nubi si comportano come grandi accumulatori di elettricità che può essere scaricata in presenza di determinate condizioni atmosferiche (per esempio con umidità dell'aria).

LA TRASPIRAZIONE

Se si chiude in un sacchetto di plastica una piantina o un suo ramo, dopo un certo periodo si potrà notare che all'interno del sacchetto si sono formate delle bollicine di acqua. È accaduto che la pianta con la traspirazione ha emesso vapor acqueo che si è condensato sulla superficie fredda della plastica.

LA SATURAZIONE

Saturazione è la presenza della massima quantità possibile di una sostanza in un dato ambiente. Se in un pentolino pieno d'acqua versiamo un cucchiaio di sale, il sale si scioglie. Se continuiamo a versare un cucchiaio dopo l'altro, a un certo punto il sale non si scioglie più e precipita al fondo: è stato superato il punto di saturazione della soluzione. Il punto di saturazione dipende però dai valori della temperatura e della pressione. Così, per esempio, se si mette il pentolino sul fuoco e si riscalda la soluzione, ecco che man mano che aumenta la temperatura un altro po' di sale si scioglie: ciò vuol dire che a una temperatura più elevata la soluzione ha un punto di saturazione più alto. Naturalmente quando l'acqua tornerà a raffreddarsi, il sale si depositerà di nuovo sul fondo. Anche il vapore acqueo sospeso nell'atmosfera ha punti di saturazione diversi a seconda della temperatura e della pressione.

PRECIPITAZIONI CAUSATE DAI RILIEVI

Un particolare tipo di raffreddamento atmosferico, e quindi di precipitazione, si ha in vicinanza dei rilievi e delle catene montuose. Le masse d'aria a 20° C incontrando il fianco della montagna vengono spinte in alto, si comprimono e si raffreddano. Raggiungono cosi il livello di condensazione dove si formano le nubi e avvengono le precipitazioni. L'aria, privata di vapor acqueo, sale ancora, supera la vetta e ridiscende sul versante opposto, si espande e, asciutta com'è, assorbe umidità dal suolo, provocando l'inaridimento del terreno. Nelle zone in cui soffiano i grandi venti costanti e periodici questi fenomeni assumono una vasta portata. I monsoni, per esempio, soffiando dall'oceano Indiano verso l'Asia, incontrano la catena dell'Himalaya e scaricano la loro umidità sull'India e su tutta l'Asia meridionale (le grandi piogge) mentre rendono aride e sterili le terre del versante opposto (deserto del Gobi).

LA CIRCOLAZIONE DELL'ARIA

Esistono diversi fenomeni che contribuiscono a distribuire il maggior calore delle zone equatoriali nelle altri parti della Terra: uno è quello costituito dalle correnti marine, un altro, ben più importante, è quello costituito dai movimenti dell'atmosfera, cioè dai venti. Se si accende un falò (o soltanto un mucchietto di carte), si può notare che i frammenti bruciati e la cenere si innalzano per poi ricadere ad una certa distanza, di pochi o di molti metri, secondo la grandezza del fuoco. Questo accade perché l'aria calda si espande, diminuisce quindi di peso ed esercita una pressione minore. Viene quindi spinta in alto da quella laterale meno calda, che va ad occupare il posto lasciato dalla prima. Riscaldandosi a sua volta, anche quest'aria si innalza lasciando il posto ad altra aria, e così di seguito. Arrivata ad una certa altezza, lontana dalla fonte di calore, l'aria torna a raffreddarsi, ridiventa pesante e smette di salire, allargandosi ai lati e ricadendo verso terra. Finché il fuoco resta acceso, si ha così una continua corrente d'aria ascensionale, cioè dal basso verso l'alto, che trasporta con sé i materiali leggeri, come la cenere del falò (o il fumo della sigaretta). Alla corrente ascensionale fanno seguito altri movimenti: il risucchio, provocato dall'aria che sale, dà luogo ad una corrente orizzontale dai lati verso la sorgente del calore; il vuoto che così si forma nelle zone fredde viene riempito dall'aria che sta in alto provocando una corrente di discesa. A sua volta l'aria calda, una volta raggiunta la stessa temperatura (equilibrio termico) degli strati superiori dell'atmosfera si riversa lateralmente in una corrente orizzontale di direzione contraria alla prima andando ad occupare il posto lasciato dall'aria discesa sulla superficie. Le zone di bassa pressione si dicono zone o aree cicloniche, quelle di alta pressione si dicono anticicloniche. I venti vanno da queste ultime alle prime. Tradizionalmente si considerava la zona attorno all'Equatore come la sorgente di calore causata dall'intensa insolazione e le zone polari come i punti estremi a cui giunge la corrente d'aria calda. Nella realtà le cose sono molto più complicate. La fonte di calore, come si sa, sono i raggi solari, ma questi non producono effetti solo all'Equatore né questi sono sempre uguali. Una zona ripida e montuosa si riscalda in modo diverso da una pianeggiante e bassa; il mare o una distesa d'acqua ha un modo di assorbire il calore diverso da quello della terraferma. A loro volta, i gas che compongono l'aria hanno diverso peso e si comportano in modo differente quando sono riscaldati, e nelle zone di confine avvengono fenomeni di attrito fra le masse d'aria che modificano sensibilmente i vari movimenti. Infine bisogna ricordare che la Terra non sta ferma, ma gira sul proprio asse, cosicché al movimento delle masse d'aria si somma il movimento del pianeta e la direzione delle correnti viene distorta. Per esempio, una particella d'aria che si muove dal Polo Nord verso un punto della superficie terrestre, anche se non incontra alcun ostacolo termico (calore) o chimico (composizione dell'atmosfera), invece di arrivare nel punto verso cui era diretta arriverà in un punto spostato più a destra. È vero che l'atmosfera ruota insieme con la Terra, ma quando l'aria è in movimento tende a conservare la sua direzione e anche se incontra le altre particelle che ruotano non viene deviata; il suo percorso risulta perciò spostato verso la sua destra (verso antiorario) nell'emisfero meridionale, verso la sua sinistra (verso orario) nell'emisfero meridionale.

I VENTI

Gli spostamenti di masse d'aria da una zona di alta pressione (zona anticiclonica) ad una di bassa pressione (zona ciclonica) si chiamano venti. Di essi è importante conoscere la velocità, l'intensità, cioè la pressione esercitata sulla superficie d'incontro e la direzione, cioè il percorso compiuto. Apparecchi appositi (anemometri, anemografi, ecc.) rilevano i dati relativi a tale studio, che è molto utile, anzi essenziale per le previsioni meteorologiche; i venti trasportano infatti da un luogo all'altro il vapore acqueo dell'atmosfera (nubi), modificano la situazione barometrica (pressione) e provocano precipitazioni, cambiamenti di temperatura, ecc. Anche la navigazione aerea e marittima è fortemente agevolata quando si conosce il regime dei venti. Fin dalla antichità i marinai posero una particolare attenzione a questi studi. Le navi a vela non potevano spostarsi se non c'era vento e dovevano evitare quelle zone in cui i venti fossero contrari o troppo impetuosi. Tradizionalmente i venti vengono classificati in costanti quando presentano un andamento regolare e soffiano lungo uno stesso percorso per tempi determinati (alisei e controalisei); periodici quando soffiano per un periodo in una direzione e per un periodo in una direzione opposta (brezze, monsoni); irregolari e variabili quando sono dovuti a variazioni di pressione che si verificano in modo diverso nelle varie parti del mondo. Questi ultimi sono detti anche locali, perché in genere interessano solo brevi tratti della superficie terrestre. (Scirocco, Bora, Mistral, Grecale, Ponentino ecc.).

ALISEI

Gli alisei vanno verso l'Equatore e corrispondono alle correnti orizzontali di superficie provocate da quell'area ciclonica; i controalisei vanno verso i Poli e corrispondono alle correnti orizzontali di altezza.

MONSONI

Monsone deriva dall'arabo mansim che significa stagione. Questi venti soffiano sull'Oceano Indiano per sei mesi dal mare verso la terra e per sei mesi in senso contrario. Durante la stagione estiva il continente asiatico funziona da immensa area ciclonica (la terra, come è noto, si riscalda più rapidamente dell'acqua) e richiama grandi masse d'aria che si trovano sul mare, che è più fresco (area anticiclonica). Sul continente indiano e sulla costa del Sudest Asiatico è la stagione delle grandi piogge: le nuvole spinte contro le montagne (la catena dell'Himalaya) danno origine a precipitazioni di grande intensità. Durante l'inverno la situazione si rovescia: il mare costituisce l'area ciclonica; quindi i monsoni soffiano dalla terra al mare. È il periodo secco.

BREZZE

Le brezze sono venti locali determinati dalle particolari differenze di temperatura e pressione che si hanno sulle coste marine e nelle vicinanze dei monti. Le brezze infatti possono essere di mare e di terra o di monte e di valle. Si hanno brezze di mare quando i venti spirano dal mare verso terra. Ciò accade perché durante il giorno la terra si riscalda più della acqua marina e quindi l'aria che sovrasta la terra diventa più calda di quella sul mare e si dilata facendo diminuire la pressione; per riequilibrare la pressione alcune masse d'aria si spostano dal mare verso la terra provocando un leggero vento che arriva fino a 300-350 m di altezza e che giunge fino ad una distanza massima di 40-50 Km dal mare. Durante la notte poiché la terra si raffredda più velocemente del mare avviene il fenomeno inverso e si ha brezza di terra. Quest'ultima è meno veloce, più bassa e arriva al massimo a 8-10 Km dalla terraferma; questo perché la differenza di temperatura tra terra e mare è minore durante la notte. La brezza di terra ha l'importante effetto di spostare aria fredda e quindi impedisce che sulla costa la temperatura diminuisca troppo durante la notte. Per quanto riguarda le brezze di monte e di valle le cause sono simili e sono dovute al diverso riscaldamento e raffreddamento delle valli rispetto ai versanti dei monti. A volte i due tipi di brezza (mare e valle) si combinano determinando venti piuttosto forti.

CICLONI, URAGANI, TIFONI

Tra i venti irregolari ci sono i cicloni, generati dall'incontro di una massa d'aria fredda con una di aria calda e umida che incuneandosi in quella fredda inizia un caratteristico moto rotatorio. Nelle zone tropicali i cicloni hanno caratteristiche più violente: nell'Oceano Atlantico sono detti uragani, nel mar Giallo tifoni.

LA METEOROLOGIA

La Meteorologia (dal greco metèoros = «che sta in alto» e lógos = «discorso» = «studio dei fenomeni celesti») è la scienza che studia le precipitazioni atmosferiche (piogge, grandine, ecc.) nonché venti, cicloni, ecc., allo scopo di prevedere le condizioni del tempo. Non basta conoscere la pressione atmosferica per sapere che tempo farà. È vero che in genere un abbassamento della pressione indica peggioramento del tempo con precipitazioni e vento; ma è anche vero che per una previsione più sicura è necessario conoscere anche la temperatura, l'umidità, la forza e la direzione dei venti e la quantità di precipitazioni propria del luogo. Per ogni fenomeno bisogna conoscere non solo i valori di minima e massima, media e l'intensità, ma anche quali principi fisici stanno alla base delle loro variazioni. Si distinguono perciò diversi settori di studio. Vi è la meteorologia analitica che descrive i fenomeni così come si presentano; la meteorologia dinamica che studia le variazioni e si serve dei principi della idrodinamica e della termodinamica; l'aerologia che si occupa degli strati più alti dell'atmosfera dove i movimenti sono più liberi sia per effetto della minore attrazione terrestre e della rarefazione sia per la mancanza di ostacoli; la climatologia che si occupa invece dei fenomeni più vicini al suolo dove la configurazione del terreno (valli, catene di montagne, masse d'acqua ecc.) determina particolari conseguenze nei movimenti delle masse d'aria; infine vi sono settori che studiano gli effetti del clima sulla vegetazione e sulle culture (meteorologia agricola) o sulla vita degli organismi più piccoli (microclimatologia). Le circa 10.000 stazioni meteorologiche e tutti i grandi aeroporti misurano ad intervalli di tempo regolare la temperatura, la pressione, l'umidità relativa all'atmosfera, la quantità delle precipitazioni, la forza e la direzione dei venti, l'intensità e la durata dell'insolazione, la visibilità, le estensioni ed il tipo di nubi con relative altezze (stato del cielo). Le misurazioni avvengono ogni 12 ore, oppure ogni 6 ore. Ma negli aeroporti l'intervallo tra una misurazione e l'altra è ridotto a 30 minuti. Gli strumenti impiegati sono: - il termometro a minima e a massima e il termografo per la temperatura; - il barometro a mercurio, il barometro aneroide (= senza liquido) e il barografo per la pressione; - lo psicrometro e l'igrografo per l'umidità relativa; - il pluviometro ed il pluviografo per la forza e direzione del vento; - l'eliografo per la misurazione dell'insolazione. Vi sono poi le radio-sonde o palloni sonda (apparecchi che contengono un certo numero di questi strumenti, usati in aerologia) muniti di radio trasmittente; agganciati ad un pallone, vengono fatti salire a diverse quote, fino a 20-30 Km, in modo da conoscere la situazione degli strati più alti dell'atmosfera. Ancora più importanti per la conoscenza dei fenomeni in quota sono i satelliti meteorologici che vengono messi in orbita ad un'altezza di 200-700 Km da dove possono rilevare i dati relativi ad una vastissima zona, trasmettere alla Terra informazioni di varia natura, anche sotto forma di immagini. Diventa così abbastanza agevole conoscere la distribuzione e la collocazione spaziale delle nubi, i vortici, i cicloni, le correnti che si presentano a grandissima altezza e che influenzano sensibilmente l'andamento dei fenomeni al suolo. In Italia le previsioni meteorologiche sono effettuate dall'Aeronautica Militare (mentre prima era competente la Marina) per via dell'importanza che ha questa attività nel volo aereo. Ma il lavoro viene svolto su scala mondiale, attraverso una serie di accordi tra diversi stati.

ISOBARE, ISOTERME

Per la previsione del tempo è importante non solo conoscere la pressione che in un certo luogo si verifica in un dato momento, ma quella che in genere è solito aversi. Cioè occorre conoscere sistematicamente qual è la condizione barometrica di un certo luogo o di una regione. Perciò è necessario fare continue misurazioni in modo da ricavarne la pressione media (diurna, mensile, semestrale o annuale). Con rilevazioni sistematiche si è arrivati a elaborare carte geografiche su cui sono registrate le pressioni medie dei vari punti della Terra; non si tratta però di lavoro definitivo, perché anzi esso viene corretto e aggiornato continuamente. In tali carte vi sono delle linee che congiungono i punti della superficie terrestre aventi la stessa pressione media: si chiamano isobare (dal greco isos = «uguale» e barós = «peso»). Allo stesso modo si procede per costruire la carta con isoterme, linee che congiungono i punti della superficie terrestre che hanno la stessa temperatura media.

PIOGGIA

Si forma a partire dal vapore acqueo contenuto nell'atmosfera attraverso tre fasi successive. Nella prima si ha un aumento del vapore acqueo nell'aria. Le cause possono essere diverse ma le più importanti sono l'evaporazione di grosse distese d'acqua o di suoli molto umidi, e le correnti ascendenti che raffreddando le grandi masse d'aria atmosferiche, provocano saturazione. A 0° C 1 m cubi d'aria può contenere al massimo 5 g di vapore. Se la temperatura è più elevata la quantità di vapore assorbita è maggiore: a 10° C si possono avere 10 g di vapore e a 20° C 18 g. Un raffreddamento abbassa la quantità di vapore e quindi provoca saturazione. La seconda fase si ha quando il vapore in eccesso comincia a condensarsi e forma piccole gocce che si raggruppano intorno ai granuli del pulviscolo atmosferico. Se non ci fossero tali particelle, in questo caso chiamate «nuclei di condensazione», non si formerebbero le nuvole che sono costituite proprio dal loro insieme. La pioggia però ancora non cade perché troppo leggera e la nube si dice in equilibrio. Occorre un ulteriore raffreddamento o una corrente ascendente piuttosto violenta per provocare l'accrescimento delle gocce o il loro raggruppamento (terza fase). Questo accrescimento (e di conseguenza la caduta per gravità) può avvenire anche a causa della presenza, nella parte superiore della nube, di particelle di ghiaccio che raffreddano l'area sottostante provocando l'ispessimento dei cristalli. Se l'aria non è troppo fredda, (minore o uguale a 0° C), i cristalli si sciolgono prima di arrivare a terra. Più raramente si hanno piogge dovute a nuclei igroscopici, cioè nuclei di condensazione che provocano la formazione delle gocce prima di arrivare a saturazione. Le gocce di pioggia hanno generalmente dimensioni variabili tra 0,5 e 2,5 mm. Fino a quando la nuvola non si è completamente dissolta, il vapore acqueo trascinato dalle correnti ascendenti la ricostituisce, rimpiazzando anche l'eventuale acqua piovana. La pioggia viene classificata in base al fattore che l'ha determinata; si hanno perciò piogge cicloniche, se dovute a correnti ascendenti, di instabilità, se dovute alla modificazione di temperatura, orografiche, se dovute ai rilievi equinoziali, quelle che si verificano nel periodo degli equinozi all'Equatore. Ha molta importanza conoscere la quantità e la frequenza delle piogge cioè il numero di giorni di pioggia nelle varie stagioni e nell'anno. La quantità si misura con i pluviometri semplici in millimetri di acqua; la durata e quindi anche l'intensità si misurano invece con i pluviometri registratori. Altro fattore importante è la regolarità di certe piogge. La pioggia ha particolare importanza per quanto riguarda l'approvvigionamento idrico, le attività agrarie e la morfologia terrestre: corrodendo le rocce, sciogliendo i minerali solubili e trasportando quelli disciolti la pioggia rappresenta infatti uno degli agenti atmosferici più importanti dal punto di vista geologico. La pioggia carica di impurità solide assume particolari colorazioni. In Europa quella rossastra o giallastra deriva dai limi o dai pollini sollevati nei deserti dell'Africa Settentrionale o nelle savane tropicali. Negli Usa la pioggia rossa ha origine nelle terre dell'Ovest rese sterili e desertiche dalle colture intensive e protratte negli anni di solo grano. In occasione di eruzioni vulcaniche si possono avere piogge scure ricche di cenere e di finissime polveri.

LE ZONE TERMICHE

ll fattore che ha maggiore incidenza sul clima è la temperatura la quale dipende a sua volta in massima parte dalla direzione con cui i raggi solari colpiscono la superficie terrestre. In modo molto approssimativo si può dire che la zona centrale del nostro pianeta, ricevendo i raggi solari perpendicolarmente o quasi, è la più calda, mentre le zone, intorno ai Poli, sono le più fredde dal momento che i raggi del sole le colpiscono solo di striscio, sfiorandole appena. Tra la fascia centrale calda e le calotte polari esistono due zone intermedie dove la temperatura è moderata perché i raggi arrivano con una certa inclinazione: sono le zone temperate. Schematizzando si possono distinguere sulla Terra cinque zone: a) zona equatoriale o torrida b) zona temperata Nord c) zona temperata Sud d) zona polare Nord e) zona polare Sud. Se tuttavia è vero che la temperatura dipende dai raggi solari, occorre ricordare che su di essa influiscono molti altri elementi. Per questi motivi, misurando attentamente e per lungo periodo le temperature che si hanno sui vari punti della superficie terrestre si trova che i punti che hanno il massimo calore (equatore termico) o il massimo freddo (polo del freddo) non si trovano sull'Equatore terrestre o ai Poli. Le temperature più alte sono state osservate in una zona compresa tra l'Equatore e il Tropico del Cancro (+ 60°), sulle coste del Mar Rosso; quelle più fredde nella Siberia orientale (- 76° C). La temperatura di una regione, insomma, non dipende soltanto dalla sua latitudine (distanza dall'Equatore), ma da un insieme di fattori, e va stabilita con metodo statistico. Si devono cioè registrare per molto tempo i valori della temperatura e poi se ne calcolano i valori medi. In base a queste rilevazioni si possono costruire carte dove sono poste in evidenza le isoterme cioè le linee che congiungono i punti che hanno la stessa temperatura media. Le zone termiche individuate dalle isoterme coincidono approssimativamente con quelle dello schema dell'irraggiamento solare dove non erano stati presi in considerazione altri elementi che influiscono sulla temperatura come l'altitudine, la vicinanza dal mare, l'esposizione, ecc. Talvolta più che i valori massimi o i valori minimi della temperatura di un luogo, è importante conoscere la loro differenza che si chiama escursione termica.

I CLIMI

Il termine clima deriva dal greco klima = «inclinazione» e ricorda l'importanza dell'inclinazione dei raggi del Sole nel determinare le condizioni di una regione. Oltre che dalla temperatura, il clima dipende dalla luce, dalle precipitazioni atmosferiche, dall'umidità dell'aria e dalla nuvolosità. La classificazione che proponiamo si base sulla divisione della superficie della Terra in cinque zone di diversa temperatura; queste zone termiche sono state a loro volta suddivise tenendo presente il valore delle precipitazioni atmosferiche. Si hanno così cinque tipi fondamentali di clima: 1) climi più o meno umidi della zona torrida 2) climi aridi 3) climi temperati 4) climi boreali 5) climi nivali. Il clima umido della zona torrida viene diviso ancora in clima equatoriale e tropicale e in clima delle savane. Il primo è caratterizzato da piogge continue (caratteristico delle regioni intorno all'Equatore) o concentrate in un lungo periodo di 3-4 mesi (clima tropicale), mentre il secondo è contraddistinto da due periodi di siccità in cui la temperatura è molto elevata. Mentre le condizioni calde e umide del clima equatoriale e tropicale favoriscono la formazione di foreste, nel clima del secondo tipo si sviluppa la savana. I climi aridi possono essere di due tipi: climi dei deserti, caratterizzati da precipitazioni scarse e da fortissima insolazione, e climi delle steppe dove le precipitazioni sono sempre scarse ma l'umidità è sufficiente a far crescere le erbe. La temperatura media del mese caldo è inferiore a 18° C. I climi temperati possono essere suddivisi secondo il periodo in cui si hanno le maggiori precipitazioni; si ha così un clima temperato caldo con estate piovosa (clima cinese) ed uno con estate asciutta (clima mediterraneo) ed infine un clima temperato umido. Nel mese più freddo la temperatura oscilla tra i 18° e i - 2°. I climi boreali sono caratterizzati da temperature che variano da - 2° C nel mese più freddo a + 10° nel mese più caldo. I climi nivali hanno temperature che non raggiungono mai i 10° C. Possono essere di due tipi: climi dei ghiacci, dove il terreno è sempre coperto da ghiacci, e clima della tundra in cui il sottosuolo è sempre gelato mentre in superficie si trova una vegetazione povera formata da muschi e licheni.

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