Biologia l'Evoluzione delle Specie

 

 
    

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Biologia l'Evoluzione delle Specie

  

Biologia l'Evoluzione delle Specie

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ITINERARI - LE ORIGINI - BIOLOGIA - L'EVOLUZIONE DELLE SPECIE

INTRODUZIONE

La prima teoria evoluzionistica moderna si deve allo scienziato francese Jean Baptiste Lamarck (1744-1829), che partì dall'osservazione che le specie animali non potevano essere state create con caratteri immutabili perché altrimenti non sarebbero state in grado di adattarsi ai mutamenti, anche profondi, che avevano subito gli ambienti terrestri, come gli studi sulla storia della Terra avevano documentato. Secondo Lamarck ciò significava che gli animali avevano sviluppato organi adatti ai nuovi bisogni e ai nuovi comportamenti imposti dai cambiamenti dell'ambiente; le nuove caratteristiche erano poi passate ai discendenti e si erano trasmesse alle generazioni successive. La giraffa avrebbe il collo lungo, secondo Lamarck, perché si sarebbe trovata nella necessità di mangiare le foglie degli alberi sempre più in alto a causa della mancanza dell'erba; così avrebbe allungato il collo. Col passare delle generazioni sarebbero nate giraffe col collo sempre più lungo perché assomigliavano ai loro genitori; a loro volta queste avrebbero allungato il collo per arrivare sempre più in su a mangiare e così via.

Le moderne teorie evoluzionistiche derivano dallo scienziato inglese Charles Darwin (1809-1882) che, come Lamarck, voleva spiegare il fatto che le specie si trasformano col passare del tempo.

È facile constatare che in un dato ambiente possono sopravvivere solo quegli esseri (animali o piante) che presentano certi caratteri, mentre gli altri non possono che essere eliminati: le specie mutano non perché «si adattino» all'ambiente in cui vivono, ma perché solo i portatori di caratteri favorevoli sono in grado di sopravvivere e di generare (trasmettendo ai propri discendenti questi stessi caratteri).

Mentre le giraffe di Lamarck allungavano il collo per raggiungere le foglie degli alberi quando veniva a mancare l'erba del pascolo, per Darwin le giraffe dal collo lungo erano favorite nella lotta per la sopravvivenza perché, nelle mutate condizioni ambientali, potevano cibarsi meglio, mentre quelle col collo più corto morivano. Le nuove giraffe somigliavano ai genitori e tra queste le più favorite erano quelle che avevano il collo più lungo perché potevano mangiare più in alto. Non erano le singole giraffe ad allungare il collo e a lasciarlo in eredità ai discendenti; erano i colli già lunghi di alcune giraffe che costituivano un carattere privilegiato in virtù del quale quelle che lo avevano sopravvivevano e potevano trasmetterlo ai figli.

La teoria di Darwin fu accolta con enorme interesse: la prima edizione della sua opera L'origine della specie uscita nel 1859, fu venduta in un solo giorno. Vi furono però forti opposizioni da parte di chi si scandalizzava che tra gli antenati dell'uomo vi potessero essere esseri bruti. A parte comunque i tentativi di chi rifiutava l'idea di una trasformazione delle specie animali e vegetali per motivi religiosi, (l'evoluzione era in aperto contrasto con la tesi di una creazione diretta da parte di Dio di ogni forma vivente) le teorie di Darwin incontrarono difficoltà tra i suoi stessi sostenitori. Il meccanismo della selezione naturale non sembrava sufficiente a spiegare tutta la storia dell'evoluzione. Con la scoperta e lo sviluppo della genetica le teorie evoluzionistiche hanno trovato invece numerose ed esaurienti conferme.

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Per spiegare la nascita di una nuova specie si può ricorrere a due modelli evolutivi: quello del gradualismo e quello degli equilibri intermittenti. Secondo la prima teoria la differenziazione da un antenato comune avverrebbe lentamente, in seguito a isolamento geografico e all'accumulo di generazione in generazione di piccoli caratteri diversi: alla fine si accumulerebbero tali differenze genetiche da rendere i due gruppi incapaci di incrociarsi dando origine a due specie diverse. Secondo la teoria degli equilibri intermittenti invece l'evoluzione di caratteri avverrebbe per salti improvvisi. Un gruppo isolato finirebbe così per rappresentare una nuova variante morfologica costituendo una specie distinta. Nella realtà è probabile che ambedue le teorie agiscano assieme.

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LE ERE GEOLOGICHE

Si è soliti dividere la storia della terra in cinque grandi Ere geologiche e queste a loro volta in Periodi. Si tratta di suddivisioni di comodo stabilite dagli scienziati prima che fossero introdotti i metodi di datazione assoluta (quelli cioè basati sul tempo di trasformazione degli isotopi di certi elementi). Per determinare la durata delle diverse Ere si era fatto ricorso alla comparsa o alla scomparsa di qualche specie animale o di qualche fenomeno orogenetico particolarmente importante. I resti fossili sono stati utilizzati per assegnare alle varie Ere i terreni che li racchiudono.

L'Era Paleozoica, ad esempio, è stata datata in questa maniera: gli studiosi hanno notato la comparsa intorno a 600 milioni di anni fa di una specie animale, i trilobiti, che si evolveva con forme sempre più complesse fino a scomparire circa 200 milioni di anni fa. Il Periodo compreso fra queste due date è diventato l'Era Primaria o Paleozoica e i trilobiti sono stati chiamati fossili guida di questa Era.

La successione dei nomi di queste cinque Ere presenta un'incongruenza: l'Era Primaria o Paleozoica è in realtà la seconda Era, perché viene dopo all'Era Archeozoica o Arcaica. La cosa si spiega con il fatto che l'Era Arcaica è stata istituita successivamente alle altre quattro che hanno mantenuto il nome originario.

Mentre i nomi delle Ere fanno evidente riferimento alla presenza di forme animali via via più evoluti, quelli dei Periodi hanno origine varia: alcuni ricordano fenomeni caratteristici, come il Carbonifero, durante il quale si formarono estesissimi depositi di carbone; altri traggono denominazione dal tipo di terreno, come il Cretaceo (da creta); altri ancora indicano una successione temporale come Pleistocene (dal greco pléistos = «molto» e kainòs = «nuovo»), Eocene (dal greco eòs = «aurora»), ecc.; altri infine prendono nome dalla località in cui sono stati trovati segni del periodo; come Permiano, da Perm, regione della Federazione Russa, o Giurassico dai monti del Giura.

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ERA ARCAICA o ARCHEOZOICA

Dalla nascita della Terra a circa 600 milioni di anni fa

PERIODI: Archeano; Algonchino

Il lungo periodo di tempo immediatamente successivo all'origine della Terra ha lasciato scarse tracce. Si sa che ad un certo momento si formarono i mari e cominciò così il ciclo dell'evaporazione dell'acqua. Le più antiche rocce di origine ultrametamorfica costituirono il basamento dei continenti.

È difficile poter sapere quali specie viventi esistessero allora: i fossili che risalgono a questo periodo sono infatti scarsissimi; le rocce ultrametamorfiche assai diffuse nell'Era Arcaica, si sono formate a grandi pressioni e temperature elevatissime che hanno distrutto ogni traccia di esseri viventi.

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ERA PRIMARIA o PALEOZOICA

Da 600 a 220 milioni di anni fa

PERIODI: Cambriano; Ordoviciano; Siluriano; Devoniano; Carbonifero; Permiano

In quest'Era comparvero i primi calcari originati da spoglie di esseri viventi. Si formarono nuove catene montuose accompagnate da una intensissima attività vulcanica.

Sono state trovate tracce di ghiacci nelle regioni dell'emisfero australe accompagnate da fossili di piante tipiche dei climi freddi; ciò conferma l'ipotesi che le regioni australi fossero riunite in un solo blocco attorno al Polo Sud.

Le spoglie degli esseri viventi del primo periodo sono tutte di tipo marino: invertebrati (trilobiti) e alghe. Poi cominciarono ad apparire i primi pesci cartilaginei, gli anfibi e le piante crittogame.

Il Carbonifero è stato chiamato con questo nome proprio per gli importanti giacimenti di carbone che si formarono durante questo periodo.

ERA SECONDARIA o MESOZOICA

Da 220 a 70 milioni di anni fa

PERIODI: Triassico; Giurassico; Cretaceo

L'Era è dominata dall'enorme sviluppo dei rettili che, con forme spesso gigantesche, conquistarono tutti gli ambienti: terrestri, marini, aerei. L'ambiente marino era popolato da ammoniti, molluschi provvisti di guscio a forma di spirale che raggiunsero grandi dimensioni (anche 1 m). Solo verso la fine dell'Era comparvero i primi uccelli e i primi mammiferi.

Nel regno vegetale dominavano le gimnosperme con le conifere; verso la fine dell'Era comparvero le prime piante superiori, le angiosperme. Le rocce sono costituite principalmente da calcari e da dolomie originate da scheletri di animali o vegetali, molti massicci montani delle Dolomiti italiane sono stati formati da vasti banchi di coralli.

ERA TERZIARIA o CENOZOICA

Da 70 a 1 milione di anni fa

PERIODI: Paleocene; Eocene; Oligocene; Miocene; Pliocene

L'inizio di questa Era viene fatto coincidere con la scomparsa dei rettili giganti e delle ammoniti. Si diffusero sempre più forme animali e vegetali destinate a sopravvivere fino ai nostri giorni: mammiferi e angiosperme. Verso la fine del Pliocene comparvero i primi ominidi: gli australopiteci.

Durante tutta l'Era continuò il corrugamento del più recente complesso di catene montuose chiamato orogenesi alpina, che determinò la formazione oltre che delle Alpi, dei Carpazi e dei Pirenei in Europa, del Caucaso, delle catene anatoliche e dell'Himalaia in Asia, delle Montagne Rocciose in America.

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ERA QUATERNARIA o NEOZOICA

Da 1 milione di anni fa ad oggi

PERIODI: Pleistocene; Olocene

L'inizio dell'Era Quaternaria si fa coincidere con il raffreddamento generale del clima e con l'instaurarsi sulla Terra delle specie animali e vegetali attualmente esistenti.

I fenomeni di sollevamento delle catene montane continuarono sebbene con un ritmo più lento; sulle variazioni dei limiti tra mari e terre incisero assai di più le oscillazioni del livello dei mari stessi. Queste oscillazioni erano legate alle glaciazioni, fenomeno per cui periodicamente si scioglievano e si ricostituivano enormi calotte di ghiaccio che ricoprivano gran parte dell'Europa e dell'America Settentrionale. Il numero dei periodi glaciali, con clima freddo, e interglaciali, con clima caldo, è stato fissato a quattro: Gunz, Mindel, Riss e Wurm.

Durante l'ultimo periodo glaciale comparve l'Homo sapiens sapiens.

LA VITA NEL MARE

Quando nacque la vita, circa 3 miliardi e mezzo di anni fa, la superficie della Terra aveva un aspetto ostile e desolato: i continenti erano battuti da venti fortissimi, i fiumi scendevano tumultuosamente dalle montagne e trascinavano con sé tutto il materiale friabile. Le prime forme di vita apparse in questo ambiente furono grandi molecole capaci di riprodursi; nel mondo attuale simili organismi non riuscirebbero certo a sopravvivere, ma allora ebbero successo per la mancanza di competizione con esseri più complessi. Si ritiene che l'acqua, più stabile agli sbalzi di temperatura e calma nelle sue profondità, abbia offerto le migliori possibilità di organizzazione alla vita che sorgeva. Per questo gli studiosi parlano di un oceano primigenio, dove comparvero i primi organismi unicellulari non nucleati simili ad alghe azzurre e agli attuali batteri.

I protisti rappresentano uno stadio evolutivo successivo; erano esseri unicellulari da cui derivarono le altre forme viventi animali e vegetali. Apparvero poi le prime alghe blu e verdi. Sono stati ritrovati anche fossili di bivalvi, impronte di meduse e di altre specie a forma di fronda che ricordano un po' le gorgonie. I resti degli organismi che vissero in questo periodo sono però molto scarsi e ciò è dovuto al fatto che gli animali e le piante di allora erano privi di parti dure e fossilizzavano solo in condizioni eccezionali. Le informazioni di questo periodo primordiale sono così molto scarse.

Circa 550 milioni di anni fa il clima divenne più uniforme e il mare, che era vastissimo, avanzò ancora sommergendo parte dei continenti. La vita si manifestò con forme sempre più varie e complesse. L'ambiente emerso era ancora senza vita; soltanto alcuni muschi ricoprivano le zone più umide; il mare era invece ormai ricco di organismi, i più grandi dei quali erano i trilobiti.

Questi animali assomigliano un poco nella forma esterna a crostacei, ma per la loro organizzazione sono più affini ai ragni e agli scorpioni; il loro nome deriva dal fatto che lo scudo che ricopriva il loro corpo era formato da tre parti o lobi: una centrale e due laterali; gli occhi ben sviluppati erano posti sulla faccia superiore dello scudo, mentre la bocca era situata ventralmente. I trilobiti erano forniti di appendici ambulatorie e di branchie e in caso di pericolo potevano arrotolarsi su se stessi. Le loro dimensioni variavano da specie a specie: alcune erano lunghe solo pochi millimetri, altre avevano dimensioni maggiori. Vivevano sul fondo dei mari nutrendosi di sostanze organiche presenti nel fango o catturando gli organismi unicellulari.

Accanto ai trilobiti vivevano meduse, anellidi e numerosi molluschi; fra tutte queste forme viventi alcune si sono evolute e sono tuttora esistenti, altre invece si sono estinte. Tra queste ultime ci sono organismi simili a spugne, assai importanti perché erano tanto numerosi e diffusi da formare intere scogliere. Circa 500 milioni di anni fa il clima divenne ancora più caldo e i continenti furono quasi completamente inondati da acque poco profonde. I trilobiti raggiunsero allora il massimo sviluppo soprattutto nelle zone costiere, mentre nel mare aperto apparvero i graptoliti, animali con scheletro chitinoso che vivevano in colonie galleggianti. Il mare era inoltre popolato da animali simili agli attuali nautili, ai ricci marini, alle spugne e ai coralli.

In seguito vi fu un periodo di assestamento della superficie terrestre. Pressappoco nello stesso periodo, 430 milioni di anni fa, apparvero i primi vertebrati: erano pesci senza mascella come le attuali lamprede. A differenza di queste, che hanno uno scheletro cartilagineo, quegli antichissimi animali avevano il corpo ricoperto da un robusto rivestimento osseo da cui derivò il loro nome: ostracodermi (dal greco óstrakon = «scudo» e dérma = «pelle»). Le prime forme erano lunghe meno di 50 cm, avevano il capo racchiuso da una pesante armatura ossea all'estremità della quale, molto ravvicinati, si trovavano gli occhi; il corpo era appiattito, rivestito di grandi scaglie, fornito di una poderosa pinna caudale. Alcune specie vivevano sul fondo e si cibavano degli organismi presenti nel fango, altre invece erano predatrici; probabilmente il loro ambiente era l'acqua dolce, ma in proposito mancano prove sicure.

Gli ostracodermi sono i primi vertebrati che hanno lasciato resti fossili. Poiché erano animali molto specializzati si deve ritenere che non siano stati questi i progenitori degli attuali pesci. Gli antenati dei pesci con o senza mascella dovrebbero essere stati animali ancora più primitivi di cui però non è rimasta alcuna traccia.

Le lagune costiere e gli estuari dei fiumi erano popolati da animali predatori, gli euripteridi che costituirono un serio pericolo per tutti gli abitanti dello stesso ambiente acquatico. Per le loro caratteristiche generali ricordano gli attuali scorpioni e le aragoste, ma avevano un corpo lungo fino a 2 m ed erano armati di potenti chele. Avevano il capo protetto da un piccolo scudo fornito anteriormente di dieci occhi composti e superiormente di due occhi semplici.

Oggi lungo le coste dell'America atlantica, dell'India e del Giappone vivono forme derivate dagli euripteridi, gli xifosuri, che raggiungono i 60 cm di lunghezza.

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ALGHE

Le alghe non si fossilizzano facilmente, quelle giunte fino a noi sono rappresentate da specie che avevano involucri calcarei o silicei. In molti periodi geologici le alghe calcaree ebbero uno sviluppo tale da contribuire alla formazione di scogliere dette bioherme.

Le schizoficee, conosciute meglio come cianoficee o alghe azzurre, sono organismi filamentosi capaci di fissare per sintesi il carbonato di calcio presente nell'acqua. Hanno lasciato costruzioni calcaree di forma concentrica, chiamate stromatoliti, che risalgono all'Era Archeozoica (circa due miliardi e mezzo di anni fa). Le cianoficee sono tra i primi vegetali comparsi sulla Terra.

Le bacillarioficee, conosciute anche come alghe silicee o diatomee, hanno avuto notevole importanza nella storia geologica della Terra, perché l'accumulo dei loro gusci ha dato origine a depositi particolari chiamati farine fossili. La farina fossile trova impiego in lavorazioni speciali: è materiale inerte nella preparazione della dinamite, ha proprietà isolanti, filtranti e decoloranti. Le più antiche diatomee provengono da depositi che risalgono al periodo Giurassico, circa 195 milioni di anni fa.

Le feoficee o alghe brune hanno lasciato pochi resti fossili; provengono da terreni di 300-400 milioni di anni fa.

Le rodoficee o alghe rosse sono le più importanti dal punto di vista paleontologico perché la loro struttura si è conservata durante il processo di fossilizzazione grazie alla presenza di pareti cellulari fortemente incrostate di calcare. Nel passato contribuirono alla formazione di scogliere.

Le cloroficee o alghe verdi sono gli organismi marini più importanti come costruttori e come generatori di idrocarburi.

ARCHEOCIATIDI

Appartengono a questo gruppo solo forme fossili che vissero esclusivamente nei mari del Cambriano (circa 500 milioni di anni fa). Questi organismi avevano forma di cono rovesciato, composto da una o due pareti concentriche, collegate tra loro da setti radiali e longitudinali. Pareti e setti erano cosparsi di pori di diversa dimensione e frequenza a seconda delle specie. Gli archeociatidi vivevano vicino alle coste, ancorati al terreno mediante filamenti o lamine. Diedero origine ai più antichi depositi di scogliera.

SPUGNE

Le spugne (poriferi) sono gli organismi pluricellulari più primitivi. I resti più antichi risalgono a circa 550 milioni di anni fa, al Cambriano. Allo stato fossile vengono rinvenuti individui completi o frammenti dell'impalcatura scheletrica formata da serie di elementi calcarei o silicei.

BRIOZOI

Si presentano come delicate strutture, finemente ramificate, adatte ad acque tranquille o come forme massicce caratteristiche di acque agitate. Hanno avuto notevole importanza come costruttori di rocce (marne a briozoi, calcari a briozoi).

Vi sono differenze tra la classificazione dei briozoi viventi e quella paleontologica.

Mentre la prima può basarsi sull'anatomia delle parti molli dell'organismo, la seconda ovviamente non dispone di questa possibilità.

BRACHIOPODI

Resti di questi organismi risalgono al periodo Algonchino (circa 600 milioni di anni fa), ma solo nel periodo successivo, il Cambriano, conquistarono una notevole importanza diffondendosi in un'area vastissima e differenziandosi in un gran numero di generi (se ne conoscono 1200 fossili). La gran varietà morfologica dei brachiopodi fossili fa ritenere che si fossero adattati a vivere in ambienti assai diversi tra loro, come quello costiero, abissale, di scogliera.

Con la fine dell'Era Paleozoica iniziò una lenta decadenza; vi fu una riduzione progressiva del numero dei generi che oggi sono una settantina.

La classificazione di questo phylum si basa soprattutto sulla morfologia della conchiglia; si distinguono due grandi classi (articolati e inarticolati) a seconda della presenza o meno di cerniera tra le due valve della conchiglia.

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MOLLUSCHI

Sono organismi che, come dice il nome, hanno corpo molle. Sono privi di segmentazione e presentano simmetria bilaterale a volte mascherata da fenomeni di torsione come nei gasteropodi. La maggior parte dei molluschi possiede una conchiglia di natura calcarea che fossilizza facilmente. Ancor oggi sono abbondantemente rappresentati nella fauna terrestre e acquatica (di acqua dolce e marina); lo sono stati molto di più nelle epoche geologiche passate. Rivestono un importantissimo significato paleontologico per l'abbondanza e per la facilità dei loro ritrovamenti.

CEFALOPODI

Sono i molluschi più evoluti e meglio organizzati. Sono esclusivamente marini ed ottimi nuotatori. Nelle Ere geologiche passate erano molto più numerosi di oggi; comparsi all'inizio dell'Era Primaria, ebbero uno straordinario sviluppo in quella Secondaria e poi cominciarono a regredire. Attualmente vivono poco più di 600 specie mentre quelle fossili sino ad oggi classificate sono circa 10.000.

I cefalopodi possiedono quasi tutti una conchiglia calcarea interna o esterna al corpo. La facilità con cui essa fossilizza, l'ampia diffusione geografica dei cefalopodi, la rapidità della loro evoluzione hanno fornito preziose indicazioni per gli studi paleontologici a carattere evoluzionistico, stratigrafico e paleogeografico.

I fossili più importanti appartengono agli ordini degli ammonoidi, dei belemnoidi e dei nautiloidi.

AMMONITI

È una classe estinta dei cefalopodi. Furono abbondantissime nell'Era Secondaria ed ebbero vasta diffusione con oltre un migliaio di generi. Le loro dimensioni sono molto varie: il guscio esterno può avere un diametro lungo da qualche centimetro fino ad oltre 1 metro. La più grossa ammonite che si conosca ha circa 2 m e mezzo di diametro.

La conchiglia esterna è calcarea e ha forma di un cono avvolto su se stesso a spirale, suddiviso da numerosi setti in una serie di camere successive dette logge; la prima è la camera embrionale l'ultima è la camera d'abitazione. Le varie logge sono collegate tra loro da una struttura tubiforme detta sifone. I setti interni hanno i bordi ondulati e disegnano sulla parte della conchiglia una linea di sutura piuttosto complicata. Essa costituisce un importante elemento per la classificazione. Nelle ammoniti più antiche l'ornamentazione della conchiglia è limitata a semplici striature di accrescimento, mentre nelle forme più recenti è assai più ricca e complicata. La conchiglia era molto leggera per la presenza di aria nelle logge che ne consentiva il buon galleggiamento; ciò fa ritenere che questi animali fossero buoni nuotatori.

Gli ammonoidi erano animali carnivori.

BELEMNITI

Questi molluschi sono oggi estinti. Rivestono una particolare importanza per la paleontologia perché la loro diffusione limitata all'Era Mesozoica li rende utili fossili guida.

La loro conchiglia è formata da tre parti: il fragmocono suddiviso in celle, il proostraco espansione dorsale del fragmocono e il rostro a forma di sigaro cilindrico-conico. Mentre le prime due parti si fossilizzano difficilmente il rostro si ritrova facilmente perché calcareo. Da impronte fossili si è potuto vedere che l'animale aveva 10 tentacoli e il sacco del nero come le seppie.

NAUTILOIDI

Questi animali apparvero nel Cambriano (circa 550 milioni di anni fa) e conobbero una grande diffusione nel periodo Ordoviciano, con forme anche gigantesche; iniziarono quindi un lento declino. I nautiloidi sono oggi rappresentati da un solo genere, considerato un vero e proprio fossile vivente.
I nautiloidi possiedono una conchiglia calcarea esterna divisa in celle simile a quella delle ammoniti, ma da cui differisce per avere i setti arcuati con la concavità rivolta verso l'apertura e per essere priva di ornamentazioni. La forma della conchiglia può essere allungata o avvolta su se stessa.
La classificazione dei nautiloidi è molto complessa; ancor oggi i paleontologi russi e americani (i massimi esperti di questa classe di molluschi) non sono giunti ad una sistemazione definitiva.

Conchiglia di nautiloide

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LAMELLIBRANCHI

Sono molluschi esclusivamente acquatici e per la maggior parte marini.

Sono provvisti di una conchiglia calcarea secreta dal mantello e formata da due valve (per questo sono anche detti bivalvi). Per la classificazione si tiene conto delle caratteristiche della conchiglia, dell'umbone (dal latino umbo, umbonis = «ombelico»), delle impronte muscolari, dell'ornamentazione e soprattutto della cerniera che serve per l'articolazione delle due valve.

Paleontologicamente i lamellibranchi rivestono notevole importanza perché vi appartengono numerose specie guida. Rappresentano spesso buoni indicatori delle condizioni climatiche, della salinità e della pressione. Le forme adattate a vivere immerse nel fango o nella sabbia sono particolarmente importanti, perché fossilizzandosi in «posizione di vita», senza cioè subire spostamenti da morte, danno preziose indicazioni per la ricostruzione delle con dizioni degli antichi ambienti.

GASTEROPODI

Sono molluschi generalmente muniti di una conchiglia ad una valva e avvolta a spirale. Costituiscono uno dei gruppi di invertebrati più adattato ai vari ambienti, si trovano infatti sia nell'ambiente acquatico (acqua dolce e marina) sia in quello terrestre.

Apparvero nel Cambriano e da allora (circa 550 milioni di anni fa) ebbero un notevole rigoglio di forme e una grande diffusione. Oggi costituiscono un gruppo in pieno sviluppo con circa 100.000 specie conosciute di cui 80.000 marme.

La classificazione non è agevole perché si basa soprattutto sulle caratteristiche delle parti molli che non si conservano allo stato fossile.

ARTROPODI

Costituiscono il phylum più vasto e ricco di specie di tutto il regno animale. In tempi remotissimi (compaiono all'inizio del Cambriano) gli artropodi si diffusero in quantità sterminate in quasi tutti gli ambienti, da quelli della terraferma a quelli marini. Eppure solo un numero limitato di essi ha potuto fossilizzarsi grazie alla presenza di un esoscheletro chitinoso più o meno incrostato di sali minerali, mentre gli animali a corpo molle hanno potuto fossilizzarsi solo in condizioni particolari.

La classificazione degli artropodi fossili è complicata e in qualche caso lacunosa proprio per l'esiguità e l'incompletezza dei resti. Ricalca tuttavia a grandi linee quella degli individui viventi.

TRILOBITI

Sono artropodi tipici dell'Era Paleozoica. Apparsi nel Cambriano si estinsero nel Permiano, circa 250 milioni di anni fa. Erano numerosissimi nei mari paleozoici dove rivestivano probabilmente un importante ruolo ecologico. Alcuni trilobiti costituivano un elemento caratteristico delle prime scogliere organiche (bioherme); si ritiene che avessero un rapporto mutualistico con alcune specie di arecheociatidi.

Il corpo dei trilobiti era segmentato come quello degli anellidi e ricoperto da un esoscheletro mineralizzato che ne ha facilitato la conservazione. Esteriormente i trilobiti appaiono divisi in tre lobi. Il primo è costituito dai segmenti del capo e del torace ricoperti da un unico scudo semicircolare paragonabile al cefalotorace dei crostacei; il secondo è formato dall'addome costituito da un numero di segmenti, variabile da 2 a 40 distinti in una parte mediana (rachide) e due laterali (pleure); l'ultimo quasi sempre triangolare (pigidio). Ciascun segmento del corpo portava un paio di appendici molto primitive che servivano all'animale sia per il nuoto o per camminare sul fondo, sia per la respirazione in quanto dotate di lamelle capaci di funzionare come branchie. Queste appendici erano tutte uguali tra loro ad eccezione del primo paio trasformato in antenne.

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CHELICERATI

Classe di artropodi caratterizzata dal possesso di cheliceri, primo paio di appendici cefaliche, a volte molto appariscenti, come negli scorpioni, a volte appena visibili, come negli xifosuri.

La maggior parte dei rappresentanti attualmente viventi dei chelicerati, come gli aracnidi, vive sulla terraferma, mentre quelli primitivi dovevano essere di origine marina. Dal punto di vista paleontologico riveste particolare importanza la sottoclasse dei merostomi, apparsa circa 500 milioni di anni fa e divisa nei due ordini degli xifosuri e degli euripteridi.

Gli xifosuri hanno il corpo diviso in tre lobi longitudinali e ricoperto da una spessa corazza formata da un cefalotorace ampio a forma di scudo, da un mesosoma con ali laterali appiattite e da una specie di spada terminale (da ciò deriva il nome perché in greco xìohos = «spada»). Le dimensioni variavano da 2 a 60 cm; il loro modo di vita era probabilmente simile a quello dei trilobiti: vivevano sul fondo marino e si spostavano nuotando sul dorso. Attualmente sopravvive il solo genere limulus.

Gli euripteridi erano artropodi di acqua dolce oggi completamente estinti.

Sono conosciuti anche col nome di gigantostraci o scorpioni d'acqua. Vissero tra il Siluriano e il Permiano, (da 350 a 250 milioni di anni fa). Alcune specie raggiunsero dimensioni notevoli, come il Pterigotus Buffaolensis, lungo più di 3 m.

INSETTI

Sono gli artropodi più numerosi. Nonostante la relativa scarsità di fossili (la conservazione avviene solo in condizioni particolari, con sedimentazione a grana finissima, o in ambra), gli insetti hanno notevole importanza paleontologica perché sono ottimi indicatori dei climi.

Gli insetti più antichi comparvero nel Devoniano, circa 370 milioni di anni fa ed erano privi di ali, mentre i primi insetti con ali risalgono al Carbonifero. Questi ultimi, oltre ad avere un paio di ali sul secondo e sul terzo segmento toracico, come gli insetti attuali, possedevano un paio di piccole espansioni aliformi anche sul primo segmento toracico. La comparsa di insetti moderni, come imenotteri e lepidotteri, tipici succhiatori di nettare, risale al Giurassico, subito dopo la comparsa delle piante con fiori. Da allora si instaurò quella simbiosi tra piante ed insetti impollinatori di fondamentale importanza per gli ambienti naturali.

La storia evolutiva degli insetti mostra che questi animali sono caratterizzati da una notevole stabilità nella forma e nel comportamento: i collemboli attuali sono molto simili a quelli del Devoniano, gli scarafaggi sono identici a quelli del Carbonifero.

CROSTACEI

Artropodi prevalentemente acquatici, soprattutto marini, i crostacei apparvero nel Cambriano. Sono abbastanza comuni allo stato fossile grazie al loro carapace chitinoso e calcareo che si fossilizza facilmente.

Tra le numerose sottoclassi in cui si dividono ricordiamo i malacostraci, che hanno la caratteristica di avere il carapace fuso con alcuni segmenti del torace (cefalotorace). Il più importante gruppo di questa sottoclasse è quello dei decapodi, apparsi nel Triassico circa 225 milioni di anni fa e divenuti rapidamente cosmopoliti. Ai decapodi appartengono gruppi importanti come i gamberi e i granchi.

CHETOGNATI

L'impronta di un solo genere fossile, l'Amiskia sagittiformis, vissuto nel Cambriano, è tutto ciò che rimane dei chetognati, animali marini a corpo molle, privi di qualsiasi parte calcificata e quindi di assai difficile conservazione allo stato fossile.

ANELLIDI

Si conoscono pochi esemplari di anellidi allo stato fossile, tutti appartenenti alla classe dei policheti. I policheti erranti che risalgono all'Ordoviciano hanno lasciato tracce dei loro spostamenti nei sedimenti. I policheti sedentari sono noti dai tubi calcarei entro cui vivevano.

Avendo corpo molle non hanno lasciato parti fossilizzate ad eccezione dell'apparato masticatore. Il ritrovamento di queste placchette mascellari pone difficili problemi di identificazione. È quanto accade per i conodonti, fossili abbondanti nei sedimenti marini dell'Ordoviciano e del Triassico lunghi da 1 a 4 mm, considerati quali mascelle di qualche forma animale non ancora individuata.

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ECHINODERMI

Il gruppo degli echinodermi comprende animali esclusivamente marini, con un sistema nervoso, un sistema circolatorio e un apparato digerente ben differenziati. Possedevano un solido scheletro calcareo di origine dermale formato da piccole piastre di carbonato di calcio e magnesio unite le une alle altre. Nel corso della loro storia evolutiva gli echinodermi hanno acquisito una simmetria raggiata fondata sul numero cinque o su uno dei suoi multipli, molti gruppi estinti o ancora viventi sono però asimmetrici o presentano simmetria bilaterale.

Tra le specie rappresentate ancor oggi ci sono gli asteroidi e gli echinoidi.

I primi sono le comuni stelle marine, organismi a forma di stella con le braccia (da 5 a 50) non distinte nettamente dal disco centrale, con bracci cavi contenenti le gonadi e parte dell'intestino.

I secondi sono i ricci di mare che nel passato erano molto più abbondanti. Hanno corpo a forma globulare o appiattita ricoperto di aculei. Questi fossili sono molto comuni nei terreni terziari.

ANFIBI

Questo phylum ebbe inizio nel Devoniano superiore, circa 360 milioni di anni fa, e raggiunse il massimo sviluppo nel Carbonifero. I resti di anfibi fossili sono piuttosto rari.

Gli anfibi derivano da pesci crossopterigi che avevano già abbozzate le trasformazioni caratteristiche: uso di polmoni anziché branchie, arti invece di pinne. Lo scheletro degli anfibi fossili appare notevolmente più robusto rispetto a quello dei pesci; il cranio si distingue da quello dei pesci per il numero minore di ossa, per la forma depressa anziché compressa e per un maggior sviluppo della parte anteriore.

Gli arti sono robusti, con omero e femore grossi e corti; le dita sono cinque anziché quattro come negli anfibi viventi; i denti sono conici con introflessioni dello smalto (per questo sono chiamati anche labirintodonti). Gli anfibi primitivi possedevano delle piastre ossee sulla testa e sul dorso; questo scheletro dermale si ridusse via via fino a scomparire negli animali attuali.

La classificazione sistematica è basata sul modo di ossificazione delle vertebre; vi si distinguono tre sottoclassi, due delle quali raggruppano forme estinte.

LA CONQUISTA DEGLI AMBIENTI TERRESTRI

La vita animale 400 milioni di anni fa presentava una grande ricchezza e varietà di esemplari, mentre i vegetali contavano poche forme, soprattutto alghe e muschi.

Gli organismi più interessanti erano i vertebrati. Accanto agli ostracodermi vivevano pesci con il collo articolato, gli artrodiri, feroci predatori che raggiungevano anche i 10 m di lunghezza. Questi pesci si estinsero presto, lasciando come unici discendenti attualmente viventi le chimere, presenti nel Mediterraneo ed in mari interni con acqua profonda. Le acque dolci e calde erano abitate dai dipnoi, pesci esistenti ancora oggi nelle zone tropicali.

Questi animali respirano normalmente con le branchie, ma nei periodi di siccità, quando gli stagni in cui vivono si asciugano, dopo essersi sepolti nel fango per proteggersi dalla disidratazione, possono utilizzare una specie di polmone rudimentale adatto a utilizzare l'ossigeno dell'aria. I dipnoi però non diedero origine a forme terrestri.

La conquista degli ambienti subaerei fu attuata da animali appartenenti alla linea evolutiva degli euripteridi, circa 370 milioni di anni fa. Gli euripteridi erano esseri simili agli attuali scorpioni e ai millepiedi; i loro discendenti si diffusero rapidamente in tutti gli ambienti biologici. Nel mare intanto erano apparsi i pescecani, pesci con la pinna radiata e pesci con le pinne lobate. Questi ultimi, chiamati crossopterigi, sono molto importanti nella storia dell'evoluzione, perché costituiscono i lontanissimi antenati di tutti i vertebrati viventi sulla Terra, compreso l'uomo.

Da questi pesci primitivi derivano infatti due linee evolutive: una è rimasta pressoché inalterata fino ai nostri giorni (attualmente è rappresentata da alcune specie viventi al largo delle coste del Sud Africa), l'altra invece non sopravvisse come tale, ma dette origine a tutti i vertebrati terrestri.
Probabilmente i primi discendenti dei crossopterigi che si adattarono alla terraferma usavano le pinne per i loro spostamenti da una pozza all'altra alla ricerca di acqua. Da questi animali si differenziarono per primi gli anfibi, animali provvisti ancora di coda pisciforme ma di 4 arti ben sviluppati.
In questo periodo, circa 345 milioni di anni fa, la Terra era ricoperta da una vegetazione costituita essenzialmente da felci; alcune specie erano simili alle attuali. Nel mare intanto ricci e stelle di mare aumentavano sempre di importanza; vi erano scogliere coralline molto estese, mentre i trilobiti e i graptoliti, meno numerosi del passato, continuavano a far parte della fauna marina ormai molto varia e specializzata. In un primo tempo l'evoluzione determinò il successo di forme esclusivamente marine, in seguito favorì maggiormente le forme terrestri e si fece più rapida nei loro confronti.

Circa 300 milioni di anni fa l'Europa aveva un clima molto caldo; vastissime estensioni erano ricoperte da felci e da foreste con alberi, che come i lepidendron, raggiungevano i 30 m di altezza. I fusti di queste piante erano ricoperti da squame formatesi in seguito alla caduta delle foglie, come succede alle palme attuali. Vivevano principalmente in zone acquitrinose, mentre in quelle asciutte erano comparse le prime conifere.

La vita animale era allora ricchissima: vi erano moltissimi insetti, alcuni dei quali simili a scarafaggi, altri a libellule di dimensioni talvolta notevoli, con apertura alare di oltre 30 cm. Numerosissimi erano ragni, scorpioni e millepiedi. Mentre il periodo precedente è caratterizzato dalla presenza dei pesci che raggiunsero una grande diffusione, il nuovo ambiente vide il successo degli anfibi.

Le zampe dei nuovi animali si irrobustirono, le mascelle si armarono di denti, segno che probabilmente avevano abitudini carnivore. Alcune specie si riadattarono all'ambiente acquatico e subirono quindi una specializzazione in questo senso; avevano infatti nuovamente zampe piuttosto deboli, ma erano forniti di una potente coda che ricorda quella dei coccodrilli. Altre specie di anfibi primordiali viventi sulla terraferma andavano sempre più assomigliando ai rettili, erano abbastanza agili e prediligevano i terreni asciutti.

Nel mare tra gli invertebrati dominavano i gigli di mare affini ai ricci attuali, mentre i trilobiti cominciavano a scomparire; tra i vertebrati prendevano il sopravvento i pesci ossei (teleostei) ed i pescecani, mentre cominciavano ad estinguersi i gruppi di pesci più primitivi.

La terra 300 milioni di anni fa

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L'ERA DEI RETTILI

Circa 250 milioni di anni fa il mare si ritirava e la superficie della Terra emergeva più nettamente. I continenti meridionali presentavano una vegetazione propria di climi freddi costituita ancora principalmente da piante simili alle felci, ma non affini ad esse, che formavano foreste molto vaste. Nei continenti settentrionali dove pure la temperatura si era irrigidita trionfavano le conifere. Queste associazioni vegetali fossilizzandosi diedero origine a estesi depositi di carbone.

In questo periodo i rettili presero il sopravvento su tutte le forme animali. Alcune specie che abitavano l'Europa ed il Sud Africa si possono considerare i primi erbivori terrestri; altri gruppi di rettili presentavano lunghe spine sul dorso o placche ossee. La funzione di tale struttura non è ancora stata ben chiarita: sembra che il suo effetto sia stato quello di aumentare la superficie del corpo rispetto al volume e di funzionare come un sistema termoregolamentatore. Successivamente comparvero anche le prime tartarughe, molto simili alle attuali, ma provviste di denti.

La comparsa dei rettili sulla Terra rappresentò un fatto importantissimo, non soltanto per l'enorme sviluppo numerico di questi animali, ma anche perché essi apportarono nell'evoluzione alcune fondamentali innovazioni. Gli anfibi erano ancora legati all'ambiente acquatico per la riproduzione; le loro uova, deposte nell'acqua, erano ricoperte solo da un involucro gelatinoso. Le uova dei rettili invece venivano deposte in un ambiente subaereo e dovevano quindi essere dotate di un guscio che impedisse l'evaporazione dei liquidi e contemporaneamente permettesse la respirazione dell'embrione. La fecondazione da esterna divenne interna e lo sviluppo da indiretto, cioè con successivi stadi di metamorfosi, divenne diretto.

I dinosauri (dal greco deinós = «terribile» e sauros = «lucertola») sono gli animali che meglio testimoniano la grande esplosione evolutiva dei rettili, anche se si estinsero, dopo aver raggiunto un alto grado di specializzazione, senza dare origine a forme nuove. Gli attuali iguana, che in dimensione ridotta assomigliano moltissimo agli antichi dinosauri, non derivano da loro, ma da altre specie di rettili. Ai fini dell'evoluzione l'importanza dei dinosauri è limitata, mentre hanno un ruolo fondamentale altri animali vissuti nello stesso periodo, come i dicinodonti, per metà rettili e per metà mammiferi.

Il notevole successo dei rettili è dimostrato sia dalla loro lunga esistenza, che durò quasi 200 milioni di anni, sia dal loro adattamento ad ambienti diversissimi. Circa 150 milioni di anni fa alcuni rettili ritornarono all'ambiente acquatico. Protagonisti di questo tentativo furono gli ittiosauri, simili esteriormente ai pesci, ma uguali ai rettili nell'apparato respiratorio e riproduttivo. Altri rettili si specializzarono e sopravvissero, come accadde per alcuni serpenti ancor oggi esistenti; altre forme tentarono la conquista dell'ambiente aereo mediante la trasformazione degli arti anteriori in ali.

Le lucertole volanti comparvero insieme con gli ittiosauri e si estinsero poco prima dei dinosauri. Furono i primi vertebrati che presentarono un adattamento al volo; benché primitivi come volatori, la loro esistenza durata 100 milioni di anni è un segno evidente del riuscito adattamento. Le ali di queste lucertole erano formate dagli arti anteriori come quelle dei pipistrelli; mentre in questi ultimi la membrana che ne costituisce la superficie è sottesa tra le dita, quella dei rettili era compresa tra il quarto dito enormemente allungato e le zampe posteriori; le dita delle mani e dei piedi erano fornite di artigli. Questi rettili volanti non erano capaci di camminare e probabilmente vivevano sugli alberi o negli anfratti rocciosi da dove potevano facilmente spiccare il volo. Non essendo molto abili come volatori sfruttavano le correnti ascendenti e le variazioni di velocità dei venti riuscendo così a spostarsi per notevoli distanze. Le loro dimensioni erano talvolta imponenti: una specie di pterodonte aveva un'apertura alare di 7 metri e mezzo. Incapaci di muoversi a terra, questi rettili erano inferiori agli uccelli; un unico strappo alla membrana alare inoltre li conduceva ad una istantanea caduta, mentre un uccello può perdere diverse penne ed essere ugualmente in grado di volare. Furono probabilmente questi inconvenienti, uniti forse ad altri che non sono noti, a determinare l'estinzione delle lucertole volanti nella competizione con gli uccelli.

Gli uccelli comparvero circa 100 milioni di anni fa; derivavano anch'essi da rettili molto primitivi, ma con una linea evolutiva diversa da quella delle lucertole volanti. La caratteristica più evidente è il possesso di penne, che non sono altro che le squame dei rettili modificate. Per il resto gli uccelli si differenziano dai rettili solo nei caratteri strettamente connessi al volo: hanno sangue caldo che regola la temperatura corporea, presentano un intenso consumo di ossigeno e di cibo e possiedono un sistema nervoso più efficiente. Non è noto come inizialmente gli uccelli si siano evoluti, ma è conosciuta una forma intermedia tra rettili e uccelli: l'Archaeopteryx lithographica, dotato di penne, ma anche di denti. Era delle dimensioni di un corvo e aveva probabilmente abitudini arboricole.

Contemporaneamente all'avvento dei rettili anche la flora subì una profonda trasformazione: comparvero infatti le prime piante con fiori. Alcune di queste sono giunte fino a noi e si possono considerare veri e propri fossili viventi come le cicadee, simili a palme con tronco privo di rami e infiorescenze a forma di cono. In seguito si differenziarono nuove forme come querce, magnolie e lauri, mentre la vegetazione minore era costituita sempre da felci. Probabilmente le prime piante da fiori crebbero e si svilupparono in zone asciutte dove il processo di fossilizzazione non poté avvenire. È probabile quindi che l'origine delle piante con fiori sia più antica di quanto i resti fossili lascino supporre. Circa 60 milioni di anni fa la flora comprendeva ormai tutte le specie arboree esistenti: noci, pioppi, betulle, fichi, salici, viti, edera e palme.

In questo ambiente molto simile all'attuale il dominio della Terra passò, circa 50 milioni di anni fa, dai rettili ai mammiferi. In realtà i mammiferi erano comparsi molto prima, circa 200 milioni di anni fa; certamente non si trattava di animali simili agli attuali, ma di forme che conservavano ancora qualche caratteristica propria dei rettili. Forse solo con i pantoteri si ebbero i primi mammiferi con tutte le proprietà di quelli attuali. Erano piccoli, insettivori o erbivori; diedero origine a due grandi gruppi di mammiferi attualmente viventi: i marsupiali e i placentati. Per un mammifero vivente all'epoca dei dinosauri il metodo migliore per sopravvivere era probabilmente una vita isolata. I grossi sauri ben difficilmente dovevano rendersi conto della loro presenza. Viceversa i rettili più piccoli costituivano un pericolo a cui i mammiferi erano costantemente sottoposti e che affrontarono diventando sempre più veloci e sviluppando un sistema nervoso più efficace e un migliore sistema di riproduzione.

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I DINOSAURI

I primi dinosauri che apparvero circa 230 milioni di anni fa, erano rettili ancora molto primitivi, forniti di arti allargati e poco articolati, con un corpo tozzo e pesante per cui si muovevano faticosamente e lentamente. Con un successivo adattamento alla vita terrestre gli arti si spostarono sotto il corpo quasi a guisa di pilastri ed il ventre venne sollevato dal terreno. Le zampe anteriori in seguito si accorciarono e questi animali poterono assumere la posizione eretta. La loro sagoma era simile a quella dei canguri attuali anche perché erano forniti di una lunga coda che controbilanciava il peso del corpo, non si muovevano però a balzi, ma correndo e camminando.

I dinosauri sono stati classificati in due grandi gruppi che si distinguono per la struttura del bacino: i saurischia e gli ornitischia. I saurischia comparvero per primi e possono essere considerati come i più fantastici e stupefacenti animali a quattro zampe mai esistiti. La loro storia è molto lunga e dura circa 120 milioni di anni. Esteriormente erano tutti piuttosto simili; avevano un piccolo tronco piantato su alte zampe, una piccola testa su di un lungo collo ed una coda affusolatissima. I più grandi raggiungevano i 27 m di lunghezza.

È difficile spiegarsi come questi colossi riuscissero a muoversi senza che i loro arti cedessero sotto l'enorme peso del corpo. Si può presumere che questi animali vivessero normalmente nell'acqua e che quindi il loro peso fosse in parte sostenuto dall'acqua stessa; probabilmente uscivano dall'acqua per deporre le uova, ma sicuramente le loro escursioni in terraferma dovevano essere lente e faticose.

La testa dei saurischia era piuttosto piccola, con mascelle deboli e denti poco sviluppati: evidentemente non erano, almeno nei primi tempi, animali predatori. D'altra parte per la loro mole avevano bisogno di grande quantità di cibo. Il loro alimento era presumibilmente molto nutriente e nello stesso tempo molto morbido; si pensa che mangiassero qualche specie di pianta o cadaveri in putrefazione.

La grande mole di questi animali, oltre a richiedere una grande quantità di cibo, comportava altri inconvenienti, come la lentezza e la pesantezza dei movimenti. Aveva però il vantaggio di porli al riparo dall'attacco degli altri animali, vantaggio ancor più importante perché questi enormi bestioni non possedevano altre armi di difesa se non la coda. La smisurata taglia e la coda sferzante rappresentarono evidentemente una riuscita combinazione perché nessun animale è in grado di sopravvivere per così lungo tempo se non è ben adattato al suo ambiente.

In seguito da queste forme gigantesche si differenziarono altri animali, generalmente più piccoli, come i dinosauri struzzo, molto leggeri e veloci, predatori di uova, e successivamente i dinosauri carnivori. La testa di questi ultimi saurischia era grande e provvista di enormi mascelle con denti aguzzi e ricurvi; gli arti anteriori erano corti e robusti e provvisti di tre dita con artigli con cui afferravano la preda. Erano ferocissimi predatori e cacciavano anche dinosauri di dimensioni maggiori della loro.

L'altro gruppo di dinosauri, gli ornitischia, non raggiunsero mai le grandi dimensioni dei saurischia; pare che fossero tutti erbivori perché la struttura dei loro denti era abbastanza complessa. Alcuni gruppi come gli iguanodonti avevano tendenze associative, ma non costituivano gruppi familiari: si muovevano in branchi formati da individui tutti della stessa età. Altri ornitischia, come quelli a becco d'anitra, erano forniti di un apparato masticatore eccellente, costituito da 2000 denti che ricrescevano via via che si consumavano. Mentre questi rettili camminavano a due zampe, ve n'erano altri che si spostavano su quattro come i dinosauri corazzati e quelli cornuti. Questi animali abbandonarono la posizione bipede forse a causa del notevole peso della testa che rappresentava un terzo della lunghezza del corpo.

La terra di origine dei dinosauri fu una zona corrispondente all'attuale Cina; da qui, seguendo alcune direttrici di diffusione che sono state ricostruite grazie ai ritrovamenti fossili, popolarono all'incirca tutte le terre emerse. I dinosauri vissero fino a circa 70 milioni di anni fa, quando si estinsero. Molto probabilmente tale estinzione non fu un avvenimento immediato, ma la fase culminante di un lungo processo in atto già da tempo; già precedentemente si sarebbero verificate estinzioni di gruppi bilanciate però dalla comparsa di nuovi. Quando quest'ultimo fenomeno cessò gli antichi rettili si estinsero completamente. Molte sono state le teorie avanzate dagli studiosi per spiegare perché i grandi rettili cessarono di evolversi. Alcuni pensano ad un cambiamento del clima, ad un susseguirsi di periodi molto freddi che influirono negativamente sullo sviluppo delle uova. Altri ritengono che i dinosauri, non trovando più cibo a sufficienza, cominciassero a divorarsi l'un l'altro. Altri ancora affermano che in seguito ad un aumento delle radiazioni cosmiche si produssero in quelle popolazioni delle mutazioni genetiche fatali. Recentemente è stata avanzata l'ipotesi che la scomparsa dei dinosauri sia da attribuire agli effetti secondari di un evento cosmico, come la caduta di un'enorme meteorite. L'impatto avrebbe sollevato una quantità di polvere tale da oscurare e intercettare i raggi del Sole; per alcuni mesi, o anni, il pulviscolo avrebbe così fatto cambiare il clima terrestre con conseguenze disastrose per gli ambienti naturali e per la vegetazione che non sarebbe più stata sufficiente a nutrire i grandi rettili.

Nessuna di queste teorie spiega in maniera completa il motivo della scomparsa di questi animali; non solo infatti i grandi rettili sono completamente scomparsi, ma non hanno neppure dato origine a forme che siano loro sopravvissute. Il dominio che i grandi rettili avevano mantenuto sulla Terra per così lungo tempo passò allora ai mammiferi che hanno però una linea evolutiva completamente diversa.

Specie di dinosauri

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L'ERA DEI MAMMIFERI

L'era dei mammiferi ha avuto una durata relativamente breve, circa 60 milioni di anni, ma non è ancora terminata. Le ultime tappe evolutive della loro storia, benché molto rapide, determinarono l'insorgere di una grandissima varietà di forme.

L'America del Sud, che rimase separata dal resto del continente fino a circa 3 milioni di anni fa, si popolò di mammiferi placentati ed aplacentati i cui tipi di base, presenti anche negli altri continenti, si evolsero in maniera completamente indipendente. I carnivori erano rappresentati esclusivamente da marsupiali che raggiunsero un aspetto esterno simile a quello dei cani e dei felini; dai primitivi mammiferi erbivori si svilupparono forme simili a cavalli e cammelli ed anche animali dall'aspetto bizzarro come gli astropoteri, muniti di potenti zanne, ma forniti di arti molto deboli. Le specie più caratteristiche di questo continente furono gli armadilli ed i formichieri.

Nell'Australia tutta la fauna si evolse partendo da mammiferi aplacentati. Questo è dovuto al fatto che il distacco dal continente asiatico avvenne quando sulla Terra i placentati non erano ancora apparsi. Da questi primitivi mammiferi aplacentati si sviluppò una grande varietà di forme con un processo evolutivo parallelo a quello dei placentati.

Nel resto del mondo i mammiferi aplacentati scomparvero ben presto sopraffatti da quelli placentati meglio adattati e quindi più favoriti nella concorrenza vitale.

Questi ultimi diedero origine a molti gruppi, alcuni dei quali si estinsero come i pantodonta, che furono i primi mammiferi a raggiungere dimensioni gigantesche, e gli ungulati primitivi, che come gruppo scomparvero poco dopo, ma che diedero origine agli artiodattili e perissodattili (buoi e cavalli).

Tra gli ordini che sono rappresentati ancor oggi, vi erano primati, da cui derivarono le scimmie antropomorfe e l'uomo, insettivori, carnivori e roditori.

Alcuni mammiferi, forse primitivi carnivori, tentarono la conquista dell'ambiente acquatico mantenendo però gli adattamenti evolutivi acquisiti: i mari cominciarono così ad essere popolati da grandi balene. Altri mammiferi tentarono le vie dell'aria e da questa linea evolutiva si svilupparono i pipistrelli.

Circa 25 milioni di anni fa comparvero nel Vecchio Mondo i daini e le antilopi: i primi prosperarono nei boschi di querce e platani, mentre le seconde vivevano nelle praterie formando mandrie immense.

In seguito si svilupparono mammiferi proboscidati, da cui derivano gli attuali elefanti che dal continente africano, loro centro di origine, si irradiarono nelle regioni settentrionali raggiungendo il centro dell'Europa.

I mastodonti, così sono stati chiamati questi animali, si adattarono perfettamente all'ambiente forestale costituito da specie vegetali leggermente diverse dalle attuali: vi si trovavano querce, magnolie, bossi, lecci e tigli.

In un'epoca successiva comparvero gli orsi, le iene e le prime scimmie antropomorfe che popolarono l'Eurasia e l'Africa Settentrionale.

Circa tre milioni di anni fa, in seguito all'emergere di terre che collegarono l'America del Nord a quella del Sud, ebbe inizio un'emigrazione di animali tra la parte settentrionale e la parte meridionale del continente che condusse all'estinzione di molte forme proprie delle regioni meridionali. Queste infatti, di fronte ad avversari ben più agguerriti come i carnivori e gli ungulati, furono in breve tempo soppiantate e si estinsero completamente.

Il continente australiano, rimasto isolato, fu l'unica parte della Terra dove gli aplacentati riuscirono a sopravvivere sino a quando in un'epoca molto recente (XVIII secolo d.C.) l'uomo non vi introdusse per scopi economici alcune specie di mammiferi placentati. Attualmente a causa di queste nuove specie, la fauna originale rischia l'estinzione.

Con l'avvento dell'ultima glaciazione, cominciata circa tredici milioni di anni fa, si ebbero radicali trasformazioni nella flora e nella fauna del nostro pianeta. Il continuo alternarsi di periodi glaciali freddi ed interglaciali caldi oltre a provocare grandiose migrazioni determinò una vera e propria mescolanza di specie adattate a vivere nei due diversi ambienti. Infatti negli attuali ghiacciai della Siberia sono stati ritrovati alcuni esemplari di rinoceronti lanosi assieme a bisonti e a cavalli. Questi animali di savana e di steppa erano in grado di adattarsi entro un certo limite anche a freddi intensi ed all'ambiente di tundra. Un particolare adattamento dei mastodonti all'ambiente glaciale portò alla formazione di tre grandi linee evolutive: gli elefanti della savana, tutt'ora viventi in Africa, gli elefanti delle foreste in Asia ed in Europa, di cui sopravvive soltanto l'elefante indiano ed infine gli elefanti delle steppe o mammuth. Quest'ultimo visse nelle zone settentrionali del Vecchio Mondo e nel Nord America al limite della calotta glaciale. Si estinse forse 10.000 anni fa anche per la caccia spietata che gli dettero le popolazioni umane del Paleolitico.

Una delle specie che ebbero maggior fortuna durante il periodo glaciale fu la renna; questi animali vivevano in grandi mandrie sfruttando i pascoli piuttosto abbondanti (arbusti, muschi e licheni, rare betulle nane) della tundra. Compivano anche migrazioni annuali che li portavano a svernare sulle sponde del Mediterraneo. Questi animali furono estremamente importanti per l'economia delle prime popolazioni umane.

I contorni delle terre emerse assomigliano ormai a quelli attuali; le differenti estensioni di alcune coste, il fatto che molte isole fossero allora collegate con i continenti, erano conseguenza dell'abbassamento dei livelli dei mari conseguente alle glaciazioni. Variazioni anche modeste potevano lasciar scoperte intere scarpate continentali, che venivano nuovamente sommerse quando i ghiacci si scioglievano (epoche post glaciali).

Scheletro di mammut

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EVOLUZIONE DEL CAVALLO

L'evoluzione del cavallo iniziò circa 60 milioni di anni fa nell'Eocene. Da piccole forme abitatrici delle foreste si giunse ad animali di grandi dimensioni e adatti alla vita delle praterie. Questa trasformazione fu probabilmente una risposta alle mutate condizioni climatiche che nel corso dell'Era Terziaria portarono alla sparizione delle foreste e all'instaurarsi delle praterie.

Il passaggio da un ambiente di vita all'altro comportò una trasformazione della dentatura che divenne più robusta per adattarsi al cambiamento di alimentazione: l'erba delle praterie è ricca di silice e assai più dura delle foglie degli alberi della foresta. Notevoli modificazioni si ebbero nelle ossa delle zampe che nelle specie della foresta non avevano la necessità di fornire la rapidità di corsa essenziale invece nell'ambiente della prateria dove vi era il rischio dell'azione diretta dei predatori. I cavalli si evolsero diventando sempre più adatti alla corsa veloce su terreno duro trasformando i loro arti e utilizzando ii solo dito centrale al posto delle quattro dita di cui erano originariamente munite le loro zampe.

All'inizio della loro storia evolutiva i cavalli apparvero nel Nord America con l'Eohippus, una forma piccola, delle dimensioni di una lepre, con zampe a quattro dita e molari bassi. L'Eohippus si diffuse anche in Asia e in Europa raggiunte attraverso lo stretto di Bering che in quel periodo formava un ponte tra l'Alaska e l'Asia.

Alla fine del periodo i rami europei ed asiatici si estinsero, mentre quello americano, circa 40 milioni di anni fa nell'Oligocene, diede origine attraverso varie forme intermedie al genere Mesohippus. Questo cavallo era ancora un frequentatore delle foreste, aveva la taglia di un cane pastore e zampe a tre dita.

Circa 22 milioni di anni fa, nel Miocene, il Mesohippus popolò l'Europa e l'Asia dove mantenne le abitudini di abitatore delle foreste.

Alcune forme nord-americane invece cominciarono ad abbandonare gli ambienti boschivi e ad adattarsi alle praterie. Queste vennero conquistate con il Merychippus, più grande del precedente con zampe ancora a tre dita, ma che usava per la locomozione il solo dito centrale. Il Merychippus aveva molari più allungati e meglio adattati alla masticazione dell'erba. Alla fine del Miocene le forme europee ed asiatiche si estinsero nuovamente.

Circa 5 milioni di anni fa, nel Pliocene si ebbe in America una nuova suddivisione: comparvero il Pliohippus, vero e proprio cavallo moderno, definitivamente adattato alla vita della prateria, e l'Hipparion che si estinse dopo aver raggiunto anche l'Europa e l'Asia. Dal Pliohippus ebbe origine l'Equus, il cavallo attuale che, nel Quaternario, circa 2 milioni di anni fa, si diffuse nell'America del Sud, in Europa e in Asia, utilizzando gli istmi che in quel periodo univano i continenti.

Mentre l'Equus sopravvisse in Europa e in Asia, si estinse completamente in America, dove fu reintrodotto dagli Europei nel XVI secolo.

Cavalli al pascolo

LE SCIMMIE E L'UOMO

Tra le varie famiglie di scimmie gli zoologi ne distinguono una che differisce dalle altre per alcuni caratteri, i più vistosi dei quali sono l'assenza della pelosità diffusa sul corpo, una maggiore grandezza della scatola cranica e la capacità di notevoli attività psichiche. Queste scimmie intelligenti e «nude» sono gli uomini.

Attualmente questa scimmia nuda ha ben poco da condividere con le scimmie vere e proprie, ma sono passati più di 70 milioni di anni da quando i progenitori comuni alle scimmie e agli uomini comparvero sulla Terra. Erano le proscimmie o lemuri, piccoli animali con una lunga coda, di abitudini arboricole e notturne, che vivevano in vaste aree del Vecchio e del Nuovo Mondo e che oggi sopravvivono solo in alcune zone della Terra, come l'isola di Madagascar e alcune isole dell'arcipelago malese dove si è conservato un certo isolamento ambientale e biologico.

Circa 40 milioni di anni fa all'interno di questo gruppo di proscimmie cominciarono a differenziarsi popolazioni di individui più grossi che assunsero gradatamente caratteri fisici assai diversi. Una particolare linea evolutiva condusse alle attuali scimmie del Vecchio e del Nuovo Mondo; un altro ramo diede origine ad un tipo di scimmione particolarmente importante per la successiva evoluzione: il Dryopithecus africanus o proconsul. Questo animale a differenza di tutte le scimmie che lo avevano preceduto possedeva un'arcata dentaria a sezione semicircolare come quella dell'uomo attuale ed inoltre cominciava ad assumere per brevi momenti la stazione eretta. Viveva circa 20 milioni di anni fa in Africa, Europa Centrale e Meridionale e in Asia.

I driopitecidi si estinsero circa 8-9 milioni di anni fa; ad alcuni milioni di anni prima risalgono resti fossili di un altro essere con caratteri intermedi tra le scimmie e gli ominidi: il Ramapithecus. Dall'esame dei denti risulta che questi individui avevano iniziato un adattamento ad un ambiente diverso da quello delle foreste che in quell'epoca (Miocene) stavano riducendosi: mangiavano cibi vari ed erano terricoli. È difficile collocare il gruppo dei ramapitecidi; c'è chi li considera nella linea evolutiva dell'uomo e chi li vuole antenati delle scimmie antropomorfe. Le difficoltà di attribuzione dipendono dalla scarsità dei ritrovamenti e soprattutto dalla mancanza di fossili per il periodo tra i 10 milioni e i 4 milioni di anni fa. Alcuni studiosi hanno definito questo periodo il «buco nero» della storia dell'evoluzione umana.

I più antichi fossili di ominidi risalgono a circa 4 milioni di anni fa; sono stati ritrovati in Africa, nel Kenya, ma hanno il difetto di essere appena frammenti. Altri ritrovamenti, sempre molto incompleti, in Sud Africa e in Etiopia, hanno dato l'idea agli studiosi che esistessero più o meno contemporaneamente due tipi di ominide chiamati australopiteci (ossia «scimmie del Sud»): uno di forme minute e di piccola statura (Australopitecus afarensis) e l'altro più robusto (Australopitecus africanus), ambedue capaci di bipedalismo sicuro. Nel 1974 in Etiopia il paleoantropologo Donald C. Johanson rinvenne i resti di un australopiteco di sesso femminile, chiamato Lucy dallo stesso scopritore. Era un ritrovamento eccezionale perché per la prima volta si poteva lavorare non su frammenti ma su uno scheletro piuttosto completo, che risaliva addirittura a 3 milioni e mezzo di anni fa. Fino a quel momento si riteneva che l'australopiteco africano potesse essere considerato il progenitore delle successive forme evolutive umane; Johanson avanzò l'ipotesi che Lucy, un Australopitecus afarensis piccolo e gracile (era alto 1 m e 5 cm ed aveva una capacità cranica come quella di uno scimpanzé) potesse essere considerato l'antenato comune a due forme di ominidi: l'australopiteco africano da cui sarebbe poi evoluto ed estinto il tipo robusto e l'Homo habilis, antenato dell'uomo. Solo a questa linea evolutiva potevano essere attribuiti caratteri umani ed abilità come la costruzione di strumenti in pietra.

La storia dell'evoluzione dell'uomo negli ultimi anni è stata riscritta più volte; ogni nuovo ritrovamento precisa e modifica le ipotesi. Indipendentemente dalla posizione di Lucy nell'albero genealogico umano, non c'è dubbio che l'Homo habilis rappresenti una tappa decisiva. Soprattutto in base ai ritrovamenti di Oldoway, una profonda valle ricca di fossili in Tanzania, ci si può fare un'idea dell'ambiente in cui agiva: l'Homo habilis doveva vivere in piccoli gruppi ai margini di laghi e fiumi, dedito alla caccia di piccoli animali, alla raccolta di vegetali o all'utilizzazione di carogne. Era un essere che camminava eretto agevolmente e che soprattutto era in grado di utilizzare strumenti in pietra ricavati da un ciottolo scheggiato su di un lato (questo utensile è denominato con il termine inglese chopper) e successivamente su due facce (chopper tool).

Con l'Homo erectus, comparso sempre in Africa circa 2 milioni di anni fa, si ebbe l'espansione di questa specie nelle aree calde e temperate del Vecchio Mondo. Appartengono all'Homo erectus i resti del Pitecanthropus (dal greco pìthecos = «scimmia» e ànthropos = «uomo», cioè «uomo scimmiesco») ritrovato nell'isola di Giava, del Sinanthropus della Cina e dell'Atlanthropus dell'Algeria che risalgono a un periodo compreso tra il mezzo milione e i 300 mila anni fa. L'Homo erectus sapeva dar forma proporzionata ed efficiente ai ciottoli lavorati su due lati (bifacciale o, con termine derivato dal latino amigdala, cioè «mandorla») e controllare il fuoco. A questo punto dell'evoluzione gli studiosi preferiscono parlare di Homo erectus presapiens; i modi di vita di questo arcantropo (cioè antico uomo) sono ormai abbastanza ben documentati grazie ai ritrovamenti di Swanscombe in Inghilterra, di Petralona in Grecia, di Steinheim in Germania. Doveva aver elaborato strategie di caccia collettiva ai grandi mammiferi ed era in grado di costruire ripari ben delimitati, come capanne.

Con l'Uomo di Neandertal, oggi inserito nella linea evolutiva dell'Homo Sapiens e più o meno contemporaneo del Cro Magnon (Homo sapiens sapiens, immediato predecessore dell'uomo attuale) siamo di fronte a conquiste culturali tipiche dell'uomo: i riti di sepoltura, la manifestazione di senso estetico, la lavorazione raffinata degli utensili, la vita di gruppo organizzata.

L'evoluzione dell'uomo: l'uomo di Neandertal

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UOMO, SCIMMIA, OMINIDE

La posizione eretta

La posizione eretta comportò modifiche profonde nella struttura ossea e muscolare; negli scheletri di scimmia e di uomo le differenze sono evidenti nell'inclinazione del capo, nella curvatura della colonna vertebrale, nella posizione degli arti. Ancor più evidenti sono le differenze nell'articolazione tra femore e bacino di uno scimpanzé e di un australopiteco.

Gli antropologi definiscono brachiazione il modo di muoversi delle scimmie sugli alberi usando le braccia per spostarsi da una pianta all'altra.

A terra questi animali preferiscono muoversi sulle quattro zampe. Il modo di camminare dell'uomo è invece indicato col termine bipedalismo che significa «con due piedi» o «su due piedi».

Le forme scimmiesche capaci di bipedalismo sono chiamate antropodi cioè simili all'uomo (dal greco ànthropos = «uomo»).

La liberazione della mano

Il fatto di muoversi solo sugli arti inferiori da un certo punto di vista fu uno svantaggio perché un quadrupede è più veloce di un bipede. Il fatto di camminare in posizione eretta liberò le mani dai compiti della locomozione e permise di utilizzarle per il trasporto e la manipolazione delle cose, ossia per il lavoro.

La capacità cranica

Le scimmie attuali hanno una capacità cranica di 450 cm cubi, pari a quella dell'Australopitecus africanus; l'Homo abilis aveva una capacità cranica di circa 500 cm cubi, l'Homo erectus di 900, secondo stime recenti che tengono conto di medie calcolate su un buon numero di individui, l'uomo di Neandertal avrebbe avuto una capacità cranica pari a quella dell'Homo sapiens, di quasi 1500 cm cubi.

Cranio di Homo Sapiens

IL PROCONSUL

Il proconsul viveva nel Miocene in Asia e in Africa; a differenza delle scimmie che lo avevano preceduto possedeva un'arcata dentaria a sezione semicircolare simile a quella dell'uomo, e cominciava ad assumere per brevi momenti la posizione eretta.

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