INTRODUZIONE
L'uomo è
biologicamente lo stesso sia che abiti in un palazzo di città sia che
viva in una capanna nella savana; era lo stesso anche quando più di
20.000 anni fa dipingeva mammuth e bisonti sulle pareti di una grotta. Ha
però la capacità di appendere e usare un linguaggio, di
rappresentarsi il mondo e di modificare le condizioni della sua esistenza.
Ciò ha fatto o fa di ogni uomo un individuo sempre diverso, a seconda del
gruppo in cui è stato educato, di cui ha appreso la lingua e gli usi.
L'uomo è infinitamente capace di cambiare: studiarlo significa studiare
le differenziazioni delle culture umane.
Cultura deriva dal verbo latino
colo che significa «coltivo», coltivare nel senso di lavorare i campi,
ma anche coltivare, curare, educare la propria mente con gli studi.
Per i
Greci cultura era la paidèia, per i latini la humanitas, cioè
l'educazione alle «buone arti», poesia, eloquenza, filosofia, che
fanno dell'uomo ciò che è, ponendolo al di sopra di tutto
ciò che lo accomuna agli animali. Ancora oggi si dice colto l'uomo di
buoni studi e di raffinata educazione e si può parlare di «cultura
della Grecia classica» o «del Rinascimento», ad esempio,
riferendosi alle concezioni filosofiche e alle forme dell'arte e della
letteratura create o condivise dagli uomini colti di quell'epoca e di
quell'ambiente, anche se il concetto di cultura si è allargato,
comprendendovi a buon diritto le discipline scientifiche.
Ma l'interesse
per lo studio delle diverse società umane, sempre più vivo a
partire dal XVIII secolo, ha generato un nuovo significato del termine cultura,
considerata non un attributo di alcuni uomini, che realizzano in modo pieno la
loro umanità, ma una caratteristica degli uomini in quanto tali.
L'antropologo inglese Edward B. Tylor, nel 1871, ne propose una definizione che,
a grandi linee, è quella ancora oggi accettata:
... La cultura
o civiltà nel suo più ampio senso etnografico, è
quell'insieme complesso che include le conoscenze, le credenze, l'arte, la
morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra capacità e abitudine
acquisita dall'uomo come membro della società...
Assai vicino
al termine «cultura» è il termine «civiltà».
Questa parola, quando nacque in Francia nella seconda metà del
Settecento, voleva significare proprio ciò che determina la
superiorità di una società su di un'altra.
«Civiltà», che deriva dal latino civis (=
«cittadino»), indicava in particolare la raffinatezza e il progresso
della vita «cittadina» europea.
Oggi nessuno studioso utilizza
nei suoi lavori la distinzione tra popoli civili e incivili e il termine
«civiltà» è rimasto come sinonimo di «cultura»
oppure per indicare aree culturali particolarmente estese e
complesse.
Ovviamente non tutte le culture hanno avuto lo stesso rilievo
nelle storie dell'umanità; ve ne sono e ve ne sono state di più
complesse (dal punto di vista organizzativo e delle istituzioni, ad esempio) e
di meno complesse, di isolate, che si sono sviluppate per proprio conto, e di
aggressive, che hanno conquistato, distrutto o assimilato altre
culture.
Sono soprattutto le aree culturali estese e complesse a costituire
materia di storia, innanzi tutto perché hanno lasciato più
durevoli tracce dei loro mutamenti. Ma accanto a queste, le società
più isolate, talvolta più semplici, almeno apparentemente meno
ricche di mutamenti, costituiscono altrettanti esempi delle innumerevoli
variazioni della cultura umana: la differenziazione tra le culture si fonda
sulla capacità universalmente umana di fare cultura.
Un
atteggiamento disposto a riconoscere il valore di un'altra cultura serve per
liberarsi dal pregiudizio di credere di appartenere a una cultura superiore;
ciò non significa dover accettare indifferentemente tutte le culture,
significa cercare le ragioni della loro storia per esprimere eventualmente una
critica nel rispetto e nella tolleranza reciproci.