PIAF, EDITH

Pseudonimo di Edith Jeanne Gassion. Cantante francese. Figlia d'arte (la madre faceva la cantante durante le fiere - la leggenda vuole che avesse partorito Edith per strada con l’aiuto di un poliziotto - e il padre faceva l’acrobata e il contorsionista in un circo), dopo la separazione dei genitori venne affidata alla nonna, che gestiva un bordello in Normandia. Rimasta lì fino all'età di 7 anni, dal 1922 seguì il padre nei suoi spettacoli itineranti e a 15 anni iniziò a cantare nei caffè e nelle piazze. Nel 1932 la Piaf ebbe la prima storia d’amore; rimasta incinta, ebbe una figlia che morì di meningite a 2 anni. Notata dall’impresario Louis Leplée, si esibì nel suo locale cabaret con il nome d’arte di "Piaf", che nell’argot parigino significa passerotto. Con la sua voce aggressiva, potente e rauca, a tratti dolce e triste a tratti allegra, si fece presto apprezzare dal grande pubblico e cominciò a cantare nei maggiori teatri francesi. Tra gli anni Trenta e Sessanta divenne la maggiore chanteuse realiste francese, anticipando di oltre un decennio quel senso di ribellione e di inquietudine che avrebbero incarnato gli artisti intellettuali della rive gauche, quali Juliette Gréco e Boris Vian. Vincitrice nel 1936 del Grand Prix du Disque con Etranger di M. Monnot, si affermò come interprete di canzoni, talvolta composte personalmente. Simbolo femminile della canzone esistenzialista, portò al successo celeberrimi brani, fra i quali: Mon légionnaire (1936); L'accordéoniste (1942); La vie en rose (1946); Hymne à l’amour (1949), dedicata al suo amante, il pugile Marcel Cerdan, morto in un incidente aereo; La foule (1957); Milord (1959); Non, Je ne regrette rien (1960); Mon Dieu (1960). La Piaf recitò anche in teatro (Le bel indifférent, 1940, testo dedicatole da Jean Cocteau) e al cinema (Versailles, 1954, di Sacha Guitry; French Cancan, 1954, di Jean Renoir). Nel 1958 pubblicò il libro di memorie Au bal de la Change (Parigi 1915-1963).

 

 

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