MANZÙ, GIACOMO

Pseudonimo di Giacomo Manzoni. Scultore italiano. Cominciò a lavorare a 11 anni come intagliatore e stuccatore presso vari artigiani, frequentando contemporaneamente una scuola d'arte. Trascorso un breve periodo a Parigi (1929), nel 1931 si trasferì a Milano, dove l'architetto Giovanni Muzio gli commissionò la decorazione della cappella dell'Università Cattolica (1931-32) e si dedicò alle prime fusioni in bronzo, al disegno, all'incisione, all'illustrazione e, a partire dal 1933, alla pittura. Nel capoluogo lombardo sviluppò i germi della ribellione antinovecentista, al fianco di Aligi Sassu e Renato Birolli, che sarebbe sfociata nel movimento di "Corrente" (1938). Dopo aver esposto alla Triennale di Milano del 1933 una serie di busti che gli portarono numerosi riconoscimenti, tornò a Bergamo ed eseguì i primi ritratti e la serie dei cardinali, ieratiche immagini in bronzo, dalla schematica struttura piramidale, rappresentate assorte in meditazione. Di nuovo a Parigi nel 1936, espose nel 1937 a Roma, manifestando la sua avversione al novecentismo ufficiale e al Fascismo. Tra le sculture di questo periodo è doveroso segnalare: Testa di donna (1936), Susanna (1936), David (1938), Francesca Blanc (1940). Dal 1939 al 1942 lavorò alla serie di bassorilievi dedicata alle Crocifissioni e alle Deposizioni, caratterizzata da uno stile classicheggiante che si richiamava a Donatello. Queste opere, nelle quali Manzù si servì dell'iconografia cristiana per simboleggiare la resistenza alle brutalità del regime, furono messe sotto accusa dalla Chiesa e dallo Stato. Durante la guerra, Manzù produsse anche numerose pitture, litografie, acqueforti, tra cui quelle per le Georgiche virgiliane e per Il falso e vero verde di Quasimodo. Ma la sua ricerca espressiva, per quanto fortemente impegnata, incontrò la più totale incomprensione anche nella sua città natale. Professore di Scultura all'Accademia di Brera (1940-54) e all'Accademia estiva di Salisburgo (1954-60), nella città austriaca conobbe Inge Schabel, che divenne la sua compagna di vita, nonché modella fissa dei suoi lavori. Dal primo dopoguerra la sua arte si affermò pienamente: nel 1947 gli fu allestita a Milano un'importante riassuntiva; nel 1948 vinse il premio della scultura alla Biennale di Venezia, nel 1949 alla Quadriennale e nel 1958 alla Biennale di Roma; nel 1966 fu insignito del Premio dell'Angelo e di quello Lenin per la pace. L'alta religiosità laica di Manzù trovò il suo culmine poetico nella Porta dell'Amore per il duomo di Salisburgo (1955), nella Porta della Morte (1958-64) per la basilica di San Pietro a Roma e nella Porta della pace e della guerra (1965-68) per il duomo di Rotterdam. Disegnò inoltre scenografie e costumi, tra cui quelli per l'Oedipus rex (1965) di Igor Stravinskij, per Tristano e Isotta (1971) di Richard Wagner e per il Macbeth (1985) di Giuseppe Verdi (Bergamo 1908 - Roma 1991).

 

 

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