JOYCE, JAMES

Scrittore irlandese. Nato in un sobborgo di Dublino, compì gli studi presso il prestigioso istituto dei gesuiti Clongowes Wood College e quindi al Belvedere College. A 16 anni si iscrisse all'University College di Dublino, dove a poco a poco sostituì alla fervida fede cattolica una fede crescente nella potenza dell'arte, e nel 1900 scrisse un saggio su Ibsen, che gli procurò una certa notorietà. Affascinato dalla cultura, non si occupò mai di politica e non partecipò alla lotta per l'indipendenza dell'isola dal predominio inglese. Diplomatosi nel 1902, partì per Parigi. Tornato a Dublino nel 1903 in occasione della morte della madre, l'anno successivo lasciò l'Irlanda per non farvi più ritorno e scrisse lo schizzo autobiografico Stephan Hero che, rimaneggiato, avrebbe dato vita a Dedalus, ritratto dell'artista da giovane, uscito nel 1916. Nel 1906 si stabilì in Italia, a Trieste, dove insegnò alla Berlitz School, conducendo una vita dissipata. Nel 1907 pubblicò la sua prima opera, Musica da camera, raccolta di versi di stile elisabettiano. Nel 1914 uscì Gente di Dublino, raccolta di 15 novelle, di cui ciascuna mette in scena l'universo interiore di un abitante della città; terminata nel 1905, fu giudicata sovversiva dagli editori e quindi rimase inedita per nove anni. Nel 1915, in seguito all'ingresso dell'Italia nella prima guerra mondiale, Joyce si trasferì in Svizzera, a Zurigo, dove intraprese la scrittura di Ulisse. Il romanzo, che uscì inizialmente sulla rivista letteraria americana "Little Review", suscitò fin dai primi numeri un grande interesse; ma nel 1921 fu condannato per oscenità. Fu l'americana Sylvia Beach a pubblicarlo nel 1922. Con Ulisse Joyce abbandonò le convenzioni della prosa narrativa e si servì di tecniche originalissime di scrittura che lasciarono sconcertata la critica (la traduzione italiana dell'Ulisse richiese, per essere portata a termine, il lavoro di una intera équipe di esperti traduttori). L'autore, cercando un mezzo più fedele per catturare i pensieri e le emozioni dei suoi personaggi, ricorse a una lingua sorprendentemente ricca e complessa e a un parallelismo con il poema omerico, teso però a riferire con toni poetici ed epici gli eventi del tutto prosaici di un uomo ordinario. Intanto nel 1918 era stato pubblicato il dramma di derivazione ibseniana Exiles. Joyce scrisse quindi Poems Pennyeach (1927) e Collected poems (1939), con cui riprese il discorso poetico aperto nel 1907 con Musica da camera. Nel 1939 compose l'ultima opera, Finnegan's Wake, in cui la disintegrazione del romanzo tradizionale, già iniziata nell'Ulisse, e la dissoluzione del linguaggio raggiungono vertici mai toccati nella cultura occidentale. Per rappresentare la realtà oltre alla coscienza, quella del sonno e del sogno, Joyce elaborò un linguaggio in cui si fondevano termini presi da più linguaggi e parole attinte da lingue morte, in cui i valori ritmici e musicali prevalevano su quelli letterari (Dublino 1882 - Zurigo 1941).

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