Pseudonimo di
Giorgio Gaberscik. Cantautore,
attore, commediografo e uomo di spettacolo italiano. A 15 anni cominciò a
suonare la chitarra per esercitare il braccio sinistro, colpito da paralisi.
Diplomatosi in ragioneria nella nativa Milano, si iscrisse alla facoltà di
Economia e Commercio alla Bocconi e contemporaneamente iniziò a frequentare il
locale milanese Santa Tecla, in cui venne a contatto con i cantanti e i
musicisti più noti dell'epoca, fra i quali Luigi Tenco, Gianfranco Reverberi
(con cui compose diversi brani), Adriano Celentano, Ricky Gianco e Mogol, e con
Sandro Luporini, che sarebbe stato coautore di tutta la sua produzione
discografica e teatrale più significativa. Dopo aver suonato nei gruppi rock
Rocky Mountains e Rolling Crew, nel 1958 scrisse, insieme a Luigi Tenco, la sua
prima canzone, dal titolo
Ciao ti dirò. Formò quindi con Enzo Jannacci il
duo I due corsari, che debuttò nel 1958 con
Come facette mammata e
Non
occupatemi il telefono e proseguì con la pubblicazione dell'album
Giorgio
Gaber - Enzo Jannacci (1960). Nel 1961 partecipò per la prima volta al
Festival di Sanremo con
Benzina e cerini; presenziò ancora alla
manifestazione canora nel 1964 con
Così felice, nel 1966 con
Mai, mai,
mai Valentina e nel 1967 con
... E allora dai!. Nel 1965 sposò
Ombretta Colli, allora cantante. Negli anni Sessanta Gaber fu
ideatore-cantante-conduttore di vari spettacoli televisivi:
Canzoni di mezza
sera (1962);
Teatrino all'italiana (1963);
Canzoniere minimo
(1963), una delle prime trasmissioni dedicate alla musica popolare e d'autore;
Milano cantata (1964);
Questo e quello (1964);
Le nostre
serate (1965);
Diamoci del tu (1967);
Giochiamo agli anni
Trenta (1968);
E noi qui (1970). In
Canzonissima del 1969
propose uno dei suoi successi più noti,
Com'è bella la città, esempio di
inserimento di tematiche sociali nella canzone. Nel 1970 il Piccolo Teatro di
Milano gli offrì la possibilità di allestire
Il Signor G (che da allora
diventò il suo soprannome), recital dall'atmosfera surreale, misto di canzoni e
monologhi dal gusto amaro e ironico. Lo spettacolo ottenne una tale fortuna da
essere successivamente portato in molte piazze italiane nelle numerose edizioni.
A partire da questo momento, Gaber rinunciò alla televisione per concentrarsi
esclusivamente sul teatro, inteso come luogo di espressione diretta senza
condizionamenti e filtri tra l'artista e il suo pubblico. Insieme all'amico
Sandro Luporini creò la forma del teatro-canzone, divenendo il più singolare
fenomeno teatrale dell'ultimo trentennio del XX secolo. La canzone diventò per
lui un mezzo da adattare alla forma di comunicazione teatrale. Ironico, ruvido,
istrionico, Gaber realizzò poesie scanzonate (
Lo shampoo,
Barbera e
Champagne,
La ballata del Cerutti), inni per la libertà e contro
l'egoismo borghese (
La libertà), amare analisi generazionali (
Qualcuno
era comunista), invettive politiche (
Io se fossi Dio), ma anche
delicate canzoni d'amore (
Non arrossire quando ti guardo,
Suono il
clacson, scendi giù). Tra gli album più significativi, quasi tutti legati
alle sue produzioni teatrali, citiamo:
I borghesi (1971),
Dialogo tra
un impegnato e un non so (1972),
Far finta di essere sani (1973),
Libertà obbligatoria (1976),
Polli di allevamento (1978),
Pressione bassa (1980),
Io se fossi Dio (1980),
Anni
affollati (1981),
Io se fossi Gaber (1985),
Parlami d'amore
Mariù (1987),
Il Grigio (1989),
Storie del signor G (1991),
Io come persona (1994),
E pensare che c'era il pensiero (1994),
Un'idiozia conquistata a fatica (1997),
La mia generazione ha
perso (2001),
Io non mi sento italiano (postumo, 2003), da molti
considerato il suo testamento politico e artistico. Nel 2004 furono pubblicati
alcuni suoi monologhi scritti con Luporini nel volume
Questi assurdi
spostamenti del cuore (Milano 1939 - Montemagno Camaiore, Lucca 2003).
Ricordo di Giorgio Gaber