FO, DARIO

Attore e autore teatrale italiano. Conseguito il diploma all'Accademia di belle arti di Brera, si iscrisse alla facoltà di Architettura che abbandonò per dedicarsi allo spettacolo. Nel 1951 venne scritturato per la rivista "Sette giorni a Milano", dove incontrò Franca Rame, che sarebbe diventata sua moglie nonché sua partner in quasi tutti i successivi lavori teatrali. L'incontro con Franco Parenti (1952) gli permise di entrare in RAI, per cui scrisse e interpretò il programma satirico Poer nano. L'esordio in teatro risale al 1953, con lo spettacolo Il dito nell'occhio, seguito nel 1954 da Sani da legare. Con la compagnia stabile formata nel 1959 con Franca Rame, scrisse e sceneggiò testi impegnati sul piano politico-sociale e caratterizzati da un pungente spirito satirico: Gli arcangeli non giocano a flipper (1959), Aveva due pistole con gli occhi bianchi e neri (1960), Chi ruba un piede è fortunato in amore (1961), Isabella, tre caravelle e un cacciaballe (1963), Settimo ruba un po' meno (1964), La colpa è sempre del diavolo (1965), La signora è da buttare (1967). Con l'associazione Nuova Scena, fondata nel 1968, Fo girò l'Italia rappresentando i suoi testi in luoghi alternativi al circuito ufficiale, quali case del popolo e capannoni industriali. Di quel periodo sono L'operaio conosce 300 parole, il padrone 1000, per questo lui è il padrone (1969), Legami pure, tanto io spacco tutto lo stesso (1969) e il monologo Mistero buffo (1969), che lanciò il suo leggendario grammelot (un pastiche linguistico di italiano, dialetti padani, francese e forme onomatopeiche). Nel 1969 fondò il collettivo teatrale La Comune, con cui mise in scena Morte accidentale di un anarchico (1970), Morte e resurrezione di un pupazzo (1971), Fedayn (1971), Ordine! Per Dio.ooo.ooo.ooo (1972), Pum pum, chi è? La Polizia (1972), Guerra di popolo in Cile (1973), Non si paga, non si paga (1974), Il Fanfani rapito (1975). Nel 1977 portò il suo teatro in televisione e nel 1979 diresse L'histoire du soldat di Stravinskij alla Scala di Milano. Continuò a scrivere e a mettere in scena nuovi lavori: Quasi per caso una donna: Elisabetta (1984), Dio li fa e poi li accoppa (1985), Arlecchino (1985), presentato alla Biennale di Venezia, Parti femminili (1986), Il papa e la strega (1989), il monologo Johan Padan a la descoverta de le Americhe (1991; nel 2002 sarebbe stato portato sul grande schermo nell'omonimo cartone animato di Giulio Cingoli), Settimo ruba un po' meno n. 2 (1993). Nel 1987 diresse Il Barbiere di Siviglia di Rossini all'Opera di Amsterdam e nel 1990 due testi di Molière alla Comédie-Française. Nel 1993 partecipò al Festival dei due Mondi di Spoleto con lo spettacolo-lezione Dario Fo incontra Ruzzante, risultato di uno studio filologico sui testi del Ruzzante e di ricerche dialettali condotte nell'area padana. Tra le produzioni successive ricordiamo: Mamma i sanculotti! (1994); La Bibbia dei villani (1996); Il diavolo con le zinne (1997); Marino libero! Marino innocente! (1998); Lu santo jullare Françesco (1999); Da Tangentopoli alla inarrestabile ascesa di Ubu Bas (2002); L'anomalo bicefalo (2003), andato in onda in televisione nel 2004 dopo mille polemiche. Nel 1997 venne insignito del premio Nobel per la letteratura, per la sua opera di denuncia degli abusi e delle ingiustizie sociali e per aver sostenuto la dignità degli umili attraverso l'arte dei giullari. Nel 2002 pubblicò l'autobiografia Il paese dei mezaràt. I miei sette anni (e qualcuno in più). Personaggio scomodo alle autorità ecclesiastiche e laiche, subì spesso censure: la più clamorosa di tutte fu quella del 1963, quando Fo e la moglie furono costretti ad abbandonare il programma televisivo Canzonissima a causa di alcune gag satiriche sul malcostume politico. In seguito a questo "incidente", la coppia Fo-Rame venne allontanata dalla RAI per i successivi 20 anni. Nel gennaio 2006 Fo si presentò alle primarie dell'Unione per la nomina del candidato sindaco del centro-sinistra al Comune di Milano; avendo ottenuto solo il 23% dei voti, fu battuto da Bruno Ferrante (n. San Giano, Varese 1926).
Un'immagine di Dario Fo


 

 

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