LA DIVINA COMMEDIA di Dante Alighieri (PURGATORIO) - CANTO XXVIII

Vago già di cercar dentro e dintorno
la divina foresta spessa e viva,
ch'a li occhi temperava il novo giorno, (3)

sanza più aspettar, lasciai la riva,
prendendo la campagna lento lento
su per lo suol che d'ogne parte auliva. (6)

Un'aura dolce, sanza mutamento
avere in sé, mi feria per la fronte
non di più colpo che soave vento; (9)

per cui le fronde, tremolando, pronte
tutte quante piegavano a la parte
u' la prim' ombra gitta il santo monte; (12)

non però dal loro esser dritto sparte
tanto, che li augelletti per le cime
lasciasser d'operare ogne lor arte; (15)

ma con piena letizia l'ore prime,
cantando, ricevieno intra le foglie,
che tenevan bordone a le sue rime, (18)

tal qual di ramo in ramo si raccoglie
per la pineta in su 'l lito di Chiassi,
quand' Eolo scilocco fuor discioglie. (21)

Già m'avean trasportato i lenti passi
dentro a la selva antica tanto, ch'io
non potea rivedere ond' io mi 'ntrassi; (24)

ed ecco più andar mi tolse un rio,
che 'nver' sinistra con sue picciole onde
piegava l'erba che 'n sua ripa uscìo. (27)

Tutte l'acque che son di qua più monde,
parrieno avere in sé mistura alcuna
verso di quella, che nulla nasconde, (30)

avvegna che si mova bruna bruna
sotto l'ombra perpetua, che mai
raggiar non lascia sole ivi né luna. (33)

Coi piè ristetti e con li occhi passai
di là dal fiumicello, per mirare
la gran varïazion d'i freschi mai; (36)

e là m'apparve, sì com' elli appare
subitamente cosa che disvia
per maraviglia tutto altro pensare? (39)

una donna soletta che si gia
e cantando e scegliendo fior da fiore
ond' era pinta tutta la sua via. (42)

«Deh, bella donna, che a' raggi d'amore
ti scaldi, s'i' vo' credere a' sembianti
che soglion esser testimon del core, (45)

vegnati in voglia di trarreti avanti»,
diss' io a lei, a verso questa rivera,
tanto ch'io possa intender che tu canti. (48)

Tu mi fai rimembrar dove e qual era
Proserpina nel tempo che perdette
la madre lei, ed ella primavera». (51)

Come si volge, con le piante strette
a terra e intra sé, donna che balli,
e piede innanzi piede a pena mette, (54)

volsesi in su i vermigli e in su i gialli
fioretti verso me, non altrimenti
che vergine che li occhi onesti avvalli; (57)

e fece i prieghi miei esser contenti,
sì appressando sé, che 'l dolce suono
veniva a me co' suoi intendimenti. (60)

Tosto che fu là dove l'erbe sono
bagnate già da l'onde del bel fiume,
di levar li occhi suoi mi fece dono. (63)

Non credo che splendesse tanto lume
sotto le ciglia a Venere, trafitta
dal figlio fuor di tutto suo costume. (66)

Ella ridea da l'altra riva dritta,
trattando più color con le sue mani,
che l'alta terra sanza seme gitta. (69)

Tre passi ci facea il fiume lontani;
ma Elesponto, là 've passò Serse,
ancora freno a tutti orgogli umani, (72)

più odio da Leandro non sofferse
per mareggiare intra Sesto e Abido,
che quel da me perch' allor non s'aperse. (75)

«Voi siete nuovi, e forse perch' io rido»,
cominciò ella, «in questo luogo eletto
a l'umana natura per suo nido, (78)

maravigliando tienvi alcun sospetto;
ma luce rende il salmo Delectasti,
che puote disnebbiar vostro intelletto. (81)

E tu che se' dinanzi e mi pregasti,
dì s'altro vuoli udir; ch'i' venni presta
ad ogne tua question tanto che basti». (84)

«L'acqua», diss' io, «e 'l suon de la foresta
impugnan dentro a me novella fede
di cosa ch'io udi' contraria a questa». (87)

Ond'ella: «Io dicerò come procede
per sua cagion ciò ch'ammirar ti face,
e purgherò la nebbia che ti fiede. (90)

Lo sommo Ben, che solo esso a sé piace,
fé l'uom buono e a bene, e questo loco
diede per arr' a lui d'etterna pace. (93)

Per sua difalta qui dimorò poco;
per sua difalta in pianto e in affanno
cambiò onesto riso e dolce gioco. (96)

Perché 'l turbar che sotto da sé fanno
l'essalazion de l'acqua e de la terra,
che quanto posson dietro al calor vanno, (99)

a l'uomo non facesse alcuna guerra,
questo monte salìo verso 'l ciel tanto,
e libero n'è d'indi ove si serra. (102)

Or perché in circuito tutto quanto
l'aere si volge con la prima volta,
se non li è rotto il cerchio d'alcun canto, (105)

in questa altezza ch'è tutta disciolta
ne l'aere vivo, tal moto percuote,
e fa sonar la selva perch' è folta; (108)

e la percossa pianta tanto puote,
che de la sua virtute l'aura impregna
e quella poi, girando, intorno scuote, (111)

e l'altra terra, secondo ch'è degna
per sé e per suo ciel, concepe e figlia
di diverse virtù diverse legna. (114)

Non parrebbe di là poi maraviglia,
udito questo, quando alcuna pianta
sanza seme palese vi s'appiglia. (117)

E saper dei che la campagna santa
dove tu se', d'ogne semenza è piena,
e frutto ha in sé che di là non si schianta. (120)

L'acqua che vedi non surge di vena
che ristori vapor che gel converta,
come fiume ch'acquista e perde lena; (123)

ma esce di fontana salda e certa,
che tanto dal voler di Dio riprende,
quant' ella versa da due parti aperta. (126)

Da questa parte con virtù discende
che toglie altrui memoria del peccato;
da l'altra d'ogne ben fatto la rende. (129)

Quinci Letè; così da l'altro lato
Eünoè si chiama, e non adopra
se quinci e quindi pria non è gustato: (132)

a tutti altri sapori esto è di sopra.
E avvegna ch'assai possa esser sazia
la sete tua perch' io più non ti scuopra, (135)

darotti un corollario ancor per grazia;
né credo che 'l mio dir ti sia men caro,
se oltre promession teco si spazia. (138)

Quelli ch'anticamente poetaro
l'età de l'oro e suo stato felice,
forse in Parnaso esto loco sognaro. (141)

Qui fu innocente l'umana radice;
qui primavera sempre e ogne frutto;
nettare è questo di che ciascun dice». (144)

Io mi rivolsi 'n dietro allora tutto
a' miei poeti, e vidi che con riso
udito avëan l'ultimo costrutto;
poi a la bella donna torna' il viso. (148)

NOTE AL CANTO XXVIII



(1-6) Vago già di cercar: bramoso di andar visitando; la divina foresta, ecc.: «il Paradiso terrestre. Come sotto ai sette gironi Dante pone una parte inferiore, separata e distinta dal Purgatorio, così ne figura una superiore al di sopra di quelli. Il Landino la chiama il Post-purgatorio, perché non vi si purgano peccati. E sta ragionevolmente sopra al luogo di purgazione, perché vi abitarono Adamo ed Eva nel primiero stato d'innocenza. Questo Paradiso resta al sommo della sfera del fuoco, e pertanto confina col primo cielo, ch'è quello della luna» (F.); dentro e d'intorno: per lo mezzo e in giro. «Nel suo essere sustanziale e nelle sue circustanzie» (B.); spessa: folta d'alberi; viva: vegeta, verdeggiante; temperava: «La verzura della selva rendeva temperato lo splendore del nuovo dì ch'era venuto» (B.); la riva: l'estremità del monte. «Parti'mi dal giro d'intorno» (B.); prendendo la campagna, ecc.: inoltrandomi per la pianura. «Andando passo passo per la sua largura e pianura» (B.); auliva: mandava odore.
(9-21) non di più colpo: non di maggior forza. «Non di maggior percossa che percuota lo vento, quando è soave» (B.); tremolando pronte: «apparecchiate per la loro tenerezza e flessibilità a piegarsi et a tremare» (B.); piegavano a la parte, ecc.: dove al nascer del sole getta la sua ombra il monte del Purgatorio; vale a dire, verso occidente; santo: «perché in esso sono le anime, che, purgandosi, si rifanno sante. Purg., VI, 27» (F.); sparte: «partite e divise; non piegano tanto da loro dirittura» (B.); li augelletti: «stanti per le cime delli arbori» (B.); d'operare ogni lor arte: «del cantare» (B.); l'ôre prime... ricevìeno: ricevean le prime aure del giorno. Ore per aure spiegarono Torelli e Lombardi. Il Biagioli costruisce e spiega: «Ma cantando l'ore prime riceveano l'aure intra le foglie», e cita il Boccaccio: «Li quali (uccelli) la prima ora del giorno, su per gli arbuscelli tutti lieti cantavano»; bordone: propr. la più lunga e grossa canna della cornamusa, che con suono invariato fa il contrabbasso. Il B.: «Bordone, lo canto fermo»; tenevan bordone: accompagnavano. Salv., Teocr.: «Il pino là come è suave Che tien bordone al mormorio de' fonti»; a le sue rime: ai versi, ai canti degli augelletti; tal: bordone, mormorio; qual di ramo, ecc.: «E' questo raccogliersi quello che resulta o si forma, ovvero si vien distendendo dallo sbattersi che fanno insieme le frasche e le pine, cominciando da' più alti rami (dove più puote il vento), e venendo via via a' più bassi, ovvero, dal percuotersi lungo la selva i primi alberi co' secondi e via via, al trarre che fa lo scilocco, somigliante ad un piacevole e cupo stormire» (Ces.) Dante, Rime: «E' si raccoglie negli miei sospiri Un suono di pietate, ecc.»; in su 'l lito di Chiassi: Classe, luogo, oggi distrutto, sul mare Adriatico, presso Ravenna, dov'è la pineta; Eolo: re de' venti; fuor discioglie: scatena, manda fuori dal suo antro; Scirocco: vento umido che soffia tra levante e mezzodì. Il Buti: «Scilocco è molto sonevole vento, e fa molto sonare la detta pineta».
(23-30) antica: «imperò che Dio la fe' al principio del mondo per abitazione all'umana specie» (B.); mi 'ntrassi: fossi entrato. «Così Orazio: Non hoc ferrem calidus juventa Consule Planco, che tulissem portava il senso» (Ces.); più andar mi tolse: «mi levò lo potere andar più in là» (B.); un rio: V. sotto, v. 130; che 'n sua ripa uscìo: che spuntò sulla sua riva; monde: nette, limpide; verso di quella a paragone di quella; nulla nasconde: sì lascia veder sino al fondo, sì è chiara.
(32) l'ombra perpetua: della selva. «Sempre durabile per li arbuscelli, che vi sono di sopra, che mai non perdeno frondi» (B.). «Fructuosis nemoribus opacatum, descrive il Paradiso terrestre anche sant'Agostino» (L.).
(36-42) mai: Maio propriamente significa un frondoso ramo d'albero, che la mattina del primo di maggio i contadini piantavano davanti la casa delle loro belle. Qui: arboscelli fioriti. Il Buti: «Li quali arbori chiama mai, come si chiamano li rami delli arbori, che arrecano molte persone a casa la mattina di calen di maggio, per ponere alla finestra o inanti all'uscio, li quali alcuni chiamano kalen di maggio, e alcuni chiamano mai». Buonarr., Tancia: «Invano al maggio i' l'ho attaccato i mai»; disvia, ecc.: per la maraviglia che cagiona distoglie la mente da ogni altro pensiero; una donna: «Matelda (V. XXXIII, 119), simbolo dell'affetto alla Chiesa cattolica. Alcuni vogliono che a fondamento del simbolo stia la contessa Matilde, signora di Toscana; ma non pare probabile, perché il ghibellino non avrebbe esaltato tanto una donna, che, unita ai Papi, fece sempre guerra all'Impero» (F.). «Poeta noster describit mirabilem dominam, quam reperit ibi cantantem, et flores colligentem. Et ad intelligendam plene istam nobilem partem, volo primo te notare, quod auctor nunc ostendit se videre de facto illam dominam, quam superius finxerat se vidisse in somno in eodem habitu et actu. Haec est ergo comitissa Mathildis, quae devota filia Petri, pro matre Ecclesia semper de hostibus triumphavit. Ista ergo propter excellentiam suae virtutis inducitur heic, ut doceat, et ostendat, animas purgatas ascensuras ad coelum, oportere transire per Ecclesiam Dei militantem, mediante balneatione duarum aquarum, quae heic inveniuntur. Sicut Cato ponitur in introitu Purgatorii ad preparandum animas ad ascensum montis per lotionem faciei» (Benv.); fior da fiore: «fiore alcuno tra li altri fiori» (B.); pinta: dipinta, smaltata.
(43-51) d'amore: dell'amor divino; di trarreti avanti: di trarti avanti - farti innanzi; che tu: quel che tu; Tu mi fai rimembrar, ecc.: «Nel vederti mi fa ricordare la fiorita valle etnea dov'era Proserpina, e qual era la sua bellezza, alloraché, essendo rapita da Plutone, la madre Cerere la perdette, ed ella perdé primavera, o il paradiso di quella valle, o i fiori di che era adorna. Ovidio: "Collecti flores tunicis cecidere remissis". Bocc., Fiamm.: "E così ornata levatami, qual Proserpina, allora che Plutone la rapì alla madre, cotale me ne andava per la nuova primavera cantando"» (Biag.). Il Buti: «Lo prato e la verdura nella quale ella era a cogliere fiori quando Plutone la rapitte». Lo Strocchi intende verginità, come in quell'epigramma d'Ausonio, un giovinetto, profferendo fiori a verginella, dice: «Da mihi pro floribus istis tuum ver. Dammi per questi fiori la tua primavera».
(52-60) strette - a terra: rasente a terra. «A similitudine d'una dònna che balli, che si volge a pena levando li piè da terra et a pena movendosi del luogo» (B.); ed intra sé: e strette tra loro. «Notate meco il non alzare né tragittare i piedi (che è movimento rozzo e villano), ma smuoverli rasente terra e pochissimo aprendoli, e 'l venir innanzi con piccoli passi» (Ces.); avvalli: abbassi. «Cali giuso» (B.); co' suoi intendimenti: co' suoi concetti, con le parole del canto chiare e distinte. «Sì ch'io intendea lo canto suo» (B.).
(63-66) dono: grazia. Inf., VI, 78: e che di più parlar mi facci dono; trafitta - dal figlio: Cupido; fuor di tutto suo costume: fuori del modo che suol tenere, cioè inavvedutamente. Il Biagioli lo riferisce al lume che splende sotto alle ciglia di Venere. Il Buti: «Venere, iddia di lussuria, e madre di Cupidine, iddio dell'amore, teneva lo suo figliuolo in braccio, e, mentre che così lo teneva, una saetta di quelle dell'oro uscitto del turcasso di Cupidine, e cadendo, punse Venere: unde ella s'inamorò di Adone, che allora passava dianti da lei».
(67-72) da l'altra riva dritta: alla destra riva del fiume. Il Tor.: «dritta, o retta della persona»; trattando più color: intrecciando diversi fiori variopinti; l'alta terra: altissima sopra tutte le altre; sanza seme gitta: produce senza che vi si seminino. Virg., Buc., IX: Fundit humus flores; Ellesponto: lo stretto de' Dardanelli. Serse vi fece un ponte di navi, passando con immenso esercito; ma, sconfitto da Temistocle, né trovando più il ponte, distrutto dai Greci, ripassò sopra una povera barca da pescatori: esempio da esser freno ai superbi.
(73-75) più odio da Leandro, ecc.: Leandro da Abido, sua città, per andare a Sesto, dove stava la sua amante Ero, dovea traversare l'Ellesponto a nuoto; onde odiava quello stretto di mare che mareggiava, ondeggiava nell'intervallo. Da ultimo v'annegò. Il Buti: «per ondeggiare che facea lo ditto mare tra le ditte terre, sicchè impedia a Leandro che non potea passare»; mareggiare: «si riferisce all'Ellesponto, e importa frapporsi ondeggiando» (Tor.); non s'aperse: «come s'aperse lo mare Rosso e 'l fiume Jordano alli Ebrei sì, ch'io avessi potuto passare a lei» (B.). Purg., XVIII, 134: ...la gente a cui il mar s'aperse.
(76-84) siete nuovi: «di nuovo venuti a questo luogo» (B.); per suo nido: «per sua abitazione» (B.); ma luce rende, ecc.: Ma il versetto del Salmo 91 che dice: «M'hai dilettato, o Signore, nella tua fattura e nelle opere delle tue mani esulterò» manda tal luce, che può rischiarare il vostro intelletto. «Il Salmo è: Delectasti me, Domine, in factura tua; nel quale per lo Profeta è mostrato, convenire all'uom giusto il prender diletto, considerando le maravigliose opere del Creatore, e così faceva Matelda» (Ces.); question: domanda; tanto che basti: ad appagarti. «Allude forse all'avvertimento di S. Paolo: Non plus sapere quam oportet. Ep. ad Rom., XII» (L.). «Quanto a te si conviene di sapere e porta l'ordinamento di Dio» (Ces.).
(87-90) L'acqua, diss'io, ecc.: L'acqua del fiume e il vento che fa risonare la selva, combattono la nuova credenza, ch'io aveva fermata per le parole di Stazio, contrario a ciò che veggo qui. «Stazio disse (sopra, XXI, 52-54) che niuna alterazione d'aire passava più su che 'l supremo dei tre scaloni che sono all'entrata del Purgatorio: ora pare il contrario sì per l'acqua e sì per lo vento» (B.); come procede - per sua cagion: «cioè per cagione ordinata, appropriata a tale effetto e non accidentale, ciò che ti fa venire in ammirazione» (B.); e purgherò, ecc.: E sgombrerò l'ignoranza che ti colpisce; fiede: «morde gli occhi, come era quel fumo di aspro pelo a sentire nel canto XVI» (Ces.).
(91-96) Lo sommo ben: Dio; che solo esso a sé piace: Dio non può avere altro obbietto adeguato alla sua intelligenza e al suo amore che se medesimo; buono: innocente; a bene: «a fine che avesse lui, che è sommo bene, e così avesse beatitudine» (B.). «Ad finem beatitudinis» (Benv.); arra; caparra; pace: beatitudine celeste; difalta: «mancamento dall'ubbidienza» (B.). Trasgressione; poco: circa sett'ore. «In sull'ora della terza Iddio messe Adam nel Paradiso delitiarum, traslatato di Damasco, dove l'avea creato nel Paradiso; e quivi incontanente li diede lo comandamento, e presentòli tutte le bestie inanti, et Adam impose loro li nomi; poi lo fe' addormentare, e formò la femina della sua costa, e poi venne lo serpente a tentare Eva, e di po' la nona mangionno lo pomo vietato e funno cacciati fuora» (B.). Par., XXVI, 139-142; in pianto ed in affanno: «in turbamento d'animo e fatica di corpo» (B.); gioco: diletto. Petr.: «Assai dolor con breve giuoco».
(97-102) Perché 'l turbar: affinché la perturbazione; l'esalazion: «li scialamenti» (B.); sotto da sé: appiè del monte; fanno: producono; dietro al calor vanno: «son levati dal sole fin dove si stende loro rarefazione» (Ces.); guerra: nocumento; e libero, ecc.: ed è libero da quelle perturbazioni, da quel punto in su ov'è la porta.
(103-120) Or perché, ecc.: Ora, poiché tutto quanto l'aere s'aggira intorno la terra in cerchio insieme col primo cielo, se in qualche punto non gli è interrotto dal vento l'aggirarsi, cotal moto percuote in quest'alto monte, che resta tutto libero nell'aer puro; e così fa risuonare la selva, perché ella è folta. «Dice non li è rotto, perché l'aria si muove da oriente ad occidente, se i vapori che fanno il vento non le diano altro moto: e allora gira col primo mobile solo quella parte di cerchio d'aria, che non è rotta da impeto estranio» (F.); virtute: generativa; aura: «Propriamente aura è vento delicato» (B.); e quella: l'aria; girando: intorno alla terra; scuote: depone; e l'altra terra: e l'altro emisfero terrestre, quello cioè, opposto alla montagna del Purgatorio; secondo ch'è degna: abile o per la qualità del terreno, o per quella del clima. «Atta a ricevere la virtù» (B.); concepe e figlia: concepisce e produce; di diverse virtù, ecc.: diversi alberi di diverse virtù. «I nove cieli colle due sfere dell'aria e dell'etere, girando attorno alla terra, la sfera dell'etere, pel suo rotamento, agita ed urta le piante del Paradiso terrestre, pieno d'ogni semenza. Quindi è che la detta sfera s'impregna della virtù generativa dei diversi semi, i quali poi nel progresso della sua rivoluzione va gettando sopra l'altro emisfero» (F.). Il Cesari: «E' da intendere: Il terrestre paradiso essere da Dio creato con moltissime piante, ciascuna col proprio seme; nominando Dante arboscelli e selva. Ora qui l'aura commossa dal primo mobile ed impregnata di virtù fecondatrice dalle percosse piante e scossa qui attorno, scusa semenza di altre piante, che son da lei ingenerate; producendo essa terra, secondo la propria attitudine sua o degli astri a' quali soggiace, varie legne o piante di qualità e virtù diversa; qualità e virtù ricevute dall'aura nel battersi che fece ne' fiori o semi delle prime piante che ho detto. Ecco le semenze onde è piena la campagna; cioè gli alberi co' semi suddetti. Il frutto poi che di là non si schianta, dice che queste frutte non furon colte dal mondo di là, né qua trapiantatene o innestatene le marze; ma natevi per la sopraddetta virtù. Potrebbe anche spiegarsi: Che i frutti di questa terra felice sono di tale sapore, che di simile non se ne schianta o coglie fuori di lei»; non si schianta: si coglie. Purg., XX, 45: buon frutto rado se ne schianta.
(122-126) che ristori vapor, ecc.: che dai vapori convertiti in acqua dal gelo (Purg., V, 110-111) si ristauri come avviene degli altri fiumi; lena: umore; salda: «perché non vien meno; certa, perché non cresce né manca» (B.); che tanto dal voler, ecc.: «la quale, per voler di Dio, racquista tanto d'umore, quanto perde col versarne da due parti, d'onde resta aperta: cioè col versarne per due rivi, in cui si divide» (F.).
(127-132) Da questa parte: Il rivo che è da questa parte, ecc.; da l'altra, ecc.: Il rivo, ch'è dall'altra, ravviva invece la memoria di ogni bene operato; Letè: Lete; grecamente: oblivione; Eunoè; grecam.: buona mente; non adopra: non fa l'effetto; se quinci e quindi, ecc.: se quest'acqua non è gustata prima di là e poi di qua; cioè prima in Lete e poi in Eunoè. «E non adopra questo Eunoè, se quinci di Letè e quindi d'esso Eunoè non siasi bevuto» (Ces.). Il Buti: «E per questo dà ad intendere che nullo può bene operare nelle virtù attive e contemplative, se non riceve drento nella mente innanti la grazia di Dio, che è dimenticare lo male, e dà semplicità e purità alla mente et appresso incede 'l cuore dell'amor di Dio e del prossimo».
(133-148) esto: «Eunoè» (Ces.); è di sopra: migliore; perch'io più non ti scopra: sebbene io non ti dica altro; corollario: Varchi: «Ti darò io un corollario o vero giunta»; se oltre promission, ecc.: se si estende oltre le promesse che ti feci; poetaro: finsero poetando; in Parnaso: nella loro fantasia. «Per finzione poetica» (Ces.). Il Buti: «Persio, nel suo principio: Nec fonte labia prolui caballino; Nec in bicipiti somniasse Parnasso nemini, ecc., e di quinci credo che l'autore nostro lo togliesse»; l'umana radice: «Adamo ed Eva, progenitori della specie umana» (F.). «Il primo uomo» (T.); primavera: «Ovidio, dell'età dell'oro: Ver erat aeternum» (Ces.); nettare è questo: quest'acqua è nettare; di che ciascun dice: di cui tutti parlano. Che tutti hanno in bocca; tutto: «con tutta la persona» (Ces.); l'ultimo costrutto: l'ultime parole, che erano un epigramma contro i poeti; riso: «del vero nascoso nelle favole loro» (T.); tornai il viso: rivolsi lo sguardo. Dante, Rime: «L'uno e l'altro viso», la vista degli occhi e quella dell'intelletto.
 

eXTReMe Tracker

Shiny Stat

free counters

Validator.w3.org

 

  Ai sensi dell'art. 5 della legge 22 aprile 1941 n. 633 sulla protezione del diritto d'autore, i testi degli atti ufficiali dello Stato e delle amministrazioni pubbliche, italiane o straniere, non sono coperti da diritti d'autore. Il copyright, ove indicato, si riferisce all'elaborazione e alla forma di presentazione dei testi stessi. L'inserimento di dati personali, commerciali, collegamenti (link) a domini o pagine web personali, nel contesto delle Yellow Pages Trapaninfo.it (TpsGuide), deve essere liberamente richiesto dai rispettivi proprietari. In questa pagina, oltre ai link autorizzati, vengono inseriti solo gli indirizzi dei siti, recensiti dal WebMaster, dei quali i proprietari non hanno richiesto l'inserimento in Trapaninfo.it. Il WebMaster, in osservanza delle leggi inerenti i diritti d'autore e le norme che regolano la proprietà industriale ed intellettuale, non effettua collegamenti in surface deep o frame link ai siti recensiti, senza la dovuta autorizzazione. Framing e Deep Link: che cosa è lecito - Avvocato Gabriele FAGGIOLI. Il webmaster, proprietario e gestore dello spazio web nel quale viene mostrata questa URL, non è responsabile dei siti collegati in questa pagina. Le immagini, le foto e i logos mostrati appartengono ai legittimi proprietari. La legge sulla privacy, la legge sui diritti d'autore, le regole del Galateo della Rete (Netiquette), le norme a protezione della proprietà industriale ed intellettuale, limitano il contenuto delle Yellow Pages Trapaninfo.it Portale Provider Web Brochure e Silloge del web inerente Trapani e la sua provincia, ai soli dati di utenti che ne hanno liberamente richiesto l'inserimento. Chiunque, vanti diritti o rileva che le anzidette regole siano state violate, può contattare il WebMaster A.C.L.C. Michele MAZZONELLO +39 3474054001

Note legali: trapaninfo.it contiene collegamenti a siti controllati da soggetti diversi, i siti ai quali ci si può collegare, non sono sotto il controllo di trapaninfo.it che non è responsabile dei loro contenuti.  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Close