La Divina Commedia di Dante Alighieri Purgatorio Canto XIX

 

 
    

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La Divina Commedia di Dante Alighieri Purgatorio Canto XIX

  

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LA DIVINA COMMEDIA di Dante Alighieri (PURGATORIO) - CANTO XIX

-^

Ne l'ora che non può 'l calor diurno

intepidar più 'l freddo de la luna,

vinto da terra, e talor da Saturno (3)

- quando i geomanti lor Maggior Fortuna

veggiono in orïente, innanzi a l'alba,

surger per via che poco le sta bruna -, (6)

mi venne in sogno una femmina balba,

ne li occhi guercia, e sovra i piè distorta,

con le man monche, e di colore scialba. (9)

Io la mirava; e come 'l sol conforta

le fredde membra che la notte aggrava,

così lo sguardo mio le facea scorta (12)

la lingua, e poscia tutta la drizzava

in poco d'ora, e lo smarrito volto,

com' amor vuol, così le colorava. (15)

Poi ch'ell' avea 'l parlar così disciolto,

cominciava a cantar sì, che con pena

da lei avrei mio intento rivolto. (18)

«Io son», cantava, «io son dolce serena,

che ' marinari in mezzo mar dismago;

tanto son di piacere a sentir piena! (21)

Io volsi Ulisse del suo cammin vago

al canto mio; e qual meco s'ausa,

rado sen parte; sì tutto l'appago!». (24)

Ancor non era sua bocca richiusa,

quand' una donna apparve santa e presta

lunghesso me per far colei confusa. (27)

-^

«O Virgilio, Virgilio, chi è questa?»,

fieramente dicea; ed el venìa

con li occhi fitti pur in quella onesta. (30)

L'altra prendea, e dinanzi l'apria

fendendo i drappi, e mostravami 'l ventre;

quel mi svegliò col puzzo che n'uscia. (33)

Io mossi li occhi, e 'l buon maestro: «Almen tre

voci t'ho messe!», dicea, «Surgi e vieni;

troviam l'aperta per la qual tu entre». (36)

Sù mi levai, e tutti eran già pieni

de l'alto dì i giron del sacro monte,

e andavam col sol novo a le reni. (39)

Seguendo lui, portava la mia fronte

come colui che l'ha di pensier carca,

che fa di sé un mezzo arco di ponte; (42)

quand' io udi' «Venite; qui si varca»

parlare in modo soave e benigno,

qual non si sente in questa mortal marca. (45)

Con l'ali aperte, che parean di cigno,

volseci in sù colui che sì parlonne

tra due pareti del duro macigno. (48)

Mosse le penne poi e ventilonne,

'Qui lugent' affermando esser beati,

ch'avran di consolar l'anime donne. (51)

-^

«Che hai che pur inver' la terra guati?»,

la guida mia incominciò a dirmi,

poco amendue da l'angel sormontati. (54)

E io: «Con tanta sospeccion fa irmi

novella visïon ch'a sé mi piega,

sì ch'io non posso dal pensar partirmi». (57)

«Vedesti», disse, «quell'antica strega

che sola sovr' a noi omai si piagne;

vedesti come l'uom da lei si slega. (60)

Bastiti, e batti a terra le calcagne;

li occhi rivolgi al logoro che gira

lo rege etterno con le rote magne». (63)

Quale 'l falcon, che prima a' piè si mira,

indi si volge al grido e si protende

per lo disio del pasto che là il tira, (66)

tal mi fec' io; e tal, quanto si fende

la roccia per dar via a chi va suso,

n'andai infin dove 'l cerchiar si prende. (69)

Com' io nel quinto giro fui dischiuso,

vidi gente per esso che piangea,

giacendo a terra tutta volta in giuso. (72)

'Adhaesit pavimento anima mea'

sentia dir lor con sì alti sospiri,

che la parola a pena s'intendea. (75)

-^

«O eletti di Dio, li cui soffriri

e giustizia e speranza fa men duri,

drizzate noi verso li alti saliri». (78)

Se voi venite dal giacer sicuri,

e volete trovar la via più tosto,

le vostre destre sien sempre di fori». (81)

Così pregò 'l poeta, e sì risposto

poco dinanzi a noi ne fu; per ch'io

nel parlare avvisai l'altro nascosto. (84)

e volsi li occhi a li occhi al segnor mio:

ond' elli m'assentì con lieto cenno

ciò che chiedea la vista del disio. (87)

Poi ch'io potei di me fare a mio senno,

trassimi sovra quella creatura

le cui parole pria notar mi fenno, (90)

dicendo: «Spirto in cui pianger matura

quel sanza 'l quale a Dio tornar non pòssi,

sosta un poco per me tua maggior cura. (93)

Chi fosti e perché vòlti avete i dossi

al sù, mi dì, e se vuo' ch'io t'impetri

cosa di là ond' io vivendo mossi». (96)

Ed elli a me: «Perché i nostri diretri

rivolga il cielo a sé, saprai; ma prima

scias quod ego fui successor Petri. (99)

Intra Siestri e Chiaveri s'adima

una fiumana bella, e del suo nome

lo titol del mio sangue fa sua cima. (102)

-^

Un mese e poco più prova' io come

pesa il gran manto a chi dal fango il guarda,

che piuma sembran tutte l'altre some. (105)

La mia conversione, ohmè!, fu tarda;

ma, come fatto fui roman pastore,

così scopersi la vita bugiarda. (108)

Vidi che li non s'acquetava il core,

né più salir potiesi in quella vita;

per che di questa in me s'accese amore. (111)

Fino a quel punto misera e partita

da Dio anima fui, del tutto avara;

or, come vedi, qui ne son punita. (114)

Quel ch'avarizia fa, qui si dichiara

in purgazion de l'anime converse;

e nulla pena il monte ha più amara. (117)

Sì come l'occhio nostro non s'aderse

in alto, fisso a le cose terrene,

così giustizia qui a terra il merse. (120)

Come avarizia spense a ciascun bene

lo nostro amore, onde operar perdési,

così giustizia qui stretti ne tene, (123)

ne' piedi e ne le man legati e presi;

e quanto fia piacer del giusto Sire,

tanto staremo immobili e distesi». (126)

Io m'era inginocchiato e volea dire;

ma com' io cominciai ed el s'accorse,

solo ascoltando, del mio reverire, (129)

«Qual cagion», disse, «in giù così ti torse?».

E io a lui: «Per vostra dignitate

mia coscïenza dritto mi rimorse». (132)

-^

«Drizza le gambe, lèvati sù, frate!»,

rispuose; «non errar: conservo sono

teco e con li altri ad una podestate. (135)

Se mai quel santo evangelico suono

che dice 'Neque nubent' intendesti,

ben puoi veder perch' io così ragiono. (138)

Vattene omai: non vo' che più t'arresti;

ché la tua stanza mio pianger disagia,

col qual maturo ciò che tu dicesti. (141)

Nepote ho io di là c'ha nome Alagia,

buona da sé, pur che la nostra casa

non faccia lei per essempro malvagia;

e questa sola di là m'è rimasa». (145)

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NOTE AL CANTO XIX

(1-9) Ne l'ora, ecc.: Nell'ora che il calore lasciato dal sole in terra e nell'atmosfera, vinto dalla naturale frigidezza della Terra e talvolta da quella di Saturno, non ha più forza d'intiepidire il freddo della notte; vinto la terra: «s'intende del caldo: imperò che la terra di sua natura è fredda e secca; sicché, passata mezzanotte, mette fuora la sua freddezza et aiuta la freddezza della luna» (B.); e talor la Saturno: «perché non sempre questo pianeta trovasi sull'orizzonte. E' noto del resto che il maggior freddo non si prova a mezzanotte, ma un'ora circa prima del levar del sole» (B. B.). «Dice talor perché questo non addiviene sempre; ma solamente quando Saturno, pianeta effettivo di freddo e di secco, ha dominio» (B.). «Alano, astrologo, dice di Saturno: Hic algore suo praedatur gaudia Veris, Furaturque decus plantis et sidera florum» (P. di D.). «Conv.: "La freddura di Saturno"» (T.); quando i geomanti, ecc.: «Indovinano con certi punti, o vero linee che fanno nella polvere in terra (Inf., XX), e massimamente questa loro arte fanno al mattino inanti l'alba, perché allora l'animo umano e 'l corpo è più disposto all'obedienza delle inclinazioni celesti che in altro tempo, e vogliono che i punti si faccino senza pensamento e senza numero» (B.). «Ell'è una arte, la quale si fa in terra, ovvero sabbione, ovvero con penna e inchiostro suso carte, e fassi 16 linee di punti a ventura, cioè senza numerare i punti; poi di questi punti si traggono quattro figure, le quali sono appellate madri; poi di quelle, secondo lo rito di quell'arte, si fanno l'altre: poi secondo le figure e li aspetti di essi danno giudizio delle cose a dimandare» (Lan.). «I Geomanti fanno i loro indovinamenti non solo per punti, ma anche con sassolini, disposti a certe figure, che hanno nomi particolari. La figura detta Maggior Fortuna è tale » (Lf.).

-^

«Quando la disposizione dei punti somigliava quella delle stelle che formano il fine del segno dell'Aquario ed il principio de' Pesci, la chiamavano il segno della maggiore fortuna. Onde a significare l'ora che precede il giorno dice: Era l'ora che i geomanti veggono in cielo la lor maggior fortuna, cioè che apparivano sopra l'orizzonte l'Aquario tutto e parte de' Pesci, immediatamente precedenti l'Ariete, che è quanto dire: era vicino il nascere del sole; perché il poeta faceva il suo viaggio mentre il sole era in Ariete» (B. B.); surger per via, ecc.: «alzarsi sull'orizzonte da quella parte del cielo che per poco rimane oscura ad essa fortuna, poiché i raggi del sole che nasce di là la rischiarano» (B. B.); a l'alba: «che viene» (T.); balba: balbuziente; sovra i piè distorta: «sciancata» (B.); scialba: sbiancata e smorta.

(10-15) e come 'l sol, ecc.: E come il sole ravviva col suo calore le membra intirizzite dal freddo della notte (Le fredde membra delli animali sensibili et anco de' vegetabili, come sono li rami e le frondi dell'erbe e delli arbori; B.), così il mio sguardo le faceva agile e spedita la lingua (scorta, parlevole e intelligibile; B.), e poi in breve le dirizzava tutta la persona, e così pure le colorava il volto smorto, qual di chi è preso da smarrimento e paura; com'amor vuol, ecc.: «Color d'amore è certo color delicato che pende al pallido. Vita Nuova: "Avvenne che questa donna si facea d'un color pallido, come d'amore"» (B. B.).

(18-30) intento: attenzione; dismago: svio, «consumo» (B.); tanto son di piacere, ecc.: tanto piaccio ad essere sentita, a chi mi sente cantare; Ulisse: Intende per sirena il piacere fallace dei sensi, che trasse Ulisse a restare con Circe. Inf., XXVI, 91; cammin vago: vagante. Petr.: «Gli errori e le fatiche Del figliuol di Laerte». Il T. mette virgola dopo cammin, e spiega vago per invaghito; qual: chi; si ausa: prende meco dimestichezza; una donna, ecc.: Lucia; lunghesso me: «allato a me» (B.). «V. N.: "Vidi lungo me uomini"» (T.); O Virgilio, ecc.: Son parole della santa donna; chi è questa: «che tu hai lassato venire a Dante?» (B.). «Come lasciastu questo tuo allievo così affascinare?» (Ces.); fieramente: con forte risentimento; el: Virgilio; pur: solo o tuttavia.

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(31-33) L'altra prendea: Virgilio prendeva l'altra. Altri: la donna santa prendeva la femmina balba; fendendo i drappi: «squarciando li suoi vestimenti» (B.); puzzo: «fetore vizioso» (Lan.).

(34-45) Io mossi li occhi: intorno, svegliato che fui; e 'l buon maestro: e Virgilio diceami; Almen tre, ecc.: T'ho chiamato almeno tre volte; troviam l'aperta: l'apertura, per la quale tu ascenda all'altro girone; pieni - de l'alto dì: illuminati dal sole, alzato sull'orizzonte; novo: «nuovamente nato» (B.); a le reni: «Andando dal levante al ponente avevano il sole dietro alle spalle» (F.); che fa di sé, ecc.: che va curvo; si varca: «si valica all'altro girone» (B.); parlare: dire; soave: di suono; benigno: d'accento e di senso; mortal marca: «regione de' mortali» (L.). «Marca, al modo francesco, che viene a dire: paese fra termini scritti» (O.). «Purg., XXVI, 73: marche, le regioni dei purganti» (T.).

(46-54) Con l'ali aperte, ecc.: Aprendo le ali e drizzandole dov'era la scala, l'angelo ci avviò su tra le due sponde del duro sasso; che parean di cigno: candidissime; del duro macigno: «del monte ch'era di pietra macigna» (B.); e ventilonne: ci fece vento, scancellando dalla fronte di Dante il quarto P, il peccato dell'accidia; Qui lugent: coloro che piangono le loro colpe. Beati qui lugent, quoniam ipsi consolabuntur. Matth. V, 5; donne: signore, padrone, ricche di consolar, di consolazione. Dante, Rime: «E d'ogni consolar l'anima spoglia». Il Buti: «done, ch'aranno dono di consolare l'anime loro». «Come questa sentenza evangelica risponde contro il vizio dell'accidia? L'accidia, o 'l tedio nel bene operare, procede da questo che l'uomo è fuggifatica e si annoia del travaglio che importa l'oprar virtuoso; di che lo porta a mal in corpo e svogliato. Cristo adunque il rincuora a prendere questo travaglio animosamente, promettendogli del suo piagnere infinita consolazione» (Ces.); che pur, ecc.: che continui a guardare in terra; poco amendue, ecc.: «sott.: essendo saliti poco al di sopra dell'angelo» (B. B.).

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(55-63) Con tanta sospeccion, ecc.: così sospettoso e sospeso. Altri: «sospension» (B. B.); novella: di novello o di fresco avuta; a sé mi piega: «a sé inchina l'animo mio» (B.); Vedesti, ecc.: Virgilio qui prova all'alunno quel che già più volte gli ha detto: ch'ei vede tutto ciò che gli passa per mente; antica: «perocché coetanea all'uman genere, come è certamente il fallace piacere» (L.); strega: «Li vulgari diceno che le streghe sono femine, che si trasmutano in forma d'animali e succhiano lo sangue ai fanciulli: e secondo alquanti, li mangiano e poi li rifanno» (B.); che sola, ecc.: per cagione della quale nei gironi che sono sopra il nostro capo ed ai quali ora andremo, piangono gli avari, i golosi, i lussuriosi; da lei si slega: se ne libera - vedendo quale è veramente; batti a terra le calcagne: affretta il passo; li occhi rivolgi al logoro: «ragguarda lo richiamo che Dio ti fa alla verità. Logoro si chiama l'ala, fabbricata di penne, che gira lo falconieri per fare ritornare lo falcone, lo quale molti chiamano lo richiamo» (B.). Inf., XVII, 128; che gira - lo rege eterno: che Iddio mena a cerchio col girare delle celesti sfere; con le rote magne: «con le grandi revoluzioni» (B.). V. XIV, 148-150.

(64-72) Quale il falcon: «che dapprima si mira a' piedi, indi si volge al grido del cacciatore, e tosto si protende volando a terra - Come fa il falcone affamato quando il suo maestro li mostra l'uccello, sgridando» (O.). «Il guardarsi a' piè che fa il falcone è mostrar la voglia di rompere i geti, che il tengono legato sopra la stanga» (Ces.). «O meglio, mosso dal timore di aver a' piedi la legaccia che suol ritenerlo nelle mani del falconiere» (L.); si protende: «si stende tutto» (B.); tal: non men pronto e spedito; e tal, quanto si fende, ecc.: e così fatto, così diritto e pronto m'andai per tutta la fenditura del monte, la quale serve di strada e che va su fin dove si comincia il moto in cerchio. Fin dove si torna a girar il monte, insino al quinto girone; fui dischiuso: «fui all'aperto, perché salendo era stato serrato tra le sponde del masso» (F.). «Riuscito fuor dello stretto della scala» (Ces.); giacendo a terra, ecc.: «Giaceano tutti boccone e piangeano» (B.).

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(73-75) Adhaesit, ecc.: «Salmo 118: L'anima mia s'è accostata alla pianura della terra, imperò che 'l pavimento significa lastraco; fingendo che l'anime dicano questo verso del Salterio, è mostrare che ricognoscano lo loro errore e peccato: cioè che si sono troppo accostate ai beni della terra» (B.); con sì alti sospiri: «Ecco che ben dimostra che 'l dolore fusse equivalente alla colpa» (B.).

(76-87) O eletti di Dio: «Li chiama così, imperò che sono in stato di grazia» (B.); li cui soffriri: «li martirj e le pene de' quali» (B.); e giustizia: «L'anima, che è in istato di grazia, desidera per amore di iustizia la pena condegna al suo peccato - e speranza della vita beata» (B.); verso li alti saliri: verso la ripida scala che mena all'altro girone. Soffriri, saliri, infiniti usati a modo di sost.; Se voi venite, ecc.: risponde un'anima, sicuri e franchi dalla pena (Aen., X, 326: securus amorum) di stare qui a giacere come noi, camminate in modo che le vostre destre restino dalla parte di fuori del monte. «Andate sempre con la mano ritta in verso l'aperto del giro e non inverso le parete del monce, e questo era necessario, andando inverso mano diritta» (B.); avvisai: conobbi; l'altro nascosto: «a lei, ch'io era vivo; o chi elli era e perché sostenea siffatta pena» (B.). «Avvisai nel parlare chi avesse parlato; ché m'era nascosto per essere rivolto a terra» (Tor.); e volsi li occhi, ecc.: per vedere s'era contento ch'io andassi a parlare a quell'anima; con lieto cenno: «cogli occhi rilenti» (B.); la vista del disio: «l'apparenzia del desiderio» (B.). «Il desiderio che negli occhi tutto si apriva» (Ces.). Purg., XIII, 66: ...la vista che non meno agogna.

(88-99) Poi ch'io potei, ecc.: avuto il permesso; trassimi: «andai» (B.). Sopra, essendo ella distesa in terra; le cui parole: cui il suono del parlare mi fece notar da prima; pianger matura, ecc.: «la contrizione del cuore e 'l dolore arreca a fine e compie» (B.). Altri: affretta, alla latina; quel sanza 'l quale: «detto di cosa. Fra Giord.: "T'ammaestrino di quello, del quale se' ignorante"» (Ces.); sosta: «indugia» (B.); tua maggior cura: «solicitudine di purgare lo peccato tuo» (B.). «Allenta lo studio della tua penitenza, per attendere a me» (Ces.); al su: all'in su, verso il cielo; di là ond'io: dal mondo onde partii ancora in vita; i nostri diretri rivolga il cielo a sé: «tegnamo volti i nostri dossi inverso il cielo» (B.); saprai: dopo; scias, ecc.: Sappi che io fui successore di Pietro. Questi è Ottobono de' Fieschi, conte di Lavagna, pontefice col nome di Adriano V, morto nel 1276, quaranta giorni dopo la sua elezione. «Sentiva dover morir presto: Qui suis exultantibus de promotione sua, dixit: Melius erat vivum habere Cardinalem, quam Papam mortuum» (Benv.). «Fu avara persona inanti che fusse fatto papa; poi, fatto papa, s'emendò e corresse del suo vizio, e stette papa un mese e dì nove» (B.).

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(100-114) Siestri e Chiaveri: terre del Genovesato nella riviera di Levante; s'adima: va ad imo, s'avvalla; una fiumana: il Lavagno; e del suo nome - lo titol, ecc.: e dal suo nome origina, o trae vanto il titolo della mia famiglia; fa sua cima: «idest apicem sui culminis nobilitatis et potentiae magnae» (Benv.). «Fa sua altezza; imperò che infine a quel grado d'altezza montonno, che prima erano chiamati quelli dal Fiesco; poi ebbeno questa dignità, che funno chiamati conti di Lavagno» (B.); il gran manto: «l'ammanto papale; per questo s'intende la gravezza dell'officio» (B.). L'Ariosto: «Il più bel di tutti i manti»; dal fango il guarda: «a volerlo tener alto, sicché non s'infanghi» (O.). Chi vuol serbarlo netto; dal fango: «dal vizio e dal peccato» (B.). Sopra: XVI, 127-129. «Bene Adrianus Papa IV dicebat, Cathedram Petri spinosam et mantum ejus acutissimis per totum consertum aculeis et tantae gravitatis ut rubustissimos premat et conterat humeros» (Benv.); che: tanto che; bugiarda: ingannevole. Petr.: «Picciol tempo ne tien fede»; la vita bugiarda. - Vidi che lì, ecc.: vidi che neppur lì, in quell'altezza di stato, in quella dignità, di cui non è maggiore sulla terra, non si contentava il cuore; di questa: vita spirituale eterna; partita - da Dio: divisa da Dio.

(115-117) Quel ch'avarizia fa: «Nella purgazion qui dell'anime così riversate, si dichiara quello che fa l'avarizia, se già converse non valesse convertite a Dio» (Ces.); più amara: non potendo vedere il cielo, lor massimo desiderio.

(118-126) Sì come l'occhio nostro: mentale; non s'aderse: da adergere, elevare. Il Buti: «non s'aperse»; in alto: «inverso 'l cielo a considerare lo sommo bene perfetto» (B.); il merse: «l'affondò, dandoli a ripensare lo suo peccato» (B.). «Stazio, Teb., V, 502: Ille graves oculos languentiaque ora comanti Mergit humo» (Ces.); a ciascun bene: «a ciascun vero atto, che risponda al sommo e perfetto bene» (B.); onde operar perdesi: «si perdé, onde fu perduto, fu vano, senza merito ogni nostro operare» (F.). «Si perdé l'occasione di fare il bene» (T.). Il Buti: «che non s'operò; imperò che, tolto via l'amore del sommo bene e perfetto, si toglieno via li atti meritori che intendeno ad esso»; del giusto sire: di Dio; immobili e distesi: «L'amore è 'l principio e il calore dell'operar nostro: or se l'amore sia tutto occupato nelle cose terrene, spegne ogni vigor d'opere nell'amore di Dio: e la pena adeguata è rimaner qui legati ed inerti del corpo» (Ces.).

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(128-138) solo ascoltando: solo per udire la mia voce più da presso e non per veder me; del mio reverire: del mio star riverente; ti torse?: «per che cagione ti se' inginocchiato?» (B.); mia coscïenza, ecc.: retta mi rimorse a fare, come buon cattolico, quest'atto di debita riverenza; frate: «Lo chiama fratello; imperò che tutti siamo fratelli in Cristo» (B.); Non errar: «onorandomi in questo mondo, come m'aresti onorato nell'altro» (B.); conservo, ecc.: «In questa vita perpetua tutti siamo pari e tutti siamo insieme servi alla divina potenzia» (B.). «Nell'Apocalisse, XIX, 10, inginocchiandosi Giovanni all'Angelo, questi lo vieta: Vide ne feceris; conservus tuus sum et fratrum tuorum. - Act. Apost., X, 26: Surge, et ego ipse homo sum» (T.); Neque nubent, ecc.: «Cristo a' Sadducei, che non credevano la futura resurrezione, e dimandonno lui, dicendo: Maestro, la femmina che ha avuto sette mariti, a quale s'accosterà nell'altra vita? rispose: Erratis, nescientes scripturas neque virtutem Dei. In resurrectione enim neque nubent, neque nubentur, sed erunt sicut angeli Dei in coelo, sicché tutti saremo eguali» (B.); Matth., 22. Intende che egli morto non era più da considerarsi come sposo o capo della Chiesa.

(139-145) stanza: dimora; disagia: impedisce - sconcia; col qual: piangere compio o accelero la purgazione come tu dicesti. Vedi Purg., V, 91; Alagia: della famiglia de' conti Fieschi di Genova, moglie di Moroello Malaspina, marchese di Giovagallo. «Fuit uxor Marchionis Marcelli Malaspinae, quae multum honoravit eum tempore sui exilii... Et ista domina multum complacuit tunc Dante. Unde quidam volunt, quod Poeta loquatur de ea infra cant. XXIV, ubi dicit quod una mulier faciet sibi placere civitatem Lucanam. Sed non credo» (Benv.); da sé: per propria indole. «Naturaliter pudica et honesta» (Benv.); malvagia: «Se la non si corrompe per l'antichità della sua ischiatta, li quali sono istati rei e malvagi, cioè gli uomini e le femmine loro sono istate sempre assai servigiali delle loro persone e sono ancora al dì d'oggi» (Chiose). Benv.: «Malvagia, idest lubricam et impudicam... Per hoc enim dat intelligi caute, quod mulieres illorum de Flisco fuerunt nobiles meretrices; qualis, si fama non mentitur, fuit uxor Petri de Russis de Parma, strenuissimi militis. Quod dicam de Isabella uxore domini Luchini potentissimi et justissimi tyranni in Lombardia?»; e questa sola, ecc.: mi è rimasta fra' miei consanguinei buoni e in grazia di Dio; per il che ella sola può aiutarmi con le sue orazioni. Così tacitamente accetta la profferta del Poeta (v. 95) e gl'insinua che preghi la nipote di pregare per lui.

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