Cultura Letteratura La Divina Commedia di Dante Alighieri Purgatorio Canto XIII

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La Divina Commedia di Dante Alighieri Purgatorio Canto XIII














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LA DIVINA COMMEDIA di Dante Alighieri PURGATORIO - CANTO XIII

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LA DIVINA COMMEDIA di Dante Alighieri (PURGATORIO) - CANTO XIII

Noi eravamo al sommo de la scala,
dove secondamente si risega
lo monte che salendo altrui dismala. (3)

Ivi così una cornice lega
dintorno il poggio, come la primaia;
se non che l'arco suo più tosto piega. (6)

Ombra non li è né segno che si paia:
parsi la ripa e parsi la via schietta
col livido color de la petraia. (9)

«Se qui per dimandar gente s'aspetta»,
ragionava il poeta, «io temo forse
che troppo avrà d'indugio nostra eletta». (12)

Poi fisamente al sole li occhi porse;
fece del destro lato a muover centro,
e la sinistra parte di sé torse. (15)

«O dolce lume a cui fidanza i' entro
per lo novo cammin, tu ne conduci»,
dicea, «come condur si vuol quinc' entro. (18)

Tu scaldi il mondo, tu sovr' esso luci;
s'altra ragione in contrario non ponta,
esser dien sempre li tuoi raggi duci». (21)

Quanto di qua per un migliaio si conta,
tanto di là eravam noi già iti,
con poco tempo, per la voglia pronta; (24)

e verso noi volar furon sentiti,
non però visti, spiriti parlando
a la mensa d'amor cortesi inviti. (27)

La prima voce che passò volando
'Vinum non habent' altamente disse,
e dietro a noi l'andò reïterando. (30)

E prima che del tutto non si udisse
per allungarsi, un'altra 'I' sono Oreste'
passò gridando, e anco non s'affisse. (33)

«Oh!» diss' io, «padre, che voci son queste?».
E com' io domandai, ecco la terza
dicendo: 'Amate da cui male aveste' (36)

E 'l buon maestro: «Questo cinghio sferza
la colpa de la invidia, e però sono
tratte d'amor le corde de la ferza. (39)

Lo fren vuol esser del contrario suono;
credo che l'udirai, per mio avviso,
prima che giunghi al passo del perdono. (42)

Ma ficca li occhi per l'aere ben fiso,
e vedrai gente innanzi a noi sedersi,
e ciascun è lungo la grotta assiso». (45)

Allora più che prima li occhi apersi;
guarda'mi innanzi, e vidi ombre con manti
al color de la pietra non diversi. (48)

E poi che fummo un poco più avanti,
udia gridar: 'Maria, òra per noi':
gridar 'Michele' e 'Pietro' e 'Tutti santi'. (51)

Non credo che per terra vada ancoi
omo sì duro, che non fosse punto
per compassion di quel ch'i' vidi poi; (54)

ché, quando fui sì presso di lor giunto,
che li atti loro a me venivan certi,
per li occhi fui di grave dolor munto. (57)

Di vil ciliccio mi parean coperti,
e l'un sofferia l'altro con la spalla,
e tutti da la ripa eran sofferti. (60)

Così li ciechi a cui la roba falla,
stanno a' perdoni a chieder lor bisogna,
e l'uno il capo sopra l'altro avvalla, (63)

perché 'n altrui pietà tosto si pogna,
non pur per lo sonar de le parole,
ma per la vista che non meno agogna. (66)

E come a li orbi non approda il sole,
così a l'ombre quivi, ond' io parlo ora,
luce del ciel di sé largir non vole; (69)

ché a tutti un fil di ferro i cigli fóra
e cusce sì, come a sparvier selvaggio
si fa però che queto non dimora. (72)

A me pareva, andando, fare oltraggio,
veggendo altrui, non essendo veduto:
per ch'io mi volsi al mio consiglio saggio. (75)

Ben sapev' ei che volea dir lo muto;
e però non attese mia dimanda,
ma disse: «Parla, e sie breve e arguto». (78)

Virgilio mi venia da quella banda
de la cornice onde cader si puote,
perché da nulla sponda s'inghirlanda; (81)

da l'altra parte m'eran le divote
ombre, che per l'orribile costura
premevan sì, che bagnavan le gote. (84)

Volsimi a loro e: «O gente sicura»,
incominciai, «di veder l'alto lume
che 'l disio vostro solo ha in sua cura, (87)

se tosto grazia resolva le schiume
di vostra coscïenza sì che chiaro
per essa scenda de la mente il fiume, (90)

ditemi, ché mi fia grazioso e caro,
s'anima è qui tra voi che sia latina;
e forse lei sarà buon s'i' l'apparo». (93)

«O frate mio, ciascuna è cittadina
d'una vera città; ma tu vuo' dire
che vivesse in Italia peregrina». (96)

Questo mi parve per risposta udire
più innanzi alquanto che là dov' io stava,
ond' io mi feci ancor più là sentire. (99)

Tra l'altre vidi un'ombra ch'aspettava
in vista; e se volesse alcun dir 'Come?',
lo mento a guisa d'orbo in sù levava. (102)

«Spirto», diss' io, «che per salir ti dome,
se tu se' quelli che mi rispondesti,
fammiti conto o per luogo o per nome». (105)

«Io fui sanese», rispuose, «e con questi
altri rimendo qui la vita ria,
lagrimando a colui che sé ne presti. (108)

Savia non fui, avvegna che Sapìa
fossi chiamata, e fui de li altrui danni
più lieta assai che di ventura mia. (111)

E perché tu non creda ch'io t'inganni,
odi s'i' fui, com' io ti dico, folle,
già discendendo l'arco d'i miei anni. (114)

Eran li cittadin miei presso a Colle
in campo giunti co' loro avversari,
e io pregava Iddio di quel ch'e' volle. (117)

Rotti fuor quivi e vòlti ne li arnari
passi di fuga; e veggendo la caccia,
letizia presi a tutte altre dispari, (120)

tanto ch'io volsi in sù l'ardita faccia,
gridando a Dio: "Omai più non ti temo!",
come fé 'l merlo per poca bonaccia. (123)

Pace volli con Dio in su lo stremo
de la mia vita; e ancor non sarebbe
lo mio dover per penitenza scemo, (126)

se ciò non fosse, ch'a memoria m'ebbe
Pier Pettinaio in sue sante orazioni,
a cui di me per caritate increbbe. (129)

Ma tu chi se', che le nostre condizioni
vai dimandando, e porti li occhi sciolti,
sì com' io credo, e spirando ragioni?». (132)

«Li occhi», diss' io, «mi fieno ancor qui tolti,
ma picciol tempo, ché poca è l'offesa
fatta per esser con invidia vòlti. (135)

Troppa è più la paura ond' è sospesa
l'anima mia del tormento di sotto,
che già lo 'ncarco di là giù mi pesa». (138)

Ed ella a me: «Chi t'ha dunque condotto
qua sù tra noi, se giù ritornar credi?».
E io: «Costui ch'è meco e non fa motto. (141)

E vivo sono; e però mi richiedi,
spirito eletto, se tu vuo' ch'i' mova
di là per te ancor li mortai piedi». (144)

«Oh, questa è a udir sì cosa nova»,
rispuose, «che gran segno è che Dio t'ami;
però col priego tuo talor mi giova. (147)

E cheggioti, per quel che tu più brami,
se mai calchi la terra di Toscana,
che a' miei propinqui tu ben mi rinfami. (150)

Tu li vedrai tra quella gente vana
che spera in Talamone, e perderagli
più di speranza ch'a trovar la Diana;
ma più vi perderanno li ammiragli». (154)
Trapani Purgatorio, c. XIII, vv. 61-63

NOTE AL CANTO XIII



(1-9) al sommo: «alla parte suprema» (B.); de la scala: «che montava al secondo balzo del Purgatorio» (B.); secondamente: per la seconda volta; si risega: si taglia da un ripiano circolare; salendo: «lo quale ascendendo» (B.). Mentre è salito. Petr.: «Guastando, affligge più che non conforta»; dismala: purga del male del peccato; lega: circonda; come la primaia: ove son puniti i superbi. Purg., X, 20 e segg.; più tosto piega: perché di due cerchi concentrici, l'interno è più curvo dell'esterno; ombra non li è, ecc.: non v'è immagine (XII, 65), né scultura a vedere. «Essendo gl'invidi ciechi, sentono, ma non vedrebbero scolpiti gli esempi del bene che al loro male è contrarie» (T.); parsi, ecc.: «così pare, cioè di quel colore, la schietta ripa (schietta, perché non vi son figure), e così pare la schietta via come il livido color della pietra» (B. B.). La pietra e il manto degl'invidiosi (47 e 48) sono lividi come l'invidia; col: «dice compagnia o medesimezza di atto o di qualità. Purg., XXIX, 145-146: E questi sette col primaio stuolo - erano abituati» (Ces.). «Col è detto alla provenzale per com'el o com'il» (B. B.).
(10-15) Se qui, ecc.: Se qui aspettiamo gente per dimandare quale delle due strade si debba eleggere, la destra o la sinistra, tarderem troppo la nostra eletta, scelta; al sole, ecc.: Il sole gli stava a destra passato il mezzodì. Purg., XII, 81 e segg.; fece del destro, ecc.: «accenna al volgere del compasso per descrivere un circolo, al quale effetto si fa centro di un piede del compasso, e si fa girar l'altro piede. Virgilio tenne fermo il lato destro e aggirò il sinistro, - 'l piè sinistro fece, movendosi, circonferenza al cerchio predetto» (Lanèo).
(16-21) tu ne conduci: ottativo; quinc'entro: per entro questo luogo; si vuol: si richiede; non pronta: non fa forza. Altri: ponta. «If other reason promt not otherwise» (Lf.). Il Buti: «Sempre la grazia di Dio c'illuminerebbe, se noi non ce ne rendessimo indegni coi nostri vizi e peccati».
(22-23) migliaio: miglio, leggi migliai'. «Decreto fiorentino del 1337: Un migliaio per un miglio di strada» (T.); per la voglia pronta: mercé del pronto volere, XII, 118 e segg.; parlando: proferendo, gridando; a la mensa d'amor, ecc.: ad empiersi d'amore, di fraterna carità, rovescio dell'invidia; vinum non habent: Parole della Vergine alle nozze di Cana di Galilea, onde impetrò il miracolo della mutazione dell'acqua in vino; altamente: «con alta voce» (B.); F. prima: «che quel suono, dilungandosi da noi, affatto svanisse» (B. B.); I' sono Oreste: «Parole dette da Pilade per morire in luogo d'Oreste. Dante mescola, al solito, ammonimenti pagani e biblici, ad esempio di S. Paolo, che nel parlare agli Ateniesi (Atti Apost., XVII, 28) cita anche i poeti greci» (K.): E anco non s'affisse: «e neppur questa si fermò» (B. B.). «Perché volava in giro» (B.).
(35-42) E com'io: e mentre io; Amate (coloro) da cui male aveste: precetto di Cristo. Matt., V, 44: «Diligite inimicos vestros»; cinghio: cerchio; sferza: corregge; tratte d'amor ecc.: gl'incitamenti sono di carità; Lo fren: i ritraimenti dall'invidia sono di voci minacciose, ricordanti i divini gastighi agl'invidiosi, come quelli di Caino e d'Aglauro nel canto che segue, vv. 133 e 139; per mio avviso: per quanto io penso; al passo del perdono: a piè della scala che ascende dal secondo al terzo cerchio, ove sta l'angelo che perdona e rimette cotal peccato.
(45-57) grotta: rupe. Inf., XXI, 110; assiso: il Buti: «fermo a sedere lungo 'l monte»; al color, ecc.: al colore livido detto nel v. 9; Maria, ecc.: le Litanie de' Santi, nelle quali all'invocazione di Maria Vergine si fa succedere quella dell'Arcangelo san Michele prima d'ogni altro santo. Tasso, Gerus., XI, 7: «Te Genitor, te Figlio eguale al padre. - E te che d'ambo uniti amando spiri, - E te d'uomo e di Dio Vergine Madre, - Invocano propizia ai lor desiri, ecc.»; per terra vada: viva; ancoi: oggi. Lat.: hanc hodie; a me venivan certi: mi si appresentavano così chiari che io era certo di non travedere; per li occhi, ecc.: catacresi; il grave dolore mi spremè le lagrime dagli occhi.
(58-60) cilicio: «Eran vestiti di ciliccio, che si fa di setole di cavallo annodate, li quali nodi pungeno continuamente la carne et è freddissimo a tenere indosso: imperocché è fatto a maglie come la rete; e questo si conviene agli invidiosi, che sono stati freddi dell'amore del prossimo» (B.). «Dinota le inquietudini e punture dell'invidia» (L.); mi parean: meglio, secondo il Torelli: tutti eran; sofferia: reggeva, sosteneva.
«Ciascuno appoggiava il capo sulla spalla del vicino, e tutti appoggiavan la schiena alla ripa lungo la quale eran seduti» (L.). Rovescio del fare degli invidiosi che cercano abbattere l'un l'altro.
(61-72) a cui la roba falla: che non ha di che vivere. Inf., XXIV, 7: lo villanello, a cui la roba manca, vien meno; a' perdoni: «alle chiese, dov'è il perdono, cioè l'indulgenza, e però molto concorso» (B.); bisogna: bisogno, a mendicare. Nov., 83: «Prendiamo quello oro, che ci consolerà di molte bisogne»; avvalla: abbassa, piega; perché: affinché; si pogna: si ecciti; non pur, ecc.: non solo pel lamentoso richiedere; che non meno agogna: «Dove par vivo e parlante il desiderio» (Ces.). «Implores» (Lf.); non approda: non arriva a farsi vedere. Altri intende: non giova; il sole: per ogni lume; di sé largir, ecc.: non vuol far dono di sé, non vuol mostrarsi; i cigli: le palpebre; come a sparvier selvaggio: «tutto al modo che si accigliano li uccelli di rapina, quando dapprima sono presi dalli uomini e per sua salvatichezza non si spaventino di soperchio» (Lanèo). «E questa fu bella pena che l'autore dà loro. Imperò che la invidia procede dal vedere, e però l'autore gli fa accigliati sì che gli occhi ne patischino pena» (Chiose). Fed. II, De arte venandi cum avibus, II, 37: «Ciliare est detinere oculos avis clausos, cum palpebra inferiore superinducta usque ad cilium... Habebit (l'accigliatore) acum rotundum, nam cum triangulari noceret, quoniam non duraret ciliatura propter incisuram palpebrum: cum cuspide vero acus accipiet inferiorem palpebram et incipiendo ab interiori parte perforabit eam perducendo acum ad exterius; nam si e converso fieret, pupilla laedi posset cuspide acus... Recte igitur accipiatur sub margine palpebrae ubi est medietas longitudinis ejus, et magnam partem fili a parte intrinseca palpebrae ubi est medietas longitudini ejus, et magnam partem fili a parte intrinseca palpebrae immittat; deinde acum cum filo super caput ducat, et palpebram inferiorem alterius oculi ab intrinseco ad extrinsecum perforet; tunc, acu remota, ambae extremitates fili conjungantur super caput falconis et attrahatur utraque palpebra tantum sursum versus cilium, quod totum oculum cooperiat, et falco nihil videat; extremitates itaque fili tunc ligentur strictae super caput falconis, tantum quod palpebrae retineantur sic cooperientes totum oculum et duae extremitates fili prope nodum incidantur, deinde cum alia extremitate acus plumae capitis superponantur filo».
(73-84) A me pareva, ecc.: fare scortesia andar vedendo altrui senza esser veduto; consiglio: consigliere. Purg., IX, 43: conforto, confortatore; che volea dir lo muto: «quello che io non parlante volea dire: perocch'elli per li pensieri guardava col senno. Inf., XVI, 119-120» (O.); mi venia da quella banda: «Stava dunque ora a destra» (B. B.); s'inghirlanda: «si cinge. Inf., XIV, 10: La dolorosa selva l'è ghirlanda, - perché non v'è nessuno riparo» (B.); costura: cucitura; premevan sì: «le lagrime» (B.). «Avean tal dolore che le lagrime trapelavano a bagnar loro le gote» (L.).
(86-93) l'alto lume: Dio; che 'l disio: a cui solamente aspira il vostro desiderio; se: così; deprecativo; schiume: «Come la schiuma significa impurità dell'acqua, così la pone qui per la impurità della coscienza; cioè se tosto la grazia di Dio risolva e disfaccia la macchia del peccato rimasa nella coscienza: imperò che benché l'anima sia tratta del peccato, pure rimane lorda e brutta infin che non si lava et hae coscienzia della sua fedità» (B.); si che chiaro, ecc.: «Intende la luce intellettuale da cui sono illustrate le anime degli eletti nella intuizione di Dio» (B. B.); il fiume: «La mente umana è come una fonte unde nasce lo rivo dell'amore» (B.). «Tutto ciò che della mente esce, pensieri ed affetti» (L.); grazioso: grato; latina: italiana; sarà buon, ecc.: «imperò che io la farò nota nel mio libro, e recherolla alla memoria ad altrui, sicché forse sarà pregato Iddio per lei» (B.).
(94-99) d'una vera città: di vita eterna. Dice l'Apostolo: Non habemus hic manentem civitatem, sed futuram inquirimus; peregrina: «come peregrina» (B.).
(100-105) ch'aspettava: «che io mi facessi innanzi» (B.). Ch'io le rispondessi; in vista: all'atto della faccia; per salir: a vita eterna; ti dome: ti domi, ti mortifichi, ti purghi; conto: cognito, manifesto; o per luogo o per nome: o dal nome della patria o dal tuo.
(106-111) rimondo: il Buti: «rimondo con la purgazione»; lacrimendo: pregando con lagrime; a colui: Iddio; che sé ne presti: che si conceda a noi. Par., I, 22: O divina virtù, se mi ti presti, ecc.; Savia: «allude al nome, come a quel di Giovanna e Felice nel XII del Par. Fra i nomi e le cose sentivano gli antichi armonia. Così nel libro di Ruth (I, 20), Noemi vuol che la chiamino Mara, perché amareggiata» (T.); Sapia: «Fu gentildonna sanese, moglie di Cino da Pigezzo di Siena» (Postillatore Cassinese). Le Chiose la fanno parente di Provenzan Salvani; Pietro di Dante la dice de' Provenzani; l'Anonimo fiorentino de' Salvani. «Fu - secondo il Repetti - moglie di Ghinibaldo Saracini, nobile famiglia sanese, a cui appartenne Castiglion Ghinibaldi, oggi Castiglioncello di Montereggioni». Insieme al marito fondò un ospizio pe' viandanti nel 1265. «Vedendo male trattare li suoi da' Senesi, e stando in contado (bandita a Colle; Daniello), perché bene non potea stare nella città, che v'era sospetta, combattendo li Fiorentini a Colle di Valdelsa coi Senesi, vedendo la battaglia di su una torre, u' ella era, e vedendo sconfitti li Senesi da' Fiorentini, presene grandissima allegrezza» (B.). «Audivi quod ista maledicta mulier erat infuriata mente, quod conceperat et praedixerat se praecipitaturam desperanter de fenestra, si Senenses fuissent illa vice victores. Erat enim Sapia nobilis domina de illis de Bigotio, quod est unum castellum in territorio Senarum, longe a Colle de Valdese, forte per quatuor milliaria» (Benv.).
(114-132) discendendo l'arco: de' miei anni; passato il mezzo del cammino della vita, gli anni 35. Conv., IV, 23; Colle: piccola città della Toscana, situata sopra una collina presso Volterra; giunti: alle prese; co' loro avversari: co' Fiorentini; di quel ch'e' volle: di quella rotta che anche Dio volle che i Sanesi toccassero; la caccia: che l'esercito fiorentino dava a' Sanesi; letizia presi, ecc.: presi un'allegrezza senza pari; Omai più non ti temo: «Io non temeva da te altro male che questo, che tu mi togliessi questo piacere; ma ora non ho più male alcuno ch'io tema da te» (Ces.); come fe' il merlo: «Questo è un uccello che al tempo della neve sta appiattato, e come vede punto di buono tempo (at the little sunshine; Lf.), esce fuora e par che faccia beffe di tutti li altri, come si finge che dicesse nella faula di lui composta, cioè: Non ti temo, Domine, che uscito son del verno. Così la predetta donna credendo che la potenza di Dio non si estendesse più innanzi, fu audace» (B. e Lanèo). In Lombardia si chiamano giorni della merla i tre ultimi di gennaio, e favoleggiasi che si chiamin così, e sogliano essere molto freddi, per vendetta che Gennaio fa contro la Merla, la quale, sentendo una volta intorna a que' dì mitigato il freddo, si vantò di non temer più di Gennaio; Pace volli, ecc.: in punto di morte pentendomi de' miei falli mi riconciliai con Dio; dover: il mio debito di pena; Pier Pettinaio: il Tommasi nella Storia di Siena: «Il Beato Pietro Pettinajo fu da Campi, villa nella provincia del Chianti nel contado di Siena, lontano sette miglia dalla città. Fu del terz'ordine di san Francesco. Fino dall'anno 1328 il Senato di Siena deliberò dovere ogni anno in perpetuo trovarsi in San Francesco a celebrar la festa del B. Pier Pettinajo, per alcune ordinazioni intermessa». «Morì il 5 dicembre 1289» (Milanesi); porti li occhi sciolti, - sì com'io credo: non n'era certa, non vedendoci; spirando ragioni: era certa del respirare perché lo sentiva. «Dalle parole: A lei sarà buon s'i' l'apparo, Sapia arguisce che Dante sia vivo, e dal sentirlo non seduto alla pena con gli altri, ma muoversi e parlar più da alto, e anco dall'aria che il respiro suo muove, e dal suono della voce più viva» (T.).
(133-150) ancor qui tolti: cuciti; ma picciol tempo: staranno così per aver, come segue a dire, peccato lievemente in invidia; del tormento di sotto: della pena dei superbi nel balzo di sotto; che già lo 'ncarco: che già mi pare aver sul collo quei duri sassi; se giù: nel cerchio dei superbi; non fa motto: non parla; spirito eletto: alla gloria celeste; se tu vuo' ch'i' mova, ecc.: Se vuoi ch'io faccia de' passi, come volgarmente si dice, presso i tuoi, come ho già promesso ad altri, perché ti sovvengano di orazioni o altro bene; sì cosa nova: tal novità; mi rinfami: mi rimetta in buona voce, avvertendoli che io non sono dannata, siccome credono, ma salva.
(151-154) gente vana: I Sanesi. Inf., XXIX, 121 e segg. Secondo il Tommasi, nel 1303 comprarono dall'Abate e Monaci di S. Salvadore di Montamiata, Talamone, la Valentina e porzione di Castiglione in Valdorcia per 900 fiorini (Altri: Talamone per f. 8000). Talamone è castello e porto al fine della maremma di Siena. «Saepe fecerunt cavari Portum cum magnis laboribus et expensis; sed perdebant operam, quia Portus cito replebatur et propter corruptionem aeris locus non est bene habitabilis» (Benv.). Avean speranza, avuto Talamone di diventar grand'uomini in mare. «Forse - dice il Buti - come li Genovesi o li Veneziani. Ma quello porto è poco usato - continua il Buti - perché non è in buono sito di mare et è infermo, et è molto di lungi da Siena, sicché mercanzie non v'hanno corso»; perderagli: vi perderà; ch'a trovar la Diana: «Ebbono già una fantasia che sotto alla città loro corresse un fiume el quale capitasse al porto a Talamone, e diceano che si chiamava la Diana. Laonde il Comune di Siena sì vi spese gran quantità di danari in fare cavare per dovere trovare questa acqua e questo fiume. Ancora più che gran proferto facea el Comune di Siena a chi questo fiume potesse trovare, e per questo vi si disertò assai cittadini» (Chiose). «Dell'acqua si trova al libro 48 del Consiglio della Campana nell'Archivio di Siena che l'operajo del Duomo avea dato 70 lire per lo scavo, e che altra volta si era fatta simile ricerca. Afferma il Carpellini che dopo molte delusioni l'acqua si trovò, e tuttora è viva e alimenta, con danno del rivo Tressa, molto abbondante la città, e che Sapia fu mala profetessa» (Scarabelli). «Pare che quest'acqua fosse poi trovata perché nella chiesa di S. Niccolò, uno dei punti più elevati della città di Siena, esiste un pozzo di maravigliosa profondità e ricco d'acqua, che oggi si chiama Pozzo Diana» (B. B.). «Detta così - secondo il Tommasi, Storia di Siena - perché sopra la sorgente ai tempi pagani era una statua di Diana, atterrata poi nella conversione del popolo al cristianesimo»; vi perderanno: altri: vi metteranno; supplisci: del loro, vi scapiteranno. - Vi perderanno di speranza o di denaro; anzi la vita, secondo il Postill. Cass.: «Omni anno mittunt ammiraglios, qui armatae galearum habent assistere et cum sunt ibi propter malum aerem ut plurimum moriuntur»; li ammiragli: «coloro che per cotal porto si credono dover essere comandanti di flotte, che mai - dice il Buti - non armonno per una galea di loro». «Ammiragli si chiaman capitani dell'armate delle galee, quando hanno sotto di loro da 26 (o 25) galere in suso» (B.). «Forse: appaltatori, impresari» (Scarabelli). «Isti quos vocat hic Admiralios ut audivi a quodam Senensi viro magno autorista ed dantista, erant quidam, qui volentes lucrari, conducebant a Communi tot cannas vel perticas ad cavandum pro certo pretio; quorum aliqui consumti sunt» (Benv.).

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