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LA DIVINA COMMEDIA di Dante Alighieri (PURGATORIO) - CANTO X
Poi fummo dentro al soglio de la porta
che 'l mal amor de l'anime disusa,
perché fa parer dritta la via torta, (3)
sonando la senti' esser richiusa;
e s'io avesse li occhi vòlti ad essa,
qual fora stata al fallo degna scusa? (6)
Noi salavam per una pietra fessa,
che si moveva e d'una e d'altra parte,
sì come l'onda che fugge e s'appressa. (9)
«Qui si convien usare un poco d'arte»,
cominciò 'l duca mio, «in accostarsi
or quinci, or quindi al lato che si parte». (12)
E questo fece i nostri passi scarsi,
tanto che pria lo scemo de la luna
rigiunse al letto suo per ricorcarsi, (15)
che noi fossimo fuor di quella cruna;
ma quando fummo liberi e aperti
su dove il monte in dietro si rauna, (18)
ïo stancato e amendue incerti
di nostra via, restammo in su un piano
solingo più che strade per diserti. (21)
Da la sua sponda, ove confina il vano,
al piè de l'alta ripa che pur sale,
misurrebbe in tre volte un corpo umano; (24)
e quanto l'occhio mio potea trar d'ale,
or dal sinistro e or dal destro fianco,
questa cornice mi parea cotale. (27)
Là sù non eran mossi i piè nostri anco,
quand' io conobbi quella ripa intorno
che dritto di salita aveva manco, (30)
esser di marmo candido e addorno
d'intagli sì, che non pur Policleto,
ma la natura lì avrebbe scorno. (33)
L'angel che venne in terra col decreto
de la molt' anni lagrimata pace,
ch'aperse il ciel del suo lungo divieto, (36)
dinanzi a noi pareva sì verace
quivi intagliato in un atto soave,
che non sembiava imagine che tace. (39)
Giurato si saria ch'el dicesse 'Ave!';
perché iv' era imaginata quella
ch'ad aprir l'alto amor volse la chiave; (42)
e avea in atto impressa esta favella
Ecce ancilla Deï', propriamente
come figura in cera si suggella. (45)
«Non tener pur ad un loco la mente»,
disse 'l dolce maestro, che m'avea
da quella parte onde 'l cuore ha la gente. (48)
Per ch'i' mi mossi col viso, e vedea
di retro da Maria, da quella costa
onde m'era colui che mi movea, (51)
un'altra storia ne la roccia imposta;
per ch'io varcai Virgilio, e fe'mi presso,
acciò che fosse a li occhi miei disposta. (54)
Era intagliato lì nel marmo stesso
lo carro e ' buoi, traendo l'arca santa,
per che si teme officio non commesso. (57)
Dinanzi parea gente; e tutta quanta,
partita in sette cori, a' due mie' sensi
faceva dir l'un 'No', l'altro 'Sì, canta'. (60)
Similemente al fummo de li 'ncensi
che v'era imaginato, li occhi e 'l naso
e al sì e al no discordi fensi. (63)
Lì precedeva al benedetto vaso,
trescando alzato, l'umile salmista,
e più e men che re era in quel caso. (66)
Di contra, effigïata ad una vista
d'un gran palazzo, Micòl ammirava
sì come donna dispettosa e trista. (69)
I' mossi i piè del loco dov' io stava,
per avvisar da presso un'altra istoria,
che di dietro a Micòl mi biancheggiava. (72)
Quiv' era storïata l'alta gloria
del roman principato, il cui valore
mosse Gregorio a la sua gran vittoria; (75)
i' dico di Traiano imperadore;
e una vedovella li era al freno,
di lagrime atteggiata e di dolore. (78)
Intorno a lui parea calcato e pieno
di cavalieri, e l'aguglie ne l'oro
sovr' essi in vista al vento si movieno. (81)
La miserella intra tutti costoro
pareva dire: «Segnor, fammi vendetta
di mio figliuol ch'è morto, ond'io m'accoro»; (84)
ed elli a lei rispondere: «Or aspetta
tanto ch'i torni»; e quella: «Segnor mio»,
come persona in cui dolor s'affretta, (87)
«se tu non torni?»; ed ei: «Chi fia dov'io,
la ti farà»; ed ella: «L'altrui bene
a te che fia, se 'l tuo metti in oblio?»; (90)
ond' elli: «Or ti conforta; ch'ei convene
ch'i' solva il mio dovere anzi ch'i mova:
giustizia vuole e pietà mi ritene». (93)
Colui che mai non vide cosa nova
produsse esto visibile parlare,
novello a noi perché qui non si trova. (96)
Mentr' io mi dilettava di guardare
l'imagini di tante umilitadi,
e per lo fabbro loro a veder care, (99)
«Ecco di qua, ma fanno i passi radi»,
mormorava il poeta, «molte genti:
questi ne 'nvïeranno a li alti gradi». (102)
Li occhi miei, ch'a mirare eran contenti
per veder novitadi ond' e' son vaghi,
volgendosi ver' lui non furon lenti. (105)
Non vo' però, lettor, che tu ti smaghi
di buon proponimento per udire
come Dio vuol che 'l debito si paghi. (108)
Non attender la forma del martire:
pensa la succession; pensa ch'al peggio
oltre la gran sentenza non può ire. (111)
Io cominciai: «Maestro, quel ch'io veggio
muovere a noi, non mi sembian persone,
e non so che, sì nel veder vaneggio». (114)
Ed elli a me: «La grave condizione
di lor tormento a terra li rannicchia,
sì che ' miei occhi pria n'ebber tencione. (117)
Ma guarda fiso là, e disviticchia
col viso quel che vien sotto a quei sassi:
già scorger puoi come ciascun si picchia». (120)
O superbi cristian, miseri lassi,
che, de la vista de la mente infermi,
fidanza avete ne' retrosi passi, (123)
non v'accorgete voi che noi siam vermi
nati a formar l'angelica farfalla,
che vola a la giustizia sanza schermi? (126)
Di che l'animo vostro in alto galla,
poi siete quasi antomata in difetto,
sì come vermo in cui formazion falla? (129)
Come per sostentar solaio o tetto,
per mensola talvolta una figura
si vede giugner le ginocchia al petto, (132)
la qual fa del non ver vera rancura
nascere 'n chi la vede; così fatti
vid' io color, quando puosi ben cura. (135)
Vero è che più e meno eran contratti
secondo ch'avien più e meno a dosso;
e qual più pazïenza avea ne li atti,
piangendo parea dicer: 'Più non posso'. (139)
NOTE AL CANTO X
(1-6) Poi: poiché; soglio: soglia; malo amor: «delle cose mondane»
(B.); disusa: «fa disusare» (B.). «Lascia arrugginire per lungo disuso»
(Ces.); perché fa parer, ecc.: bene ciò ch'è male; sonando, ecc.: per uno
strider de' cardini, simile a quello che udii quando fu aperta, mi avvidi
senza guardare indietro, che s'era chiusa; qual fora, ecc.: ammonito com'era
che di fuor torna chi 'ndietro si guata (IX, 131-132).
(7-12) per una pietra fessa: «Andava questo condotto di monte fesso
fra due lati di pietra quinci e quindi a spira; fra due linee curve
parallele, che d'accordo voltavano da una mano e poi dall'altra, e così via
via» (Ces.); in accostarsi, ecc.: «di mano in mano che il viottolo
serpeggiante dava volta, conveniva abbandonare il lato, la sponda, che
veniva loro incontro, e volgersi all'altro lato, che da loro scostavasi»
(L.); al lato che si parte: «cioè la detta pietra s'allarga» (B.). «Du côté
qui s'éloigne» (Ls.). «Mostra che la penitenzia è cosa che molto fa
vacillare l'animo del peccatore, sicché s'elli alle sue vacillazioni non sa
usare arte, cioè aver fermezza né buono proposito, elli è a rischio di
cadere» (Lanèo).
(13-21) E questo fece, ecc.: «e questo volgere or a destra or a
sinistra fece li nostri montamenti minori» (B.), lenti per non urtare; lo
scemo: «la luna scema. La sesta ora del giorno. Scema la luna perché lontana
due segni dal tempo di sua pienezza. Era piena quando il Poeta entrò nella
selva (Inf., XX). Siamo dunque al giorno quinto del plenilunio: e la luna
dovea tramontare quattr'ore dopo il nascer del sole. Più di due ore
passarono quando il Poeta si destò (Purg., IX, 44). Dunque a fare la salita
spende poco men di due ore» (T.); al letto suo: al ponente; cruna: la
fenditura che apriva in quella pietra la via. «Traslato preso dal Vangelo
del passare per una cruna d'ago. Matt., XIX, 24: "Facilius est camelum per
foramen acus transire, quam divitem intrare in regno coelorum"» (Borghini);
aperti: all'aperto. «Libres et au large» (Ls.); in dietro si rauna:
«ritirasi indietro, lasciando un piano all'intorno, ch'è il primo girone del
Purgatorio» (L.). «Essendo su trovarono una ben larga via: e però il monte
ivi entrando si restringeva e faceva giro di cerchio più piccolo» (Ces.);
ïo: «Sentite voi quel tirar del collo che fa il verso in quell'ïo di due
sillabe, per far sentire la stanchezza?» (Ces.); solingo, ecc.: «Dà ad
intendere la poganza delli uomini che si salvano, mostrando essere quivi
solitudine più che nelle strade che sono ne' diserti» (B.).
(22-27) Da la sua sponda, ecc.: «La misura di quel piano, presa dalla
sponda confinante col vano, fino all'opposta sponda confinante con la
sovrastante ripa, era la lunghezza di tre uomini» (L.); che pur sale: che
continua a salire; misurrebbe: misurerebbe; tre volte, ecc.: «era largo quel
balzo quindici piedi, imperò che comunemente l'uomo è lungo cinque piedi»
(B.); trar d'ale: trascorrere. «Stendersi la virtù visiva» (B.); cornice:
strada, che a guisa di cornice terminava la sottoposta ripa: cotale: in
tutta la sua lunghezza larga egualmente alla misura di tre uomini.
(28-30) Là su, ecc.: non avevamo incominciato ancora a girare per
quella strada; quella ripa, ecc.: «non avea ragione di salita, non potea
montarsi» (Ces.). «Non era punto all'orizzonte inclinata, sorgeva cioè
verticalmente, a guisa di muro affatto privo di scarpa» (Biagioli).
(32) Policreto: Famoso statuario, che fioriva nell'olimpiade 87.
Plinio lo fa nativo di Sicione, Pausania d'Argo. Egli è il Maestro
chiarissimo del Galateo. «Distese - dice il Casa - certo suo trattato, e in
quello raccolse tutti gli ammaestramenti dell'arte sua; dimostrando come
misurar si dovessero le membra umane, sì ciascuno da sé, sì l'uno per
rispetto all'altro; acciocché convenevolmente fossero in fra sé rispondenti:
il qual suo volume egli chiamò il Regolo; ma, avendo risguardo alla natura
degli artefici, male atta agli ammaestramenti generali, e per mostrare anche
più chiaramente la sua eccellenza, formò una statua così regolata in ogni
suo membro e in ciascuna sua parte, come gli ammaestramenti del suo trattato
divisavano, pur Regolo chiamandola. Pertanto Dante elesse Policleto,
l'autore del Canone, a indicare l'eccellenza dell'arte». Benv.: «Ego autem
vidi Florentiae in domo privata statuam Veneris de marmore mirabilem, in eo
habitu in quo olim pingebatur Venus. Erat enim mulier speciosissima, nuda,
tenens manum sinitram ad pudenda, dexteram vero ad mamillas. Et dicebatur
esse opus Polycleti».
(34-36) L'angel, ecc.: l'arcangelo Gabriello; lacrimata: «implorée
avec larmes» (Ls.); pace: riconciliazione con Dio; del suo, ecc.: il Buti:
«al suo lungo divieto, cioè all'umana specie, che v'era stata divietata 5232
anni. Par., XXVI».
(40-44) Ave: La prima parola che disse l'arcangelo a Maria
nell'annunziarle che il divino Verbo avea preso carne in lei; imaginata:
effigiata; ad aprir: «a noi l'amor di Dio, essendo noi natura filii irae»
(Ces.); e avea in atto, ecc.: «Quelle imagini aveano atto umile e benigno;
per la quale visione elle faceano imaginare lo suono di loro parlare» (L.).
«Ecce ancilla Dei - fiat mihi secundum verbum tuum» (Luc., I). «Nel settimo
cerchio udremo risuonare amorosamente un'altra parola della Vergine a
Gabriele (Virum non cognosco, XXV, 128). L'Ave è cantato da Piccarda nel
cielo della Luna (Par., III. 121). Gabriello inneggia e gira festoso intorno
a Maria nel cielo delle stelle fisse (Par., XXIII, 94-111); danza e tripudia
intorno a lei nel più alto del Paradiso, dove ripete l'Ave, a cui rispondono
tutti i beati (Par., XXXII, 94-114). Alla cameretta di Nazaret il Poeta
chiama i pensieri de' Pastori della Chiesa (Par., IX, 137-138). E perfino a
segnare l'epoca cristiana, egli usa della parola di Gabriello, dicendo: Da
quel dì che fu detto 'Ave' (Par., XVI, 34)» (Perez).
(46-48) pur: solamente. «Non considerare pur lo primo grado dei
superbi» (B.); da quella parte, ecc.: «a sinistra, dalla parte del cuore,
secondo l'opinione volgare, stando veramente il cuore in mezzo al torace,
con la sola punta rivolta a sinistra» (V.).
(49-54) mi mossi col viso: mossi lo sguardo. Sotto, 118-119; di retro
da Maria: dietro a quella scultura; da quella costa: da quel lato; onde
m'era, ecc.: dal quale stava colui che mi conducea; varcai Virgilio: dalla
sinistra, ov'io era, gli passai alla destra; imposta: «incominciata» (B.).
«In rilievo» (T.); disposta: «spiegata» (L.). «Manifesta» (B.). «A fin
qu'elle fût bien à ma vue» (Ls.). «Atta a dipingere l'imagine sua nel mio
occhio» (Ces.).
(56-60) lo carro e i buoi, ecc.: «Il trasporto che fece Davide
dell'arca del Testamento da Cariatiarim in Gerusalem. «Elli è da sapere che
Moises profeta ordinò una arca, nella quale eran riposte le tavole della
Legge ch'elli ebbe da Dio nel Monte Sinai: eravi la vergella per la quale
elli aprì lo mare Rosso quando passonno le XII tribù d'Istrael; eravi dentro
della manna che Dio dava al popolo d'Israel nel deserto quando andavano in
terra di promissione, e molte altre cose sacre. La quale arca figurava lo
templo di Salomone, che poi in processo di tempo fu fatto. Or questa arca
era in casa di Aminadab, che era in Gabaa; David re la volle addurre in
Jerusalem; fe' apprestare uno carro e li buoi e ciò che a quello bisognava.
Ed era vestito a modo d'una umile persona, ed erano con lui alcuni preti, e
veniano citarizzando e cantando innanzi la detta arca conducendola verso la
città» (Lanèo); traendo: «traenti» (T.). «Tirant» (Ls.); per che, ecc.: «Pel
gastigo di morte dato da Dio al levita Oza, che osò toccare e sostenere la
vacillante arca, contro l'espresso divieto che avevano i Leviti di non la
toccare, sotto pena di morte» (L.); si teme: «assumere» (T.); partita in
sette cori: Re, II, 6: «Erani cum David septem chori»; l'un: l'orecchio;
l'altro: l'occhio. «Eran sì pulite quelle immagini che li due suoi sensi,
cioè lo viso e l'udito, si disputavano insieme; che 'l viso dicea: io veggo
ch'elli cantano; e l'audito dicea: io non li odo; similmente, cioè che il
viso: io veggio li fumi dello incenso, e suffomigi che si fanno; e lo senso
dell'odorato dicea: io non ne sento nulla. Sicché fra sé medesimo dicea e
contraddicea Dante» (Laneo).
(61-69) 'ncensi: che s'ardevano avanti all'arca; imaginato: figurato;
vaso: l'arca; trescando: ballando; alzato: «da terra (subsiliens) onde
appariva nudato. Re, XX» (Tor.); alzato: «i panni per potere più
speditamente ballare» (Landino); l'umile: «A David che ritorna, Micol, sua
moglie, dice: "Quanto egli è stato oggi onorevole al re d'Israele l'essersi
scoperto innanzi alle ancelle de' suoi servidori, non altrimenti che si
scoprirebbe un uomo da nulla!". E David a lei: "Nel cospetto del Signore, il
quale ha eletto me, anzi che tuo padre o altro di tutta la sua famiglia,...
io m'avvilirò ancor più che non ho fatto, e sarò abbietto a' miei occhi, e
via più glorioso apparirò dinanzi alle ancelle delle quali hai parlato. E a
Micol, figliuola di Saul, non è nato figliuolo fino al giorno di sua morte":
non concedendosi la consolazione di un figliuolo re alla superba figliuola
di padre superbo (II Reg., VI, 20-23)» (Perez); salmista: così detto per
aver scritto i Salmi; e più «era che re, imperò che tenea oficio di
sacerdote» (B.). «Et David saltabat totis viribus ante Dominum. Porro David
erat accinctus ephod lineo» (L.); men che re: per l'umiltà; Di contra: nello
stesso quadro, di faccia a David; vista: «finestra» (B.); ammirava, ecc.:
stava osservando in aria di donna sdegnosa ed irata.
(71-77) avvisar: adocchiare; di retro a Micòl: dopo la storia detta:
mi biancheggiava: era intagliata in marmo candido (v. 31); i' dico di
Traiano, ecc.: «Dum semel equum ascendisset ad bellum profecturus, quaedam
vidua accepto freno retinuit eum dicens: Tu, Trajane, imperas, et ego tam
atrocem injuriam patior de filio meo occiso. Cui respondit: Cum rediero,
satisfaciam. Cui vidua dixit: Quid si non redieris? Successor meus, inquit,
satisfaciet. Et illa: Quid tibi prodest si alius benefaciet mihi? Tu meus
debitor es. Et tunc humiliter eam contentavit» (P. di D. da Elinando, De'
fatti de' Romani). Nelle Chiose si dice che l'uccisore fosse il figlio
stesso di Traiano, ed altri aggiunge che questi pose la vedova al partito o
di tenerlo in vece del morto, o di vederlo morire. Ella lo tenne per suo.
«Elli si legge che al tempo di san Gregorio papa si cavò a Roma una fossa
per fare fondamenta d'uno lavorìo, e cavando li maestri trovonno sotto terra
uno monumento, lo quale fu aperto, e dentro era in fra l'altre ossa quello
della testa del defunto, ed avea la lingua così rigida, carnosa e fresca,
come fosse pure in quella ora seppelita. Considerato li maestri che molto
tempo era scorso da quello die a quello, che potea essere stato seppelito lo
detto defunto, tenneno questa invenzione della lingua essere gran
meraviglia, e pubbliconno a molta gente. Alle orecchie di san Gregorio venne
tal novità, fessela portare dinanzi, e congiurolla dalla parte di Dio vivo e
vero, e per la fede cristiana, della quale elli era sommo pontefice, ch'ella
li dovesse dire di che condizione fu nella prima vita. La lingua rispuose:
io fui Traiano imperadore di Roma, che signoreggiai nel cotale tempo, dapoi
che Cristo discese nella Vergine, e sono all'inferno perch'io non fui con
fede. Investigato Gregorio della condizione di costui per quelle scritture
che si trovonno, si trovò ch'elli fu uomo di grandissima giustizia e
misericordiosa persona» (Lanèo). «E dicesi che Iddio, pe' preghi di san
Gherigoro, fece risuscitare questo Traiano, e san Gherigoro papa il convertì
alla fede cristiana, e sì lo battezzò e fu poi santo, sicché andò a vita
eterna» (Chiose). «Vero è che perché san Gregorio fece preghiera per
dannato, volle Dio per penitenzia di tal peccato, che da quel die innanzi
per tutta la sua vita elli avesse male di stomaco» (Lanèo). «Lo mal del
fianco e le gotte (invece d'un'ora di Purgatorio)» (B.).
(79-81) Intorno a lui: Il luogo d'intorno a lui; parea: vedeasi
calcato e pieno; l'aguglie ne l'oro: «nell'aureo ricamo degli stendardi»
(L.). Il B.: «l'aquile nere nel campo ad oro, come è la insegna del romano
imperio». L'Antaldi, dal cui Codice è tratta la lezione: dell'oro: «Le
aquile che servivano ai Romani d'insegne militari eran d'oro e d'argento,
solide e fitte sulle aste, come ei si rileva dalle medaglie, e
particolarmente da quelle d'Antonio triumviro»; sovr'essi: «sopra lo
imperatore» (B.). Altri: sopr'esse.
(84-96) m'accoro: «m'appeno - m'uccido» (B.); ch'i' torni:
all'impresa; in cui dolor s'affretta: «come persona addolorata che desidera
vendetta» (B.). «Dont la douleur est impatiente» (Ls.); Chi fia dov'io: «chi
fia in mio luogo» (B.); L'altrui bene, ecc.: «E che loda e che merito arai
tu dell'altrui ben fare, se per te si lassa?» (B.); solva: ch'io paghi il
mio debito; mova: parta; vuole: lo impone; mi ritene: «ch'io non vada,
innanzi ch'io ti faccia iustizia» (B.); Colui, ecc.: «Dio, lo quale come è
ab eterno, così nella mente sua ebbe ab eterno la forma esemplare di tutte
le cose produtte e che si denno producere» (B.); esto visibile parlare:
«Nell'altro mondo sarà lo parlare visibile, imperò che ciascuno vedrà lo
concetto dell'altro, senza essere espresso con lingua; e questo medesimo
addiviene a noi quando veggiamo dipinta o sculpita una storia che a noi sia
nota; pare a noi che le persone dipinte dicano le parole, come l'angiulo
appare che dica Ave alla Vergine Maria, quando è bene atteggiato» (B.); non
si trova: non se n'ha esempio.
(99-111) per lo fabbro loro: «per saperle fatte per la mano divina»
(L.). «Caro è vedere l'artificio di sì fatto maestro» (B.); a li alti gradi:
ai cerchj superiori del Purgatorio; son vaghi: «e non stanno in posa» (B.);
che tu ti smaghi: «che tu ti sgomenti e che tu ti manchi: smagare è minorare
e mancare» (B.); Non attender, ecc.: «Non poner cura alla pena» (B.); pensa
la succession: Pensa ciò che al martìre dee succedere, cioè la gloria
celeste; pensa ch'al peggio: «al peggio che possa succedere può quel martìre
durare non più in là della gran sentenza, profferita nel dì finale del
mondo, dopo il quale non vi sarà più Purgatorio» (L.).
(113-120) muovere a noi: «muovere e venire verso noi» (B.); e non so
che: mi sembrano; sì nel veder vaneggio: tanto in guardando mi sforzo invano
di chiarirmi che oggetti sieno quelli; La grave condizione, ecc.: di dover
portar addosso quei gravissimi pesi che vedremo; a terra li rannicchia: gli
rattrappa, li raggomitola. «Blottis à terre»» (Ls.). «Questi peccatori
avevano sì gran pesi addosso, che le bocche posavano sopra le ginocchia»
(O.); n'ebber tencione: non ne furono chiari alla prima. Altri: tenzone;
disviticchia: distingui; si picchia: «rendendosi in colpa» (B.). «E' battuto
e castigato» (Lanèo). Altri: si nicchia: si rammarica.
(121-123) lassi: «caduti dalla vostra eccellenza per lo peccato»
(B.); retrosi: retrogradi.
(124-129) vermi: «Metafora del bozzolo» (T.). «Vermi, o vero
bacherozzoli i quali fanno la seta, il quale sé medesimo inchiude facendo la
seta, e poi a certo tempo rompe il guscio e mette ali e diventa farfalla»
(Chiose); farfalla: «l'anima che dev'essere giudicata. Negli antichi
monumenti per rappresentare l'anima non solo s'incontra una fanciulla alata,
ma sovente la stessa farfalla» (T.); schermi: «a sua colpa» (T.). «Noi fummo
nel mondo nati a fine d'un'altra cosa, cioè lo corpo è fatto per l'anima; e
dovremmo volere ch'ella fosse in sua beatitudine; e nostro appetito superbo,
che crede ai sensi, la disvìa e turba da quella dritta e buona via. E però
dice metaforizzando: noi siamo vermi nati per formare la farfalla angelica,
la quale vola alla giustizia senza impaccio, cioè lo corpo è fatto gratia
animae» (Lanèo); galla: galleggia, s'erge in superbia; entomata: «insetti.
Plurale creato forse da un singorale mediev. Entoma, come themata, dogmata»
(Bl.); in cui formazion falla: «che non viene a compimento di formarsi»
(B.).
(130-139) solaio: «il palco» (Bl.); per mensola: «invece di mensola,
che è sostegno o reggimento di trave o di cornice o d'altro aggetto»
(Bald.). «Questo vocabolo significa lo piumacciuolo, o lo capitello, o lo
scedone o leoncello che si chiama, che sostiene qualche trave» (B.); una
figura: umana; rancura: affanno; contratti: rannicchiati; più e meno a
dosso: più e men carico; e qual, ecc.: «Quivi era sì grande lo peso, che
qualunque il comportava con più pacifico animo (più soffriva; T.) parea dire
piangendo: Io non ho più podere di portare questo peso, bene che la voglia
non sia stanca» (O.).
Grazie
Lucy, Isidoro, Zampa, Mario, Laura e Lucia
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