LA DIVINA COMMEDIA di Dante Alighieri (PARADISO) - CANTO XXX

Forse semilia miglia di lontano
ci ferve l'ora sesta, e questo mondo
china già l'ombra quasi al letto piano, (3)

quando 'l mezzo del cielo, a noi profondo,
comincia a farsi tal, ch'alcuna stella
perde il parere infino a questo fondo; (6)

e come vien la chiarissima ancella
del sol più oltre, così 'l ciel si chiude
di vista in vista infino a la più bella. (9)

Non altrimenti il triunfo che lude
sempre dintorno al punto che mi vinse,
parendo inchiuso da quel ch'elli 'nchiude, (12)

a poco a poco al mio veder si stinse:
per che tornar con li occhi a Bëatrice
nulla vedere e amor mi costrinse. (15)

Se quanto infino a qui di lei si dice
fosse conchiuso tutto in una loda,
poca sarebbe a fornir questa vice. (18)

La bellezza ch'io vidi si trasmoda
non pur di là da noi, ma certo io credo
che solo il suo fattor tutta la goda. (21)

Da questo passo vinto mi concedo
più che già mai da punto di suo tema
soprato fosse comico o tragedo: (24)

ché, come sole in viso che più trema,
così lo rimembrar del dolce riso
la mente mia da me medesmo scema. (27)

Dal primo giorno ch'i' vidi il suo viso
in questa vita, infino a questa vista,
non m'è il seguire al mio cantar preciso; (30)

ma or convien che mio seguir desista
più dietro a sua bellezza, poetando,
come a l'ultimo suo ciascuno artista. (33)

Cotal qual io la lascio a maggior bando
che quel de la mia tuba, che deduce
l'ardua sua matera terminando, (36)

con atto e voce di spedito duce
ricominciò: «Noi siamo usciti fore
del maggior corpo al ciel ch'è pura luce: (39)

luce intellettüal, piena d'amore;
amor di vero ben, pien di letizia;
letizia che trascende ogne dolzore. (42)

Qui vederai l'una e l'altra milizia
di paradiso, e l'una in quelli aspetti
che tu vedrai a l'ultima giustizia». (45)

Come sùbito lampo che discetti
li spiriti visivi, sì che priva
da l'atto l'occhio di più forti obietti, (48)

così mi circunfulse luce viva,
e lasciommi fasciato di tal velo
del suo fulgor, che nulla m'appariva. (51)

«Sempre l'amor che queta questo cielo
accoglie in sé con sì fatta salute,
per far disposto a sua fiamma il candelo». (54)

Non fur più tosto dentro a me venute
queste parole brievi, ch'io compresi
me sormontar di sopr' a mia virtute; (57)

e di novella vista mi raccesi
tale, che nulla luce è tanto mera,
che li occhi miei non si fosser difesi; (60)

e vidi lume in forma di rivera
fulvido di fulgore, intra due rive
dipinte di mirabil primavera. (63)

Di tal fiumana uscian faville vive,
e d'ogne parte si mettien ne' fiori,
quasi rubin che oro circunscrive; (66)

poi, come inebrïate da li odori,
riprofondavan sé nel miro gurge,
e s'una intrava, un'altra n'uscia fori. (69)

«L'alto disio che mo t'infiamma e urge,
d'aver notizia di ciò che tu vei,
tanto mi piace più quanto più turge; (72)

ma di quest' acqua convien che tu bei
prima che tanta sete in te si sazi»:
così mi disse il sol de li occhi miei. (75)

Anche soggiunse: «Il fiume e li topazi
ch'entrano ed escono e 'l rider de l'erbe
son di lor vero umbriferi prefazi. (78)

Non che da sé sian queste cose acerbe;
ma è difetto da la parte tua,
che non hai viste ancor tanto superbe». (81)

Non è fantin che sì sùbito rua
col volto verso il latte, se si svegli
molto tardato da l'usanza sua, (84)

come fec' io, per far migliori spegli
ancor de li occhi, chinandomi a l'onda
che si deriva perché vi s'immegli; (87)

e sì come di lei bevve la gronda
de le palpebre mie, così mi parve
di sua lunghezza divenuta tonda. (90)

Poi, come gente stata sotto larve,
che pare altro che prima, se si sveste
la sembianza non sua in che disparve, (93)

così mi si cambiaro in maggior feste
li fiori e le faville, sì ch'io vidi
ambo le corti del ciel manifeste. (96)

O isplendor di Dio, per cu' io vidi
l'alto triunfo del regno verace,
dammi virtù a dir com' ïo il vidi! (99)

Lume è là sù che visibile face
lo creatore a quella creatura
che solo in lui vedere ha la sua pace. (102)

E' si distende in circular figura,
in tanto che la sua circunferenza
sarebbe al sol troppo larga cintura. (105)

Fassi di raggio tutta sua parvenza
reflesso al sommo del mobile primo,
che prende quindi vivere e potenza. (108)

E come clivo in acqua di suo imo
si specchia, quasi per vedersi addorno,
quando è nel verde e ne' fioretti opimo, (111)

sì, soprastando al lume intorno intorno,
vidi specchiarsi in più di mille soglie
quanto di noi là sù fatto ha ritorno. (114)

E se l'infimo grado in sé raccoglie
sì grande lume, quanta è la larghezza
di questa rosa ne l'estreme foglie! (117)

La vista mia ne l'ampio e ne l'altezza
non si smarriva, ma tutto prendeva
il quanto e 'l quale di quella allegrezza. (120)

Presso e lontano, lì, né pon né leva:
ché dove Dio sanza mezzo governa,
la legge natural nulla rileva. (123)

Nel giallo de la rosa sempiterna,
che si digrada e dilata e redole
odor di lode al sol che sempre verna, (126)

qual è colui che tace e dicer vole,
mi trasse Bëatrice, e disse: «Mira
quanto è 'l convento de le bianche stole! (129)

Vedi nostra città quant' ella gira;
vedi li nostri scanni sì ripieni,
che poca gente più ci si disira. (132)

E 'n quel gran seggio a che tu li occhi tieni
per la corona che già v'è sù posta,
prima che tu a queste nozze ceni, (135)

sederà l'alma, che fia giù agosta,
de l'alto Arrigo, ch'a drizzare Italia
verrà in prima ch'ella sia disposta. (138)

La cieca cupidigia che v'ammalia
simili fatti v'ha al fantolino
che muor per fame e caccia via la balia. (141)

E fia prefetto nel foro divino
allora tal, che palese e coverto
non anderà con lui per un cammino. (144)

Ma poco poi sarà da Dio sofferto
nel santo officio: ch'el sarà detruso
là dove Simon mago è per suo merto,
e farà quel d'Alagna intrar più giuso». (148)

NOTE AL CANTO XXX



(1-15) Forse semilia miglia, ecc.: «Per trovare con precisione l'ora qui indicata, è da sapere che la circonferenza della terra era stimata di miglia 20.400, delle quali il sole ne percorre 850 per ogni ora. Se dunque il quarto del 20.400 è il 5.100, e il mezzogiorno è distante da un dato luogo forse 6.000 miglia, ivi mancheranno alla prim'ora del giorno, distante un quadrante di sfera dall'ora sesta, miglia 900 in circa, le quali il sole percorre presso a poco in un'ora. Ed ecco che tutta questa perifrasi viene a dire che manca un'ora circa al nascer del sole» (B. B.). Il L. pone in vece 21.600, e Benv. 24.000 miglia; men bene, secondo Filalete; ci: da noi Italiani, dal luogo ove noi siamo; ferve l'ora sesta: «vale: scalda il mezzogiorno, giusta l'antica divisione del giorno civile in dodici ore» (L.); china già l'ombra: «l'ombroso cono, che nella parte al sole opposta produce, quasi al letto piano, quasi alla orizzontale linea del luogo a cui incominciano le stelle a sparire» (L.); quando il mezzo, ecc.: «Dice questo, perché, mancando il chiaror delle stelle, pare che il sommo del cielo, oscurandosi, in certo modo si allontani» (Tor.); profondo: «altissimo; all'uso latino» (Ces.); alcuna stella - perde il parere infino a questo fondo: «alcuna stella cessa di apparire, di farsi come prima vedere, infin quaggiù in terra. Dice alcuna, imperocché ai primi albòri non tutte le stelle spariscono, ma solamente quelle di lume più fievole» (L.). «Non appar più a noi sulla terra; parla delle stelle del mezzo alto del cielo: che quelle sopra l'Oriente son già dileguate, è un pezzo» (Ces.); e come: «e secondo che vien» (Ces.). Quanto più s'inoltra; ancella: l'aurora; vista: stella. Par., II, 115: vedute: le stelle; più bella: più lucida; il triunfo che lude, ecc.: «il trionfo degli angelici cori che festeggiano intorno a Dio, che mi abbagliò con la sua luce» (Vent.); parendo inchiuso, ecc.: «sembrando da que' cerchj angelici contenuto quello che continet omnia (Sap., I, 7), contien esso tutte le create cose» (L.); al mio veder si stinse: si estinse. Alla mia vista disparve, nulla vedere: la cessazione della gioconda vista degli angelici cori; amor: verso Beatrice.
(16-33) Se quanto, ecc.: «se in una sola lode qui racchiudessi quante lodi ho di lei dette fin qui, sarebbe poco, né basterebbe ad esprimere ciò che della sua bellezza dir dovrei questa volta» (Vent.); La bellezza ch'io vidi, ecc.: «Riconoscendo Dante in Beatrice la teologia, la scienza delle divine cose, come più volte si è detto, e facendola perciò, salendo e a Dio avvicinandosi, divenire più bella (Par., V, 94; VIII, 15, ecc.), ora ch'è salita nel cielo stesso d'Iddio, dicela divenuta di tanta bellezza, che non solo la mente umana, ma nissun'altra mente, fuor chela divina, la può adeguatamente comprendere» (L.); si trasmoda: «travalica ogni misura» (Ces.). «Trascende il moda nostro d'intendere e d'essere» (T.); Da questo passo, ecc.: «da questo punto della mia narrazione mi confesso superato più che giammai superato fosse poeta comico o tragico da arduo punto del suo argomento» (L.); in viso che più trema, ecc.: «più debole» (T.); la mente: l'intelletto; da me medesmo scema: mi fa diminuire; in questa vita: in questa mortal vita; a questa vista: «al vedere che feci Beatrice questa volta» (L.); Preciso: troncato, tolto; «Potei dirne qualcosa» (T.) «Bastai a tenerle dietro poetando» (Ces.); all'ultimo suo: «come desiste l'artefice che ha posto l'ultima mano alla cosa da lui fatta» (Daniello).
(34-45) Cotal: così bella; a maggior bando: a maggior voce, a maggior suono; l'ardua sua matera: «che tratta del cielo empireo» (B.); con atto, ecc.: «in atto e voce di guida o conduttore che si sente spedito o spacciato del suo carico di condurre il suo alunno, e però in atto allegro, baldo, contento» (Ces.); del maggior corpo: «del nono cielo, che è lo primo mobile e maggior corpo che tutti li altri» (B.); al ciel ch'è pura luce: «al cielo empireo» (L.); trascende ogni dolzore: «sorpassa ogni dolcezza» (L.); Qui vederai l'una, ecc.: «vedrai qui i due eserciti del Paradiso, uno cioè degli Angeli buoni che militarono contra de' rei, l'altro degli uomini che militarono contra i vizj - e l'una in quelli aspetti, ecc.: e la milizia degli uomini ti si presenterà sotto la forma di quel corpo che tu nel giorno del finale giudizio vedrai a ciascun'anima realmente congiunto» (L.).
(46-54) discetti: a divida» (B.). «Disgreghi, dissepari» (L.). «Svegli. Vive in Corsica» (T.); li spiriti visivi: «per mezzo de' quali credevasi che l'occhio vedesse» (L.); da l'atto: «dell'impulso di quegli obbietti stessi che altre volte erano i più forti ad eccitar l'occhio, come il sole, il fuoco, ecc.» (L.); Mi circunfulse: «risplendé intorno a me» (B.); amor: Iddio; queta: accontenta; accoglie in sé con sì fatta salute: «saluto» (T.). Rime: Dunque vostra salute omai si muova - E vegna dentro al cor che lei aspetta; per far disposto, ecc.: «per fare disposta l'anima a ricevere tale grazia, che arda di lui e non d'altra cosa» (B.); candelo: candela.
(55-66) dentro a me venute: «da me ricevute, da me udite» (L.); sormontar, ecc.: «in su montare più che non poteva la mia virtù umana, perché m'era sopravvenuta la grazia divina» (B.); novella vista: «nuova virtù visiva» (B.); mera: «pura, risplendente» (L.); si fosser difesi: si sarebbero tenuti saldi, contro tanto splendore; in forma di rivera: a guisa di fiume; fluvido: «Dove continui fulgori andavan scorrendo com'onde» (Bl.); di mirabil primavera: «d'una meravigliosa verdura d'erbe e di fiori» (B.). Apoc., XII: Ostendit mihi flumen aquae viva splendidum tamquam crystallum procedens de sede Dei; e d'ogni parte: «da ambedue le dette rive» (L.); quasi rubin: «rubino è pietra preziosa di colore di fuoco - che oro circunscrive, che e intorneato dall'oro» (B.). «Incastonato nell'oro» (Ces.).
(68-72) riprofondavan: Il Buti: «Riprofundevan sé, ecc., imbagnavano sé da capo nel meraviglioso fiume»; «Gorgo per fiume adopera il Petrarca (Sonetto 191), e dal latino gurges forma Dante gurge, pur per fiume» (L.); che mo t'infiamma e urge: «che or t'accende e stimola» (L.); Vei: «vedi» (B.); più furge: gonfia; quant'è più intenso.
(75-81) il sol de li occhi miei: Beatrice; topazii: «le faville che vedute aveva uscire ed entrare nella riviera; il topazio è gemma molto lucida e di color d'oro» (L.); di lor vero: di quello ch'essi obbietti veramente sono; ombriferi prefazii: prefazioni. Qui anticipati adombramenti. Il B.: «Vere: primavera»; acerbe: «non venute a maturità, né a sua perfezione: queste cose da sé sono perfette» (B.). Dure a penetrarsi, a intendersi; è difetto da la parte tua: «di te, che apprendi le cose del cielo, come quelle che sono in terra» (B.); viste... superbe: «il plurale pel singolare: vista eccellente» (L.).
(82-96) fantin: fanciullo; subito rua: «sì subitamente si gitti» (B.). «Si slanci, si avventi» (Ces.). Inf., XX, 33, verso il latte: «verso la puppa della nutrice» (B.); molto tardato: «molto più tardi dell'ora in che è solito poppare» (B. B.); che si deriva: «che scorre dal divin fonte, a fine che la vista delle anime vi s'immegli, vi si faccia migliore e vi divenga abile a sostenere la pienezza della luce di Dio» (B. B.); e sì come di lei bevve la gronda, ecc.: «Appena mi vi affacciai» (B. B.); sotto larve: «sotto mascare: larva significa vesta contrafatta, come si vestono li uomini, che non vogliono essere cognosciuti» (B.). «Larve si è una generazione di vestimenta, la quale copre lo vestito in tale modo che non si discerne che animale ello sia, che non ha né collarino né maniche, né altre parti conformi alle membra del vestito» (Lan.); se si sveste, ecc.: «se svestesi della maschera nella quale si nascose» (L.); feste: «letizie» (B.); ambo le corti del ciel: «li Agnoli e l'anime umane, che erano beate in cielo» (B.).
(97-108) O isplendor di Dio: «La grazia illuminante» (Pogg. e T.). «Il Logos, o la seconda persona della Trinità» (Fil.); ha la sua pace: «lo suo riposo» (B.). Sant'Agostino: Fecisti nos ad te, et inquietum est cor nostrum donec requiescat in te; la sua circunferenza, ecc.: «Viene con ciò a dir maggiore cotale circonferenza di quella del sole, quantunque sia questo più grande della terra le centinaja di volte» (L.); Fassi di raggio, ecc.: «quanto pare di questo lume, procede da raggio, ecc.» (Tor.).
(109-117) E come clivo: «Clivo è uno monticello inchinato» (O.). «Come collinetta si specchia nell'acque sottoposte, quasi per vedersi adorna, allorché spiega la sua pompa di primavera. L'allorché corrisponderà alla frase dantesca con precisione, se leggeremo col ms. Estense, col Vellutello, e con molti altri testi indicati dagli Accademici: quando è nel verde» (Par.); opimo: «abbondevile» (B.); sì, soprastando, ecc.: «così vid'io quante anime dalla terra passate sono al Cielo, di mille gradi ripartito, soprastando intorno intorno al lume, specchiarsi in quello» (L.); soglie: «sedie circulari» (B.); E se l'infimo grado, ecc.: «Avendo già detto che intorno al circolare prefato lume erano soglie, o sieno gradi, più di mille, d'onde l'anime beate in quel lume si specchiavano, ci ha fatto capire che intorno al medesimo lume si alzasse una circolare scala, come d'anfiteatro. Siccome adunque i gradi di circolare scala, quanto più alti sono, tanto più in largo stendono la loro circonferenza, bene perciò pretende il Poeta, che dalla larghezza dell'infimo grado, tanta che sarebbe al Sole troppo larga cintura, argomentare si debba quanta doveva essere la larghezza degli estremi più alti gradi. Ma siccome la struttura di quella celeste scala imitava la struttura di una rosa, in cui dal giallo intermedio verso l'estremità si vanno appunto le foglie di mano in mano una sopra dell'altra innalzando, però in vece di dire: quant'è la larghezza di questa scala negli estremi gradi, dice: quanta è la larghezza - di questa rosa ne l'estreme foglie!» (L.).
(118-129) ne l'ampio: «nella larghezza» (B.); prendeva: «apprendeva, discerneva» (L.); il quanto e 'l quale: «la quantità e la qualità» (L.); Presso, ecc.: «In quel luogo l'esser presso o lontano non aggiunge né toglie al vedere: sii presso o lontano, ivi nulla monta» (Biag.); sanza mezzo: «senza interposizione di seconde cagioni, ma di per sé, immediatamente» (L.); la legge natural, ecc.: «la natural legge, che la causa in vicinanza più forte agisca, ed in distanza più debolmente non ha luogo, non conta in modo alcuno» (L.); nulla rileva: «niente vi vale» (B.); giallo de la rosa sempiterna: «appella il circolare predetto lume sopra della convessa superficie del primo Mobile, imperocché situato in mezzo e nel fondo degl'intorno ascendenti gradi, appunto come il giallo in mezzo della rosa» (L.); ingrada: s'inalza per gradi. Il Buti: «Digrada, imperò che saglie a scalone a scalone»; e redole, ecc.: «e spira odor di lode a Dio, che opera ivi perpetua primavera» (L.); e dicer vole: «che è in sul parlare» (Ces.); Mira, ecc.: «come grande è lo raunamento di coloro, che sono vestiti di vestimenti bianchi» (B.).
(130-138) quant'ella gira: «quant'ella è grande: quasi dica: vedi ch'ella è immensurabile» (B.); che poca gente, ecc.: «dà ad intendere che 'l numero degli eletti sia presso che compiuto» (B.); prima che, ecc.: «prima che tu vegni a questa beatitudine» (B.); sederà l'alma, ecc.: «che laggiù in terra avrà imperiale dignità. E dice che fia, che sarà, imperocché Arrigo di Lucemburgo, di cui qui parla, non fu fatto imperatore che nel 1308, e Dante finge questa sua gita all'altro mondo nel 1300» (L.); agosta: augusta. A drizzare Italia: «a togliere i disordini ch'erano in Italia» (L.); in prima, ch'ella sia disposta: «a ricevere la sua liberazione» (B.).
(139-148) v'ammalia: «voi uomini d'Italia vi tiene legati, come fa la malizia li uomini, che sono ammaliati» (B.); caccia via la balia: «spesse volte addiviene che li fanciulli rovinosi, quando la balia s'accosta per dare la puppa, la cacciano via spingendola colla mano; e così fate voi Italiani, che avete bisogno del Signore che vi dirizzi e mantengavi in libertà, e voi lo cacciate via» (B.); prefetto nel foro divino: «nella corte di Roma sarà papa» (Ces.); tal: Clemente V; che palese, ecc.: «guasterà suoi disegni con pratiche segrete e manifesti fatti» (Ces.). «O prima gli gioverà e poi gli farà contro; poco poi sarà, ecc.: campato essendo nel pontificato soli anni nove in circa, cioè dal 1305 al 1314» (L.); sarà detruso: «cacciato giù dalla sedia» (Ces.); là dove, ecc.: «nella bolgia de' simoniaci» (L.); quel d'Alagna: «Bonifazio VIII, cedendo il luogo a Clemente V, cascherà giù sotto la pietra, e rimarrà questi colle gambe fuori de' buchi, Forte spingando con ambo le piote (Inf., XIX)» (Ces.).

 

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