I Grandi Classici Cultura La Divina Commedia di Dante Alighieri Paradiso Canto XXIII

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I Grandi Classici Cultura La Divina Commedia di Dante Alighieri Paradiso Canto XXIII














I Grandi Classici Le Mille e Una Notte - LA DIVINA COMMEDIA di Dante Alighieri PARADISO - CANTO XXIII

Come l'augello, intra l'amate fronde,
posato al nido de' suoi dolci nati
la notte che le cose ci nasconde, (3)

che, per veder li aspetti disïati
e per trovar lo cibo onde li pasca,
in che gravi labor li sono aggrati, (6)

previene il tempo in su aperta frasca,
e con ardente affetto il sole aspetta,
fiso guardando pur che l'alba nasca; (9)

così la donna mïa stava eretta
e attenta, rivolta inver' la plaga
sotto la quale il sol mostra men fretta: (12)

sì che, veggendola io sospesa e vaga,
fecimi qual è quei che disïando
altro vorria, e sperando s'appaga. (15)

Ma poco fu tra uno e altro quando,
del mio attender, dico, e del vedere
lo ciel venir più e più rischiarando; (18)

e Bëatrice disse: «Ecco le schiere
del triunfo di Cristo e tutto 'l frutto
ricolto del girar di queste spere!». (21)

Pariemi che 'l suo viso ardesse tutto,
e li occhi avea di letizia sì pieni,
che passarmen convien sanza costrutto. (24)

Quale ne' plenilunii sereni
Trivïa ride tra le ninfe etterne
che dipingon lo ciel per tutti i seni, (27)

vid' i' sopra migliaia di lucerne
un sol che tutte quante l'accendea,
come fa 'l nostro le viste superne; (30)

e per la viva luce trasparea
la lucente sustanza tanto chiara
nel viso mio, che non la sostenea. (33)

Oh Bëatrice, dolce guida e cara!
Ella mi disse: «Quel che ti sobranza
è virtù da cui nulla si ripara. (36)

Quivi è la sapïenza e la possanza
ch'aprì le strade tra 'l cielo e la terra,
onde fu già sì lunga disïanza». (39)

Come foco di nube si diserra
per dilatarsi sì che non vi cape,
e fuor di sua natura in giù s'atterra, (42)

la mente mia così, tra quelle dape
fatta più grande, di sé stessa uscìo,
e che si fesse rimembrar non sape. (45)

«Apri li occhi e riguarda qual son io;
tu hai vedute cose, che possente
se' fatto a sostener lo riso mio». (48)

Io era come quei che si risente
di visione oblita e che s'ingegna
indarno di ridurlasi a la mente, (51)

quand' io udi' questa proferta, degna
di tanto grato, che mai non si stingue
del libro che 'l preterito rassegna. (54)

Se mo sonasser tutte quelle lingue
che Polimnïa con le suore fero
del latte lor dolcissimo più pingue, (57)

per aiutarmi, al millesmo del vero
non si verria, cantando il santo riso
e quanto il santo aspetto facea mero; (60)

e così, figurando il paradiso,
convien saltar lo sacrato poema,
come chi trova suo cammin riciso. (63)

Ma chi pensasse il ponderoso tema
e l'omero mortal che se ne carca,
nol biasmerebbe se sott' esso trema: (66)

non è pareggio da picciola barca
quel che fendendo va l'ardita prora,
né da nocchier ch'a sé medesmo parca. (69)

«Perché la faccia mia sì t'innamora,
che tu non ti rivolgi al bel giardino
che sotto i raggi di Cristo s'infiora? (72)

Quivi è la rosa in che 'l verbo divino
carne si fece; quivi son li gigli
al cui odor si prese il buon cammino». (75)

Così Beatrice; e io, che a' suoi consigli
tutto era pronto, ancora mi rendei
a la battaglia de' debili cigli. (78)

Come a raggio di sol, che puro mei
per fratta nube, già prato di fiori
vider, coverti d'ombra, li occhi miei; (81)

vid' io così più turbe di splendori,
folgorate di sù da raggi ardenti,
sanza veder principio di folgóri. (84)

O benigna vertù che sì li 'mprenti,
sù t'essaltasti per largirmi loco
a li occhi lì che non t'eran possenti. (87)

Il nome del bel fior ch'io sempre invoco
e mane e sera, tutto mi ristrinse
l'animo ad avvisar lo maggior foco; (90)

e come ambo le luci mi dipinse
il quale e il quanto de la viva stella
che là sù vince come qua giù vinse, (93)

per entro il cielo scese una facella,
formata in cerchio a guisa di corona,
e cinsela e girossi intorno ad ella. (96)

Qualunque melodia più dolce suona
qua giù e più a sé l'anima tira,
parrebbe nube che squarciata tona, (99)

comparata al sonar di quella lira
onde si coronava il bel zaffiro
del quale il ciel più chiaro s'inzaffira. (102)

«Io sono amore angelico, che giro
l'alta letizia che spira del ventre
che fu albergo del nostro disiro; (105)

e girerommi, donna del ciel, mentre
che seguirai tuo figlio, e farai dia
più la spera supprema perché li entre». (108)

Così la circulata melodia
si sigillava, e tutti li altri lumi
facean sonare il nome di Maria. (111)

Lo real manto di tutti i volumi
del mondo, che più ferve e più s'avviva
ne l'alito di Dio e nei costumi, (114)

avea sopra di noi l'interna riva
tanto distante, che la sua parvenza,
là dov' io era, ancor non appariva: (117)

però non ebber li occhi miei potenza
di seguitar la coronata fiamma
che si levò appresso sua semenza, (120)

E come fantolin che 'nver' la mamma
tende le braccia, poi che 'l latte prese,
per l'animo che 'nfin di fuor s'infiamma; (123)

ciascun di quei candori in sù si stese
con la sua ama, sì che l'alto affetto
ch'elli avieno a Maria mi fu palese. (126)

Indi rimaser lì nel mio cospetto,
'Regina celi' cantando sì dolce,
che mai da me non si partì 'l diletto. (129)

Oh quanta è l'ubertà che si soffolce
in quelle arche ricchissime che fuoro
a seminar qua giù buone bobolce! (132)

Quivi si vive e gode del tesoro
che s'acquistò piangendo ne lo essilio
di Babillòn, ove si lasciò l'oro. (135)

Quivi trïunfa, sotto l'alto Filio
di Dio e di Maria, di sua vittoria,
e con l'antico e col nuovo concilio,
colui che tien le chiavi di tal gloria. (139)

NOTE AL CANTO XXIII



(1-15) amate: «per li figlioli, li quali esso uccello vi ha nidificati» (Anon.); posato: dopo aver riposato; la notte: nella notte; li aspetti: de' figli; in che: nella cerca del quale; labor: fatiche; li son aggrati: gradevoli; previene il tempo: «ragguarda il tempo inanti che venga; et apparecchiasi per andare a procacciare» (B.); in su l'aperta frasca: «sulla punta de' rami inoltrandosi» (B. B.). «Mi par vederlo là in cima all'ultima pollezzola, che più sporge in fuori dell'altre» (Ces.); pur: «sol che, appena che» (F.). «Quel pur dice un tuttavia, cioè un guardar fiso continuo senza batter occhio» (Ces.); così la Donna, ecc.: il Post. Caet.: «Ut pasceret filium suum scilicet Dantem cibo spirituali»; eretta: «levata su per vedere meglio» (B.); inver la plaga: «verso la parte del ciel media» (L.); sotto la quale il sol, ecc.: «quando è al mezzo dì, pare andare meno ratto perché viene sopra i nostri capi; e però vuole dire che Beatrice stava attenta inverso lo mezzo dì» (B.); e vaga: «e con l'occhio andar vagando» (Vellutello). «Desiderosa in vista» (Biag.); fecimi qual è quei, ecc.: «io mi feci qual si suol far colui che desiderando vorrebbe altro di quel ch'egli ha, ed aspettando s'appaga, perché spera poter la cosa desiderata conseguire» (Vellutello); s'appaga: «s'accheta lo suo desiderio» (B.).
(16-24) Quando: sost.: tempo. Par., XXIX, 12: ogni ubi e ogni quando. «Poco spazio corse tra il tempo in cui desiderava di veder ciò che Beatrice mirava, ed il tempo in cui lo vide» (L.); Ecco le schiere, ecc.: «Come li Romani, quando triunfano, menano innanti al carro la preda tolta ai nimici, così finge che venisse Cristo colla preda ch'aveva tolto al dimonio, e sì de' santi Padri del Limbo, e si dei santi cristiani che sono salvati per la passione di Cristo» (B.). «Ecco tutta la milizia celeste raccolta, per seguire il trionfo di Cristo, da tutte le sfere ov'era sparsa» (Tor.); tutto il frutto - ricolto del girar, ecc.: «delle benefiche influenze delle buone stelle, per le quali s'accendono i mortali a virtuose opere» (Biag.).
(26-39) Trivia: la Luna. «Detta così perché presiedeva ai trivj» (Lf.); Ride: «è quel candore lucente della luna, che nelle notti serene fa lieto il cielo quasi trapunto di stelle ed esilara chi la mira» (Ces.); ninfe eterne, invece di bellezze eterne, appella le stelle; per tutti i seni: per tutte le sue piegature. «Imperò che 'l cielo è curvo e piegato in verso noi» (B.). «I nidi e' ripari dove sono incastonati» (Ces.); lucerne: «beati spiriti» (B.); tutte quante l'accendea: «tutte risplendevano per lo splendore di questo sole (B.); come fa il nostro (Sole) le viste superne: «Come il nostro Sole accende le stelle che sopra di noi vediamo. V. Par., XX, 6» (L.). «Par., II, 115: Lo ciel seguente, ch'ha tante vedute» (T.); per la viva luce: «del detto divin Sole» (L.). «Delle anime» (T.); la lucente sustanza: «l'umanità di Cristo» (B. e L.). «Ma può intendersi della luce divina in assoluto» (T.); Oh Beatrice, ecc.: «Parole sono dell'autore; e non chiama con questo Oh Beatrice, ma narra intra sé, gratificando la virtù della Teologia» (Anon.). «Questo non è chiamare; ma esclamare per subita sorpresa di maraviglia e di giubilo» (V.); Ella mi disse: Quel, ecc.: «E Beatrice che intese dove andava a ferire quella mia esclamazione, mi rispose ripigliando: quella eccessiva luce, che vince e supera la tua vista, è luce e virtù divina» (V.); Ripara: «nessun occhio si difende» (T.); è la sapïenza: «L'astratto pel concreto, cioè pel sapiente e 'l possente Gesù Cristo» (L.); ch'aprì: colla redenzione; onde: «di che» (T.).
(40-54) Come foco, ecc.: «scoppiando la nube per dilatarsi il suo fuoco, questo discende verso la terra contro l'istinto suo, essendo naturato a salire Là dove più in sua materia dura» (Biag.); Per dilatarsi: «si disserra per questo ch'egli si dilata, sì che non può capire entro la nuvola» (Tor.); tra quelle dape: «tra quelli diletti di vedere Cristo e li beati; la quale visione è saziamento e nutrimento della mente» (B.); dape: «dapi, vivande. Con pari traslato s. Ambrogio del beato Comprensore cantò: Dapes supernas obtinet (nell'inno Jesu corona celsior, che canta la Chiesa nell'offizio dei Confessori non Pontefici)» (L.); di se stessa uscío: «uscì dal natural suo modo di operare» (L.); sape: sa; si risente: «Scotendosi rientra nel sentimento o conoscenza di cosa veduta e obblita, dimenticata» (Ces.). Par., XXXIII, 58 e segg.: Qual è colui che somnïando vede, - che dopo il sogno la passione impressa - rimane, e l'altro a la mente non riede; di ridurlasi a la mente: «di ricordarsene» (B.); degna - di tanto grato, ecc.: meritevole di tale e tanto mio gradimento. «Gratitudine» (T.); che mai non si stingue: si estinguerà, si cancellerà; del libro: «della memoria - che 'l preterito, le passate cose - rassegna, segna, scrive» (L.). «Nota e ordina» (T.).
(55-63) Se mo sonasser, ecc.: «se ora a cantare il santo riso di Beatrice, e quanto esso riso (ovvero il santo aspetto di Cristo; Tor.) faceva chiaro e risplendente il santo aspetto di lei, parlassero tutte quelle lingue che Polinnia con l'altre sorelle Muse col latte loro dolcissimo fecero più faconde, non si perverrebbe col canto alla millesima parte della verità» (L.); del latte lor dolcissimo: «Purg., XXII, 102: che le Muse lattar più ch'altro mai; pingue: pingui. «Grasse, abbondanti» (B.); aiutarmi: Inf., XXXII, 10-11; Purg., XXIX, 41; E così, figurando, ecc.: e similmente questo mio poema descrivendo, dipingendo il Paradiso, conviene che salti, cioè tacendo di quel santo riso, trapassi a dire di altre cos., a guisa d'uomo, ecc. Benv.: «Convien saltar, scilicet praedictum passum»; Saltar: «passare, senza toccare e dire» (B.); riciso: tagliato et interrotto da qualche fossa o da qualche fiume.
(64-78) ponderoso tema: «la grave materia» (B.). Altri: poderoso; pileggio: mare, o tratto di mare. «Boccaccio, Filoc., VII: Ho veduto nave correr lungo pileggio con vento prospero» (L.). Il Cesari: pareggio. Nel Ducange parigium per tratto di mare. Francese: parage. Il Buti: «Non è paleggio (pareggio), non è pelago né mare. Tragitto». «Un contemporaneo di Dante: Transeundo parigia dicta maris» (T.). «Viaggio di mare, navigazione» (Bl.); Ch'a se medesmo parca: «perdoni, che non si voglia esercitare» (B.). Perché la faccia mia, ecc.: «perché mai (riparla Beatrice a Dante) la faccia mia t'innamora talmente, che di nuovo non ti volgi alla vaga schiera de' beati, che adornasi dello splendore che Gesù Cristo sovra di essi spande?» (L.). Purg., XXIX, 61-63; Al bel giardino: «alla congregazione dei beati» (B.); «Paradiso in greco vale giardino» (T.); la rosa: «Maria Vergine, appellata Rosa mistica, anche dalla Chiesa» (L.); carne si fece: «prese carne umana» (B.); gigli: «i santi Apostoli e Dottori e tutti li beati» (B.); al cui odor: «alle virtuose opere de' quali - si prese il buon cammino, di vita eterna» (B.); mi rendei: «mi rimisi, ritornai» (L.); a la battaglia, ecc.: «a fare combattere li miei debili occhi, e non potenti sostenere lo splendore di Cristo col detto splendore» (B.).
(79-87) Come a raggio, ecc.: «Vede i beati illuminati da Cristo, non Cristo, salito più su, come chi sta all'ombra vede un prato illuminato dal Sole che rompa un poco la nuvola» (T.). «Vuol fare intendere, senza dirlo, chi il Sole, Gesù Cristo, che raggiava in que' Santi (e Dante prima l'aveva veduto addietro, v. 29), s'era levato e nascosto; di che egli vedea solo i raggi di lui, che, illuminati que' Santi, da loro si riflettevano al suo sguardo. Sia il Sol fra le nuvole, e per uno spiraglio fra una ed altra passi un suo raggio purissimo sopra un prato di fiori: tu vedi questi illuminati, senza veder donde venga la luce» (Ces.); mei: trapassi. «Scorra e descenda» (B.). «Par., XIII, 55: ...luce che sì mea; e XV, 55» (T.); per fratta nube: «per alcuna nube, rotta in alcuna parte, unde vegna giuso lo raggio» (B.). «Fratta. Purg., XVII, 42: fratto, del sonno» (T.); splendori: «beati spiriti splendenti» (B.); fulgurate di su, ecc.: fatte splendide de' raggi che venivano di su, da alto, sopra di loro; sanza veder principio, ecc.: «senza che io vedesse unde procedesseno quelli raggi» (B.); O benigna vertù, ecc.: «o benigna virtù di Gesù Cristo, che sì quei Beati impronti, segni (intendi: del lume tuo), tu allora in più alto luogo ti levasti acciò restasse ivi facoltà agli occhi miei; ché, te presente, rimanevano dal lume tuo abbarbagliati» (L.); esaltasti: «Esaltare per innalzare, nel proprio, comune nella Bibbia» (T.).
(88-98) Il nome, ecc.: «Dopo la disgressiva apostrofe ritorna alla narrazione, e dice che il nome di Maria, ch'egli mattina e sera invocava sempre, tutto l'animo gli ristrinse, gli applicò, ad avvisar, a discernere, a trovare, lo maggior foco, il maggiore tra gli splendori rimasti, levatosi di vista Gesù Cristo; certo essendo, che tra quelli il maggiore doveva essere Maria Vergine» (L.). E come ambo, ecc.: «e dappoiché ad ambedue gli occhi miei si fece obbietto il quale, la qualità, cioè lo splendore, e il quanto, la quantità, i'estensione, la grandezza, de la viva stella, perocché in sostanza era la gran Madre di Dio» (L.); mi dipinse: «imprimé a me, secondo quelli che tegnano che la cosa veduta sia attiva, e l'occhio passivo» (B). «Negli occhi raggia l'oggetto e si fa idolo» (T.); che là su vince, ecc.: «che in Cielo vince tutti i beati nello splendore, come vinse in terra tutti i Santi nelle virtù» (L.); scese una facella: «una fiaccola, la quale in giro volgeasi tanto velocemente, che formava all'occhio una corona, un cerchio di fuoco, come avviene quando un acceso tizzo volgiam noi velocemente in giro; e scese cotal facella a cingere col giro suo Maria Vergine. Intendi l'Arcangelo Gabriele, mandato da Dio ad annunziare a Maria Vergine stessa l'incarnazione del divin Verbo» (L.).
(99-102) squarciata tona: «parrebbe uno tuono; imperò che tuono è sforzato aprimento di nube» (B.). «Romperebbe le orecchie» (Ces.); lira: «l'Arcangelo Gabriello cantante» (Volpi); il bel zaffiro: la Vergine Maria; s'inzaffira: «s'adorna come d'uno bello zaffiro: figura che l'angelo Gabriel stia e girisi intorno alla Vergine Maria sempre, a denotare che sempre elli stette con lei, e guardolla mentre ch'ella stette in questa vita, infine ch'ella salitte in cielo» (B.). «Zaffiro è il colore del quale gli antichi pittori ammantavan la Vergine, siccome quello ch'è esattamente la tinta dell'aere od atmosfera nel clima di Roma» (Lf.).
(103-111) Io sono amore angelico: Questi fu l'angelo Gabriel, che fu dell'ordine dei Serafini, che sono tutti ardenti nella carità d'Iddio; che giro: «circuisco» (Ces.); che fu albergo, ecc.: «fu ricettaculo di Cristo, che fu desiderato tanto tempo dall'angelica et umana natura: imperò che li Angeli desideravano la salute umana» (B.). «Dee, parmi intendersi, come se dicesse: Io rappresento l'amore di tutti noi Angeli a te, o Regina nostra; e con questo aggirarmiti intorno esulto a quell'allegrezza che apportò a noi il tuo ventre, che fu albergo del nostro disiro, del da noi desiderato Redentore del mondo. Desiderium collium aeternorum (Gen., XLIX), è chiamato Cristo, rispetto agli Angeli; al desiderio cioè che di lui avevano gli Angeli» (L.); e girerommi: «e mi girerò l'alta letizia» (Tor.); mentre - che seguirai, ecc.: «mentre ti starai appresso al divino Figliuolo, ch'è come a dire eternamente» (L.); mentre: «finché» (T.); e farai dia, ecc.: «divina e chiara e splendida» (B.). «E renderai più risplendente il cielo empireo col tuo entrarvi, coll'abitare tu in esso» (L.); dia: Par., XIV, 34: Luce più dia; Par., XXVI, 10: dia - regïon; perché li entre: «perché vi entre, pel tuo entrarvi» (L.).
(112-126) Lo real manto, ecc.: «Il nono cielo o primo mobile, il quale si volge tra l'ottava spera, ov'è ora il poeta, e l'empireo» (B. B.); volumi: «cieli, che' muove, mosso da Dio.
Volume da volgere e da rivolgere le sfere soggette. Ov.: Celeri volumine, del cielo» (T.); più ferve: «più si scalda più s'avviva, più è operativo et effettivo» (B.); ne l'alito di Dio: nella vicinità, nello spiro di Dio che gli sta sopra; e nei costumi: «e nelle sue perfezioni» (B. B.); l'interna riva: «la sua circonferenzia interiore, che veniva verso l'ottava spera» (B.), la sua parvenza... non appariva: «la di lei veduta spariva» (L.); appresso sua semenza: «dietro Gesù Cristo» (T.); per l'animo, ecc.: «per quell'amorosa fiamma che fin nel di fuor, negli esteriori movimenti, l'animo appalesa» (L.); candori: «candide fiamme» (L.).
(128-139) Regina coeli, ecc.: «Principio d'un'antifona che canta la Chiesa nel tempo pasquale in lode di nostra Donna» (Volpi). «Regina coeli, laetare! Alleluia. - Quia quem meruisti portare. Alleluia. - Resurrexit, sicut dixit. Alleluia. Gregorio Magno l'udì cantare dagli angeli nella peste di Roma dell'890, e nell'udirla aggiunse un altro verso: Ora pro nobis Deum! Alleluia» (Lf.); che mai da me, ecc.: «Io lo sento tuttavia mentre scrivo» (Ces.); Oh quanta, ecc.: «oh quanto abbondevole raccolta di premio si soffolce, si sostiene, si contiene» (L.). «Si ripone» (B.); in quelle arche ricchissime: «in que' doviziosissimi ricettacoli, tornata loro dallo sparso in terra seme delle virtù» (L.); buone bobolce: «buone lavoratrici: lo buono bifolco semina assai e ricoglie assai, e lo tristo semina poco e ricoglie poco; e però dice l'Apostolo (Paolo, II, Cor., IX, 6): Qui parce seminat, parce et metet; et qui seminat in benedictionibus, de benedictionibus et metet» (B.). «Bobolce, dal lat.: bubulcus, aratrici e seminatrici della terra» (L.). «Poliziano, Stanze, I, 93: "Le tre ore, che 'n cima son bobolce Pascon d'ambrosia i fior sacri e divini"» (L.). «Io sto con chi dice qui espresso il luogo della Terra buona del Vangelo, che rende per uno cento, e bobolca è una misura di terreno, sicché queste anime che furon qui buona terra da seminare portarono colà seco il loro tesoro: biolca è detta in alcuni luoghi di Lombardia» (Ces.); Quivi si vive, ecc.: «La sentenza di questo terzetto è generale, e importa: Quivi, ivi in Paradiso si gode dalle anime quel tesoro che fu da loro acquistato coi patimenti e col pianto in questo mortale esilio, ove volontariamente fu da essi lasciato l'oro, cioè si rinunziò alle ricchezze. E principe di questa Chiesa trionfante è s. Pietro» (B. B.); con l'antico, ecc.: in compagnia de' Beati del vecchio e del nuovo Testamento.

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