La Divina Commedia di Dante Alighieri PARADISO Canto XIX.

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LA DIVINA COMMEDIA di Dante Alighieri (PARADISO) - CANTO XIX

Parea dinanzi a me con l'ali aperte
la bella image che nel dolce frui
liete facevan l'anime conserte; (3)

parea ciascuna rubinetto in cui
raggio di sole ardesse sì acceso,
che ne' miei occhi rifrangesse lui. (6)

E quel che mi convien ritrar testeso,
non portò voce mai, né scrisse incostro,
né fu per fantasia già mai compreso; (9)

ch'io vidi e anche udi' parlar lo rostro,
e sonar ne la voce e «io» e «mio»,
quand' era nel concetto e 'noi' e 'nostro'. (12)

E cominciò: «Per esser giusto e pio
son io qui essaltato a quella gloria
che non si lascia vincere a disio; (15)

e in terra lasciai la mia memoria
sì fatta, che le genti lì malvage
commendan lei, ma non seguon la storia». (18)

Così un sol calor di molte brage
si fa sentir, come di molti amori
usciva solo un suon di quella image. (21)

Ond' io appresso: «O perpetüi fiori
de l'etterna letizia, che pur uno
parer mi fate tutti vostri odori, (24)

solvetemi, spirando, il gran digiuno
che lungamente m'ha tenuto in fame,
non trovandoli in terra cibo alcuno. (27)

Ben so io che, se 'n cielo altro reame
la divina giustizia fa suo specchio,
che 'l vostro non l'apprende con velame. (30)

Sapete come attento io m'apparecchio
ad ascoltar; sapete qual è quello
dubbio che m'è digiun cotanto vecchio». (33)

Quasi falcone ch'esce del cappello,
move la testa e con l'ali si plaude,
voglia mostrando e faccendosi bello, (36)

vid' io farsi quel segno, che di laude
de la divina grazia era contesto,
con canti quai si sa chi là sù gaude. (39)

Poi cominciò: «Colui che volse il sesto
a lo stremo del mondo, e dentro ad esso
distinse tanto occulto e manifesto, (42)

non poté suo valor si fare impresso
in tutto l'universo, che 'l suo verbo
non rimanesse in infinito eccesso. (45)

E ciò fa certo che 'l primo superbo,
che fu la somma d'ogne creatura,
per non aspettar lume, cadde acerbo; (48)

e quinci appar ch'ogne minor natura
è corto recettacolo a quel bene
che non ha fine e sé con sé misura. (51)

Dunque vostra veduta, che convene
essere alcun de' raggi de la mente
di che tutte le cose son ripiene, (54)

non pò da sua natura esser possente
tanto, che suo principio non discerna
molto di là da quel che l'è parvente. (57)

Però ne la giustizia sempiterna
la vista che riceve il vostro mondo,
com' occhio per lo mare, entro s'interna; (60)

che, ben che da la proda veggia il fondo,
in pelago nol vede; e nondimeno
èli, ma cela lui l'esser profondo. (63)

Lume non è, se non vien dal sereno
che non si turba mai; anzi è tenèbra
od ombra de la carne o suo veleno. (66)

Assai t'è mo aperta la latebra
che t'ascondeva la giustizia viva,
di che facei question cotanto crebra; (69)

ché tu dicevi: "Un uom nasce a la riva
de l'Indo, e quivi non è chi ragioni
di Cristo né chi legga né chi scriva; (72)

e tutti suoi voleri e atti buoni
sono, quanto ragione umana vede,
sanza peccato in vita o in sermoni. (75)

Muore non battezzato e sanza fede:
ov' è questa giustizia che 'l condanna?
ov' è la colpa sua, se ei non crede?". (78)

Or tu chi se', che vuo' sedere a scranna,
per giudicar di lungi mille miglia
con la veduta corta d'una spanna? (81)

Certo a colui che meco s'assottiglia,
se la Scrittura sovra voi non fosse,
da dubitar sarebbe a maraviglia. (84)

Oh terreni animali! oh menti grosse!
La prima volontà, ch'è da sé buona,
da sé, ch'è sommo ben, mai non si mosse. (87)

Cotanto è giusto quanto a lei consuona:
nullo creato bene a sé la tira,
ma essa, radïando, lui cagiona». (90)

Quale sovresso il nido si rigira
poi c'ha pasciuti la cicogna i figli,
e come quel ch'è pasto la rimira; (93)

cotal si fece, e sì levai i cigli,
la benedetta imagine, che l'ali
movea sospinte da tanti consigli. (96)

Roteando cantava, e dicea: «Quali
son le mie note a te, che non le 'ntendi,
tal è il giudicio etterno a voi mortali». (99)

Poi si quetaro quei lucenti incendi
de lo Spirito Santo ancor nel segno
che fé i Romani al mondo reverendi, (102)

esso ricominciò: «A questo regno
non sali mai chi non credette 'n Cristo,
né pria né poi ch'el si chiavasse al legno. (105)

Ma vedi: molti gridan "Cristo, Cristo!",
che saranno in giudicio assai men prope
a lui, che tal che non conosce Cristo; (108)

e tai Cristian dannerà l'Etïòpe,
quando si partiranno i due collegi,
l'uno in etterno ricco e l'altro inòpe. (111)

Che poran dir li Perse a' vostri regi,
come vedranno quel volume aperto
nel qual si scrivon tutti suoi dispregi? (114)

Lì si vedrà, tra l'opere d'Alberto,
quella che tosto moverà la penna,
per che 'l regno di Praga fia diserto. (117)

Lì si vedrà il duol che sovra Senna
induce, falseggiando la moneta,
quel che morrà di colpo di cotenna. (120)

Lì si vedrà la superbia ch'asseta,
che fa lo Scotto e l'Inghilese folle,
sì che non può soffrir dentro a sua meta. (123)

Vedrassi la lussuria e 'l viver molle
di quel di Spagna e di quel di Boemme,
che mai valor non conobbe né volle. (126)

Vedrassi al Ciotto di Ierusalemme
segnata con un i la sua bontate,
quando 'l contrario segnerà un emme. (129)

Vedrassi l'avarizia e la viltate
di quei che guarda l'isola del foco,
ove Anchise finì la lunga etate; (132)

e a dare ad intender quanto è poco,
la sua scrittura fian lettere mozze,
che noteranno molto in parvo loco. (135)

E parranno a ciascun l'opere sozze
del barba e del fratel, che tanto egregia
nazione e due corone han fatte bozze. (138)

E quel di Portogallo e di Norvegia
lì si conosceranno, e quel di Rascia
che male ha visto il conio di Vinegia. (141)

O beata Ungheria, se non si lascia
più malmenare! e beata Navarra,
se s'armasse del monte che la fascia! (144)

E creder de' ciascun che già, per arra
di questo, Niccosïa e Famagosta
per la lor bestia si lamenti e garra,
che dal fianco de l'altre non si scosta». (148)

NOTE AL CANTO XIX

(1-12) Parea: appariva, mostravasi; image: imagine; nel dolce frui: «nel dolce letiziare» (Lan.). Il Buti: «Nella sua beatitudine, che non è altro che fruere (fruire) Iddio»; conserte: «insieme ordinate a rappresentare tale segno; rubinetto: rubino è di colore di fuoco; ardesse: risplendesse» (B.); rifrangesse lui: «riflettesse il Sole» (T.); ritrar: descrivere; testeso: ora; non portò voce mai: «non fu mai voce che 'l dicesse per: da; rostro: becco; nel concetto: «perché lo parlare è d'uno e lo intendimento era di tutti» (B.).

(13-30) Per esser giusto e pio: «Ricordati, lettore, che ciascuno di que' beati così parlava» (L.); a quella gloria: «la gloria di paradiso, perfetta, sazia lo desiderio umano» (B.). «Riempie ogni desiderio» (Tor.). La Chiesa: Quae omne desiderium superant. «Che trascende ogni desiderio» (Lan.). Altri: «che non si lascia acquistare dal solo desiderio, ma pure col travaglio che porta la virtù. Non patitur se vinci» (Ces.); lei: la memoria; non seguon la storia: «ogni uno, o buono o rio che si sia, commenda le virtù, ma lo rio nolle seguita però» (B.); la storia: l'esempio; amori: anime innamorate della giustizia; pur uno: «Sola una voce di gioia e virtù» (T.). «Ribatte il concetto con l'immagine d'un mazzo di vari fiori, che mandano al naso un odor solo composto di molti» (Ces.); spirando: «parlando» (B.); digiuno: «Saziatemi, parlando, la voglia di sapere, perché credere in Gesù Cristo, sia necessario a salute» (T.); cibo: «Intende che 'l suo dubbio non si poria assolvere per ragione terrena» (Lan.); reame: «Ciascun ordine di celesti egli chiama reame» (T.); specchio: «Voi, come gli altri beati, vedete la giustizia di Dio» (T.). «Ben so io che voi sapete la cosa del mio dubbio, perché se la giustizia di Dio è specchiata, cioè nota, ad alcun ordine de' celesti (ai Troni), certo l'ordine vostro non la vede men chiara» (Ces.). Par., IX, (61-62: Su sono specchi, voi dicete Troni, - onde refulge a noi Dio giudicante. E Par., XXVIII.

(33-39) cotanto vecchio: «ne sono affamato da tanto tempo» (Ces.); ch'esce di cappello: «poi che si li è levato lo cappello di capo, che si li tiene per farlo maniero e che non si dibatta» (B.); si plaude: applaude a sé: Il Buti: «si plaude, sè percuote»; voglia mostrando: «di volare a pigliare preda; facendosi bello: scotendosi tutto e racconciandosi le penne col becco» (B.). «Morg., XI, 70: "Rinaldo sta, come suole il falcone Uscito del cappello alla veletta"» (T.); segno: aquila, perocché segno, o insegna imperiale; laude: Anime che onoran la grazia; contesto: «composto tutto a rendere lode a Dio della grazia ricevuta e che riceveano» (B.); gaude: gode.

(40-51) Colui, ecc.: «Dio, che misurò quasi con compasso il giro dell'universo, e tante cose ci pose aperte e arcane, non potea tanto spargere nelle creature la propria luce, che il suo Verbo non rimanesse maggiore del loro concetto. E questo è accertato dal fatto che Satana, ecc.» (T.). Ille qui volvit sextam, idest instrumentum, quo fiunt rotunditates, in extremo mundi, etc. Il Milton, Parad. perd., VII: «Arrestò quindi - Le ardenti ruote, e l'aurea sesta prese, - Che, custodita nel tesoro eterno - Di Dio si stava, a circoscriver questo - Ampio universo e quanto in lui si serra. - L'un piè fe' centro, e per la vasta, oscura - Profondità altro aggirando, disse: - Fin qui ti stendi; ecco i confini tuoi, - La tua circonferenza è questa, o mondo»; sì fare impresso: «sì imprimere e mettere; non rimanesse, ecc.: non fusse eccedente ogni creatura (ogni creato intendimento) in infinito» (B.). «Non poté tanti vestigi seminarvi del suo valore, che la sua intelligenza motrice (è il Verbo), non avesse idee di troppi altri esseri, da riempiere un altro infinito spazio, fuor del segnato confine» (Ces.); 'l primo superbo: «Lucifero, che fu la prima creatura che superbisse contra Iddio; fu la somma: «avanzò tutte le creature per eccellenzia» (B.); aspettar lume: «perché non aspettò la grazia confirmante, anco si reputò pari a Verbo Divino; cadde acerbo: cadde dalla sua eccellenzia, innanzi che avesse la grazia» (B.). «Gli angeli ebbero un tempo di prova: Lucifero non volle aspettare che la prova finisse, per conoscere il vero delle relazioni tra la creatura ed il creatore. De Vulg. Eloq., II» (T.); appar: «è manifesto; ogni minor natura: creata non può comprendere Dio» (T.); fine: «confine» (T.); e sé con sé misura: «Iddio solo è il sesto eguale alla comprensione di sé medesimo» (Ces.).

(52-66) nostra veduta: il B.: «Vostra veduta» la vostra intelligenzia»; mente: «divina» (B.); da quel che l'è parvente: Altri: Da quel ch'egli è. «Che non vegga Dio essere molta maggiore di quello che pare a lei» (T.). «Che non discerne il lume, l'intendimento divino, sotto apparenza molto dal vero discosta» (L.); Però, ecc.: «Ordina: Però la vista, l'intelligenza, che il vostro mondo riceve (da Dio), s'interna ne la giustizia sempiterna di Dio, com'occhio entro per lo mare» (L.). Il W.: per lo mar, dentro s'interna. «Però: Se tanta è la profondità della mente divina, che il primo angelo ne attinse pochissimo, e meno l'uomo, come può costui cercar nell'abisso di sua giustizia? che è la questione in Dante veduta da quelle anime. Ed ecco: il lume da Dio partecipato nelle menti umane, penetra nella giustizia eterna, come l'occhio dentro il mare, ecc., onde seguita che se Dio condanna alcuno, ne ha ben la ragione giustissima, ma occulta al nostro vedere» (Ces.); da la proda: lungo la riva; in pelago: dove è alto il mare; nol vede: «il fondo per l'altezza dell'acqua» (B.); èli: «c'è il fondo, ma la profondità lo nasconde» (T.); non è: «non c'è per l'uomo; ombra: d'ignoranza; veleno: perversità carnale» (T.). «Il fonte della vera sapienza è la mente divina, e pertanto, se il nostro vedere non vien di là, è tenebra o malignità; il che torna a dire: Se la tua ragione ti mostra essere ingiusta alcuna cosa che fa Dio, tu se' errato, e cieco, o peggio» (Ces.).

(67-78) Assai: ora vedi abbastanza; aperta la latebra: «l'appiattamento t'è manifesto» (B.); crebra: «domanda frequente» (T.); a la riva - de l'Indo: Il B.: «Alla riva Del Nilo, nasce tra gli infedeli»; sanza peccato: «senza peccare in opera e in parole» (B.); che 'l condanna: all'inferno. S. Agustino: Omnis infidelium vita peccatum est, et nihil est bonum sine summo bono. Ubi enim deest agnitio aeternae et incommutabilis veritatis, ibi virtus falsa deprehenditur etiam in optimis moribus; non crede: «se egli non ha la fede, che non è stato chi gliel'abbia mostrata?» (B.).

(79-90) a scranna: «in sedia come iudice; di lungi: quello che è di lungi molto dal tuo intelletto; con la veduta corta, ecc.: collo intelletto tuo, che non vede di lungi più d'uno parmo (palmo)» (B.). «S. Paolo, Rom., IX, 19» (Ces.); colui: «Dovrebbe dubitare e maravigliarsi di questa giustizia, se la Scrittura non gliel dichiarasse, chi meco cercasse attualmente di questo mistero» (T.). «Se la Scrittura divina non vi signoreggiasse con la sua autorità, ciò darebbe cagion di dubbio e di maraviglia a chi mi tenta in questioni, a chi mi sfida con questo sottile argomento» (Ces.). «Lo quale s'assottiglia meco a considerare la iustizia d'Iddio; dice l'aquila: io ho certezza della iustizia d'Iddio, e colui che s'assottiglia anco n'ha certezza, volendo considerare collo intelletto acuto la iustizia d'Iddio; ma tu, che hai lo intelletto grosso, non la puoi comprendere. E però ti dèi stare cheto e credere che ogni cosa iustamente è fatta da Dio, benché a te non paia, come dice Boezio nel quarto della Filosofica Consolazione, prosa quinta: Sed tu, quamvis causam tantae dispositionis ignores; tamen quam bonus mundum rector temperat, recte fieri cuncta ne dubites» (B.); meco: «com'io fo» (L.). «Forse è da leggere teco» (Tor.). Chi come te. Il Parenti supplisce ragionando, e spiega: «Certamente a colui che mi ricerca con sottigliezza, il suo volere investigare sarebbe cagion di dubbio, se la mente umana, limitatissima per sé stessa, non avesse nella Scrittura mille ragioni d'acquetarsi alle giuste ed infallibili disposizioni della prima volontà»; a maraviglia: «Sarebbe da dubitare assai, ma la santa Teologia dichiara che dice: Qui crediderit et baptizatus fuerit hic salvus erit; qui vero non crediderit, condemnabitur» (B.); animali: anime gravate dal corpo; La prima volontà: «Dio è immutabile» (T.); è sommo ben: «ha in sé tutti li beni, e di niuno bene abbisogna» (B.); consuona: «corrisponde e con lei s'accorda» (B.); nullo: «Non ha predilezione» (T.); radïando: «gittando e spargendo li raggi della sua bontà; lui cagiona: quel creato ben produce, siccome prima cagione d'ogni cosa» (B.).

(91-102) si rigira: «va roteando; pasto: pasciuto; la rimira: tutti stanno col capo alto e cogli occhi levati a guardarla» (B.); cotal: «L'immagine si fece come cicogna, e io come cicognino» (T.); da tanti consigli: «da tanti beati spiriti quanti erano in quelle ali» (B.). «Voleri d'anime» (T.); poi: poiché; quei lucenti incendi: «li detti beati spiriti; nel segno: dell'aquila fatta et immaginata di loro» (B.). «Tuttavia servando la forma dell'aquila imperiale» (Ces.).

(103-114) esso: «segno; si chiavasse: s'inchiodasse; al legno: della santa Croce. Chiavi per chiodi. Par., XXXII, 129» (T.); gridan 'Cristo, Cristo'; «Populus hic labiis me honorat, cor autem eorum longe est a me» (B.). «Matth., VII, 21: "Non ognuno che dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma sì ognuno che fa la volontà del padre mio"» (T.); in giudicio: «nell'ultimo che verrà a fare Cristo» (B.); men prope: «men vicini, men giusti» (T.). «Quanto lo peccato è più grave, tanto lo luogo della pena è più vicino al centro e più longa da Dio» (Lan.); tal: «uno; che non conosce Cristo: che fia stato infedele e non arà avuto notizia di Cristo; l'Etiope: alcuno degli Etiopi che non sarà stato peccatore se non per infedeltà, dicendoli: voi meritate bene ogni pena, che aveste notizia di quello che si dovea fare, e non faceste; la qual cosa non ebbi io, che se io l'avessi avuto, io l'arei fatto» (B.). «Matth., XII, 41: Viri Ninivitae surgent in judicio cum generatione ista, et condemnabunt eam» (Ces.); si partiranno: «se n'anderanno li dannati all'inferno, e li beati in paradiso; inope: povero; dannato e privato della grazia d'Iddio» (B.); quel volume: Apoc., XX, 12; tutti suoi dispregi: ogni peccato che l'uomo fa, chè ogni peccato è dispregio della dottrina di Cristo che non c'insegna se non virtù; suoi: loro.

(115-126) Alberto: «Purg., VI, 97. Invase e devastò la Boemia nel 1304; moverà la penna: dell'angelo che registra. Qualche antico intende: Moverà l'aquila ad occupare il reame di Praga; che: cui; fia diserto: sarà distrutto e disfatto» (B.); falseggiando: «Filippo il Bello, che dopo la sconfitta tocca a Courtray nel 1302, falsificò la moneta, con la quale pagò l'esercito assoldato contro a' Fiamminghi; quel che morrà di colpo di cotenna: lo re di Francia Filippo il Bello, che fu morto alla caccia da uno porco salvatico, che lo percosse e stracciollo colla sanna» (B.). «Essendo a una caccia, uno porco salvatico gli s'attraversò tra le gambe al cavallo in su che era e fecelne cadere, e poco appresso morì (1314)». G. Vill., IX, 66. «Philippus faciebat fabricari monetam falsam. Et nota, quod fuit interfectus ab Apro in venatione; ideo dicit: "di colpo di cotenna", idest dente Apri. Nam in vulgari florentino Cotenna solum appellatur cutis porci grossa et setolosa, et per similitudinem cutis hominis capitis etiam, quae est grossa et pilosa. Ergo per cutim dat intelligi Aprum, qui ipsum Philippum interfecit. Et merito ab animali feroci et superbo, videlicet Apro, occisus est homo tam ferox et superbus» (Benv.). «Cotenna in Romagna dicesi il porco» (T.); ch'asseta: «fa l'uomo desideroso d'avere» (B.). «Che muove la sete delle conquiste» (Ces.); lo Scotto: il B.: lo Scozio. «Allude qui alle guerre di confine tra Giovanni Baliol di Scozia (Roberto Bruce; Bl.) e Edoardo I d'Inghilterra» (Lf.); Inghilese: «così si pronunzia in Toscana» (T.); dentro a sua meta: «dentro ai termini suoi: anco esceno fuora dell'isula ad infestare le parti vicine per volerle signoreggiare» (B.); quel di Spagna: «Ferdinando IV, 1295-1312» (Bl.). Tolse Gibilterra ai Mori. Nel 1312 fe' morire a torto i fratelli Carvajal, che sul patibolo lo citarono a comparire al tribunal di Dio entro trenta giorni. Entro quel termine morì. Però fu detto El Emplazado, il citato; quel di Boemme: Boemia, Venceslao IV. Purg., VII, 102: cui lussuria e ozio pasce.

(127-135) al Ciotto di Ierusalemme: «a Carlo secondo, figliuolo del re Carlo primo, re di Puglia e di Sicilia, che s'intitola re di Ierusalem, lo quale fu sciancato» (B.); segnata con un'I: uno. «Quia habuit solam unam virtutem, scilicet largitatis. Et tamen per avaritiam vendidit filiam propriam Marchioni Estensi. Purg., XX, 79» (Benv.); quando 'l contrario: «lo male» (B.); segnerà un'emme: sarà segnato con M o mille. «Per ognuna bontade malizie mille» (Lan.); quei: «Federigo, figlio di Pier d'Aragona, e dopo lui re di Sicilia» (Bl.); l'isola del foco: la Sicilia, dov'è l'Etna. «Et nota, quod notanter dicit: "guarda", quia tenet eam cum timore, et solicitudine, quia ipse vilis et avarus male gubernat intra, et reddit se odibilem Regnicolis; extra autem habebat guerram cum Carolo Ciotto praedicto» (Benv.); ove: a Trapani. Aen., III, 710; poco: «d'animo» (T.); la sua scrittura: «quel che di lui sarà scritto nel libro del giudizio» (T.); lettere mozze: abbreviature; molto: di male; parvo: piccolo. «In modico spatio chartae» (Benv.).

(137-148) del barba: «del zio: in lingua lombarda il zio si chiama barba» (B.). Lat. Med.: barba e barbanus. «Jacopo re dell'Isole Baleari, figliuolo di Jacopo I, re d'Aragona» (Bl.); del fratel: «Giacomo II, re d'Aragona, fratello di Alfonso III, di cui si parla nel Purg., VII, 115» (Bl.); nazione: nascita. Benv.: «Generosam prosapiam»; due corone: «quella di Aragona e quella delle isole Baleari» (V.); han fatte bozze: «bastardas» (Benv.). «Vituperate come è vituperato l'uomo, quando la moglie li fa fallo» (B.); di Portogallo: Dionisio l'Agricola, avaro e mercante. Regnò 1279-1325; Norvegia: «Accone VII, 1300-1319» (Bl.); Rascia: «Parte della Servia, che a' tempi di Dante comprendeva una parte della Dalmazia» (Bl.); male ha visto, ecc.: «mal per lui hae veduto lo cogno del ducato che si batte in Vinegia: imperò che elli ha falsificato quella moneta» (B.). «Intende di Uroscius II che sposò una figlia dell'imperatore Michele Paleologo» (Lf.). «Una deliberazione veneziana del 1282 provvedeva che i ricevitori del pubblico denaro teneantur diligenter inquirere denarios regis Raxiae, contrafactos nostris Venetis grossis, si ad eorum manus pervenerint, et si pervenerint, teneantur eos incidere, ecc.» (Ph.); Ungheria: «Riprende la sozza e laida vita delli re d'Ungheria, passati infino a Andrias, la cui vita imperò li Ungheri lodarono, e la cui morte piansero, che respettivamente agli altri era più civile e politica: e però dice che se li Ungheri si possono conservare in questa, che sono beati» (An.); s'armasse: «facesse sua difensione di quel monte (Pireneo) che la circunda, e non cader nelle mani della casa d'Anjou, come fece nel 1307 e come altresì la Navarra nel 1314» (B.). «Quasi dicat: si praemuniret ita se, et praevideret sibi, resistendo, quod non veniret sub manu Francorum. Et sic tacite praedicit, quod perventura est ad manus eorum, quorum superbia vana est intolerabilis» (Benv.); Nicosia e Famagosta: «per quas dat intelligi regnum Cypri. Est enim Nicosia civitas in Cypro, et Famagosta alia civitas major et ditior, ad quam est communis Mercatorum concursus» (Benv.). «Intende del mal governo di Enrico II della casa dei Lusignani» (Lf.); per arra: «per caparra e fermezza» (B.); garra: garrisca, gridi. Benv.: «Rixetur propter regem suum bestialiter viventem»; che dal fianco de l'altre non si scosta: «qui rex non discordat, nec recedit a latere aliarum bestiarum, idest aliorum regum vitiosorum. Et vere non discohaeret, et non dissociatur a vivere bestiali, aliorum, immo vincit et excedit, cum sua gente Cypria omnes gentes et teges regnorum christianitatis in superfluitate luxuriae, gulae, mollitiei, et in omni genere voluptatum. Sed velle describere genera epularum, sumtuositatem, varietatem, et nimietatem, fastidiosum esset narrare et taediosum scribere et perniciosum. Ideo viri sobrie et temperanter viventes deberent avertere oculos a vivendo, et aures ab audiendo mores meretricales, lubricos, et foetidos Insulae illius, quam permittente Deo Januenses nunc invaserunt, expugnaverunt, et male tractaverunt, et mulctaverunt» (Benv.). Pietro dice che allude al leone dipinto nell'arme di quel re.

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