La Divina Commedia di Dante Alighieri Paradiso Canto VII.

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LA DIVINA COMMEDIA di Dante Alighieri (PARADISO) - CANTO VII

«Osanna, sanctus Deus sabaòth,
superilustrans claritate tua
felices ignes horum malacòth!». (3)

Così, volgendosi a la nota sua,
fu viso a me cantare essa sustanza,
sopra la qual doppio lume s'addua; (6)

ed essa e l'altre mossero a sua danza,
e quasi velocissime faville
mi si velar di sùbita distanza. (9)

Io dubitava e dicea 'Dille, dille!'
fra me, 'dille' dicea, 'a la mia donna
che mi diseta con le dolci stille'. (12)

Ma quella reverenza che s'indonna
di tutto me, pur per Be e per ice,
mi richinava come l'uom ch'assonna. (15)

Poco sofferse me cotal Beatrice
e cominciò, raggiandomi d'un riso
tal, che nel foco faria l'uom felice: (18)

«Secondo mio infallibile avviso,
come giusta vendetta giustamente
punita fosse, t'ha in pensier miso; (21)

ma io ti solverò tosto la mente;
e tu ascolta, ché le mie parole
di gran sentenza ti faran presente. (24)

Per non soffrire a la virtù che vole
freno a suo prode, quell' uom che non nacque,
dannando sé, dannò tutta sua prole; (27)

onde l'umana specie inferma giacque
giù per secoli molti in grande errore,
fin ch'al Verbo di Dio discender piacque (30)

u' la natura, che dal suo fattore
s'era allungata, unì a sé in persona
con l'atto sol del suo etterno amore. (33)

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Or drizza il viso a quel ch'or si ragiona:
questa natura al suo fattore unita,
qual fu creata, fu sincera e buona; (36)

ma per sé stessa pur fu ella sbandita
di paradiso, però che si torse
da via di verità e da sua vita. (39)

La pena dunque che la croce porse
s'a la natura assunta si misura,
nulla già mai sì giustamente morse; (42)

e così nulla fu di tanta ingiura,
guardando a la persona che sofferse,
in che era contratta tal natura. (45)

Però d'un atto uscir cose diverse:
ch'a Dio e a' Giudei piacque una morte;
per lei tremò la terra e 'l ciel s'aperse. (48)

Non ti dee oramai parer più forte,
quando si dice che giusta vendetta
poscia vengiata fu da giusta corte. (51)

Ma io veggi' or la tua mente ristretta
di pensiero in pensier dentro ad un nodo,
del qual con gran disio solver s'aspetta. (54)

Tu dici: "Ben discerno ciò ch'i' odo;
ma perché Dio volesse, m'è occulto,
a nostra redenzion pur questo modo". (57)

Questo decreto, frate, sta sepulto
a li occhi di ciascuno il cui ingegno
ne la fiamma d'amor non è adulto. (60)

Veramente, però ch'a questo segno
molto si mira e poco si discerne,
dirò perché tal modo fu più degno. (63)

La divina bontà, che da sé sperne
ogni livore, ardendo in sé, sfavilla
sì che dispiega le bellezze etterne. (66)

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Ciò che da lei sanza mezzo distilla
non ha poi fine, perché non si move
la sua imprenta quand' ella sigilla. (69)

Ciò che da essa sanza mezzo piove
libero è tutto, perché non soggiace
a la virtute de le cose nove. (72)

Più l'è conforme, e però più le piace;
ch' l'ardor santo ch'ogne cosa raggia,
ne la più somigliante è più vivace. (75)

Di tutte queste dote s'avvantaggia
l'umana creatura, e s'una manca,
di sua nobilità convien che caggia. (78)

Solo il peccato è quel che la disfranca
e falla dissimìle al sommo bene,
per che del lume suo poco s'imbianca; (81)

e in sua dignità mai non rivene,
se non rïempie, dove colpa vòta,
contra mal dilettar con giuste pene. (84)

Vostra natura, quando peccò tota
nel seme suo, da queste dignitadi,
come di paradiso, fu remota; (87)

né ricovrar potiensi, se tu badi
ben sottilmente, per alcuna via,
sanza passar per un di questi guadi: (90)

o che Dio solo per sua cortesia
dimesso avesse, o che l'uom per sé isso
avesse sodisfatto a sua follia. (93)

Ficca mo l'occhio per entro l'abisso
de l'etterno consiglio, quanto puoi
al mio parlar distrettamente fisso. (96)

Non potea l'uomo ne' termini suoi
mai sodisfar, per non potere ir giuso
con umiltate obedïendo poi, (99)

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quanto disobediendo intese ir suso;
e questa è la cagion per che l'uom fue
da poter sodisfar per sé dischiuso. (102)

Dunque a Dio convenia con le vie sue
riparar l'omo a sua intera vita,
dico con l'una, o ver con amendue. (105)

Ma perché l'ovra tanto è più gradita
da l'operante, quanto più appresenta
de la bontà del core ond' ell' è uscita, (108)

la divina bontà che 'l mondo imprenta,
di proceder per tutte le sue vie,
a rivelarvi suso, fu contenta. (111)

Né tra l'ultima notte e 'l primo die
sì alto o sì magnifico processo,
o per l'una o per l'altra, fu o fie: (114)

ché più largo fu Dio a dar sé stesso
per far l'uom sufficiente a rilevarsi,
che s'elli avesse sol da sé dimesso; (117)

e tutti li altri modi erano scarsi
a la giustizia, se 'l Figliuol di Dio
non fosse umilïato ad incarnarsi. (120)

Or per empierti bene ogne disio,
ritorna a dichiararti in alcun loco,
perché tu veggi lì così com' io. (123)

Tu dici: "Io veggio l'acqua, io veggio il foco,
l'aere e la terra e tutte lor misture
venire a corruzione, e durar poco; (126)

e queste cose pur furon creature;
per che, se ciò ch'è detto è stato vero,
esser dovrien da corruzion sicure". (129)

Li angeli, frate, e 'l paese sincero
nel qual tu se', dir si posson creati,
sì come sono, in loro essere intero; (132)

ma li alimenti che tu hai nomati
e quelle cose che di lor si fanno
da creata virtù sono informati. (135)

Creata fu la materia ch'elli hanno;
creata fu la virtù informante
in queste stelle che 'ntorno a lor vanno. (138)

L'anima d'ogne bruto e de le piante
di complession potenziata tira
lo raggio e 'l moto de le luci sante; (141)

ma vostra vita sanza mezzo spira
la somma beninanza, e la innamora
di sé sì che poi sempre la disira. (144)

E quinci puoi argomentare ancora
vostra resurrezione, se tu ripensi
come l'umana carne fessi allora
che li primi parenti intrambo fensi». (148)

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NOTE AL CANTO VII

(1-9) Osanna, ecc.: «Salve, o santo Dio degli eserciti (Zebaoth; Phil.), alluminante di sopra con la tua chiarezza i bene avventurati fuochi (i beati spiriti lucenti; T.) di questi regni (di queste schiere; Phil.)» (Anonimo fiorentino). «Fa cantar i beati in queste due lingue, ebraica e latina, per mostrare il consenso delle due Chiese, antica e nuova» (Ces.); volgendosi a la nota sua: «commisurando il suo muoversi o ballare all'aria del canto suddetto. Purg. XXXI, 132: danzando al loro angelico caribo. E XXXII, 33: temprava i passi un'angelica nota» (Ces.). Altri: «alla rota, all'alto del suo cielo rotante, o pure alla corona degli spiriti, che l'erano intorno» (F.); fu viso a me: «parve a me» (B.); «Costrutto latino: Visa est mihi canere» (Ces.); essa sustanza: «essa anima di Iustiniano: l'anime umane, quando sono fuora dei corpi, e gli agnoli si chiamano sustanzie separate» (B.). «Somma: "Gli Angeli si chiamano sostanze intellettuali; gli uomini, razionali"» (T.); doppio lume s'addua: «doppio splendore s'addoppia: imperò che prima v'era uno splendore, secondo lo fervore della carità, che era in quella anima; poi, cresciuto lo fervore della carità, per lo canto crebbe lo splendore. E questo finse l'autore, per mostrare che la beatitudine dei santi può accrescere accidentalmente; benché sustanzialmente no» (B.). «Si fa due: il lume della gloria assegnatale le era doppiato per quello che essa raggiò, per la letizia del compiacere a Dante» (Ces.). «Doppio, delle leggi e dell'impero» (T.). Il Post. Caet.: Propter gloriam legum et armorum; mossero: si mossono; a sua danza: «al suo girare intorno per lo pianeta, come si girano coloro che ballano e che danzano a ballo tondo. Finge l'autore che gli ordini degli angeli si girino intorno a Dio, per dare ad intendere che le loro voluntà da Dio tornano a Dio» (B.). «Si rimisero al lor lieto girare insieme con la spera di Mercurio» (F.); faville: Sap.: Justi tamquam scintillae in arundineto discurrent; mi si velar: «la lunghezza subita fu cagione che io nolle vidi più» (B.). «E rapidissimamente volgendosi, tanto si dilungarono, che in un batter d'occhio mi uscirono dalla vista» (Ces.).
(10-15) Dille, dille: «gli dicea l'animo» (Ces.). «Di' a lei, di' a lei, cioè a Beatrice lo dubbio tuo» (B.); stille: «del vero» (T.); reverenza: «non è altro che temere di mancare l'onore che si dè avere al maggiore» (B.); per Be e per ice: per Beatrice. «Dante era tutto di riverenza padroneggiato, non pure di essa sua donna, ma pur (solamente) d'un cenno, cioè della prima o dell'ultima sillaba del suo nome» (Ces.); mi richinava: giù la faccia; assonna: s'addormenta.
(16-24) Poco sofferse me cotal Beatrice: «Bada bene come tu legga qui, se vuoi intendere: Beatrice poco sofferse me cotal; cioè: Poco mi lasciò così dell'animo angosciato; ovvero: Poco patì, comportò ch'io rimanessi in quello stato» (Ces.); cotal: «sì fatto pensoso e chinato» (B.); tal, che, ecc.: «sì fatto fu lo riso di Beatrice, che nel fuoco dello inferno chi lo sentisse sarebbe felice» (B.); Secondo, ecc.: «secondo lo mio vedere; indicio sì diritto, che non si può ingannare. (La scienza illuminata dalla fede è infallibile)» (T.) «Tu dubiti come iustamente fusse punita in Cristo la colpa dei nostri primi parenti, e s'ella fu punita iustamente, come furno poi iustamente puniti gli Giudei di quello che iustamente era stato fatto» (B.); ti solverò: «libererò tosto la mente tua da cotesto dubbio» (B.); di gran sentenza, ecc.: «ti faranno dono di grande sentenza che serà la soluzione del dubbio; cioè come iustizia fusse dall'una parte e dall'altra» (B.). «Sentenza, per intera dottrina. Inf., VII, 72» (T.).

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(25-39) Per non soffrire: «Incomincia prima a dimostrare lo fallo dei primi parenti, e poi la infinita bontà di Dio» (B.). «Purg., XXIX, 27, d'Eva: non sofferse di star sotto alcun velo» (T.); a la virtù che vuole; alla volontà; freno: ritenimento; a suo prode: a sua utilità; quell'uom che non nacque: «Adam. Deus fecit hominem de limo terrae» (B.). «De Vulg. Eloq... Vir sine matre» (T.); inferma: «furno fatti più abili al male che al bene» (B.); per secoli molti: «per anni 5232; in grande errore: imperò che nessuno andava a vita eterna, e nessuno popolo onorava debitamente Iddio se non lo iudaico» (B.); di scender piacque: «venire di cielo in terra e pigliare carne umana; U', nel qual luogo; allungata: rimossa e dilungata quanto a luogo e quanto alla grazia» (B.); in persona: «in unità di persona» (T.). Ipostaticamente; del suo eterno amore: «dello Spirito Santo» (B.); viso: «occhio della mente» (T.); natura: umana; sincera: «pura, senza peccato» (B.); per se stessa: «per sua colpa» (T.); vita: «San Giov.: XIV, 6: "Io sono la via e la verità e la vita"» (T.).
(40-51) che la croce porse: diede - all'umanità di Cristo; se a la natura assunta: alla natura umana, che 'l Verbo Divino prese a sé. «Così seguita che iusta fusse la pena dell'umanità di Cristo per lo peccato del primo uomo, che originalmente corruppe tutta la massa della umana spezie» (B.); ingiura: ingiuria, ingiustizia; guardando a la persona: «avendo rispetto alla persona di Cristo, nel quale erano unite due nature, divina et umana; contratta: coniunta; tal natura: umana» (B.). «Nessuna pena più giusta della crocifissione di Gesù Cristo uomo, nessuna più ingiusta nell'uomo-Dio» (T.); uscir: vennero effetti diversi; ch'a Dio, ecc.: a Dio per iustizia, et a' Iudei per invidia; per lei: per la morte di Cristo; tremò la terra. Matth.: et terra mota est, et petrae scissae sunt; e 'l ciel s'aperse: «imperò che per la morte di Cristo l'uomo tornò nella grazia d'Iddio, e diventò abile ad avere vita eterna e montare in cielo; con Cristo risuscitato, quando montò in cielo, montorno li santi Padri che erano nel limbo, e d'allora inanzi fu aperta la porta del cielo all'umana generazione» (B.). «La morte medesima piacque a Dio ed a' Giudei: in quanto fu giusta vendetta della ria natura, piacque a Dio; in quanto fu violazione della persona odiata di Cristo, piacque a' Giudei ingrati. Per questo misfatto tremò la terra, per la soddisfazione rendutane a Dio, il cielo fu aperto a' peccatori» (Ces.). «Purg., X, 36: ch'aperse il ciel del suo lungo divieto». (T.); forte: difficile a intendere; vengiata: «vendicata, punita con giusto giudizio» (T.); da giusta corte: «dal giusto tribunale di Dio» (F.). «Per Tito Vespasiano, a cui iustamente s'apparteneva di vendicare la iniuria fatta a Cristo dai Iudei» (B.).
(53-63) ad un nodo: «ad uno dubbio inestricabile per te; ma perché Dio volesse, che Cristo, che era Iddio et uomo, morisse per ricompensare l'umana natura» (B.); pur: «solo» (T.); decreto: iudicio; sepulto: appiattato; adulto: «allevato» (B.). «Maturo» (Bl.). «Perfetto» (F.); Veramente: «ma perché molti in ciò studiano e pochi intendono e si può pure intendere e devesi» (T.); più degno: «più conveniente alla Divina Bontà, e più conveniente alla iustizia d'Iddio» (B.).
(64-72) La divina bontà: «Boezio: Quem non externae pepulerunt fingere causae Materiae fluitantis opus, verum insita summi Forma boni, livore carens» (B.); da sé sperne: «dispregiando scaccia; sfavilla: produce fuor di sé lo suo splendore e la sua luce; dispiega: manifesta in diverse essenzie. Par., II, 136-137: sua bontate... per le stelle spiega» (T.); le bellezze eterne: le sue belle cose, che ab eterno esemplarmente sono state nella sua mente; sanza mezzo: «che non vi concorra altra cosa che elli, cioè Iddio» (B.). «Mezzo, concorso di cause seconde» (T.); distilla: «deriva et è produtto in essere; non ha poi fine: è perpetuo siccome gli angeli, li cieli e l'anime umane» (B.); sigilla: «imprime la forma e dà l'essere alle cose fatte da lui senza mezzo». (B.). Eccl., III, 14: «Appresi che tutte le opere che fece Dio durano in perpetuo»; libero è tutto: «non depende da niuna altra cagione che da lui» (B.); a la virtute, ecc.: «alle influenzie dei cieli e delle seconde cagioni che si chiamano cose nuove per rispetto di Dio, che è innanzi a tutte le cose per proprietà di sua natura. Boezio: Neque Deus conditis rebus antiquior vileri debet temporis quantitate; sed simplicis potius proprietate naturae» (B.); cose: «a nuovi congiungimenti di cause seconde, accidentali, però mutabili e rinnovantisi» (T.).

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(73-75) Più l'è conforme: «quel ch'ella creò. Convito: "Quando la cosa è più divina, è più a Dio somigliante"» (T.); raggia: «illumina; è più vivace: più risplende la bontà di Iddio nelle cose immediatamente fatte da lui che nell'altre, e più vi mette del suo lume e del suo splendore, e però sono più simiglianti a lui; e così seguita che più gli debbono piacere» (B.).
(76-84) Di tutte queste dote: «perpetuità, libertà e lume» (B.). «Creazione immediata, immortalità, somiglianza con Dio, amore di Dio in lei, libertà» (T.); s'avvantaggia: si nobilita et eccede; l'umana creatura: «più che l'altre creature» (B.); caggia: cada; la disfranca: «toglie libertà» (T.). Il Lanèo: «Tolleli la sua franchezza, e falla deviare dalla similitudine del sommo bene, cioè Dio»; falla: «manca dalla sua perfezione» (B.). San Giov., VIII, 34: Omnis qui facit peccatum, servus est peccati; al: dal; poco s'imbianca: «poco s'illumina» (B.). «Inf., II, 128: 'l sol li 'mbianca» (T.); se non riempie: «in quel luogo conviene essere lo ristoro, dove fu lo mancamento» (B.); vota: «I Moralisti: Non remittitur peccatum, nisi restituatur ablatum. La colpa è un vuoto, perché ci torce a più amare il bene minore, che così diventa a noi falsità e bugia: la soddisfazione riempie quel vuoto» (T.); contra mal, ecc.: «Nota la forza di questo contra, che vale contrapponendo, o ristorando il mal diletto con giusta penitenza: prese il contra per ex adverso, a modo di ricompensazione e di cambio. Egli è lo anti dei Greci» (Ces.); con giuste pene: «rispondenti per pari al diletto» (B.).
(85-96) Vostra natura, ecc.: «l'umana natura peccò tutta, nel seme suo, cioè ne' primi parenti che furno seme di tutta la umana natura» (B.); da queste dignitadi: prerogative; fu remota: «fue rimossa da esse, dalla perfezione loro, sicché oscurata fu la similitudine d'Iddio nell'uomo» (B.); ricovrar: ricuperare; se tu badi: «se tu ragguardi, et è vulgare lucchese» (B.). «Speculi e ragioni» (Lanèo); guadi: il Buti: gradi, per uno di questi due modi, cioè di misericordia o di iustizia»; cortesia: misericordia; dimesso avesse: «perdonato avesse l'offesa all'uomo e non avesse voluto sodisfacimento; per se isso: per se medesimo» (B.). «Isso, dal latino ipse» (F.).
(97-111) ne' termini suoi: «stando l'uomo, non crescendo sua condizione» (B.). «Termini di mero uomo, che non poteva umiliarsi obbedendo, quanto si voleva elevare» (T.). Il Cesari: «Fino al termine debito al suo peccato»; ir suso: «Gen., III, 5: "Sarete come Dii"» (T.); per sé: «per se medesimo; dischiuso: rimosso et eccetto (eccettuato)» (B.). «Escluso dalla possibilità di sodisfare per se stesso» (F.); con le vie sue: «misericordia e verità» (B.). Il suo operare ed ordinamenti. Salmo, XXIV, 10: Universae viae Domini misericordia et veritas: misericordia e giustizia; riparar l'omo, ecc.: «ritornare l'uomo nella dignità che l'avea creato» (B.). «Con o riparare per sé, o dar forza all'uomo di riparare» (T.); appresenta: dimostra; imprenta: «la quale imprime in tutta la creatura lo suggello della sua Bontà Infinita» (B.). «Sigilla di sé» (T.).
(112-120) Né tra l'ultima notte: «che serà, quando per fuoco si risolverà lo mondo: imperò che poi non sarà più notte, ma sarà continuamente dì» (B.); sì alto... processo: «come fu la incarnazione del Verbo Divino» (B.). Dalla creazione al giudizio finale più alta opera di bontà e di giustizia non fu né sarà; o per l'una o per l'altra: tanto per la misericordia, quanto per la giustizia divina. Altri: «O per l'una o per l'altro, tanto per la divina bontà d'Iddio redentore, quanto per l'uomo redento» (F.); sufficiente: «atto; sol: senza dare se stesso» (T.); da sé dimesso: perdonato; scarsi: manchi e difettuosi; a la giustizia: «imperò che non arebbono risposto alla iustizia: imperò che, se avesse perdonato da sé, era misericordia e non iustizia» (B.); fosse umiliato: si fosse umiliato.

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(121-129) alcun: un; perché tu veggi, ecc.: «tu l'intenda in quella materia tanto bene come la intendo io» (F.); tutte lor misture: «ogni composizione dei detti quattro elementi» (B.); esser dovrien, ecc.: «imperò che è detto di sopra, che ciò che viene senza mezzo, per creazione da Dio, è perpetuo e libero, che per se medesimo fa l'operazione sua naturale» (B.).
(130-144) Li angeli: «sotto questo nome angeli s'intendono tutti gli ordini; e 'l paese sincero: li cieli, che sono di pura materia, e però dice sincero, cioè puro, senza carie, che viene a dire corruzione; in loro essere intero: imperò che Iddio insieme creò la materia loro e la forma» (B.). «Perfetto, senza disciogliersi né mutarsi, come creati da Dio immediatamente» (Ces.); e quelle cose, ecc.: «le cose elementate, cioè composte degli elementi; da creata virtù sono informati: sono arrecati ad essere quel che sono da creata virtù, la quale Iddio misse negli elementi quando creò la loro materia di niente; e così la loro forma è da Dio, per mezzo di quella virtù, creata» (B.). Hanno la forma specifica da causa seconda, non creati da Dio quasi di colpo; Creata: «Pietro: creatae sunt, natura naturata mediante» (T.); informante: «arrecante ad essere le cose elementate; in queste stelle: li dimostra in che stia la virtù informante le cose elementate, cioè nelle stelle» (B.). «Le stelle diventano cause, seconde da Dio, degli effetti ai quali s'adoperano» (Ces.); vanno: «facendo lo suo giro e la sua revoluzione» (B.). «Dunque non essi elementi e corpi furon creati da Dio immediatamente, ma bensì immediatamente fu creata la materia di che sono composti: come pure la virtù informante (operatrice delle forme) di queste sfere celesti, che intorno di essi elementi si ruotano» (F.); L'anima d'ogne bruto, ecc.: «l'anima sensitiva et imaginativa d'ogni animale bruto; l'anima vegetativa dell'erbe e degli albori, di composizione materiale, cioè elementale; tira: produce ad essere; lo raggio e 'l moto, ecc.: delle stelle sante, cioè ferme, perché sono create senza mezzo da Dio» (B.). Il Ces.: «Ordina: Lo raggio e 'l moto de le luci sante, tira l'anima d'ogne bruto e de le piante di complession potenzïata. La luce e 'l muoversi di que' corpi, fu da Dio impressa di virtù informatrice dell'anima dei bruti e delle piante che hanno natura in potenza (parlare scolastico), da essere da quel raggio tirate a prendere quella forma». Il T.: «Le stelle, splendendo e girando, tirano dalla materia elementare che nella sua complessione è potenziata a ciò, tirano e riducono in atto l'anima sensitiva de' bruti e la vegetativa; ma l'anima umana è inspirata da Dio senza intervento di cause seconde. Purg., XVI, 85 e seg.; XXV, 70 e segg.»; spira: «mette nel corpo umano, quando è compiuto d'organizzare, creandola in esso di niente; e la innamora - di sé: mette in lei lo naturale desiderio del sommo bene» (B.). «L'amore divino crea senza cause seconde l'anima umana, e l'innamora sempre di sé» (T.).
(145-148) quinci, ecc.: «da quella conclusione che fu posta, che ciò che Iddio ha fatto senza mezzo, è perpetuo e libero; seguita che li nostri corpi debbono risorgere: imperò che Iddio fece lo corpo, d'Adamo senza mezzo, dunque debbe essere perpetuo e libero, e similmente fece Eva; e noi veggiamo che ogni carne muore, dunque conviene - che questa morte sia a tempo, cioè dell'umana carne, e poi ritorni perpetua» (B.); fessi: fu fatta: fensi: «furono fatti Adamo ed Eva» (T.). «l'acutissimo poeta, vedendo le obiezioni che si fanno dagli increduli alla resurrezione, dice: che non ostante non se ne può dubitare, perché, avendo Iddio fatti i corpi dei primi padri di terra, non è meraviglia che possa riformare i medesimi già ridotti in terra» (Lami).

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