LA DIVINA COMMEDIA di Dante Alighieri (PARADISO) - CANTO VI

«Poscia che Costantin l'aquila volse
contr' al corso del ciel, ch'ella seguio
dietro a l'antico che Lavina tolse, (3)

cento e cent' anni e più l'uccel di Dio
ne lo stremo d'Europa si ritenne,
vicino a' monti de' quai prima uscìo; (6)

e sotto l'ombra de le sacre penne
governò 'l mondo lì di mano in mano,
e, sì cangiando, in su la mia pervenne. (9)

Cesare fui e son Iustinïano,
che, per voler del primo amor ch'i' sento,
d'entro le leggi trassi il troppo e 'l vano. (12)

E prima ch'io a l'ovra fossi attento,
una natura in Cristo esser, non piùe,
credea, e di tal fede era contento; (15)

ma 'l benedetto Agapito, che fue
sommo pastore, a la fede sincera
mi drizzò con le parole sue. (18)

Io li credetti; e ciò che 'n sua fede era,
vegg' io or chiaro sì, come tu vedi
ogne contradizione e falsa e vera. (21)

Tosto che con la Chiesa mossi i piedi,
a Dio per grazia piacque di spirarmi
l'alto lavoro, e tutto 'n lui mi diedi; (24)

e al mio Belisar commendai l'armi,
cui la destra del ciel fu si congiunta,
che segno fu ch'i' dovessi posarmi. (27)

Or qui a la question prima s'appunta
la mia risposta; ma sua condizione
mi stringe a seguitare alcuna giunta, (30)

perché tu veggi con quanta ragione
si move contr' al sacrosanto segno
e chi 'l s'appropria e chi a lui s'oppone. (33)

Vedi quanta virtù l'ha fatta degno
di reverenza; e cominciò da l'ora
che Pallante morì per darli regno. (36)

Tu sai ch'el fece in Alba sua dimora
per trecento anni e oltre, infino al fine
che i tre a' tre pugnar per lui ancora. (39)

E sai ch'el fé dal mal de le Sabine
al dolor di Lucrezia in sette regi,
vincendo intorno le genti vicine. (42)

Sai quel ch'el fé portato da li egregi
Romani incontro a Brenno, incontro a Pirro,
incontro a li altri principi e collegi; (45)

onde Torquato e Quinzio, che dal cirro
negletto fu nomato, i Deci e ' Fabi
ebber la fama che volontier mirro. (48)

Esso atterrò l'orgoglio de li Aràbi
che di retro ad Anibal passaro
l'alpestre rocce, Po, di che tu labi. (51)

Sott' esso giovanetti triunfaro
Scipione e Pompeo; e a quel colle
sotto 'l qual tu nascesti parve amaro. (54)

Poi, presso al tempo che tutto 'l ciel volle
redur lo mondo a suo modo sereno,
Cesare per voler di Roma il tolle. (57)

E quel che fé da Varo infino a Reno,
Isara vide ed Era e vide Senna
e ogne valle onde Rodano è pieno. (60)

Quel che fé poi ch'elli uscì di Ravenna
e saltò Rubicon, fu di tal volo,
che nol seguiteria lingua né penna. (63)

Inver' la Spagna rivolse lo stuolo,
poi ver' Durazzo, e Farsalia percosse
sì ch'al Nil caldo si sentì del duolo. (66)

Antandro e Simoenta, onde si mosse,
rivide e là dov' Ettore si cuba;
e mal per Tolomeo poscia si scosse. (69)

Da indi scese folgorando a Iuba;
onde si volse nel vostro occidente,
ove sentia la pompeana tuba. (72)

Di quel che fé col baiulo seguente,
Bruto con Cassio ne l'inferno latra,
e Modena e Perugia fu dolente. (75)

Piangene ancor la trista Cleopatra,
che, fuggendoli innanzi, dal colubro
la morte prese subitana e atra. (78)

Con costui corse infino al lito rubro;
con costui puose il mondo in tanta pace,
che fu serrato a Giano il suo delubro. (81)

Ma ciò che 'l segno che parlar mi face
fatto avea prima e poi era fatturo
per lo regno mortal ch'a lui soggiace, (84)

diventa in apparenza poco e scuro,
se in mano al terzo Cesare si mira
con occhio chiaro e con affetto puro; (87)

ché la viva giustizia che mi spira,
li concedette, in mano a quel ch'i' dico,
gloria di far vendetta a la sua ira. (90)

Or qui t'ammira in ciò ch'io ti replìco:
poscia con Tito a far vendetta corse
de la vendetta del peccato antico. (93)

E quando il dente longobardo morse
la Santa Chiesa, sotto le sue ali
Carlo Magno, vincendo, la soccorse. (96)

Omai puoi giudicar di quei cotali
ch'io accusai di sopra e di lor falli,
che son cagion di tatti vostri mali. (99)

L'uno al pubblico segno i gigli gialli
oppone, e l'altro appropria quello a parte,
sì ch'è forte a veder chi più si falli. (102)

Faccian li Ghibellin, faccian lor arte
sott' altro segno, ché mal segue quello
sempre chi la giustizia e lui diparte; (105)

e non l'abbatta esto Carlo novello
coi Guelfi suoi, ma tema de li artigli
ch'a più alto leon trasser lo vello. (108)

Molte fïate già pianser li figli
per la colpa del padre, e non si creda
che Dio trasmuti l'armi per suoi gigli! (111)

Questa picciola stella si correda
d'i buoni spirti che son stati attivi
perché onore e fama li succeda: (114)

e quando li disiri poggian quivi,
sì disvïando, pur convien che i raggi
del vero amore in sù poggin men vivi. (117)

Ma nel commensurar d'i nostri gaggi
col merto è parte di nostra letizia,
perché non li vedem minor né maggi. (120)

Quindi addolcisce la viva giustizia
in noi l'affetto sì, che non si puote
torcer già mai ad alcuna nequizia. (123)

Diverse voci fanno dolci note;
così diversi scanni in nostra vita
rendon dolce armonia tra queste rote. (126)

E dentro a la presente margarita
luce la luoe di Romeo, di cui
fu l'ovra grande e bella mal gradita. (129)

Ma i Provenzai che fecer contra lui
non hanno riso; e però mal cammina
qual si fa danno del ben fare altrui. (132)

Quattro figlie ebbe, e ciascuna reina,
Ramondo Beringhiere, e ciò li fece
Romeo, persona umìle e peregrina. (135)

E poi il mosser le parole biece
a dimandar ragione a questo giusto,
che li assegnò sette e cinque per diece, (138)

indi partissi povero e vetusto;
e se 'l mondo sapesse il cor ch'elli ebbe
mendicando sua vita a frusto a frusto,
assai lo loda, e più lo loderebbe». (142)

NOTE AL CANTO VI



(1-9) l'aquila: l'insegna dell'Impero romano per lo stesso Impero; volse, ecc.: «da Roma traslatò lo imperio a Costantinopoli, sì che fu ritornare l'aquila dall'occidente all'oriente, come era venuta con Enea dall'oriente all'occidente» (B.). Altri: che la seguio, accompagnò col suo corso; Lavina tolse: «per sua donna» (B.); cento, ecc.: «Intendi: anni 203, dall'anno dell'era cristiana 324 al 527, cioè dalla passata di Costantino a Bisanzio sino all'impero di Giustiniano» (B. B.); l'uccel di Dio: «l'aquila consecrata a Jove» (B.). Aen., I: Jovis ales; ne lo stremo: «nella estrema parte» (B.). «In Bisanzio, che è sul Bosforo, che divide l'Europa dall'Asia» (B. B.); si ritenne: «fermossi» (L.); vicino a' monti: della Troade; sotto l'ombra: Psal. 16: Sub umbra alarum tuarum; di mano in mano: «d'imperadore in imperadore; cangiando: cambiando e mutando l'uno imperadore dopo l'altro, la dignità imperiale e potenzia, succedendo, pervenne ad essere esercitata per me» (B.).
(10-21) Cesare fui: Perché le dignità mondane non durano se non mentre che si sta nel mondo, dice: fui; e son, ora, Giustinïano; e significa lo individuo» (B.); del primo amor: «dello Spirito Santo» (B.). «Di Dio» (T.); sento: «avale (ora) che sono alla beatitudine» (B.); 'l vano: lo disutile; E prima ch'io, ecc.: facessi questa opera; la correzione delle leggi; una natura, ecc.: «solamente la divina e non rumana, come credevano certi eretici che dicevano che Iddio non può sostenere pena, e che la passione sostenne uno corpo fantastico che pareva corpo e non era» (B.). «Eresia eutichiana, da lui tenuta per istigazione della moglie Teodora» (T.); contento: «Questa sarebbe giunta inutile, se non significasse la buona fede nell'errore» (T.); Agapito: «papa, venne a Costantinopoli, disputò con Giustiniano, il quale lo minacciava; ma e' rispose costante e vinse» (T.); sincera: «pura, senza turbazione d'eresia» (B.); ogni contradizione, ecc.: «se l'una delle proposizioni contradditorie è vera, l'altra è falsa; e se l'una è falsa, l'altra è vera: imperò che non possono essere insieme amendune, vere, né amendune false» (B.).
(22-36) mossi i piedi: «le mie affezioni; credetti quello che crede la santa Chiesa» (B.); spirarmi: il Buti: «ispirarmi, mettermi in cuore»; Belisar: Belisario, morto nel 565; commendai l'armi: «in lui commessi tutti li atti bellici dello imperio; la destra del ciel: la felicità che viene dal cielo; fu sì congiunta: imperò che d'ogni battaglia rimaneva vincitore, e ciò che si metteva a fare li veniva fatto» (B.). G. Vill., II, 6: «Fu bene avventuroso in guerra». «En 531 il éprouva un échec contre les Perses; c'est le seul qu'il essuya dans sa carrière militaire» (Duckett); che segno fu, ecc.: «che io mi riposassi dell'operazioni pratiche, e ch'io mi dessi all'operazioni intellettuali e teoriche» (B.); prima: «chi sei» (T.); sua condizione: «la qualità della risposta» (L.). «Perché sono in questo pianeta» (T.); con quanta, ecc.: «con quanta poca ragione, con quanto torto» (B. B.); e chi 'l s'appropria, ecc.: «contra ragione fa chi sel piglia di sua autorità, e chi lo disobbedisce» (B.); quanta virtù: «operata sotto esso segno da' Troiani che furono origine dei Romani, e poi dai Romani» (B.); e cominciò, ecc.: «e la virtù cominciò da quando Pallante, mandato dal padre Evandro in soccorso d'Enea, morì in battaglia contro Turno, acciocché nella persona di esso Enea l'aquila romana, cioè il popolo romano, avesse imperio» (B. B.).
(37-42) Alba: «fondata da Ascanio» (T.); che i tre: «Curiazi, che furno da Alba; e tre: Orazi, che furno di Roma» (B.). ancora: «Questa fu l'ultima prova dove ancora una volta i destini delle due città si tennero in bilico. Poi il seggio dell'aquila fu sola Roma» (T.); dal mal de le Sabine: «imperòche mal fu che le Sabine fussono rapite sotto fede d'ospitalità» (B.); al dolor di Lucrezia: «d'aver perduto per forza e per inganno la sua castità» (B).
(44-54) Brenno: «capitano de' Galli Senoni, respinto da Camillo; Pirro: re degli Epiroti; collegi: cittadini e comitadi e genti collegate insieme» (B.). «Alleati o Comuni» (T.); Torquato: Tito Manlio Torquato, capitano de' Romani. Conv., IV, 5: «Chi dirà di Torquato, giudicatore del suo figliuolo a morte, per amore del pubblico bene, senza divino aiutorio ciò avere sofferto?»; Quinzio: «Cincinnato, cioè capelluto: imperò che portava li capelli molto arruffati e pendenti giù dalla fronte, senza avere cura di sua pulitezza; cirro: capello» (B.). negletto: «non curato, né polito» (B.). «Hor.: Incomptis Curium capillis». (T.). Conv., IV, 5: «Chi dirà di Quinzio Cincinnato, fatto dittatore e tolto dall'aratro, dopo il tempo dell'uficio, spontaneamente quello rifiutando, allo arare essere tornato... senza divina istigazione?»; Deci: Conv., IV, 5: «Chi dirà dei (tre) Deci... che posero la loro vita per la patria?»; mirro: «miro, lodo; ma è scritto per due r per la consonanza della rima» (B.). Il Gradonico: «Gli antichi usavano di ungere di mirra gli corpi morti, a ciò che si conservassero, così come gli moderni useno di balsamare; onde l'autore, vogliendo conservare tale fama del romano imperio, dice: la fama che volontier mirro, che io ungo di mirra che la çonserverà sempre per lo tempo futuro» (C.G.); Arabi: Cartaginesi; l'alpestre rocce: «l'altezze dell'Alpi; tu labi: descendi» (B.); ed a quel colle: G. Vill., I, 36-37: «Ordinaro (i Romani) che oste grandissima tornassero a distruggere Fiesole, intra' quali furono eletti questi duchi: Cicerone, Gneo Pompeo, Cesare, e per Cesare fu distrutta».
(55-60) Poi, presso al tempo: «poi, poco avanti al tempo, in cui il cielo volle ridur tutto il mondo sereno, in pace, come esso medesimo è, ecc. Questo tempo è la nascita di Gesù Cristo» (B. B.); lo mondo: «lo reggimento del mondo; a suo modo sereno: a suo chiaro modo: lo cielo è retto e governato da uno signore, e così volse lo cielo redur lo mondo che in tutto 'l mondo fusse uno monarca» (B.); Varo: «fiume che divideva la Gallia cisalpina dalla transalpina» (B. B.); Isara: l'Isère; Era: lat. Arar. La Saone; onde 'l Rodano è pieno: «tutte le valli che hanno fiumi li quali discendono in Rodano» (B.). (62-66) e saltò: «passò Rubicone et intrò in Arimino, armato; fu di tal volo: di tanta avaccianza e prestezza di sì grande cammino» (B.); Inver la Spagna: «quando andò a vincere Pompeio et Afranio ad Ilerda; lo stuolo: l'esercito suo: lo stolo è armata di galee per mare; ma qui si pone per l'esercito di terra» (B.); Durazzo: «l'antica Dyrrachium, città marittima dell'Illiria, ove Cesare fu assediato dalle genti di Pompeo» (Bl.); sì ch'al Nil, ecc.: «sino in Egitto si sentì del dolore di quella rotta. Quivi d'ordine del traditore Tolomeo, fu ucciso Pompeo, che cercava un asilo presso di lui» (B. B.). «Dass man am heissen Nil den Schmerz empfand» (Bl.). Altri: sì che 'l Nil caldo sentissi del duolo.
(67-72) Antandro: «città marittima dell'Asia minore; Simoenta: latino: Simois, piccolo fiume della Troade, ora Mendes» (Bl.); si cuba: si giace sepolto. «Lucano (IX) fa che Cesare, inseguendo Pompeo, approdasse alla Frigia e scendesse a vedere là dove fu Troia. E perché l'aquila di lì si partì con Enea, però dice: rivide» (T.); mal per Tolomeo: «con danno di Tolomeo, che, insidiando Cesare, fu combattuto, vinto, toltogli il regno e dato a Cleopatra» (B. B.); Da onde, ecc.: «dal quale, come folgore venne a Giuba, re della Mauritania, fautore di Pompeo, e intorno a cui, dopo la disfatta di Farsaglia, s'erano raccolti i resti dell'esercito, Scipione, Catone ed altri capi dell'infelice partito» (B. B.); folgorando: «andando come una fulgure per aire» (B.).
(73-81) baiulo: «si dice da baiulare, cioè da portare; e così si chiama lo bailo, perché porta lo fanciullo, e così si chiama ora baiulo Ottaviano Augusto, perché portò detta insegna, e balì e governò lo imperio di Roma» (B.); latra: «Bruto e Cassio giù nell'Inferno (XXXIV) lo gridano col loro storcersi in bocca di Lucifero; e Modena: per la battaglia data ivi contro Marco Antonio da Ottaviano unito ai consoli Irzio e Pansa; e Perugia: dove dal medesimo Ottaviano si combatté contro Lucio Antonio, fratello del detto Marco» (B.B.); dal colubro: «dagli aspidi che si pose alle puppe per morire; atra: oscura e crudele» (B.); al lito rubro: «avenlo conquistato l'Egitto fino al mar Rosso» (B. B.); delubro: Pare che non fosse un tempio, ma una porta che si apriva solo in tempo di guerra per far passare l'esercito al partire e al ritorno.
(82-90) 'l segno: «l'aquila» (B.); era fatturo: «dovea fare» (B.); mortal: «della terra» (T.); scuro: «di poca gloria» (B. B.); con occhio chiaro: «con perspicace considerazione; e con affetto puro: che non lo vinca più affezione d'uno che d'un altro» (B.); ché la viva giustizia, ecc.: «imperò che la iustizia divina, che è quella che sempre vive, la qual mette nell'anima mia sempre della sua grazia, e fammi vedere queste cose» (B.); li concedette, ecc.: «a questo segno posto in mano a quel, a colui di cui favella, a Tiberio, concedette la gloria di soddisfare al giusto sdegno divino. Ponzio Pilato, governatore della Giudea, per Tiberio Cesare, condiscese ai Giudei di uccidere Gesù Cristo» (B.B.).
(91-96) t'ammira: ti meraviglia; replico: soggiungo; del peccato antico: «del peccato d'Adam» (B.); poscia, ecc.: «dopo ciò l'aquila corse con Tito a far vendetta del delitto commesso dai Giudei, contro Gesù Cristo, il qual delitto era una espiazione del peccato dei nostri primi progenitori» (B.B.); quando il dente longobardo: «quando la rabbia de' Longobardi, e la fame dell'avere che è notata per lo dente; morse - la Santa Chiesa: togliendole le sue tenute e le sué intrate» (B.).
(100-102) L'uno: «lo guelfo; al pubblico segno: all'aquila, che è come segno della monarchia del mondo; i gigli gialli: i gigli ad oro nel rastello nel campo azzurro, che è l'arme dei re di Francia, li quali debbono essere obedienti a chi tiene la insegna dell'aquila: imperò che ogni re debbe obbedire allo imperadore; oppone: contrappone; e l'altro: lo ghibellino; a parte: alla parte sua, pigliando l'aquila per sua insegna che nolla debbe pigliare; ma sotto essa obediendo, seguire debbe lo imperadore e obedire; forte: difficile; a veder: a iudicare» (B.); si falli: «tutti e due fanno ingiuria all'aquila; l'una parte perché l'esclude, l'altra perché n'abusa» (B. B.).
(103-108) Faccian, ecc.: «usino la loro parzialità e divisione dai loro vicini e dai loro cittadini; sott'altro segno: stendardo, che sotto 'l segno dell'aquila; non scusino e non riquoprano la loro mala intenzione dell'odio che hanno al vicino et al cittadino e prossimo suo, sotto questo scudo dicendo: Elli è ribello al santo imperio» (B.); arte: Benv.: «Artes belli vel pacis»; chi la giustizia, ecc.: «colui che divide la iustizia dallo impario» (B.); Carlo novello: «il giovine, Carlo II re di Puglia, figlio del vecchio Carlo I, non tenti co' suoi Guelfi di abbatter l'insegna imperiale» (L.); de li artigli: «delli unghioni dell'aquila; la potenzia dello imperio; ch'a più alto leon: a più alta potenzia che non è la potenzia d'esso re Carlo; trasser lo vello: levorno dei velli della sua iuba» (B.).
(110-117) non si creda: «che Dio tramuti l'aquila, il segno da lui stabilito nel mondo, e perciò suo, coi gigli di esso Carlo; cioè, non creda che Dio sia per dare l'impero del mondo, che è di Roma, alla Francia. Allude alla usurpazione di Carlo il vecchio sulla Puglia, che spettava di diritto all'impero» (B.B.); Questa picciola stella, ecc.: «Mercurio, s'adorna d'anime virtuose che si sono esercitate nelle virtù pratiche e politiche nella vita mondana» (B.); li succeda: resti dopo loro: li per a loro; quivi: «nell'acquistare fama; i raggi: li fervori; in su: in verso lo bene eterno; men vivi: meno ferventemente» (B).
(118-126) di nostri gaggi: salarj, premj. «Delle nostre allegrezze, della nostra beatitudine; col merto: nostro; minor né maggi: li nostri gaudi non veggiamo né minori, né maggiori che sia stato lo nostro merito» (B.); addolcisce: il Buti: «adolesce, notrica e sazia»; nequizia: «inequalità et iniustizia» (B.); diversi scanni: «diverse sedie e diversi gradi di beatitudine; armonia: concordanzia di voluntadi; rote: spere che si rotano e girano continuamente» (B.).
(127-142) la luce: «l'anima gloriosa» (B.); che fecer contra lui: «contra Romeo, disfamandolo innanti al conte di Provenza; non hanno riso: imperò che ne furno puniti dal conte che furno dicapitati» (B.). «Venuti alle mani di Carlo d'Angiò, fiero e prepotente signore, dovettero rammentarsi del dolce governo di Raimondo» (B. B.); mal cammina, ecc.: «mal capita» (B.). Benv.: «Ad finem improbum venit»; ciascuna reina: «imperò che tutte e quattro furno maritate a regi» (B.). «Furono Luigi IX di Francia, Enrico III d'Inghilterra, Riccardo fratello di esso Enrico, eletto re di Germania, e Carlo d'Angiò» (B. B.); Beringhieri: La comune: Berlinghieri; persona umìle: «non fu persona di lignaggio; e peregrina: imperò che andava in abito di peregrino per lo mondo, et era straniero da Provenza» (B.); biece: torte e falsamente dette dai Provenzali invidiosi; ragione: «administrationis» (Benv.); assegnò: «quando li mostrò la ragione; sette e cinque: dodici per dieci, più che non credeva avere lo conte, lo quinto; o troppo più che non credeva avere ad avere; povero: imperò che niente ne portò se non la schiavina sua e 'l bordone» (B.). «Fazio, II, 19: "Che sol sen gio col mulo e col bordone"; e vetusto: e vecchio» (B.); e se 'l mondo sapesse: «quam constans et patiens fuerit in tanta indignitate fortunae» (Benv.); mendicando sua vita a frusto a frusto: «a pezzo a pezzo di pane» (B.).

 

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