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I mille perché! Mezzi di Trasporto - Il Treno.

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Non chiedete che cosa il vostro Paese può fare per voi; chiedete che cosa potete fare voi per il vostro Paese.
John Fitzgerald Kennedy

La scuola consegue tanto meglio il proprio scopo quanto più pone l'individuo in condizione di fare a meno di essa.
(Ernesto Codignola)

I MILLE PERCHÉ - MEZZI DI TRASPORTO - IL TRENO

PERCHÉ IL TRENO CORRE SULLE ROTAIE?

La ferrovia, così come la conosciamo oggi, ha preso origine dal binario, da una speciale sede stradale che consente il trasporto di grossi carichi ad alte velocità col minimo sforzo.

Possiamo dire che essa sia nata nelle miniere inglesi dove, fin dal XVII secolo, si usava trasportare il minerale estratto in carrelli, spinti a forza di braccia o trainati da cavalli, che correvano su guide parallele di legno o di ferro.

Le prime ferrovie con rotaie di ferro installate all'aperto vennero impiegate nel 1738 a Whitehaven con il nome divenuto poi d'uso comune di «tramways» mentre la comparsa delle prime rudimentali locomotive a vapore per la trazione di carri risale agli inizi del XIX secolo.

Nel 1802 in Inghilterra Trevithick per primo fece correre su una strada ferrata un treno trainato da una locomotiva e in seguito grazie a Stephenson, «padre della ferrovia» e pioniere della costruzione delle prime linee inglesi, nacquero i primi veri e propri tronchi.

Il primo servizio merci risale al 1825 tra Stockton e Darlington mentre il primo servizio viaggiatori ebbe luogo cinque anni più tardi (1830) tra Liverpool e Manchester, entrambi con locomotive dello Stephenson.

Nasceva così la «Ferrovia», benché il suo sviluppo fu in parte rallentato da una certa diffidenza da parte del pubblico verso il nuovo mezzo della cui sicurezza dubitava ancora, preferendo affidare il trasporto di persone e cose alla via acquea, a canali e a fiumi che fino ad allora avevano svolto benissimo la loro funzione.

Comunque, dalle prime piccole locomotive che trainavano carri coperti, usati sia per le merci sia per i viaggiatori, si passò a macchine più efficienti ed a carrozze più confortevoli, tanto che la gente a poco a poco cominciò a guardare questo terrificante mostro d'acciaio, che poteva raggiungere la spaventosa velocità di trenta chilometri l'ora, con sempre maggior simpatia.

Nella seconda metà del secolo, infatti, si assistette ad un vero e proprio trionfo della ferrovia e, dopo un certo periodo, cominciò a diffondersi la trazione elettrica; dalla fine della prima guerra mondiale in poi, si ebbero numerosi miglioramenti tecnici per fronteggiare la concorrenza sempre crescente dei trasporti automobilistici. Perché gli uomini hanno utilizzato ed utilizzano ancora le ferrovie?

Come abbiamo detto in principio il binario permette un agevole scorrimento e, di conseguenza, il facile trasporto di grossi carichi ad alte velocità con un impiego d'energia relativamente minimo.

Com'è fatta una rotaia?

La rotaia attuale, di acciaio al manganese dotato di notevole purezza e di grande resistenza alle sollecitazioni ed alla trazione, ha la forma che gli donò l'ingegnere irlandese Charles Blacker Vignoles nel 1837, e cioè di un fungo con la superficie superiore piana o leggermente convessa.

Quali sono i criteri che si seguono nel costruire una ferrovia?

Prima di tutto occorre accertare l'effettiva convenienza della linea ferroviaria rispetto alle altre vie di comunicazione, specialmente rispetto alla strada.

Se un tempo la mancanza degli autoveicoli consentiva grandi impieghi di capitale per impiantare una ferrovia, essendo la locomotiva il primo mezzo di trasporto autonomo inventato dagli uomini, oggi il minor costo nella fabbricazione delle strade e il sempre crescente sviluppo degli automezzi stradali hanno pressoché bloccato ogni iniziativa tesa alla costruzione di nuovi tronchi ferroviari.

Costruire una ferrovia è infatti molto costoso dovendo tener presente le condizioni in cui essa si muove: bisogna studiare il percorso, il terreno, la sua solidità, i passaggi «obbligati», le gallerie da scavare per superare le montagne etc. Tutto questo perché l'adattamento del tracciato deve tener conto di certi rapporti di rendimento che contemplano una linea possibilmente pianeggiante o addirittura in leggera pendenza e i raggi delle curve non inferiori a certi valori minimi per non abbassare la «media» di velocità.

Tour virtuale nel padiglione ferroviario presso il Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci di Milano

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Meeting e Congressi- Museo nazionale scienza e tecnologia L. da Vinci

Vivi Milano Corriere Mostre - Al museo della scienza lo storico Tram Carrelli 1928

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Modello tridimensionale di segnale ferroviario

PERCHÉ CI SONO TRENI A VAPORE E TRENI ELETTRICI?

Alle origini le ferrovie utilizzarono, come abbiamo detto, delle locomotive a vapore. Queste se da una parte presentano doti di durata e semplicità di funzionamento, dall'altra offrono una serie di fastidiosi inconvenienti quali il basso rendimento, la bassa accelerazione, la lentezza della caldaia nel raggiungere la pressione necessaria, scarsa autonomia per la necessità di frequenti soste per il rifornimento d'acqua e di combustibile ed infine il fastidioso fumo che annerisce e fa tossire i passeggeri, soprattutto nelle gallerie. Fino alla fine del XIX secolo le locomotive a vapore restarono l'unico sistema di trazione ferroviaria ma, agli inizi del nostro secolo, soprattutto nei Paesi come l'Italia in cui scarseggia il carbone, si cercò di sostituire la vecchia locomotiva con macchine a trazione elettrica.

Da allora a poco a poco le linee ferroviarie di tutto il mondo sono state elettrificate e gli elettrotreni hanno quasi completamente soppiantatole locomotive a vapore.

Come funziona una locomotiva a vapore?

Consta di una caldaia contenente dell'acqua, la quale viene portata ad ebollizione. Il vapore raccolto nella caldaia raggiunge a poco a poco una notevole pressione. A questo punto si apre una valvola attraverso la quale il vapore raggiunge un cilindro in cui è posto, a perfetta tenuta, uno stantuffo. Il getto di vapore ad alta pressione imprime una forte spinta in avanti allo stantuffo che, collegato attraverso una biella alla ruota del treno, la fa girare.

Girando, la pesantissima ruota d'acciaio riporta lo stantuffo al punto di partenza, nel cilindro si apre una valvola attraverso la quale il vapore esce ormai quasi freddo per lasciare il posto ad un nuovo getto di vapore ad alta pressione proveniente dalla caldaia, che darà allo stantuffo una nuova spinta in avanti... e così via.

Il vapore che esce dal cilindro dopo aver compiuto la sua funzione passa in un tubo a serpentino immerso in acqua fredda o sottoposto ad una pioggia d'acqua fredda, si condensa e torna nuovamente all'acqua della caldaia

Come funziona, invece, un'elettromotrice?

Essa possiede più motori elettrici che, lavorando contemporaneamente, forniscono l'energia di movimento alle ruote.

La corrente elettrica ad alta tensione corre su un filo aereo sopra le rotaie. L'elettromotrice raccoglie l'energia elettrica per contatto attraverso quell'insieme di bracci a forma di trapezio noto con il nome di «pantografo» per la sua somiglianza con l'apparecchio per disegnare che voi senz'altro conoscerete. La corrente giunge così ai motori.

Com'è fatto un motore elettrico?

Consta di un cilindro fisso che contiene un altro cilindro più piccolo e mobile detto «rotore».

Nella parte fissa vi sono delle placche di ferro dolce avvolte da fili di rame. Anche il rotore ha un nucleo di ferro avvolto da fili di rame, il tutto racchiuso da una serie di lamelle poste l'una accanto all'altra.

Che cosa avviene? Non appena la corrente raggiunge i nuclei di ferro dolce della parte fissa, attraverso i fili di rame che li avvolgono, li muta in potenti elettrocalamite che attirano le lamelle del rotore, anch'esso eccitato dalla corrente per mezzo di un sistema di «spazzole» che gli comunicano l'elettricità sfregandovi contro mentre gira.

Questi due tipi di corrente, quella dei nuclei della parte fissa e quella del rotore, determinano una fortissima attrazione tra i nuclei magnetizzati e le lamelle del rotore e questo è costretto a girare su se stesso tanto più forte quanto più energica è la forza d'attrazione delle elettrocalamite che dipende logicamente dalla maggiore o minore quantità d'energia elettrica che ricevono.

Sei o più motori che girano insieme imprimono alle ruote l'energia sufficiente a spingere il treno a velocità che possono superare i 200 orari.

Modello tridimensionale di vagone postale d'epoca

Modello tridimensionale di vagone merci d'epoca

Modello tridimensionale della motrice modello GG1 del 1934 delle ferrovie della Pennsylvania

Modello tridimensionale di locomotore sudamericano per convogli merci

Modello tridimensionale di vettura motrice giapponese per treni passeggeri Kumoha 103

Modello tridimensionale di locomotiva elettrica giapponese

Modello tridimensionale di carrozza ristorante

Modello tridimensionale di rincalzatrice ferroviaria Matisa

PERCHÉ CI SONO LE GALLERIE?

Come abbiamo già accennato, una linea ferroviaria per avere un alto grado di rendimento deve affrontare deboli pendenze e curve a grande raggio.

Un percorso tortuoso, infatti, oltre che abbassare la media di velocità, sottopone i motori ad uno sforzo eccessivo e ad uno spreco veramente notevole di energia.

Non sappiamo se vi sia mai capitato di salire su di un'elettromotrice e di seguire il macchinista nelle operazioni di guida. Quando il treno è in moto possiamo molto spesso vederlo staccare addirittura i motori, in tratti rettilinei e pianeggianti, e lasciare che il convoglio proceda per forza d'inerzia: qui sta il vero vantaggio della ferrovia: il peso del treno e la facilità con cui scorre sulle rotaie permettono di percorrere lunghi tratti senza consumare energia elettrica e di mantenere alte velocità in corsa libera, senza cioè l'ausilio dei motori.

Ciò avviene, di solito, nelle linee ferroviarie principali, caratterizzate da traffico intenso, da treni pesanti e capaci di raggiungere alte velocità.

Le linee secondarie presentano invece caratteristiche del tutto particolari, poiché sorte in condizioni disagiate, in terreni accidentati, spesso costrette a superare forti dislivelli.

In questi casi gli impianti hanno aspetto e nome speciali: funicolari, funivie, ferrovie a dentiera etc.

Quando lungo il tracciato di una linea ferroviaria principale si presenta una montagna che occorre superare tenendo conto delle esigenze di leggera pendenza e di curve a largo raggio, vi sono tre soluzioni possibili: aggirarla sempreché la curva non allunghi troppo il tracciato e consenta di mantenere alta la velocità dei treni, effettuare uno scasso all'aperto lungo la parete di roccia, oppure, se la terra da rimuovere nell'eventuale scasso supera i venti metri d'altezza, praticare un foro sui fianchi della montagna, una galleria. La pratica di scavare gallerie risale ai tempi antichi e fu applicata per le vie di comunicazione e soprattutto per lavori idraulici.

Si possono ancora incontrare le brevi gallerie stradali costruite dai Romani e quelle molto più lunghe per gli emissari dei laghi e per tratti d'acquedotti.

Ma solo dopo la diffusione delle ferrovie l'uso della galleria si è generalizzato e se ne è perfezionata la tecnica di costruzione.

Quali criteri si usano nella costruzione di una galleria?

Per quanto riguarda il traforo, esso deve seguire un tracciato non orizzontale per evitare il possibile ristagno delle acque: per ovviare a questo dannoso e pericoloso inconveniente la galleria può essere costruita in pendenza in modo che i due imbocchi si trovino ad altezze diverse (galleria di rampa), oppure a schiena d'asino (galleria di colmo).

Per quanto riguarda le pareti esse sono di solito rivestite; la potenza delle strutture e la resistenza delle armature variano in rapporto alla natura del terreno. Solo quando si tratti di roccia compatta e stabile (il che è abbastanza raro) può non essere necessario il rivestimento; in genere però la perforazione di una galleria presenta sempre molte e gravi difficoltà, dovute alla durezza ed alla instabilità delle rocce, alla presenza di acque sotterranee, a continui distacchi e franamenti, all'emanazione di gas tossici e così via. Perciò si è soliti rivestire la calotta o addirittura l'intera galleria per evitare questi inconvenienti e soprattutto il più grave fra tutti: le frane.

PERCHÉ IL SEGNALE D'ALLARME FA FERMARE IL TRENO?

Si chiama «freno» ogni dispositivo capace di contrastare, solitamente fino ad arrestarlo, il moto di uno o più organi di una macchina. L'azione frenante, in un veicolo, può essere indirizzata sia sul motore, che riduce di conseguenza il numero dei giri delle ruote motrici, sia sulle ruote stesse. In quest'ultimo caso l'azione frenante è generalmente basata sulla forza d'attrito che si genera tra due superfici premute l'una contro l'altra.

Vi sono vari tipi di freno, ma quelli di cui dobbiamo parlare sono i freni cosiddetti «a ceppi», utilizzati nelle carrozze ferroviarie. Consistono in due «ceppi» per ruota, posti simmetricamente, e costituiti da due ganasce che, al momento della frenatura, si serrano contro la ruota. La ganascia, in particolare la superficie destinata a premere sulla ruota, è di una lega di rame e di amianto (ferodo) atta a sopportare il forte attrito senza scaldarsi eccessivamente.

I freni a ceppi vengono azionati per mezzo di aria compressa. Il macchinista, dovendo frenare la corsa del convoglio, agisce sul dispositivo ad aria compressa costituito da una condotta generale, che corre lungo tutto il treno, alimentata da un serbatoio principale. Ogni carrozza possiede però il proprio sistema frenante, il proprio serbatoio ausiliario d'aria compressa. Il macchinista agendo sui freni mette in comunicazione i singoli serbatoi ausiliari con i rispettivi cilindri frenanti, che agiscono sui ceppi e sulle ganasce. Per ricaricare i serbatoi, basterà collegare i serbatoi ausiliari con la condotta principale. In questo modo il macchinista, agendo su un solo rubinetto di comando, può azionare i freni di tutte le carrozze costituenti il convoglio.

Ma non solo il macchinista può azionare i freni: anche ad ogni passeggero è data questa possibilità, mediante il cosiddetto «segnale d'allarme». Ogni passeggero, infatti, in caso di estrema necessità, può tirare una maniglia, posta in tutti gli scompartimenti, e provocare l'arresto del treno. Il segnale d'allarme è, dunque, un dispositivo di sicurezza che, agendo sull'intero sistema frenante, consente ad ognuno di noi, in caso di pericolo, di bloccare la corsa del convoglio.

PERCHÉ SUI BINARI CI SONO GLI SCAMBI?

Si chiama scambio il dispositivo che consente ad un treno di cambiare direzione, passando dal proprio binario ad un altro. Illustriamo qui il cosiddetto «deviatoio semplice», affinché risulti chiaro il principio del funzionamento degli scambi. Il deviatoio semplice è costituito da tre parti: il cambiamento, detto anche «telaio degli aghi», il crociamento e la parte intermedia.

Il cambiamento serve ad indirizzare il materiale rotabile per l'uno o l'altro dei due binari ed è formato da due rotaie speciali dette «aghi», assottigliate opportunamente in punta, in modo da potersi collocare sotto il fungo delle rotaie fisse adiacenti, dette anche «contraghi». Gli aghi sono collegati tra loro da un tirante e manovrati a mano o da una cabina centrale. Ruotando intorno all'estremità opposta alla punta (tallone) si portano ora l'uno ora l'altro a contatto con il rispettivo contrago, determinando la deviazione del convoglio. Il crociamento è la parte dello scambio in cui si incrociano le due rotaie costituite dal prolungamento degli aghi e che vanno a formare le rotaie interne dei due binari generati dallo scambio.

Nel punto in cui si incrociano, le rotaie lasciano uno spazio libero per consentire il passaggio, in una direzione o nell'altra, dei bordini delle ruote. Per questo il doppio prolungamento degli aghi è piegato «a zampa di lepre» ed accoglie perfettamente la punta costituita dall'unione a V dei binari uscenti. La parte intermedia dello scambio, infine, è costituita dalle rotaie comuni, ma di lunghezza speciale, che uniscono il cambiamento col crociamento.

È interessante accennare al sistema di manovra degli scambi. Com'è possibile, in una stazione ferroviaria, provvedere a smistare i convogli in arrivo o in partenza sul loro rispettivo binario, in modo che non si scontrino? Se l'operazione fosse compiuta a mano, oltre all'eccessivo impiego di personale non si potrebbero evitare errori e catastrofi. A tutto ciò provvede un apparato centrale di manovra, un complesso di impianti fissi che concentra in una o più cabine collegate tra loro tutte le leve di comando degli scambi e dei segnali, in modo da evitare manovre contraddittorie e da garantire sicurezza e celerità nella circolazione dei treni. Il manovratore ha a disposizione un banco di manovra con le varie leve di comando ed un pannello luminoso in cui appare disegnata la complessa rete ferroviaria.

Agendo sui comandi, egli aziona elettricamente i segnali di «stop» e di «via libera», che sono posti all'ingresso della stazione, regolando in modo opportuno il traffico ferroviario, ed azionando infine, sempre elettricamente, gli scambi, indirizza i convogli lungo i binari prestabiliti.

Modello tridimensionale di meccanismo manuale scambio binari

PERCHÉ I TRENI SU MONOROTAIA CORRONO PIU' VELOCI?

Nelle ferrovie si sta affermando, specialmente su percorsi brevi, l'uso della monorotaia. Quando abbiamo parlato delle teleferiche, abbiamo dato un primo esempio di ferrovia a monorotaia. Lo stesso principio infatti si può trovare applicato ad alcuni tipi di «sopraelevata», che utilizzano una sola rotaia sospesa un ferro a I di notevole sezione, su cui scorrono le ruote motrici: in questi tipi di ferrovie, la carrozza si trova sospesa e ad un livello più basso della rotaia.

Ma un tipo di ferrovia a monorotaia, capace di consentire altissime velocità, è quello in cui la vettura è posta superiormente alla rotaia. In esso, infatti, ben sei ruote gommate abbracciano la rotaia assicurando al veicolo una eccezionale stabilità. Di queste sei ruote, una coppia scorre regolarmente sopra la rotaia, mentre le altre due coppie vi scorrono trasversalmente, fungendo da ruote stabilizzatrici. In questo modo, si può dire che veicolo e rotaia formino un tutto unico; evitando il pericoloso verificarsi di oscillazioni (proprio naturalmente dei treni normali, delle teleferiche e delle «sopraelevate») consentono di raggiungere addirittura i 400 chilometri orari. In Occidente questo tipo di ferrovia a monorotaia non è ancora uscita dal campo sperimentale, in quanto i costi per la realizzazione sono molto alti, rispetto alle ferrovie tradizionali. In Giappone, invece, l'uso delle monorotaie va a poco a poco generalizzandosi, in quanto si preferisce assicurare ai cittadini, piuttosto che autostrade destinate al caotico traffico automobilistico, un mezzo di trasporto silenzioso, sicuro e rapidissimo.

Spaccato schematico frontale di due tipi di monorotaia

Spaccato schematico frontale di due tipi di monorotaia

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