I MILLE PERCHÉ - MEDICINA - LE OPERAZIONI CHIRURGICHE

PERCHÉ I CHIRURGHI OPERANO CON UNA MASCHERINA SUL VISO?

In seguito agli ultimi clamorosi sviluppi della chirurgia, tutti ci siamo familiarizzati con le immagini dei chirurghi più celebri, la cui opera ha trovato larga eco in tutti gli organi di informazione.
Alla televisione, al cinema tutti abbiamo avuto occasione di vederli, ora nelle vesti di conferenzieri, ora addirittura in azione, al tavolo operatorio. Abbiamo così potuto vedere le loro agili mani guantate sezionare, asportare, trapiantare, ricucire, rivelando un'abilità prodigiosa, stupefacente. Ci ha colpito spesso la loro indefinita figura racchiusa nel camice bianco, la fronte imperlata di sudore, gli occhi intenti alla delicata operazione, la voce netta e precisa, che senza esitazioni, chiede di volta in volta gli strumenti più adatti.
Un uomo celebre, il cui volto è apparso tante volte alla televisione o sulle copertine dei giornali, quando opera è solo «il chirurgo»: una mascherina bianca, rettangolo doppio di garza munito ai quattro angoli di lacci, nascondendogli il viso, lo rende irriconoscibile e del tutto simile ai suoi assistenti.
Perché il chirurgo ed i suoi assistenti, mentre operano si coprono il volto con una mascherina bianca? Questa consuetudine fa parte delle varie misure di sicurezza che durante un'operazione vanno prese perché il campo operatorio sia il piú possibile sgombro da germi patogeni che potrebbero attaccare il fisico indebolito dell'operato.
Noi sappiamo che il nostro corpo di individui sani può essere comunque focolaio d'infezione e che la nostra salute è data solo dalla costante prevalenza delle forze attive del nostro sangue (azione fagocitante dei leucociti, produzione di anticorpi... e così via) sulle forze patogene.
È quindi facilmente intuibile il motivo di tali misure di sicurezza: il chirurgo, nel compiere un intervento sul corpo di un paziente, espone la parte messa a nudo alla possibilità d'infezione. Ecco perché i «ferri» devono essere sterilizzati, così come le garze e le bende; la sala operatoria dev'essere possibilmente asettica, come abbiamo accennato, il chirurgo deve mettersi guanti di gomma opportunamente sterilizzati, un camice bianco ed una mascherina di garza a copertura della bocca e del naso.
È interessante ricordare che la mascherina chirurgica non è utilizzata soltanto nella sala operatoria degli ospedali di tutto il mondo.
In Giappone, specialmente d'inverno, quando il raffreddore colpisce con maggiore violenza, è possibile vedere in giro per la città le persone raffreddate con il viso coperto dal bianco rettangolo di garza.
Questo ci riporta all'uso occidentale del fazzoletto, di cui abbiamo parlato precedentemente, ed ancora una volta ci sembra doveroso porre in rilievo la validità e la saggezza di certe usanze di quello che, non a torto, è considerato il popolo più pulito del mondo.
Mentre noi, infatti, portiamo nelle nostre tasche svariate colture di virus e starnutiamo liberamente inondando il mondo circostante di nubi infette, i Giapponesi sopportano di buona grazia il lieve fastidio della mascherina di garza per non contribuire a diffondere il contagio.

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     ¦ VARI SISTEMI DI STERILIZZAZIONE DEGLI STRUMENTI  ¦
     ¦              IN USO NEGLI OSPEDALI               ¦
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     ¦ A) Sterilizzazione tramite ebollizione           ¦
     ¦                                                  ¦
     ¦ B) Sterilizzazione a calore umido in "autoclave" ¦
     ¦                                                  ¦
     ¦ C) Sterilizzazione a calore secco in "forni".    ¦
     ¦                                                  ¦
     ¦ Il procedimento di sterilizzazione è effettuato, ¦
     ¦ oltre che negli ospedali, anche nelle industrie  ¦
     ¦ farmaceutiche soprattutto nei reparti addetti al ¦
     ¦ confezionamento dei prodotti in fiale, tubetti,  ¦
     ¦ ecc. In questi reparti ogni oggetto, indumenti   ¦
     ¦ degli operai ed altro che può venire a contatto  ¦
     ¦ col prodotto è sterilizzato con la massima cura. ¦
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PERCHÉ GLI ANESTETICI CONSENTONO OPERAZIONI CHIRURGICHE INDOLORI?

Noi sappiamo che il dolore è una sensazione spiacevole che proviamo ogniqualvolta il nostro corpo subisce una determinata violenza, un colpo o una ferita: innumerevoli fasci di nervi allacciati sotto la superficie della pelle, fungono da informatori lanciando impulsi verso il cervello che ci fornisce così l'impressione relativa.
Qualora si verifichi una deficienza di funzionamento, una lesione o un disturbo in queste innervazioni, noi perdiamo la sensibilità.
L'abolizione della sensibilità si chiama comunemente «anestesia» e può essere praticata a bella posta dall'uomo: ciò accade nelle operazioni chirurgiche, per evitare ai pazienti il dolore e per consentire ai chirurghi di operare in tutta tranquillità.
L'anestesia chirurgica può essere generale e locale. Quella generale provoca uno stato di incoscienza e un totale rilassamento muscolare, mentre quella locale agisce sulla parte del corpo sulla quale si sta per compiere l'intervento.
Nell'anestesia generale è soppressa ogni forma di sensibilità, da quella tattile a quella termica, da quella dolorifica a quella che segue alla pressione. Si ottiene tramite la somministrazione di vari «anestetici», ora di sostanze gassose e volatili inalate mediante una speciale mascherina (etere solforico, etilene, protossido d'azoto, cloroformio etc.), ora di barbiturici (farmaci derivati dall'acido barbiturico che determinano una depressione del sistema nervoso centrale) iniettati per via endovenosa.
L'anestesia locale può essere invece praticata insensibilizzando la parte da operare con anestetici liquidi (cocaina, novocaina etc.) oppure sopprimendo temporaneamente, sempre mediante una sostanza anestetica, l'innervazione di un determinato settore corporeo.

PERCHÉ A VOLTE È NECESSARIO SOSTITUIRE IL SANGUE AI NEONATI?

Il sangue ha la proprietà di mettere in comunicazione tra loro le varie parti dell'organismo e rendere costanti le condizioni di vita di tutte le cellule. È compito del sangue, perciò, anche la difesa contro sostanze estranee e microorganismi suscettibili di sconvolgere lo stato d'equilibrio vigente.
Come abbiamo già visto parlando dei trapianti di organi, gli elementi estranei introdotti nello organismo funzionano come antigeni, evocando così la formazione di anticorpi, cioè di sostanze che compaiono nel plasma sanguigno allo scopo di difenderle dalle sostanze estranee. Gli anticorpi reagiscono specificamente con quegli antigeni che li hanno posti in essere.
Abbiamo anche già parlato della funzione degli anticorpi, che è precisamente quella di neutralizzare gli antigeni, dimodoché i leucociti possano agevolmente fagocitarli.
Nelle trasfusioni, bisogna preventivamente assicurarsi che il sangue del donatore non contenga un numero di antigeni eccessivo rispetto alla capacità immunitaria del sangue del recettore; Bisogna insomma che ci sia compatibilità tra il sangue dell'uno e dell'altro, che devono perciò appartenere allo stesso gruppo. (E' noto che i gruppi sanguigni vengono distinti mediante l'identificazione degli specifici antigeni).
La formazione degli antigeni propri del sangue è assai precoce. Se n'è riscontrata la presenza in un feto di 37 giorni.
Un antigene di cui bisogna assolutamente tener conto è il cosiddetto fattore Rh. Gli individui Rh-negativi, che non possiedono cioè questo antigene, non possono ricevere del sangue che invece lo contiene, ossia Rh-positivo, poiché, qualora venga effettuata una trasfusione di sangue Rh-positivo ad un individuo Rh-negativo, la conseguenza è la cosiddetta reazione emolitica, cioè la dissoluzione dei globuli rossi.
La scoperta del gruppo sanguigno chiamato Rh è recente: avvenne nel 1940, quando ci si rese conto che circa l'80-85 per cento degli individui possiede un antigene uguale a quello del sangue di una scimmia (Macacus Rhesus).
Negli individui Rh-negativi, gli anticorpi capaci di neutralizzare gli antigeni Rh si formano solo in seguito all'introduzione-degli antigeni medesimi. Ciò può avvenire direttamente, nel caso di una trasfusione di sangue, o indirettamente, nel caso di donne Rh-negative che abbiano concepito un feto Rh-positivo. (Il che si verifica quando il padre è Rh-positivo).
In quest'ultimo caso, l'antigene prodotto dal feto attraversa la placenta e si comunica alla madre, il cui organismo produce tempestivamente i necessari anticorpi: siccome il processo è graduale, è possibile infatti, da parte della madre, una regolare reazione immunitaria.
Ma quando nell'organismo materno gli anticorpi hanno raggiunto un certo grado di concentrazione, si verifica un nuovo scambio, stavolta in senso contrario, cioè dalla madre al bambino. Avviene allora che gli anticorpi provenienti dal sangue materno attaccano i globuli rossi del feto, con il conseguente instaurarsi dell'anemia emolitica (Eritroblastosi del neonato).
Per evitare che il neonato muoia, bisogna provvedere molto precocemente ad eliminare dal suo organismo gli anticorpi che ha ricevuti dalla madre. E l'unico sistema, attualmente, è quello di sostituirgli completamente il sangue, praticandogli la cosiddetta exanguino-trasfusione: se attuata prima della nascita essa dà brillanti risultati. Per tale pratica, è necessario procedere ad una serie di salassi alternati ad altrettante trasfusioni. Bisogna avere a disposizione una buona scorta di sangue, proveniente da più donatori: si calcola che per ottenere la sostituzione della massa sanguigna del soggetto, occorra trasfondergli una quantità di sangue pari al doppio di quella che gli è stata prelevata. Oltre che nell'eritroblastosi del neonato, la exanguino-trasfusione è pure indicata nelle intossicazioni acute e gravissime o in altri casi disperati, come, ad esempio, la leucemia.
Si stanno effettuando studi per risolvere l'incompatibilità Rh e sembra ormai che gli scienziati abbiano trovato uno speciale «vaccino» capace di annullare gli effetti emolitici, senza bisogno di ricorrere alla sostituzione della massa sanguigna.
 

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